Dice l’ISTAT che i metri cubi all’anno di acqua utilizzati in Italia “al rubinetto” sono:
5,5 miliardi dall’industria;
2,2 miliardi dalle centrali termoelettriche;
5,2 miliardi dalle utenze domestiche;
11,6 miliardi dall’agricoltura,
per un totale di quasi 25 miliardi. Ma si tratta di acqua realmente utilizzata, non di quella immessa nel sistema di distribuzione, che è di ben altra portata.
Quella che, ad esempio, scorre nelle reti per uso civile, negli acquedotti, si perde nella misura del 42%, il che porta l’acqua dedicata a questa utenza a oltre 9 miliardi di mc. Peggio va per l’agricoltura che perde per strada, tra canali superficiali e collettori vari, ben il 75% di quella resa disponibile per il settore, prelevata da falde, fiumi e laghi.
Questo dato, in particolare, è stato desunto da uno studio sistematico, prodotto dalla Regione Emilia-Romagna, che ha indagato quest’aspetto per cui la risorsa acqua per l’agricoltura è stimata tra i 35 ai 50 miliardi di mc, contro gli 11,6 effettivamente utilizzati. Il che si traduce in una prima considerazione: i 2-3 miliardi recuperabili sul fronte civile, assolutamente preziosi, sono ben poca cosa rispetto ai 20, 30 ma anche 40 di quelli del comparto agricolo.
Al riguardo viene in soccorso una delle ultime direttive europee in materia che prevede la possibilità/opportunità di riutilizzare le acque del depuratore, che finiscono nei fiumi, per irrigare i campi (progetto VALUE CE-IN, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna e cofinanziato dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) per il miglioramento della gestione delle acque depurate in ottica di economia circolare, coordinato da ENEA).
A indagare sull’argomento poi si scopre che una recentissima indagine condotta da Utilitalia, la Federazione che riunisce le Utility dei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, condotta presso i gestori del servizio idrico integrato sul riuso delle acque in Italia, ha rilevato che rispetto ad un potenziale di 9 miliardi di m3 di acqua all’anno di riuso delle acque reflue depurate in Italia vengono utilizzati solo 475 milioni di m3 (5%).
Con tutte le precauzioni del caso, soprattutto di carattere igienico sanitario, con il potenziamento del depuratore di Pescara, tutt’ora in corso, si potrebbe allora benissimo cogliere la opportunità di intercettare le acque reflue, ricche di nutrienti e che ad oggi vengono riversate nel fiume e di lì al mare, e utilizzarle per l’irrigazione del verde pubblico di un’area di notevoli estensioni, tutta interna al tessuto urbano della città, a partire dai prati che mancano assolutamente, con notevoli vantaggi derivanti dalla crescita massiccia della biomassa, a partire da quella fotosintetica, con cattura di CO2 e conseguente produzione di O2, miglioramento delle condizioni microclimatiche grazie ai fenomeni di evapotraspirazione con riduzione delle isole di calore, e non ultimo il rigoglio vegetativo paesaggistico dovuto alla proliferazione della massa verde. I boschi urbani e periurbani potrebbero essere un eccezionale banco di prova, soprattutto per la nascita della nuova città di area vasta, diffusamente green, comunque la si voglia chiamare.
Giancarlo Odoardi – Giornalista, ecologista
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