Un messaggio di Mons. Gastone Simoni
di Nino Giordano
8 novembre 2022
Sento – attraverso il messaggio del cuore – che anche dal Cielo della Luce Divina mons. Gastone Simoni segue le nostre vicende terrene sulla guerra in Ucraina e su tutte le guerre in atto.
E così ho immaginato – in mezzo alla letizia concorde del Paradiso – una sua ampia e personale riflessione sulle tante e costanti azioni per la promozione della pace del prof. Giorgio La Pira e sul suo convincimento che la pace è un bene da raggiungere e comunque, per la sopravvivenza dell’umanità, inevitabile.
Oggi avremmo bisogno di una figura come il prof. Giorgio la Pira: lui non avrebbe avuto dubbi! Avrebbe fatto di tutto per recarsi a Mosca a capo di una delegazione di sindaci di cento città più rappresentavi del mondo, insieme con Papa Francesco e parlare direttamente con Putin; per poi recarsi a Kiev per un dialogo disarmato tra le parti: inutili gli sforzi di pace se le culture che si incontrano non riescono ad impostare un dialogo disarmato. Lui, ci invita in tutti i modi a mettere allo stesso tavolo realtà contrapposte quando farlo sembra impossibili. Sogno o utopia?
“ Carissimi, è singolare ed anche questo un segno dei tempi che proprio il 5 Novembre si è svolta una Manifestazione per la Pace lo stesso giorno (era il 5 Novembre del 1977) in cui il professore ci ha lasciati per il regno della Luce divina dove è lui stesso a ripetercelo più volte: “Non crediate che io qui stia fermo: No! Lavorerò e chiederò con insistenza, tormenterò Nostro Signore che dovrà concedermi ciò che chiedo”.
Ricordo ancora quella sera, quando entrai nella sua stanza di Villa Cherubini con Fioretta Mazzei, Olivero Oliveri, Antinesca Tilli, Giovanni Pallanti; poi quando il prof. Sergio Briani staccò la maschera, io assieme a due frati domenicani intonammo la Salve Regina.
Traspariva in tutti la certezza che avevamo dinanzi a noi – già in terra – un beato.
Non posso parlare di lui senza sentirmi contagiato da un senso di pace che traspare ancora in cielo sempre in preghiera davanti al Signore: il primo atto con cui iniziare la giornata.
Giorgio La Pira è stata una delle coscienze più alte e singolari della politica e del cattolicesimo moderno.
“Carissimi, ricordatevi costantemente di richiamarvi al suo pensiero e al suo agire per l’attualità delle sue intuizioni di strategia politica.
Oggi più che mai occorre riprendere il suo modo di agire per la pace e per il dialogo; ha promosso una mentalità di pace, guardando con realismo ai fatti e ai problemi cercando la soluzione con realismo: con la visione politica dei piccoli passi e con la pazienza necessaria ai processi di pace di lungo periodo.
Vi ricordo tra i tanti tentativi di questo straordinario ed instancabile messaggero di pace due episodi significativi: la sua amicizia con Senghor e il significativo viaggio di pace in Israele dopo lo scoppio della guerra nel Medio Oriente del 6 giugno 1967.
Li riprendo dai dialoghi documentati che Nino Giordano, appassionato studioso di La Pira, ha ricostruito nel suo libro “Un cristiano per la città sul monte”.
Il 4 Ottobre 1962 per la festa di San Francesco, il professore invitava Leopold Sedar Senghor, primo presidente della nuova repubblica indipendente del Senegal, a parlare in Palazzo Vecchio dei popoli africani avviati all’indipendenza e per inviare un messaggio di speranza ai popoli di Europa e di tutti i continenti. Seguiamo il dialogo….
La Pira : Signor Presidente, che piacere accompagnarla nella città di Dante.
Senghor: Sono sempre felice di parlare con lei, un innamorato come me della poesia.
La Pira : Molte cose ci accomunano. La donna nera della sua celebre poesia ha la stessa bellezza della Madonna Niura di Tindari.
Senghor: (non comprende) Niura?
La Pira : La Madonna nera venerata sul colle di Tindari in Sicilia. Conosce la bellissima poesia “Vento a Tindari” del mio grande amico, Quasimodo’?
Senghor: Sono un suo ammiratore. Lui …il poeta della Sicilia mitica; eppure, orgogliosa: la sua è una poesia mediterranea.
La Pira: È un mio fratello spirituale: insieme abbiamo condiviso che l’arte è una forma di conoscenza oltre che una forma di lode del Creatore.
Senghor: Per certi versi anche io e lei siamo fratelli, perché la sua Pozzallo è di fronte alla mia Africa.
La Pira : È una terrazza sul Mediterraneo…sul lago di Tiberiade, terrazza come lo è Firenze sul Mondo.
Senghor: Ed io sono felice che lei mi abbia invitato a parlare dei popoli africani proprio da questa terrazza.
La Pira : Credo che i popoli africani potranno portare, un contributo alla pace, ora che hanno conosciuto il valore della libertà e conquistato l’indipendenza.
Senghor: La nostra Negritude è la nostra rinascenza.
La Pira : Nella festività di San Francesco, preghiamo perché un giorno i popoli africani siano i costruttori della nuova Gerusalemme.
Senghor: Lei ha sempre parole di speranza!
La Pira : Come dice Mounier è la morte del dialogo a produrre le guerre.
Senghor: Le nostre formule di saluto sono le stesse: Hai tu la Pace? La Pace, La Pace soltanto… Shalòm! Pax tecum! Pace a Voi!
Il 25 maggio 1967 Radio Cairo diffuse il messaggio del presidente egiziano Nasser: “Bisogna cancellare Israele dalle mappe”. Tre giorni dopo anche altri quattro stati arabi Siria, Iraq, Giordania e Arabia Saudita schierarono i loro eserciti lungo il confine. Israele decise che l’attacco preventivo era l’unico modo per sopravvivere all’offensiva. La guerra durò sei giorni. Vinsero gli israeliani.
Per il professore il Mediterraneo , come un’oasi di pace che da fossato che è per diventare un grande lago di Tiberiade, deve avere un obiettivo primario: abolire tutte le ragioni conflittuali, da quelle economiche a quelle politiche.
Per questo occorre fare leva sulla fede nel medesimo Dio: “la componente religiosa della rivelazione divina che trova in Abramo, il patriarca dei credenti, la radice soprannaturale comune”.
Nel dicembre del 1967 Giorgio La Pira decise di recarsi a Gerusalemme a Betlemme e a Hebron, in un fraterno dialogo tra le tre religioni abramite.
Colloquio tra Leo Levi, amico del Professore e suo figlio Josef.
Leo Levi: Joseph, oggi verrà a trovarci il professor Giorgio La Pira.
Joseph Levi: Il sindaco della bella Firenze…
Leo Levi: Assieme ad altri ha salvato tanti nostri fratelli durante la guerra.
Joseph Levi: Quando lo hai conosciuto?
Leo Levi: Qualche anno fa a Firenze. Nell’autunno del 1958 organizzò un convegno tra ebrei, cristiani e musulmani. Lo volle chiamare il “Primo Colloquio Mediterraneo”.
Joseph Levi: Deve essere una persona coraggiosa se ha scelto di venire qui dopo la guerra dei sei giorni.
Leo Levi: È venuto per facilitare gli incontri tra i sindaci di Israele e della Cisgiordania, per continuare questo dialogo.
Joseph Levi: E il governo israeliano cosa ne pensa?
Leo Levi: Non sembra particolarmente entusiasta.
Joseph Levi: Ha già incontrato qualcuno?
Leo Levi: Si, il sindaco di Gerusalemme; noi andremo a incontrarlo a Betlemme e poi proseguiremo insieme per Hebron.
Joseph Levi: Sulle orme di Abramo!
Leo Levi: Proprio così… alla terrazza di Abramo.
A Betlemme La Pira e Leo Levi si abbracciano fraternamente e ricordano il loro incontro a Firenze; il giovane Joseph Levi fa la sua conoscenza. Dopo la sosta di preghiera nella chiesa della Natività, la partenza per Hebron. L’incontro con il sindaco islamico di Hebron.
Il sindaco islamico di Hebron: Salâm âleikum, la pace sia con voi.
La Pira : Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus bonae voluntatis.
Il sindaco islamico: Voi capite bene qual è la nostra attuale condizione… ma sono onorato di potervi ospitare in una tenda come è nostra tradizione.
La Pira : Dobbiamo solo seguire il sogno di unità di Abramo. Ora tutti insieme andiamo a pregare nella grotta dei padri.
Il sindaco islamico: Come dice Jalâl âlDîn Rûmî, “Il San Francesco dei Sufi”, «Le vie sono diverse, la meta è unica».
La Pira : Per questo vi propongo di leggere insieme alcuni salmi sulla pace della città santa, Gerusalemme. (estrae di tasca la Bibbia)
La Pira, Joseph Levi e Leo Levi: (leggono insieme) Dal canto delle salite, di Davide: «Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!».
Il sindaco islamico: (legge dal Corano… capitolo III, paragrafo 57 ) «O gente del Libro! Venite a un accordo equo fra noi e voi e di non associare a Lui cosa alcuna, di non sceglierci fra noi padrone che non sia Dio».
Sono tutti raccolti in preghiera. La grotta sembrava immersa in un’atmosfera d’incanto. Arabi e israeliani pregano insieme…
La Pira : Conserveremo nel cuore la sacralità di questo dialogo: tra i cristiani, i rabbini e gli imam, nella comunanza religiosa.
Joseph Levi: E nella ricerca di Dio.
La Pira: Joseph, io ti auguro che tu o altri dopo di te possano realizzare tutto ciò. Una rondine non annuncia la primavera, ma due forse sì. (porge un rametto al palestinese, un rametto a un ebreo e uno lo tiene per sé) E noi in questo momento siamo in cinque!
Riunirsi a pregare per la pace e contro la guerra non è compiere un’azione meramente simbolica. La preghiera è un vero atto di potere benefico che influisce misteriosamente nella vita e nella storia.
“Affinché la pace regni è necessario- scriveva il professore- non solo compiere l’atto introduttivo del disarmo, ma altresì assicurare istituzionalmente ai suoi cittadini i beni essenziali per una autentica esistenza umana: quei beni, cioè, che includono ordinatamente secondo una autentica gerarchia dei valori, il pane del corpo e del pane dell’anima; i valori dell’economia e quelli della preghiera; i valori della tecnica e quelli della poesia; le cose del tempo e quelle dell’eternità; l’azione che affatica e la contemplazione che riposa… La vera guerra è quella destinata a liberare l’uomo dalla schiavitù della miseria, della disoccupazione, della ignoranza, della malattia, della materialità: per elevarlo alla gioia della casa e della famiglia”.
L’etica dei doveri, della reciprocità e della pace, nel rifiuto assoluto del ricorso alle armi.
Ciò che La Pira ricordava come l’essenza della giurisdizione del pretore romano: “Vim fieri veto” = “faccio divieto di usare la forza” per qualunque motivo e obbligare a riporre tutto nel civile confronto sulle reciproche pretese; e guardando all’operato di Augusto, il Ianus clausus, cioè la chiusura di quel tempio che custodiva le armi di difesa: una abolizione degli eserciti, perché la pace si difende con le leggi e non con le armi.
La Pira non è una personalità consegnata al passato. Vi è in lui la ricerca, perfino “provocatoria” di punti fermi che orientino il cammino della storia. E questa ricerca non ha scadenza. “Bisogna risvegliare tutte le forze unificatrici che sono latenti nel più profondo dell’animo e far scaturire la santità, la preghiera, la bellezza, il gusto delle cose elevate”.
“Carissimi, ancora oggi, a 45 anni dalla morte, l’azione di La Pira scuote e interpella invitando cristiani e laici, credenti e non credenti, a rimboccarsi le maniche e agire in funzione della pace.
Le guerre non sono secondo il desiderio di Dio, sono un impazzimento degli uomini.
Pregare per la pace significa operare per la difesa della vita umana dal suo stato embrionale al suo stato terminale, oltre che operare con la parola, la testimonianza, la cultura, l’interessamento sociale e politico a favore della tutela della famiglia, del lavoro per tutti, della giustizia da rendere alle innumerevoli popolazioni oppresse da miserie d’ogni genere e che costituiscono la maggior parte dell’umanità.
Chi decide che sono esauriti tutti i mezzi pacifici che il Diritto Internazionale mette a disposizione, si assume una grande responsabilità di fronte a Dio, alla sua coscienza e alla storia”.