[Salvatore Antonio – detto Rino – Gaetano, nato a Crotone da una famiglia di Cutro (KR), luogo noto alle cronache per una migrazione finita male qualche giorno fa. Riportiamo un articolo a firma di Sara Angioni sull’emigrazione secondo il noto cantautore]
di Sara Angioni
Sono passati esattamente 40 anni dalla morte prematura di Rino Gaetano, cantautore fra i più capaci a smascherare l’ipocrisia benpensante italiana attraverso le sue canzoni. Brani emblematici e iconici proprio perché dietro il loro apparente disimpegno si celava un’ironia tagliente troppo spesso censurata dal cancellino vivace targato DC.
Rino Gaetano ci ha lasciato un’eredità preziosa che tutt’ora stimola dibattiti, discussioni e vere e proprie contese politiche, laddove l’una o l’altra fazione viene accusata dell’appropriazione indebita di un patrimonio culturale che Rino ha saputo regalarci in soli otto anni di attività. Pochi all’anagrafe, ma densi di creatività e dedizione tanto da donare vita eterna alla sua musica, interrotta sul più bello.
Rino ha raccontato l’emarginazione sociale, l’alienazione industriale, la doppia faccia di una società retrograda che si finge moderna, ma anche l’amore scevro di banalità e cliché. Fra le tematiche ricorrenti ritroviamo l’emigrazione e il Meridione, in un’epoca in cui gli italiani del sud erano considerati alla stregua di immigrati esteri invisi a certa politica, investiti da un disprezzo xenofobo che non è mai stato del tutto sconfitto.
Rino aveva sperimentato sulla propria pelle cosa significasse lasciare il proprio paese di provenienza in Calabria per ambientarsi altrove, affrontando a 10 anni il trasferimento della famiglia a Roma. Sempre coerente col proprio stile privo di sentimentalismi e retorica, Rino non ha mai tematizzato l’emigrazione in maniera stereotipata:
“Ho fatto vari pezzi che parlano dell’emigrazione, ma ho sempre inserito questa piaga nel più vasto e alienante concetto dell’emarginazione e soprattutto non ho dipinto l’emigrante nella solita e trita iconografia (occhi lucidi, valigia di cartone e mamma in nero) cercando di cogliere maggiormente il travaglio dei suoi stati d’animo e dei suoi affetti.”
Rino racconta gli emigranti per necessità lavorative in seno a un’industrializzazione selvaggia, sottoposti alla diaspora perenne che sfocia nella nostalgia dei paesaggi immutati e incontaminati delle origini.
Elenchiamo qualcuno fra i brani più significativi sul tema.
AGAPITO MALTENI IL FERROVIERE
“Seppure complessato il cuore gli piangeva
Quando la sua gente andarsene vedeva
Perché la gente scappa ancora non capiva
Dall’alto della sua locomotiva
La gente che abbandona spesso il suo paesello
Lasciando la sua falce in cambio di un martello
Ricorda nei suoi occhi nel suo cuore errante
Il misero guadagno di un bracciante”
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