UN AMORE (PROFONDO) non corrisposto
di W. Centurione
Chieti, 29 maggio 2022. La fatica di ottenere, con inquantificabile dolore fisico, non è nulla al confronto della gioia immensa di una madre dopo aver dato alla luce il frutto del proprio amore, perché ella concede sé stessa fino all’estremo cioè fino a rischiare la propria vita. Chiamarlo il suo amore incondizionato e naturale è fin troppo facile ma non deve essere scontato.
Una madre è la presenza costante, più o meno fragile, più o meno forte, perennemente in ansia o sempre tranquilla, un riparo sicuro dopo le paure, un conforto totale dopo le batoste.
Una madre non si arrende mai anche davanti ai fallimenti e alle difficoltà, piange ma di nascosto e trova sempre il modo di rialzarsi per i propri figli, non pensa alla propria esistenza ma spesso si annienta pur di renderli felici.
Questi figli, troppo felici e irriconoscenti però e troppo abituati al benessere, non seguono il passo della madre anzi, lo perdono. Si perdono, soprattutto, attraverso l’immaginazione di voler percorrere la strada più corta che porta alla felicità immediata.
Se l’immediatezza nel realizzare le cose (spesso di natura economica) poi non c’è, scatta un meccanismo automatico che aziona odio e ribellione nei confronti di quell’insegnamento al rispetto, alle regole, troppo spesso ritenuto opprimente e perciò da debellare in un modo e nell’altro.
Da qui il matricidio: un figlio che uccide la propria madre, che rinnega la sua stessa natura.
Ma mi domando, come si può?
Oggi, troppo spesso assistiamo ad eventi tragici di questo genere; sono episodi all’ordine del giorno! La vicenda di Temù, un paesino in provincia di Brescia, ci rimanda a uno dei matricidi più efferati degli ultimi anni, per questioni meramente economici, di eredità, che vede come protagoniste due figlie oltre al presunto fidanzato di una delle due.
Dopo gli ultimi aggiornamenti, con la descrizione di inquietanti particolari confessati, è stata rafforzata l’idea della premeditazione del delitto. Non si uccide così di punto in bianco una madre, narcotizzandola per avere poi la lucidità di insacchettarle la testa in una busta e soffocarla. Questo significa avere freddezza non solo nell’esecuzione ma anche nel pensare in un solo istante di poter uccidere il sangue del tuo sangue, la pelle della tua pelle, colei che ti ha partorito con tanto dolore sapendo che saresti stata la sua gioia più grande.
Evidentemente per le due sorelle Paola e Silvia non era così.
Nei confronti della madre Laura tutto, fuorché un amore corrisposto.
Foto: BlastingNews