PREMIO Roberto D’Orazio

Tutto pronto per la prima edizione

Chieti, 24 gennaio 2023. Per ricordare Roberto D’Orazio, a sette anni dalla morte, la famiglia ha indetto la prima edizione del premio Roberto D’Orazio, la cui cerimonia di premiazione si terrà il 28 gennaio alle 17 nello storico Caffè Vittoria di Chieti, che ha recentemente festeggiato il centenario e che rappresenta l’identità culturale, artistica, imprenditoriale del capoluogo teatino.

Il comitato scientifico del premio, presieduto dal critico letterario e d’arte Massimo Pasqualone, ha scelto le personalità che verranno insignite del premio per l’impegno  imprenditoriale, culturale, artistico, sociale: Ma Febbo – Privato ,  Mario Colantonio  , Luciano Di Tizio, Enrico Saquella, Giuseppe Tinari, Arnaldo Marramiero, Daniele Giangiulli , Domenico Di Pillo, Michelangelo Tumini, Franco Di Cristofaro,  Gianfranco Melideo ,  Concetta Nasuti  ,  Gilda Pescara,  Franco Mastracci ,  Nicola Mastrangelo, Eide Spedicato , Luigi Di Paolo , Alessandro De Santis,  Paolo Rapposelli ,  Nino Germano  , Maria Grazia Di Mario, Maria Franca D’Agostino  , Giancarlo Zappacosta , Giancamillo Marrone , Riccardo Paciocco ,  Carlo Gentili , Luca Luciano  , Elisabetta Liberatore  , Roberto Di Monte , Maurizia Nardella  , Luca Filipponi, Giulia Alberico  , Sabrina Sabrina’s Cardone , Sergio Marchionne alla memoria.

Roberto D’Orazio è nato a Chieti il 5 luglio 1946. I suoi genitori, Nicola D’Orazio e Gabriella Serrandrei, si erano conosciuti nel corso del secondo conflitto mondiale e si erano sposati nell’ottobre del 1945. Sin da ragazzo ha mostrato una grande passione per l’attività commerciale che il padre e lo zio Ettore avevano iniziato negli anni Trenta aprendo la storica Pasticceria D’Orazio. Nel 1970 si è sposato con Lucia Manzini con la quale ha messo al mondo le tre figlie: Gabriella, Renata e Mariangela.

Nel 1988 ha realizzato quello che da sempre era stato il suo più grande desiderio professionale: rilevare la gestione del Gran Caffè Vittoria.

È stato nominato Cavaliere del lavoro nel 1994. Ha ricoperto incarichi di responsabilità presso la Confcommercio di Chieti. Si è spento il 15 ottobre del 2015.




L’ABRUZZO PIANGE JUAN CARRITO: strage evitabile

Juan Carrito, è morto.

L’orso, figlio di Amarena, ormai conosciuto da tutti per le sue passeggiate tra i paesi dell’Abruzzo: Bisegna, Villalago, Roccaraso, Pescasseroli dove è stato immortalato anche a giocare con i cani senza mai nuocere a nessuno, è purtroppo stato investito da un’automobile. Sulla strada statale 17 vicino a Castel di Sangro nei pressi della galleria per Roccaraso, un venticinquenne alla guida dell’auto, L.G., ha detto che il plantigrado è sbucato all’improvviso dopo una curva e che non ha fatto in tempo a frenare. Rimasto gravemente ferito nell’impatto, è morto poco dopo. La salma è stata portata all’Istituto Zooprofilattico di Isernia per l’autopsia.

Dichiara Walter Caporale, Presidente degli Animalisti Italiani: “La morte di Juan Carrito è responsabilità di tutti perché non si tratta solo di un drammatico incidente. L’orso è stato travolto in una zona già nota per la sua pericolosità: proprio lì era stata investita pure la madre Amarena. In quel tratto è presente solo il segnale stradale di attraversamento di animali selvatici. Perché non sono stati installati sul territorio impianti elettronici che evitano incidenti di questo genere? Una ‘disattenzione’ che è costata la vita di Juan Carrito visto che il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise ne aveva già iniziato ad installarne alcuni? Valuteremo con il nostro ufficio legale le responsabilità umane del singolo cittadino insieme alla negligenza istituzionale che ha contribuito alla morte del giovane orso abruzzese diventato il simbolo della regione.”




ABRUZZO, una nuova sinergia

Per lo sviluppo del sistema imprenditoriale

L’Aquila, 24 gennaio 2023. Venerdì 27 gennaio alle ore 17.00 si terrà il Convegno Conflavoro PMI, patrocinato dal Consiglio regionale dell’Abruzzo, che sancirà l’inizio di una nuova collaborazione con la Regione Abruzzo. L’obiettivo è quello di introdurre misure concrete e attuabili per rilanciare il tessuto imprenditoriale del territorio, rimettere al centro della discussione pubblica e istituzionale le politiche attive del lavoro, la formazione dei lavoratori, restare al fianco di chi fa impresa fornendo il supporto corretto nella risoluzione dei problemi.

Tra i relatori dell’evento con il Presidente nazionale Conflavoro PMI, Roberto Capobianco, il presidente Conflavoro PMI L’Aquila, Ugo Mastropiero, Marco Panepucci, membro dei Giovani imprenditori Conflavoro PMI, Roberto Santangelo vicepresidente del Consiglio regionale Abruzzo, Pietro Quaresimale assessore regionale al Lavoro e alla Formazione professionale Regione Abruzzo, Daniele D’Amario assessore regionale alle Attività produttive e al Turismo Regione Abruzzo.




ROSETO ART.LAB. ha una casa

Il progetto dedicato ai giovani e alla cultura. Individuata la sede del laboratorio nella casetta all’interno della villa comunale

Roseto degli Abruzzi, 24 gennaio 2023 – “Roseto Art.Lab, l’officina d’arte rosetana”, ha una casa. Una sede stabile dove svolgere attività come workshop, eventi, laboratori, lezioni e dove fare promozione. Insomma, un punto di riferimento per tutta la cultura rosetana.

L’Amministrazione Comunale di Roseto degli Abruzzi, infatti, con la Delibera di Giunta approvata lo scorso 20 gennaio ha individuato i locali della casetta all’interno del Parco della Villa Comunale con ingresso in via Napoli (vicino alla Biblioteca Comunale), come sede stabile per le attività collegate all’attuazione del progetto “Roseto Art.Lab”.

L’Assessorato alla Cultura, a partire dallo scorso anno, ha cercato di promuovere e valorizzare le attività culturali locali attraverso la definizione di un progetto dal titolo “Roseto Art.Lab. Officina d’arte rosetana”, redatto dagli uffici comunali su indirizzo dell’assessorato, con l’intento di offrire stimoli e alternative d’interesse e professionalità ai giovani rosetani. Nello specifico, il progetto si focalizza sulla cultura, in particolare arte visiva, in tutte le sue forme, della loro pratica e della loro conoscenza.

Il progetto, caratterizzato da una prima fase di performance sul territorio con il coinvolgimento della cittadinanza rosetana, è stato presentato per la prima volta in conferenza stampa lo scorso mese di maggio. Già in quella occasione è stato sottolineato come la mission di “Roseto Art.Lab” fosse quella di offrire stimoli e alternative alle ragazze e ai ragazzi rosetani, attraverso l’arte, per creare, al termine del percorso, un laboratorio che diventi un punto di riferimento culturale permanente sul territorio.

Al termine di questa prima fase di incontro e dialogo, il discorso si è spostato verso una fase più “pratica”, che avrà l’assetto di un laboratorio e che, nel tempo, diventerà un luogo culturale autosostenibile e un centro di aggregazione giovanile. Passo necessario, quindi, per completare questo percorso è stata l’individuazione di una sede stabile per “Roseto Art.Lab.”.

“Valorizzare il patrimonio dell’Ente e creare uno spazio operativo dove far esprimere i talenti artistici del nostro territorio. Sono questi i motivi che ci hanno spinto ad approvare questa importante Delibera che dà ulteriore concretezza a quanto avviato la scorsa primavera attraverso il progetto “Roseto Art.Lab” – affermano il Sindaco Mario Nugnes e l’Assessore alla Cultura Francesco Luciani – Un format di successo che ha visto coinvolti i giovani rosetani e che ha attirato l’attenzione di tanti nostri concittadini di ogni età. La nuova sede-laboratorio sarà, allo stesso tempo, un punto di riferimento della cultura rosetana ma anche un centro di aggregazione che aiuterà a combattere il disagio giovanile, con un importante risvolto, quindi, anche nel campo del Sociale. Una sede operativa, uno spazio creativo in cui incontrarsi, dialogare, condividere, divertirsi, imparare e sappiamo che i promotori del progetto, guidati dal Direttore Artistico Bruno Cerasi, hanno già in programma idee e progetti per renderlo viva, attiva ed attrattiva per tutta la giovane comunità rosetana, nel nome dell’Arte”.




ECCO LE VINCITRICI. LXVI Premio Cascella 2022

L’evento ha fatto inoltre parte della 18^ Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI

Ortona, 24 gennaio 2023. Anche quest’anno è tornato il Premio Basilio Cascella, dal 1955 uno dei Premi d’Arte tra i più prestigiosi d’Italia. Le opere sono state esposte presso la sede dell’Associazione Atlantide.

Le opere realizzate sul tema Infodemia da 17 talenti delle arti visive rimarranno disponibili alla visione sul sito www.premiocascella.art.

Di seguito i vincitori e vincitrici del LXVI Premio Basilio Cascella 2022:

• Pittura, premio della critica: Luisa Valenzano

• Pittura, premio popolare: Luisa Valenzano

• Fotografia, premio della critica: Annalisa Lenzi

• Fotografia, premio popolare: Simona Nobili

Menzione speciale B. Cascella per la Pittura: Luisa Valenzano e Leonardo Baserni.

Vincitrice della Critica e al contempo del Popolare per la sezione pittorica è Luisa Valenzano, mentre nella sezione fotografica il premio della Critica è andato ad Annalisa Lenzi, mentre il Popolare è stato vinto da Simona Nobili.

Luisa Valenzano e si aggiudica anche la menzione speciale ‘B. Cascella’ per aver avuto un alto riscontro presso entrambe le giurie. Tale riconoscimento è quindi stato assegnato anche a Leonardo Baserni per la stessa motivazione.

Il tema della prossima LXVII Edizione del Premio Basilio Cascella sarà ‘Intelligenze Artificiali’, e il bando sarà disponibile nelle prime settimane di Febbraio 2023 sul sito www.premiocascella.art.alle loro decisioni, pena il suo commissariamento”.




VIVA SOFIA, CORSO DI PRIMO SOCCORSO e rianimazione polmonare di base

Organizzato dal Lions Club Chieti i Marrucini

Chieti, 24 gennaio 2023. Lunedì 23 gennaio si è tenuto il primo dei due appuntamenti con “VIVA SOFIA”, il corso di primo soccorso e rianimazione polmonare di base che ha lo scopo di fornire conoscenze e procedure utili a salvaguardare la vita in attesa del personale del 118. Un utile service organizzato dal Lions Club Chieti “I Marrucini” e rivolto al corpo docente, ai genitori, ai nonni.

Nello specifico, questo primo incontro era riservato ai docenti ed ha visto una corposa e attiva partecipazione di pubblico, con la preziosa collaborazione anche del Dirigente Scolastico Giovanna Santini.

Giovedì 26 gennaio alle 17, le porte del Plesso Madonna del Freddo dell’Istituto Comprensivo 2 si apriranno a genitori e nonni che intendano imparare la manovra di disostruzione delle vie aeree, conoscenza che, se appresa nel modo corretto, può trasformarsi in una concreta azione salvavita.

Il Lions Club intende questo corso come uno stile di vita, aiuto efficace in caso di emergenza, approccio emozionale all’emergenza. Sono di fatto tante le testimonianze di bambini salvati dal soffocamento grazie alle manovre salvavita imparate durante un corso “Viva Sofia”.

«Un altro importante service realizzato dal Lions Club Chieti I Marrucini: nei giorni 23 e 26 gennaio abbiamo avuto e avremo il piacere di presentare “VIVA SOFIA”, un corso di primo soccorso e rianimazione polmonare di base, che ha lo scopo di fornire conoscenze e procedure utili a salvaguardare la vita in attesa del personale del 118 – ha spiegato la Presidente del Lions Club Chieti “I Marrucini”, Emanuela Marchione -. Il corso, rivolto a docenti, genitori e nonni, è tenuto dal responsabile medico Lions Dott. Lorenzo Palazzoli e si svolge nei locali del Plesso Madonna del Freddo dell’Istituto Comprensivo 2, in Via Muzii n. 6, grazie alla disponibilità del Dirigente Scolastico Giovanna Santini, particolarmente sensibile nei confronti di questa importante tematica. Vi aspettiamo!»




NUOVA PESCARA: con progetto di legge rischio fallimento definitivo

Esponenti Azione: “Norma che non serve a cittadini e imprese. Consiglio regionale rivendichi sua dignità e si rifiuti di approvarla”

Pescara, 24 gennaio 2023. “Un progetto di legge che non serve ai cittadini e alle imprese. Serve esclusivamente al ceto politico, per lasciare le cose invariate o, magari, nell’imminenza delle prossime elezioni comunali e regionali, per consumare qualche regolamento di conti interno ai partiti o alle coalizioni. Il pdl firmato da Sospiri ed altri consiglieri persegue, da una parte, lo scopo di rinviare al 2027 l’istituzione di Nuova Pescara e, dall’altra, quello di predeterminare le condizioni perché un simile rinvio possa in futuro determinarne altri, fino a provocarne il definitivo fallimento”. Lo affermano il consigliere comunale pescarese Carlo Costantini (Azione), promotore del referendum del 2014 sulla Nuova Pescara, e il segretario provinciale di Azione, Stefano Torelli, a proposito della proposta di legge presentata nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio regionale, Lorenzo Sospiri, primo firmatario, e da altri consiglieri.

Nell’auspicare che “il legislatore regionale rivendichi la sua dignità, il suo prestigio ed il suo ruolo costituzionale e si rifiuti di approvare la legge”, Costantini e Torelli, nel corso di una conferenza stampa nella sala consiliare del Comune di Pescara, illustrano gli “aspetti poco chiari ed illogici che meritano di essere portati a conoscenza dei cittadini”.

“Lo Stato – evidenziano – ha assegnato cinque milioni di euro ai tre Comuni per recuperare i ritardi determinati dal Covid-19. Il pdl non solo non conferma la scadenza del 2024, ma apre alla possibilità di posticiparla sino al 2027. Dunque, se approvato, determinerà con ogni probabilità la perdita definitiva di questi cinque milioni di euro, messi a disposizione per recuperare il tempo perduto a causa del Covid-19 e non certo per perderne altro (addirittura 4 anni). Lo Stato – proseguono – ha assegnato ai tre Comuni dieci milioni di euro l’anno per dieci anni a partire dall’anno 2024, data prevista per la fusione. Il pdl, posticipando la fusione al 2027, comporterà la perdita di 40 milioni (10 milioni per ogni anno) o, al massimo e sempre che nel frattempo non muti il quadro legislativo, consentirà di recuperarli solo a partire dall’anno 2034”.

“La finestra per il rinvio al 1° gennaio 2024 (quello votato recentemente dai tre consigli comunali) – sottolineano ancora Costantini e Torelli – era espressamente prevista dalla legge. Con il pdl si introduce, invece, una sorta di sportello unico per i rinvii, al quale basterà che accedano due soli dei tre Comuni, invocando il rinvio. La maggioranza dei due terzi dei tre consigli comunali prevista dalla legge per differire il termine al 1° gennaio 2024 non è più necessaria: basteranno pochi consiglieri comunali di due soli Comuni per spostare la fusione al 1 gennaio 2027”.

“Peggio dello sportello unico – continuano il consigliere ed il segretario – sono i ‘super-poteri’ che si sono riservati il presidente della Giunta, Marco Marsilio, e quello del Consiglio Regionale, Lorenzo Sospiri. Saranno loro due a dover attestare entro il 30 settembre 2023 che la domanda di rinvio presentata allo sportello unico dei rinvii potrà o non potrà essere accolta. Si tratta di ‘super-poteri’ perché, mentre il riscontro dell’attivazione dell’esercizio associato di funzioni sarebbe oggettivo, il riscontro sugli studi di fattibilità sarebbe soggettivo e discrezionale, sia nel numero (almeno uno, due o più di due?), che nei contenuti. La data dell’istituzione di Nuova Pescara deve dipendere esclusivamente dalla legge e non dai ‘super-poteri’ che si sono riservati i presidenti della Giunta e del Consiglio regionale”.

“La scelta della fusione – vanno avanti – è già stata operata dai cittadini, con il referendum, e dal Consiglio Regionale, con l’approvazione della Legge regionale 26/2018. Gli studi di fattibilità ci riportano indietro di quasi dieci anni; al momento in cui si è stati chiamati (cittadini e Consiglio regionale) a decidere se la fusione era fattibile o non era fattibile. La legge deve essere per definizione ‘ragionevole’. Non è ragionevole stabilire il principio che, se sei riuscito in pochissimi mesi a fare quasi tutto il necessario (studi di fattibilità e servizi associati), l’effetto che il tuo impegno produce è quello di spostare la scadenza di quattro anni. È come se stabilissimo per legge che se uno studente si è preparato ed è pronto a sostenere un esame, come premio lo costringiamo a rinviare l’esame di quattro anni”. “Il termine per l’adozione del nuovo statuto viene fissato al 31 gennaio 2024: questo vuol dire che, qualora entro il 30 settembre 2023 i ‘super poteri’ del presidente della Giunta e di quello del Consiglio Regionale dovessero valutare negativamente le attività svolte nel frattempo dai tre Comuni, il 1° gennaio 2024 sarebbe istituito il Comune di Nuova Pescara senza il nuovo statuto. Peraltro, nell’occasione il Comune sarà istituito senza uno statuto ed anche senza avere un nome, considerato che il rinvio operato dalla nuova legge sull’attuale rinvia a sua volta la scelta del nome allo statuto del nuovo Comune, che l’Assemblea Costitutiva non avrà avuto la possibilità di approvare: dunque, il nuovo Comune si chiamerà ‘Nessuno’. Anche nel caso in cui l’istituzione del nuovo Comune fosse rinviata al 2027, già a partire dal 31 gennaio 2024 i ‘super-poteri’ di Marsilio e Sospiri consentiranno loro di esercitare il potere sostitutivo, con la nomina di un commissario ad acta. Qualora le attività previste dalla nuova legge fossero condivise da due soli Comuni, il terzo Comune (quello inadempiente) sarà commissariato. Questo vuol dire che se Montesilvano e Spoltore dovessero accordarsi su tutto, incluse le modalità di attivazione dell’esercizio associato dei servizi – concludono Carlo Costantini e Stefano Torelli – Pescara dovrà totalmente adeguarsi




NON SI PUÒ INCATENARE IL SOLE. Storie di donne nelle carceri iraniane

A sostegno della lotta del popolo iraniano per l’affermazione dei diritti umani, Edizioni Menabò promuove l’incontro con Esmail Mohades autore del libro. Il 29 gennaio ore 17: 30, Ortona, Sala Eden

Ortona, 24 gennaio 2023. Edizioni Menabò promuove per domenica 29 gennaio alle ore 17:30 l’incontro con Esmail Mohades autore del libro Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane (Edizioni Menabò). L’evento vuole offrire un momento di riflessione e di approfondimento sulla situazione politica in Iran, teatro dell’ennesima rivolta popolare che infiamma il paese e che vede le donne, protagoniste e centro propulsivo della lotta, sfidare il regime islamico al grido di azadì: libertà. “Se per la drammatica morte di una giovane donna, uccisa dalla polizia morale per un velo scomposto, scoppia una rivolta che sa di rivoluzione, – spiega Esmail Mohades – in quella società ci devono essere motivi radicati e profondi per causarla”.

La rivolta di oggi in Iran grava spalle di tanti iraniani e di giovani donne che, come negli anni Ottanta, vedeva le coraggiose Hengameh e Puoran, lottare contro il regime e subire violenze e torture nelle carceri iraniane, come raccontano nel libro Non si può incatenare il sole. Storie di donne nelle carceri iraniane. Hengameh e Puoran non avevano mai avuto la possibilità di fare politica perché il regime dittatoriale dello sciah non lo consentiva. Con la rivoluzione del 1979 hanno trovato l’occasione di partecipare alle vicende del loro Paese e sono diventate attiviste politiche. Nelle memorie di queste donne musulmane, una uccisa dalla ferocia dell’integralismo islamico e l’altra viva e tuttora combattente, la parola Libertà ha un posto privilegiato.

 “Oggi come allora la rivolta è politica. Il disastro economico o il velo obbligatorio sono solo la cornice dentro la quale si esprime il desiderio di sempre alla libertà, all’autodeterminazione e al diritto ad una vita dignitosa” – afferma ancora Esmail. “Se il Novecento in Iran è finito con la grande rivoluzione iraniana, il terzo millennio inizia con la rivoluzione e la leadership delle donne. Non è un caso che in tutto il Novecento, sin dagli albori, le donne iraniane hanno assunto un ruolo importante nelle battaglie di libertà; non è un caso che il regime khomeinista per reprimere la società abbia iniziato dalle donne; non è un caso, perciò, che, di fronte alla misoginia del regime khomeista, il ruolo e il sacrificio delle donne sia diventato determinante.

Il vento della democrazia si fa sentire in Iran e il bisogno rivendicato della separazione tra religione e Stato toglierà l’alibi a chi vuol ridurre la questione mediorientale ad una guerra di religione. No, Non si può incatenare il sole. Non si può soffocare per sempre il desiderio di libertà”.

Esmail Mohades nato a Teheran il 23 agosto 1957 tra il ‘78 e il ‘79 partecipa, insieme a milioni di Iraniani, al movimento di protesta contro la dittatura dello sciah. Dopo l’insediamento del regime islamico si reca in Italia dove si laurea in ingegneria all’Università degli Studi di L’Aquila. Vive e lavora in Italia. Scrive articoli in italiano e farsi sull’Iran e sul Medioriente per giornali e riviste; traduce testi dall’italiano al persiano.

L’evento è organizzato in collaborazione con Inner Wheel Club di Ortona e parteciperanno i centri antiviolenza Donnè e Non sei sola.




NUBIFRAGIO: ultimi posti disponibili per domani

Al teatro Fenaroli linguaggio diretto e tensione narrativa per il primo spettacolo della stagione del contemporaneo

Lanciano, 24 gennaio 2023. “Li chiamo colleghi perché hanno una presenza scenica che non possiedono attori con più esperienza”: è così che l’attrice Autilia Ranieri, nota per il suo ruolo di protagonista nella serie tv Gomorra, definisce i quattordici giovanissimi allievi-attori del Teatro Studio di Lanciano, che saranno con lei sul palco del Teatro Fenaroli di Lanciano domani 25 gennaio, alle ore 21, per l’atteso spettacolo Nubifragio, il primo della Stagione del Teatro Contemporaneo, curata da Rossella Gesini e Stefano Angelucci Marino, e promossa dal Ministero della Cultura, dalla Regione Abruzzo e dal Comune. Dopo aver conquistato i più giovani, durante i matinée della scorsa settimana dedicati a più di milletrecento alunni delle scuole superiori del capoluogo frentano, Nubifragio incuriosisce un pubblico più vasto, tanto che per il serale di domani sono rimasti pochissimi posti liberi (per prenotazioni 340-9775471).

L’opera teatrale, prevista per sabato scorso e rimandata a causa del maltempo, è prodotta dal Teatro Studio e dal Teatro del Sangro per Ecolan Spa, e ha il nobile intento di sensibilizzare il pubblico, soprattutto quello dei più giovani, alla questione dei cambiamenti climatici, attraverso la prospettiva dell’ecologia integrale che va oltre le buone pratiche che ogni cittadino deve adottare in difesa dell’ambiente e che si traduce in un cambiamento più profondo di mentalità e di pensiero.

Ambientato in una Sicilia contemporanea, meta della gita scolastica di una classe di quarta liceo di Lanciano che, insieme alla sua professoressa, si ritroverà suo malgrado ad affrontare un improvviso quanto violento nubifragio, lo spettacolo ha come elemento distintivo un linguaggio immediato, che arriva dritto al cuore degli spettatori, ed è in grado di destare, tramite una tensione narrativa magnetica, intensa e sapientemente dosata, una climax di emozioni sempre crescente.

Trama dello spettacolo Nubifragio: una quarta liceo di Lanciano è in viaggio per la classica gita scolastica di fine anno. Destinazione Valle dei Templi in Sicilia. Accompagna la classe la professoressa Magda Vitiello, docente di Storia, una donna stanca, sconfitta, arresa, estremamente innamorata del marito che l’ha abbandonata da molti anni. Arrivano di sera all’hotel Athena, un alberghetto a due piani che dista poche centinaia di metri dalla Valle dei Templi e dal Museo archeologico regionale. In piena notte scoppia un violentissimo quanto improvviso nubifragio. La professoressa Vitiello e i ragazzi si svegliano di soprassalto, paura e incertezza sul da farsi. Una ragazzina, Chiara, figlia di un ingegnere ambientale, prende in mano la situazione e con sicurezza conduce i compagni e la docente in una stanza del secondo piano. Chiusi in quella “gabbia”, impauriti e increduli, tutti si aggrappano alle indicazioni di Chiara, preparatissima sul da farsi in casi come questi e molto informata sui cambiamenti climatici, gestione delle emergenze e calcolo dei rischi. La professoressa Vitiello e i ragazzi resteranno molte ore in quella stanza. In quel contesto, con la luce che va e viene, i cellulari senza campo, la minaccia di una frana imminente, la pioggia che non accenna a smettere, si svilupperà un confronto serrato e drammatico tra tutti i presenti sulle vere cause di quel disastro in corso…

Giuseppina Fazio




BUON COMPLEANNO

Caro presidente, che la vita ti sorrida oggi, domani, sempre!

Abruzzo Popolare

24 gennaio 2023




ENERGIE RINNOVABILI: necessità e prospettive per gli agriturismi, l’opportunità dei bandi

Incontri tecnici informativi, primo appuntamento lunedì, 30 gennaio ore 9:30 – Miglianico (Ch), Agriturismo Campoletizia

Pescara, 24 gennaio 2023.  “Le energie rinnovabili: necessità e prospettive per gli agriturismi, l’opportunità dei bandi” questo titolo e tema del primo incontro tecnico informativo organizzato da Cia Agricoltori Italiani Abruzzo e Turismo Verde Abruzzo per lunedì 30 gennaio presso l’Agriturismo Campoletizia a Miglianico.

L’iniziativa, si divide in due sessioni, antimeridiana alle ore 9,30 e pomeridiana alle 14,30 dal secondo titolo “Contabilità e assunzioni: norme, adempimenti, scelte”.

Il dibattito vedrà l’intervento del presidente Cia Abruzzo, Nicola Sichetti, Attilio Piattelli, Vice Presidente nazionale Italia Solare, Marino Berton, Coordinatore E.S.C.O. Agroenergetica Srl.

Coordinerà i lavori Mariano Nozzi, direttore di Cia Abruzzo.

Serena Colecchia

CIA Agricoltori Italiani Chieti-Pescara




GIORNATE DELLA MEMORIA. Per non dimenticare

Da martedì 24 gennaio e fino al 10 febbraio incontri, presentazioni di libri e spettacoli

Sulmona, 24 gennaio 2023. Torna il 27 gennaio il Giorno della memoria, giornata che dal 2005 l’Onu ha designato per commemorare le vittime dell’Olocausto. Una data simbolo quella scelta, perché il 27 gennaio del 1945 le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, luogo diventato emblema di una delle peggiori pagine della storia.

Il polo liceale Ovidio, che da anni porta avanti un progetto dedicato alla Memoria, celebrerà anche quest’anno la ricorrenza con una serie di iniziative. «Le numerose attività sulla Memoria non si limitano, però, a questo periodo dell’anno», precisa il dirigente scolastico, Caterina Fantauzzi.

«Per la prossima primavera abbiamo in programma una visita a Sami Modiano che abbiamo conosciuto durante uno dei viaggi ad Auschwitz ed è stato nostro ospite a Sulmona».

Gli appuntamenti inizieranno domani, martedì 24 febbraio: in collegamento con il Museo della Shoah di Roma, gli studenti incontreranno Edith Bruck, sopravvissuta al campo di sterminio di Aushwitz-Birkenau, insignita, nell’aprile 2021, dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Seguirà la partecipazione alla rappresentazione teatrale Etty Hillesum: elogio dell’amore, a cura della cooperativa Fantacadabra, in scena venerdì 27 e sabato 28 gennaio al Piccolo teatro. Lo spettacolo ripercorre la storia di Etty Hillesum, giovane donna ebrea olandese, che desiderava fare la scrittrice, ma che, a soli 29 anni, vide la sua esistenza annientata nel campo di Auschwitz.

Sempre venerdì 27 gennaio, alle 11, nell’aula magna del liceo artistico Mazara, ci sarà, per le classi quinte dell’Istituto, la presentazione del libro di Riccardo Lolli, Un silenzio che racconta. Natzweiler Flossenbürg. Interverranno, oltre all’autore, il professor Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, e il professor Riccardo Fonzi, presidente dell’Istituto Abruzzese per la Storia della Resistenza e dell’Italia Contemporanea (IASRIC).

Nel libro si racconta la storia di violenze torture di Rocco Di Pillo, orfano di guerra che, nel 1940 dovette lasciare madre ed otto fratelli a Pratola Peligna per adempiere al servizio militare. Fu vittima di un penoso calvario che lo portò a conoscere le violenze dei campi di concentramento di Natzweiler prima e Flossenbürg, poi, fino alla liberazione avvenuta il 23 aprile 1945. L’iniziativa è stata organizzata dal Dipartimento di Storia dell’Iis Ovidio e sarà moderato dalla coordinatrice, la professoressa Gelanda Martorella.

«Come ogni anno, in occasione della Giornata della Memoria», spiega la docente, «il Polo Liceale Ovidio promuove e sostiene molteplici iniziative al fine di mantenere vivo il ricordo, ma anche, e principalmente, per rafforzare negli studenti il valore della tolleranza. Tutto questo al fine di contribuire alla formazione di cittadini sempre più liberi e consapevoli. Il dipartimento di storia, che lavora costantemente nel corso di tutto l’anno al raggiungimento di questi obiettivi, propone anche quest’anno, per l’occasione, diverse iniziative per riflettere su temi così importanti.»

Il calendario di iniziative dedicate alla Memoria proseguirà fino al 10 febbraio, con la partecipazione alla rappresentazione teatrale La guerra signora della Terra, a cura della compagnia amatoriale Sursum Corda al cinema Pacifico. Lo spettacolo, firmato da Angela De Magistris, mette in scena episodi di vita vissuta, la cui memoria ha lasciato il segno nella storia dell’ultimo secolo.




L’AQUILA, GIORNATA DELLA MEMORIA: medaglia d’onore a Vinicio Palmerini

I ricordi di prigionia del militare aquilano, internato nel lager nazista di Zeithain dal febbraio 1944 all’aprile ’45

di Goffredo Palmerini

L’Aquila, 24 gennaio 2023. Il 27 gennaio Vinicio Palmerini sarà insignito della Medaglia d’onore per deportati e internati nei lager nazisti, previsto dalla Legge n. 296 del 2006. Il riconoscimento sarà consegnato ai familiari del militare aquilano (deceduto nel 1988 a Paganica) dal Prefetto dell’Aquila Cinzia Torraco, nel corso d’una cerimonia con altre onorificenze, che si terrà nella ricorrenza della Giornata della Memoria (ore 10) in Prefettura. Vinicio Palmerini fu deportato in Germania dopo l’8 settembre ’43 dal fronte greco e detenuto in un campo di concentramento della bassa Sassonia, fino a quando non venne liberato dall’esercito russo. Fu uno dei circa 600mila militari italiani internati nei lager nazisti, che opposero una particolare forma di Resistenza con il loro rifiuto a collaborare, subendo così ogni forma di privazioni, violenze, malattie e in molti la morte.

Qui di seguito si riporta con assoluta fedeltà la trascrizione degli appunti del reduce Vinicio Palmerini, internato dal febbraio 1944 all’aprile 1945 nello Stalag IV B di Zeithain, lager nazista situato tra Lipsia e Dresda. Gli appunti sono scritti fittamente a matita in un quadernino (cm. 8×13) con copertina di cartoncino rosso, con 18 fogli senza righe. Il reperto, dove sono appuntati i ricordi, è stato rinvenuto l’8 gennaio 2022 in un piccolo baule contenente vecchie lettere, cartoline, carte e documenti di famiglia, recuperato dopo il terremoto del 6 aprile 2009 dall’abitazione di Paganica (L’Aquila) e rimasto accantonato. La testimonianza scritta di Vinicio Palmerini si va ad aggiungere a quelle già note degli ex IMI, reduci dai lager nazisti, a costituire un ulteriore tassello di memoria dell’altra Resistenza al nazifascismo, non meno eroica di quella combattuta in Italia, in armi o con forme umanitarie.

Lo Stalag IV B fu uno dei più grandi campi di prigionia della Germania nazista. Si trovava nei pressi della città di Mühlberg, in Sassonia. Lo Stalag aveva un campo secondario a Zeithain, un “reservelazarett” inizialmente destinato ai prigionieri russi, poi utilizzato da prigionieri di varie nazionalità, compresi molti internati italiani. Le condizioni disumane del lager, mancanza di igiene, denutrizione, scarsa assistenza medica e lavoro coatto facilitarono la diffusione di epidemie e gravi malattie, soprattutto tubercolosi, con la morte di decine di migliaia di prigionieri, tra cui 900 italiani. Nel lazzaretto di Zeithain, tristemente conosciuto come “campo della morte”, erano trasferiti gli Internati Militari Italiani gravemente malati, ma anche medici, cappellani e crocerossine che decisero di non aderire alla Repubblica Sociale. Lo Stalag IV B di Zeithain fu liberato dall’Armata Rossa il 23 aprile 1945. Dopo la fine della guerra il territorio del lager, ricompreso oltrecortina nella Germania comunista, rimase per decenni inaccessibile. Solo l’infaticabile opera di alcuni reduci di Zeithain – in primis Padre Luca Airoldi, ex cappellano del campo che nel suo diario aveva annotato tutti i nomi degli IMI deceduti a Zeithain, e l’ex Ten. Col. Leopoldo Teglia, attuale presidente dell’Associazione Nazionale Ex Internati (ANEI) sezione di Perugia -consentì nel 1991 di localizzare il cimitero militare italiano e di riesumare e rimpatriare le spoglie di quasi tutti i caduti italiani di Zeithain.

Il racconto di Vinicio Palmerini – mio padre – è vergato a matita in 34 facciate del quadernino. Sulle ultime due sono riportati i nomi dei commilitoni, legati alla stessa sua sorte, con le relative località d’origine: Rota Giuseppe, Caprino Bergamasco; Rota Virgilio, Ponte San Pietro; Comi Giuseppe, Caluzzo d’Adda. Se mesi dopo la liberazione, il 16 ottobre 1945, egli arrivò scheletrito e lacero a Paganica dopo un lungo viaggio, in parte fatto a piedi o con mezzi di fortuna, risalendo da Brindisi o da Bari, dove una nave dal porto di Odessa aveva ricondotto in Italia gli internati liberati dall’Armata Rossa. Mi auguro davvero che anche questa testimonianza di Vinicio Palmerini (Paganica, 18 agosto 1914 – Paganica, 8 gennaio 1988), nella sua stringata ma illuminante essenzialità, possa contribuire a far meglio conoscere la Resistenza opposta al nazifascismo dagli internati militari italiani, il loro sacrificio e la loro dignità. E infine l’onore che resero alla Patria, a quell’Italia che il 2 giugno 1946 avrebbe scelto la Repubblica ed eletto l’Assemblea costituente, e che nel 1948, vigente la Costituzione della Repubblicana, il 18 aprile avrebbe eletto il Parlamento dell’Italia libera e democratica, nata dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione dal nazifascismo. Finalmente, il 19 novembre 1997, l’Italia ha reso agli ex IMI il doveroso tributo di riconoscenza, conferendo all’Internato Ignoto la Medaglia d’oro al valor militare, con una motivazione che l’affranca da oltre mezzo secolo di trascuratezza nell’edificazione della memoria collettiva degli Italiani, e successivamente, con la citata legge del 2006, la Medaglia d’onore a ciascun internato militare nei lager che, a costo di pesanti conseguenze, oppose la propria resistenza ai nazisti.

Internati Militari Italiani (IMI) furono classificati dalla Germania di Hitler i soldati italiani fatti prigionieri, catturati e rastrellati (sul territorio italiano, in Slovenia, Croazia, Albania, Grecia, Isole Egee e Ionie, Provenza e Corsica) dopo l’8 settembre 1943 e deportati nei campi di prigionia del Terzo Reich. E’ la storia di oltre 600mila militari italiani negli Stalag della Germania nazista: i nostri soldati, sottufficiali e ufficiali che operarono “resistenza” opponendo il rifiuto alla collaborazione con i nazisti, al costo di indicibili privazioni e sofferenze. In diverse migliaia di casi – oltre 25mila – andarono incontro alla morte per fame, stenti e malattie. Oltre cento questi campi di prigionia (stammlager), la gran parte situati in Germania e Polonia, ma anche in Austria, Russia, Ucraina, Bielorussia, Rep. Ceca, Francia e Slovenia. I nazisti usarono ogni mezzo di persuasione verso i prigionieri italiani perché scegliessero l’esercito tedesco o i repubblichini di Salò per continuare la guerra, offrendo ogni vantaggio rispetto alla durezza della detenzione nei lager. Agli “internati militari italiani”, a differenza dei prigionieri di guerra, non venivano riconosciute le garanzie e le tutele previste nella Convenzione di Ginevra del 1929.

Solo gradualmente, e tardivamente, le dolorose vicende degli internati militari sono entrate nella memoria collettiva del Paese, come una forma di Resistenza al nazifascismo. Fu soltanto a partire dagli anni ‘80 che in Italia e in Germania la storiografia cominciò ad occuparsi di questo problema, fino ad allora rimasto negletto, tanto che la scarsissima conoscenza delle vicende sofferte degli ex IMI è giunta fin quasi ai nostri giorni. E’ stata finalmente illuminata nel 2012 dal Rapporto della Commissione italo-tedesca, insediata dai Ministeri degli Esteri di Italia e Germania nel 2009. Fino ad allora la questione degli IMI era stata presente solo attraverso testimonianze e ricordi dei reduci dai lager nazisti.

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RICORDI DI PRIGIONIA

Palmerini Vinicio di Giuseppe – Paganica del Moro (L’Aquila)

  «Giorno 15 Agosto ho festeggiato con gli amici Rota Giuseppe e Comi Giuseppe tutt’e due Bergamaschi mangiando a mezzo giorno gnocchi e risotto condimento grasso di maiale e carne, giorno 18 non ho potuto festeggiare (è il giorno del compleanno di Vinicio, ndr) per mancanza di grasso e l’abbiamo rimesso a un altro giorno la sera del detto giorno. Con il giorno successivo ho avuto un continuo fischio all’orecchio destro e pensavo continuamente alla famiglia dicendo “chissà forse si rammenterà del mio compleanno”, ed è questo il segnale che me lo comunica.

Alcune notizie della mia Prigionia

Nei primi dì di settembre quando il Capo del governo generale Badoglio, cessate le ostilità con gli Anglo Americani e precisamente il giorno 8 Settembre, giorno in cui i tedeschi disarmarono l’esercito Italiano, io mi trovavo oltremare e precisamente in Grecia, quindi il nostro disarmo è avvenuto sei giorni dopo cioè il 14 Settembre. Verso le ore 13 vediamo arrivare due autoblinde accompagnate da otto autocarri. Noi non si aveva l’ordine di far fuoco contro loro, quindi sono entrati senza nessun disturbo, arrivati davanti al nostro Comando ordinano immediatamente l’adunata con tutte le armi e munizioni. Fatta l’adunata inquadrati, vengono davanti e d’intorno a noi misero le loro mitraglie spianate verso di noi pronte a far fuoco.

Dopo aver messo intorno al nostro accantonamento viene avanti verso di noi un Maggiore ed un tenente tedesco ed incomincia la propaganda in tedesco che a sua volta il tenente la traduceva in Italiano dicendo: Il generale Badoglio ha tradito l’Italia, compreso tutti gli Italiani, consegnandola nelle mani degli Anglo Americani, però con un solo vostro proposito potrà ancora essere liberata ed i suddetti buttati fuori dall’Italia. Il vostro proposito sarebbe quello di firmare quali combattenti a fianco dell’esercito tedesco, il quale a sua volta pensa a condurvi in Italia per liberare la vostra terra dall’invasore.

Secondo, tutti quelli che non si sentano più di combattere potranno loro firmare quali lavoratori civili e verranno mandati in Germania. Quindi dopo aver fatto un discorso di circa 30 minuti ha rivolto a noi queste domande: Tutti quelli che vogliono difendere la loro Patria cioè combattenti, fuori! 3 sottotenenti, un capitano e 5 soldati, tra i quali uno di questi col nome di Cripioli Antonio, il quale è stato illuso da un altro suo compagno a farlo firmare e che dopo al secondo giorno divenne pazzo ed è morto all’ospedale di Larissa. Poi visto che nessuno più aderiva quali combattenti ha chiesto i lavoratori, ed a questo una buona parte andavano fuori, ma visto che la massa eravamo restati fermi al nostro posto, e quindi anche loro sono rientrati pian piano alle nostre file. Il Maggiore tedesco visto tale gesto ordina alle sue guardie che erano intorno a noi di caricare le armi.

Poi rivoltosi verso di noi con un grido spaventevole ci ordina di buttare a terra le armi. Noi se pur avvelenati e con la volontà di reagire con le armi contro di loro, ma a questo momento non più si poteva, e siamo stati costretti a lasciare le armi. Dopo essere disarmati ci han condotti entro un recinto e con le guardie all’intorno, da non poter più muoversi altrimenti ci sparavano addosso.  E per ben quattro giorni ci hanno lasciati lì dentro senza mangiare. Ed il più grave senza potersi nemmeno liberare dal sole scottante estivo coprendosi con un telo da tenda per fare dell’ombra, proibito severamente anche questo. Il giorno 18 Settembre la mattina alle 5 sveglia ed adunata per la partenza, ci consegnano mezza pagnotta ed un pezzetto di formaggio nostro, e questi sono i viveri della giornata per far 60 km. di marcia. Ed alle 7 siamo partiti per non molto farla lunga abbrevio il mio dire altrimenti raccontar tutto non terminerei mai. 

Quindi al 45 km ci siamo fermati, ma io che lungo tutta la strada fatta mi sentivo un forte dolore di testa, qui mi era ancora più aggravato, fui costretto a legarmi un asciugatoio alla testa. Vedendomi il tenente mi domanda cosa avevo fatto, e racconto tutto, chiama subito l’infermiere e mi fa misurare la febbre e l’avevo a 39,5 quindi s’interessa subito per mandarmi a Larissa con l’autoambulanza tedesca, ma io volevo portare tutto con me anche il mio zaino che era sul cavallo pieno di roba, ma lui cioè il tenente mi dice: te lo porteremo noi e lo riprenderai al nostro arrivo. Ma, quando sono arrivato a Larissa mi han condotto prima alla caserma dove dovevano arrivare anche i compagni, e poi di nuovo è partita e mi porta a ricoverare al nostro ospedale ed in questo caso restai senza zaino, senza nulla da cambiarmi, e da quel giorno non ho visto più un paesano.

All’ospedale il giorno dopo trovo De Paulis Antonio e qui son restato fino al 28 Settembre, poi sono uscito assieme a me viene anche De Paulis, ma la sera che siamo usciti dall’ospedale le nostre cartelle cliniche le prendeva un maresciallo tedesco, e datosi che sopra la cartella veniva scritto il mestiere in cui si esercitava e vista la mia cartella con scritto sopra “fabbro” allora mi chiama e mi dice: tu specialista vai a lavorare come civile all’officia delle SS ed io gli rispondo che non sono un fabbro ma “maniscalco” ed allora mi risponde “sciaiser” (scheisse, ndr) che vuol dire merda, ed in quindici che eravamo mi manda alle caserme dove per la seconda volta ci han chiesto di firmare, ma nessuno ha voluto.

La mattina seguente ci fan partire con il treno e dopo un giorno e mezzo di percorso, finalmente siamo arrivati a Salonicco. Qui si smonta dal treno e sono già pronte quattro guardie con moschetto carico e baionetta innestata, per accompagnarci come i più pessimi delinquenti del mondo. Percorsa tutta la città ci portano in una caserma dove prima c’era il comando tappa Italiano, ed ora tutto al contrario era diventata il campo dei prigionieri Italiani. La mattina del 1° Ottobre ci mandano a lavoro digiuni e si tratta di scaricare vagoni di cemento, e come qualcuno si fermava un secondo, si sentiva subito la guardia gridare loss e snell, che vorrebbe dire “via e svelto”. E questa la parola d’ordine di tutta la giornata. A mezzo giorno si va a mangiare e cosa si trova? Un mescolino che poteva essere una tazza da caffè, di fagioli e patate, 200 grammi di pane che subito l’abbiamo divorato dalla fame che avevamo.

Dopo un’ora di riposo si parte di nuovo a lavoro e qui si torna a casa solo alle 7 di sera, ma quando s’arriva a casa qui so’ dolori, stanchi dal lavoro e con gran fame, ma non c’è nulla da mangiare solo che mezzo tazzino di caffè ma… acqua calda. Quindi si va a dormire, ma la fame vince il sonno e non dà pace e la mattina alle 6 di nuovo si va a lavoro, e la fame si fa sentire sempre più forte. Dopo 3 giorni che si era qui ci hanno incominciato a dire di firmare per andare con loro, ma noi sempre duri, magari morire dalla fame ma non andare con loro. Questa domanda di firmare era tutti i giorni, cioè mattina e sera per colazione e cena.

Un bel giorno ci obbligano forzatamente da dover firmare alcuni moduli, e da firmarli ad ogni costo, o come combattenti oppure come lavoratori, e se non si voleva aderire a nessuna delle due domande, si cancellavano tutte e due, ma si doveva firmare lo stesso. Ma c’era un tranello che sopra alle due domande c’era un rigo scritto così: “Riconosco il partito repubblicano fascista ed aderisco a combattere a fianco dell’esercito tedesco”. Noi, vista questa frase, nessuno abbiamo firmato detti moduli, a mezzo giorno rientrati dal lavoro ci mandano in camerata e poi fanno subito l’adunata.

Scesi giù in cortile ci domandano se avevamo firmato questi moduli, ma nessuno si fa avanti, quindi un disgraziato d’interprete italiano ci dice: se non firmate questi moduli vi mandano a raccogliere i morti in Russia, oppure a tagliare i reticolati in linea sotto le cannonate dei Russi. Ma noi non ci siamo affatto spaventati, pensando che ci mandano dove vogliono ma con loro non andiamo a nessun posto, anche a sottoporci alla fucilazione. Vista la nostra insistenza che nessuno aderiva alle loro domande, un tenente tedesco ne conta con la mano il numero di 240 che subito ci manda in camerata a prendere i nostri zaini per partire, e per punizione non ci fa dare nemmeno quei quattro cucchiai di rancio.

Dopo essere pronti arrivano 25 guardie ed arrivate vicino a noi caricano i moschetti e innestano la baionetta e ci fanno uscire dalla caserma e loro si mettono a destra e sinistra di noi in distanza di quattro metri uno dall’altro. Ci conducono circa a 300 metri dalla caserma e qui si fermano. Dopo quasi dieci minuti arriva un’autocolonna e ci lasciano montar sopra e si parte. Dopo due giorni di viaggio e senza mangiare si arriva di nuovo a Larissa, cioè dove mi trovavo prima. La notte che siamo arrivati ci han lasciati dormire sulle macchine, poi al mattino ci inquadrano, ci contano come minimo dieci volte e poi si parte, così ci conducono alla piazza centrale e ci portano dentro un albergo, a pian terreno. Qui si lasciano i nostri zaini e si va subito alla stazione. Dopo due giorni senza darci da mangiare ci fanno scaricare camion carichi di paglia e caricarla di nuovo sui vagoni. A mezzo giorno ci portano a casa e ci danno da mangiare una galletta e 50 grammi di formaggio italiano, questi sono i viveri di tutta la giornata. Alle ore 13 cioè l’una di nuovo a lavoro fino alle 7 la sera.

Due giorni dopo ci lasciano fare la cucina per conto nostro ed i viveri sono i seguenti: 33 grammi di pasta a ciascuno per condimento a 240 persone un quartino d’agnello che come massimo pesava un chilo e mezzo, 5 grammi di zucchero per il caffè al mattino, poi 300 grammi di pane da maiali che forse nemmeno loro l’avrebbero mangiato, 15 grammi di margarina grasso di carbone, e 20 di marmellata. Con tutti questi viveri si doveva lavorare 12 ore al giorno portando casse di munizioni da 50 e fino a 70 kg sulle spalle. Ora abbrevio perché sarebbe troppo lunga e vorrei un libro per descrivere tutte le sofferenze ed i sacrifici passati sotto i malvagi tedeschi. Qui resisto sotto simile lavoro sino al 26 gennaio 1944, ma datosi che lo stomaco mi tormentava forte dai grandi bruciori il giorno 27 Gennaio vado a lavoro allo stesso posto del giorno avanti, cioè al cimitero tedesco ove bisognava scoprire le tombe dei morti sino a trovare la cassa, dopo bisognava metter di nuovo dentro la terra e battere con un peso di circa 20 kg.

Ma questa mattina, erano circa le 11 e mezza, che in due ne avevamo completate due ed incominciavamo la terza, quando è venuto un maresciallo tedesco e ci ordina a scalzarne un’altra davanti a lui. Ma qui è il mio colpo fatale quando al terzo colpo di vanga che fo mi viene fuori un braccio con ancora la carne attaccata poi un osso della gamba, poi ancora due crani. Qui divento di tutti i colori e stavo quasi per cadere per terra quando detto maresciallo guarda l’orologio e pronuncia “mitac” (mittag, ndr), che vuol dire mezzo giorno, quindi si va a mangiare. Ma io lungo la strada non mi fidavo di camminare ma a stenti sono arrivato anch’io e con tanta fame che regnava non ho potuto mangiare, mi butto sul mio pagliericcio ed aspetto che mangiano tutti.  Dopo chiamo l’infermiere, mi fo misurare la febbre e ce l’ho a 38 e 5, quindi a lavoro non vado, verso le 5 la fo misurare di nuovo ed è arrivata a 39, quindi la mattina seguente marco visita e vengo ricoverato all’ospedale per influenza e gastrite allo stomaco sino al 7 febbraio.

Detto giorno a mezzo giorno mi chiama l’infermiere dicendomi: tu preparati, alle due parti con la tradotta ospedaliera. Alle quattro la sera siamo partiti da Larissa e dopo ben 7 giorni di viaggio e di fame che sempre non mai mancava siamo arrivati all’ospedale italiano di Zeithain, in Germania. Qui si smonta dalla tradotta ed entriamo all’ospedale. Ma prima di entrare ci fanno la rivista alla nostra roba e ci tolgono tutto, coltelli, sigarette, sapone ed altre cose, lasciandoci solo quanto s’aveva addosso, nemmeno un cambio, e poi si va al bagno, qui troviamo italiani e russi che entravano anche loro in ospedale e venivano dalle fabbriche, ma non fo nessuna esagerazione, a vederli nudi sembravano scheletri umani mummificati e non altro, buona parte di loro tutti con tubercolosi. Dopo il bagno ci hanno mandato ai reparti ed io sono andato al reparto Chirurgia, baracca n. 37. Qui resto fino al 28 Febbraio, poi fui trasferito alla baracca n. 53. Quel che si mangiava qui era 4 giorni la settimana 250 grammi di pane e tre giorni 300 grammi, 20 grammi di margarina più un litro di succo di rape a mezzogiorno e la più grande razione erano tre patate.

Qui son restato fino al 25 Aprile ’44, poi sono andato in uscita e mi hanno mandato al IV B, cioè un Campo di concentramento dei prigionieri di ogni razza e nazione. Ci hanno condotti dal campo degli Italiani e ne hanno messi 300 per baracca e si dormiva lì dentro come le sarde entro il bidone, quindi dopo sei giorni mi sono fatto mettere in uscita per andare a lavoro come fabbro. Il 1° Maggio mi mandano in fabbrica, il 2 mi conducono al lavoro al posto di fare il fabbro devo fare il facchino, portando casse in spalla di ogni dimensione e con i caposquadra dietro che ti dicevano loss, snell, arbait! che significava “via, svelto, a lavorare!” E non ci reggevamo in piedi dalla fame e con tutto ciò si prendeva qualche pugno, spintoni d’ogni genere, e sempre abbreviando qui ho resistito tre mesi e mezzo. Poi sono stato colto da pleurite e di nuovo ricoverato allo stesso ospedale e precisamente il giorno del mio compleanno 18 Agosto 1944, col peso di 49 chilogrammi.

Qui vengo ricoverato al Campo A, cioè campo dove si ricoverano pleuritici deperiti e quelli che dal deperimento erano venuti gonfi. Io sono stato ricoverato alla baracca 40 e dopo tre giorni che ero lì il tenente D’Adamo mi mette a supplemento extra che consisteva in più della razione a 200 grammi di pane, 100 di ricotta, un cucchiaio di zucchero e 20 grammi di margarina. E con il detto supplemento in quattro mesi avevo aumentato 4 kg. Di peso, quindi pesavo 53 kg. Qui sono restato fino al 23 Marzo del 45. Poi siamo stati trasferiti all’ospedale internazionale di Imorgan. Qui il trattamento del pane la stessa razione il rancio era mezzo litro, ma si prendeva una discreta razione di patate che ne erano 10 o 12.

Nel mentre e trascorsa la fine del mese di marzo e siamo in aprile qui incominciano a sentirsi buone novità che gli Alleati, compresi i Russi, avanzano su tutti i fronti e si sperava che presto fossero arrivati a liberarci anche a noi dalle sofferenze d’inferno. Giunti verso il 15 di Aprile, incominciamo a sentire durante la notte i primi colpi d’artiglieria ma lontani, però la sirena era quasi in continuo allarme e nell’aria tutto il giorno questo rombo di cannoni man mano si faceva sentire più forte. Senonché il giorno 18 Aprile il Maggiore tedesco chiama i nostri ufficiali medici e dice loro che noi Italiani bisognava partire assieme a loro se nel caso dovevano sgombrare, ma la risposta dei nostri ufficiali fu quella di dire “i nostri malati son tutti pleuritici tubercolari e quindi non sono in condizione di poter camminare”. Allora gli ha detto “assumete voi la responsabilità dei vostri malati” e così ci lasciarono.

Il giorno 19 fu tutta la giornata in allarme. La sera verso le 6 è suonato l’allarme d’invasione ed allora tutti i tedeschi civili con le lacrime agli occhi e un pianto dirotto preparavano le loro valigie che a sua volta chi le legava sulla bicicletta chi caricava i carrettini, abbandonavano la loro casa e via. Il giorno 20 dalla mattina il cannone si faceva sentire ancor più forte e tutto il giorno è continuato così compresa anche la notte, ma veniva sempre più vicino, quando alla mattina alle ore 5 mi alzo e vado fuori le guardie si preparavano per andare via. Dopo circa tre quarti d’ora si sentono le mitraglie che cantano intorno al paese, allora noi ci siamo messi subito in posti più riparati dalla camerata che era soggetta al tiro, man mano si sentono sempre più vicino. Dopo un po’ sentiamo le prime raffiche dentro l’ospedale e dirette all’orologio, poi un forte grido, sono i Russi che sono già dentro l’ospedale. Allora si balza tutti fuori, ci salutano ci offrono le sigarette e fanno un giro all’intorno dell’ospedale e poi vanno via.

Più tardi arriva un Colonnello russo, ci fa uscire di nuovo tutti fuori facendoci inquadrare per nazionalità, poi ci fa uscire dal cancello di reticolato che ci aveva rinchiusi ben 19 mesi, e quando siamo fuori di qui tutti si è fatto un lungo respiro esclamando che aria di paradiso, facendo come l’uccello che per tanto tempo si trova rinchiuso dentro la gabbia, e poi quando viene il giorno che il padrone si dimentica di chiudere la gabbia e lui fugge veloce e contento verso il bel cielo sereno. Quindi condottici entro il paese ci fa fermare e poi “fronte a sinistra” ed incomincia a fare un discorso per reparti, cioè per nazioni, e venuto davanti a noi dice queste parole: “In Italia ci sono ancora i tedeschi ma poco vi resteranno, sappiate che molte migliaia di Italiani sono già stati rimpatriati, quindi voi fra pochi giorni partirete per raggiungere la linea ferroviaria e per linea Varsavia-Odessa, qui sarete imbarcati e condotti in Italia”. Finito il suddetto arrivano due aerei tedeschi ed incominciano a mitragliare, quindi ci siamo ricoverati entro le case, che le avevano già aperte i russi, e qui ci han fatto prendere galline, conigli, agnelli ed ogni altra roba. Poi abbiamo fatto una bella passeggiata e quando siamo rientrati abbiamo trovato un ricco spezzatino di maiale e patate abbondanti, in più entro la cucina sembrava un grande mattatoio di carne di maiali, galline, tacchini, conigli, vitelli, insomma carne d’ogni sorta.»




QUESTASTORIACI(RI)GUARDA per commemorare il Giorno della Memoria

Progetto d’incontri a scuola, all’università e matinée a teatro

Pescara, 24 gennaio 2023. Il progetto Questastoriaci(ri)guarda, rivolto con particolare attenzione agli studenti e giovani, è stato ideato per commemorare il Giorno della Memoria delle Vittime dell’Olocausto che ricorre il 27 gennaio, data assunta a simbolo e proclamata dal Parlamento italiano con la Legge n. 211 del 2000 e dall’ dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 2005. Il 27 gennaio1945, alle ore 15:00 le truppe sovietiche liberarono Auschwitz, il più grande campo di sterminio nazista.

Dopo gli incontri con gli studenti presso scuole ed università, in cui è stato proiettato il documentario storico di rara importanza LA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ, da cui emerge incontrovertibilmente la capillare organizzazione del sistema concentrazionario nazista ed il suo perfetto funzionamento, Auschwitz costituiva il più grande complesso nazista dei campi di concentramento a cui facevano riferimento oltre 40 sotto-campi, situati per lo più presso gli stabilimenti industriali tedeschi, in programma è previsto nei matinée a teatro lo spettacolo CENERI, presso lo Spazio Matta, Via Gran Sasso, 53 Pescara.

CENERI viaggio a due voci nella memoria dell’Olocausto,  di e con  Cam Lecce e Jörg Grünert. Musiche di Luigi Morleo, sarà in scena giovedì 26 gennaio ore 8.30/10.30 — 11.00/13.00  — 15.00/17.00 (tre turni), venerdì 27 gennaio ore 8.30/10.30 — 11.00/13.00

Il testo dello spettacolo tradotto da fonti storiche tedesche da Jörg Grünert è costituito da testimonianze dei sopravvissuti ai lager e da estratti di documenti originali emersi dalle indagini svolte. Lo spettacolo avvicina, senza mai sintetizzarle né fonderle in un discorso unitario, due visioni dello sterminio nazifascista: il flusso inarrestabile del denaro e delle transazioni finanziarie e la discarica umana che fu la diretta conseguenza dello sterminio attraverso il lavoro, a partire dalle prove generali di quello che poi diventerà un sistema perfettamente collaudato dalla I.G. Farben Industries, il complesso chimico proprietario dell’agglomerato industriale che fu Auschwitz. Da questo risulta una prospettiva nuova dello sterminio con elementi poco conosciuti ma fondamentali per la comprensione del genocidio, istruendo prospettive e domande che arrivano fino ai nostri giorni.

Partecipano al progetto: Liceo Scientifico “G. Galilei”; IPSIAS “Di Marzio-Michetti”; IIS “Alessandrini”; FIRST – Centro interdipartimentale Formazione all’Insegnamento, Ricerca Scuola e Territorio, UdA, e OCA – Osservatorio Partecipazione e Cittadinanza Attiva, Dipartimento di Architettura, UdA.

Il progetto Questastoriaci(ri)guarda è ideato e a cura di Cam Lecce e Jörg Grünert dell’Associazione Deposito Dei Segni, in collaborazione con Anpi Comitato Provinciale Pescara, Florian Metateatro, Artisti per il Matta. Patrocinio: UED Università Europea Design, FIRST e OCA, UdA.