di Giancarlo Infante
5 febbraio 2023
Nella lettera inviata ieri pomeriggio al Corriere della sera bene ha fatto Giorgia Meloni ad invitare tutti ad abbassare i toni e, ancora meglio, a riferirsi esplicitamente pure ai suoi di Fratelli d’Italia. Che certo si sono distinti, a partire dal suo braccio destro, Giovanni Donzelli, nel prodursi in affermazioni che è davvero poco definire un’andata oltre le righe.
Con la lettera, però, non è preannuncia l’adozione di provvedimenti nei confronti dei due, Donzelli – Del Mastro, responsabili dell’utilizzazione di delicatissimi documenti istituzionali destinati a rimanere esclusivo patrimonio delle autorità inquirenti e di quelle preposte alla gestione del sistema carcerario. Una risposta a metà, dunque, per il metodo e per i suoi contenuti.
La Presidente del consiglio non ha pensato fosse il caso d’affrontare il toro per le corna e confrontarsi sulla questione che mina profondamente la credibilità di alcuni dei suoi principali collaboratori e presentarsi, così, a viso aperto di fronte alla stampa. Ognuno, ovviamente, è libero di fare quel che crede, così come tutti sono altrettanto liberi di porsi degli interrogativi sull’attuale capacità della nostra Presidente del consiglio di accettare le regole oramai consolidate nelle democrazie moderne per ciò che riguarda il confronto di chi dirige il Paese con la pubblica opinione. Sembra altresì non aver alcuna intenzione di presentarsi sua sponte in Parlamento su una questione tanto delicata. Evidentemente, pensa che questo passaggio istituzionale possa essere considerato superato con l’intervento del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il quale, però, ha sostanzialmente lasciato il duo Donzelli – Del Mastro con il cerino acceso in mano.
Sicuramente, più importanti sono i contenuti dell’intervento assolutorio da parte di Giorgia Meloni.
Non siamo abituati a dare seguito alle voci che circolano negli “ambienti ben informati” romani. Anche quelle propalate da, e tra, esponenti della maggioranza secondo le quali ci si ritroverebbe davvero di fronte alla troppo disinvolta utilizzazione di carte delicate per finalità politiche di parte. E quelle voci, che raccontano anche delle modalità pratiche con cui i due avrebbero maneggiato quelle carte, ribadiscono la possibilità che si configuri l’esistenza di un rilevante reato che, in un altro paese, avrebbe portato a conseguenze gravi, se non gravissime. Ma dimentichiamoci i resoconti che circolano a Montecitorio e dintorni. Anche perché sono sussurrati in un contesto in cui gli altri spezzoni della maggioranza, pur convinti della colpevolezza del duo, hanno altro a cui pensare per raggiungere gli obiettivi per cui si sono messi con Giorgia Meloni dopo averla lasciata in una solitaria opposizione per tutta l’esperienza del Governo Draghi. C’è da portare a casa l’autonomia differenziata e, soprattutto, ci sono le nomine negli enti che contano.
Ora, noi avevamo inteso che l’obiettivo di Giorgia Meloni fosse quello d’impostare una vera e propria battaglia di “civiltà” politica. Ovviamente, senza condividerne antefatti e finalità. Ma sentivamo parlare di un progetto “alto”. Ebbene, è possibile che questo tipo di impegno possa dimenticare la massima dei tempi di Cesare secondo la quale “la moglie di Cesare deve non solo essere onesta, ma mostrare di essere onesta”? E c’è coerenza in questo allorquando si preferisce limitarsi a disquisire in modo causidico se i documenti sono secretati, sensibili, non divulgabili, riservati, confidenziali e via di seguito? In effetti, la sostanza non cambia.
Non sarebbe meglio stato che, in attesa di appurare come sono andate veramente le cose, ai due fosse stato chiesto di andare per qualche tempo in panchina? Anche perché, se qualcosa di grave è stato commesso, sarebbe poi più facile non farlo diventare un affare in grado persino di far cadere il Governo.
Ma su questa vicenda Cospito – 41 bis. Sono tante altre le cose che non tornano. Al punto da far ritenere che destra come sinistra, non stiamo a guardare le dichiarazioni ufficiali, abbiano voci al proprio interno espressione della volontà di cancellare il tipo di provvedimento antimafia e antiterrorismo in questione?
Tra le cose da meglio capire vi sono quelle che riguardano il Pd, in un momento in cui si delinea una sorta di “alleanza” tra capi mafia al 41 bis e Cospito.
Una brevissima digressione è però necessaria. Ascoltando alla Camera Giovanni Donzelli, e trovandone conferma sulla stampa, abbiamo capito che, nel caso Cospito, questo 41 bis è da considerare una sorta di colabrodo. Per quella familiarità carceraria, evidentemente tollerata, di cui veniamo informati con una dovizia di particolari che lasciano allibiti sulla reale applicazione di norme tanto punitive. Meritatamente punitive ed utili ad isolare i capi mafia dalle organizzazioni che, altrimenti, continuerebbero a guidare da dentro le loro celle.
Tra le cose che non tornano, a parte la caratteristica della visita in carcere da parte della delegazione dei Dem, vi è in particolare da considerare l’atteggiamento tenuto dall’ex Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.
Egli, infatti, già prima che scoppiasse la bufera degli ultimi giorni, siamo al 7 gennaio scorso, aveva diffuso un tweet favorevole alla cancellazione del 41 bis di Cospito. Tornerà sull’argomento il 30 dello stesso mese. Ovviamente, anche lui, ex Guardasigilli, avrà fatto le proprie valutazioni. Ma è strano che non si riesca a trovare un suo invito simile dopo l’adozione del provvedimento a carico dell’anarchico deciso dalla ministra Cartabia nel maggio 2022. Decisione assunta sulla base delle pesanti sentenze comminate ad un responsabile di gravi fatti terroristici per i quali sono previsti anche il 41 bis e il cosiddetto ergastolo ostativo. Non ha riflettuto Orlando sul fatto che rischiava, e rischia, di fare la figura di chi usa due pesi e due misure a seconda di chi gli è succeduto alla scrivania di Via Arenula? E non gli è venuto il dubbio di quanto possa prestarsi al sorgere di tanti quesiti la proposta di allentare il 41 bis a Cospito che non si è ammalato di Covid, ma sta male per uno sciopero della fame organizzato contro una pena legittimamente inflittagli per i gravi reati commessi?
Insomma, siamo autorizzati a pensare che quel che vediamo sia solo la punta dell’iceberg di una questione che, forse, con il giurì d’onore allestito alla Camera e le indagini avviate da chi di dovere, riusciremo a precisare nel prossimo futuro. A meno che non si preferisca uscirne in qualche altro modo.
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