IL DILEMMA DELLA MOBILITÀ urbana
Dare risposte senza conoscere le domande!
Pescara, 30 dicembre 2022. Era la fine dell’estate del 2017: a Pescara si svolgeva la prima edizione, poi rimasta unica, degli Stati Generali della Mobilità Urbana, con un fitto e ricco calendario di eventi, tavoli di confronto, attività formative e finanche la prima Conferenza annuale sulla mobilità urbana, anche quella poi unica. Già a quell’epoca si anticipavano temi che poi si sono rivelati di dominio pubblico: le app per la sharing mobility, le politiche di mobility management, i PUMS e i Biciplan, l’area metropolitana della Nuova Pescara, ma anche un confronto locale aperto sulle nuove aree strategiche della città: la cittadella dello sport, il parco centrale, il polo della cultura e della conoscenza, il parco nord.
All’inizio del 2018 i primi cittadini Marco Alessandrini per Pescara, Francesco Maragno per Montesilvano, Antonio Luciani per Francavilla, Luciano Di Lorito per Spoltore, Luciano Marinucci per San Giovanni Teatino e Gabriele Florindi per Città Sant’Angelo, si riunivano, con assessori e tecnici, presente anche Francesco Chiavaroli Direttore dell’Arta, per affrontare il tema dell’inquinamento atmosferico (all’epoca rilevante quello provocato dalle polveri sottili).
Così recitava un comunicato stampa dell’epoca diffuso dopo il vertice: “Dall’incontro è emersa la volontà di costituire un’Associazione tra Comuni, ai sensi del Testo Unico sugli Enti Locali, finalizzata ad affrontare tutti gli aspetti, legati sia alla prevenzione, che alla lotta all’inquinamento atmosferico, condividendo politiche di mobilità vasta e ambientali comuni per il breve, medio e lungo periodo“. Tra gli strumenti: un piano del traffico generale tra i Comuni, iniziative di bike e car sharing, parcheggi di scambio, potenziamento del TPL. L’idea dell’associazione prese corpo in una bozza di convenzione che all’epoca venne firmata solo dai Comuni di Pescara e Francavilla, e poi dimenticata nei cassetti.
Nel frattempo il Comune di Pescara cominciava a seguire i lavori di CReIAMO-PA, Competenze e Reti per l’Integrazione Ambientale e per il Miglioramento delle Organizzazioni della Pubbliche Amministrazioni, un progetto dell’allora Ministero dell’Ambiente finanziato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 – Asse 1 “Sviluppo della capacità amministrativa e istituzionale per la modernizzazione della Pubblica Amministrazione” – Azione 1.3.3 “Interventi per il miglioramento della capacità amministrativa, centrale e regionale, per l’integrazione della sostenibilità ambientale”. Il progetto mirava ad assicurare maggiori livelli di efficienza nella Pubblica Amministrazione in campo ambientale affrontando i temi del rafforzamento della capacità amministrativa, dello sviluppo dell’e-government e del miglioramento della governance multilivello. Tra le linee di intervento di progetto vi era la n. 7, dedicata allo “Sviluppo di modelli e strumenti per la gestione della mobilità urbana sostenibile”.
Proprio facendo leva sull’idea del “patto tra le associazioni per contrastare l’inquinamento atmosferico”, il Comune si fece parte attiva del progetto tanto da diventare una delle 5 città di riferimento per lo svolgimento del cosiddetto “affiancamento on the job“, cioè 4 giornate di approfondimento tematico, con la proposta di confronto sull’idea di una “Agenzia per la mobilità di area vasta” che quindi costituì il tema di discussione dei seminari che si svolsero nelle giornate dal 10 al 14 settembre del 2018, alla presenza di consulenti provenienti da una long-list ministeriale di esperti dedicata al tema.
Da quell’epoca ad oggi difficile dire quanto sia rimasto di quelle pulsioni: forse nulla dell’idea dell’agenzia, che dovrebbe invece un minimo emergere dal dibattito sugli scenari organizzativi della futura conurbazione, ma poco anche dal punto di vista delle occasioni di confronto, relegate ad alcuni isolati appuntamenti di settore (diversi incontri sul Biciplan).
Molto rumoroso, invece, il silenzio sulle richiamate politiche di mobility management, quando invece la normativa vigente richiede un grande dinamismo procedurale, con scadenze annuali di redazione, adozione e approvazione dei Piani degli Spostamenti Casa Lavoro (PSCL). Un recente seminario regionale di due giorni che si è tenuto a novembre a Giulianova (nell’ambito del già richiamato CReIAMO-PA ) proprio sulle modalità di redazione dei PSCL, ha visto l’evidente assenza delle parti in causa (i mobility manager), tranne che per alcune, poche, realtà.
Eppure, la normativa parla chiaro (DI 179 – 12/5/2021 (decreto interministeriale): “Istituzione della figura del “Mobility manager aziendale“): nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti , le aziende che hanno più di 100 dipendenti sono tenute ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un PSCL del proprio personale dipendente. Il PSCL, finalizzato alla riduzione del traffico veicolare privato, individua le misure utili a orientare gli spostamenti casa-lavoro del personale dipendente verso forme di mobilità sostenibile alternative all’uso individuale del veicolo privato a motore, sulla base dell’analisi degli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti, delle loro esigenze di mobilità e dello stato dell’offerta di trasporto presente nel territorio interessato. Il PSCL definisce, altresì, i benefici conseguibili con l’attuazione delle misure in esso previste, valutando i vantaggi sia per i dipendenti coinvolti, in termini di tempi di spostamento, costi di trasporto e comfort di trasporto, sia per l’impresa o la pubblica amministrazione che lo adotta, in termini economici e di produttività, nonché per la collettività, in termini ambientali, sociali ed economici” (art. 3, comma 4). Entro la data indicata, le diverse aziende sottopongono preventivamente i PSCL al Mobility Manager di Area (comunale) per l’approvazione e il coordinamento. Si tenga conto che i mobility manager si occupano di mobilità sistematica, quella ricorrente, dei pendolari: si tratta dei flussi di spostamenti più significativi, che vanno gestiti in quanto domanda di mobilità prima ancora che offerta.
E invece, mentre sul primo fronte, cioè dell’analisi della domanda, non si vedono indagini di sorta, sul fronte dell’offerta si nota al contrario una grande vivacità progettuale, che si concretizza soprattutto sul piano delle infrastrutture e delle dotazioni di mezzi, con proposte di interventi “hard”! Poco o nulla, invece, accade sul piano “soft”, delle modifiche dei comportamenti, delle abitudini ovvero della prevenzione. Su questi punti si incardina il contributo strategicamente dei mobility manager, orientato a sostenere un modello organizzativo degli spostamenti in cui l’utente finale è protagonista del cambiamento e non un semplice passeggero.
Pur rimanendo nei limiti della pianificazione locale e non di ampio respiro, visti i vincoli dei confini amministrativi degli attuali ambiti territoriali, è sicuramente indispensabile agire ora. Ma per l’applicazione della norma richiamata, lo scenario della Nuova Pescara costituisce il più idoneo spazio di manovra.
Le aziende coinvolte e soprattutto i relativi Enti locali hanno grandi responsabilità al riguardo, se solo si volesse considerare l’obbligatorietà delle procedure (ce ne sarà pure una ragione) e le tante e ricorrenti opportunità formative, in questi anni distrattamente disertate dai potenziali interessati: in apparenza potrebbe sembrare un percorso più lungo, forse anche effimero per l’intangibilità delle soluzioni prospettate per l’assenza di binari, funi, carrozze e cabine, ma sicuramente il meno costoso e alla fine forse anche il più breve, in termini realizzativi (Pescara, ad esempio, se si puntasse un compasso alla foce del fiume, starebbe tutta dentro un raggio di 5 km, distanza che, a piedi, si percorre in un’ora).
Dieci, venti o trenta PSCL di comuni e aziende varie (per citare solo quelle sanitarie: ospedali e sedi territoriali varie, o amministrative: agenzia delle entrate, INPS e altro, o formative, come scuole e università, ecc.), coordinati dai mobility manager di area, ovvero da una sola agenzia per la mobilità di area vasta, potrebbero essere molto efficaci, da subito, nel razionalizzare gli spostamenti quotidiani di decine e decine di migliaia di utenti.
Riprogettare la città partendo magari dalla “mobilità attiva”, quella di pedoni e ciclisti, e poi lavorando sul piano della consapevolezza e delle responsabilità individuali e collettive, porterebbe vantaggi immediati, per l’ambiente, il territorio, la salute, la socialità, il benessere, ecc., ben prima di qualsiasi opera o mezzo di trasporto, ancorché innovativi.
E allora, a 5 anni dal 2017 se non a 25 dal 1998 (anno dal primo decreto ministeriale in materia di mobility management), ripensare ad un grande momento di confronto tra le parti, tante, sarebbe auspicabile se non indispensabile, per non dire propedeutico a tanti piani che spesso e volentieri propongono risposte non conoscendo le domande.
Giancarlo Odoardi