Nel nuovo romanzo di Barbara Frale le indagini su un delitto misterioso si incrocia con il segreto dei Templari. La Chiave esige un prezzo di sangue …
Dieci uomini in abiti antichi. In piedi, in cerchio, presso i dolmen del sacro recinto. “Chi siete?”. “Un uomo che cerca la verità”. “Dove la cercate?”. “Mi sono recato alle Montagne delle Tenebre, dove dimorano Aza e Azael”. “Cosa volete dagli Angeli Caduti?”. “Che mi trasmettano la Scienza apocrifa”. Inizia così il nuovo, avvincente romanzo di Barbara Frale, L’idolo dei Templari (Rai Libri, pp. 510, euro 12), pagine che ci catapultano nel 1814: in una Londra tetra e fuligginosa, ignoti assassini uccidono un nobiluomo francese. L’omicidio è messo in rapporto con la decadenza di Napoleone e il suo temuto ritorno al potere. Certi simboli occulti lasciati sul cadavere, tuttavia, fanno sospettare che il movente politico non sia l’unico. Per evitare che lo scabroso delitto possa creare incidenti con la monarchia di Francia, le indagini sono affidate a Gaetano Polidori, un professore italiano residente a Londra, e al suo amico John Hinsley, procuratore del distretto di Kensington: i due formano una strana coppia in cui gli opposti si attraggono e si completano a vicenda, e già in passato si sono rivelati molto utili per svolgere indagini discrete su persone “intoccabili” dalle comuni forze dell’Ordine. Il francese è stato ucciso davanti alla chiesa di Temple Church, quartier generale dei Cavalieri Templari del Medioevo e il nobiluomo era un discendente di Filippo il Bello, il sovrano che distrusse l’ordine dei Templari, e ciò potrebbe non essere casuale. Circolano infatti oscure leggende riguardo alla maledizione che i Templari gettarono sulla stirpe dei re di Francia. E Polidori, esperto di Storia, è sicuro che il simbolo lasciato sul corpo del francese assassinato risalga al Medioevo: i Templari lo usavano per evocare in segreto la loro oscura divinità. C’è da risolvere il mistero di una scritta misteriosa, “gli uomini rari, eroichi e divini, passano per questo camino della difficoltà”: è di Giordano Bruno, ‘l’eretico’ filosofo che ha squarciato la verità sugli infiniti universi, rivendo che ogni punto è centro. Cosa vorrà dire quell’espressione del Nolano tratta dalla Cena delle Ceneri?
In una serrata indagine tra Londra e la campagna inglese, Hinsley e Polidori impareranno a proprie spese che il potere dei Templari non è mai tramontato: secoli di clandestinità hanno reso l’ordine più forte che mai, pronto a risorgere sempre, in ogni tempo della storia.
Ma cosa è davvero il Baphomet? La luce possiede anch’essa le sue ombre. Forse è l’oricalco di cui parla Platone? O è una testa di gallo, che è chiave di altri misteri? Nelle carte del processo è descritto in molte forme. Una delle più suggestive lo dice avere occhi di rubino. Un simbolo, in realtà. È qualcosa di più profondo, che rimanda a cammini iniziatici, a nobili Cavalieri che cavalcano nel vento nell’acciaio lucente dell’usbergo. Misteri non sperduti nelle regioni del passato ma anzi domande che affiorano con forza, come quel loro processo falsato dall’avidità di chi volle mandare al rogo i monaci guerrieri per carpire beni e castelli (su questo punto le pagine del giurista Michele Raffi in Apologia dei Cavalieri Templari, edito da Mursia, fanno sempre scuola mostrando la vergogna di un processo infame all’Ordine) di quegli uomini che davanti alla morte salmodiavano Non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam.
Di quel processo sir Jeoffrey Gonneville aveva vissuto l’oscura vicenda. Da parte sua, Gaetano Polidori stava al mondo da troppo tempo per lasciare alla sua ragione il guanciale delle favole. La verità dovrà farsi strada tra i Naassim e gli Elohim, secondo la lezione dell’apocrifo Libro dei Vigilanti.
Ci sono due verità: denaro e potere, “che poi è denaro con l’abito da sera”. Spesso, però, la verità ha il colore della fata verde, il liquore di assenzio, o il volto di una fanciulla bellissima che perderà la vita in un vecchio faro di pescatori. La ruota del tempo gira, la Croce Rossa sul petto dei templari non si spezza. Emergono le loro storie, forse maledette, come le rose canine che secondo una leggenda i Templari piantavano accanto alle loro chiese. Messaggi anche questi di una sapienza costruita pietra su pietra.
Scorrono in queste pagine amori e ricerche febbrili, le promesse di vita di Laura e un’alga dalle proprietà che pochi conoscono, donne misteriose e vecchi pescatori con la faccia vizza e le mani nodose che la sanno lunga su certe notti agitate. Resta come una cifra l’immagine di lord Arhur, con il suo sguardo vitreo che “si perdeva nel chiarore di quel fuoco come nel vuoto di un abisso”. Una lama di dolore immenso gli aveva lacerato il cuore mentre l’angelo della morte portava alla luce l’inconfessabile segreto della fine di una giovane baciata dalla bellezza. Occorre provare “come un sarto malvagio i panni dell’assassino” addosso a ognuno, unire i punti degli indizi e risalire alla notte che ha distrutto tutto un mondo. Il diavolo somiglia a una donna affascinante che lascia in tasca un amuleto. Anche lei è terra d’incontro ma con le forze oscure del Male. Cosa vorrà dire l’Arcano coperto?
Il destino bussa alla porta con la mano guantata di ferro. Dietro la colonna della notte l’uomo con la mascella marchiata a fuoco dal fiore di giglio con cui si marchiavano a vita le meretrici e le ladre ostinate. L’odore venerabile dei libri di un’antica abbazia e il sangue che è sempre vita anche quando scorre dentro corpi abitati da mille segreti.
“Dove conduce quella Porta?! “Alla piena Conoscenza”. Ma possedere la Chiave esige un prezzo da pagare. Ha la forma di un occhiale d’argento, con la lente ambrata. Un’altra storia che non finisce.
Giorgia e Sara Piccolella
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