20 marzo 2023
Su queste pagine è già stato sostenuto nei giorni scorsi, a proposito della bocciatura del certificato europeo di filiazione, da parte della competente Commissione del Senato, come nessun bambino debba essere discriminato, in nessun modo. E se ci fosse, se c’è un dato legislativo che formalmente sostiene la posizione in merito della maggioranza di Giorgia Meloni – madre e cristiana – va ricordato che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato.
Ad ogni modo, le piazze che, in particolare a Milano, in questi ultimissimi giorni, si sono riempite a sostegno dei diritti dei bambini, sollevano una domanda cui non si sfugge.
La povertà dei bambini, i bambini di famiglie in povertà assoluta, che subiscono quotidianamente questa umiliazione, cui si accompagna quella povertà educativa destinata a segnarli per il resto della vita: perché non si riempiono le piazze per denunciare questo scandalo?
Per almeno quattro motivi.
Anzitutto, perché si tratta di una condizione che appena la si osserva, si avverte – anche in quell’angolo più profondo dell’interiorità di ciascuno che preferiamo rimuovere e trattenere sotto la soglia della coscienza, eppure lascia un solco profondo – come la cosa, in definitiva, ci riguardi personalmente e come tutti siamo, in qualche misura, complici delle diseguaglianze abissali che feriscono il nostro comune sentimento di appartenenza al genere umano.
In secondo luogo, in quanto, in ultima analisi, va bene così, se non altro perché si considera inevitabile che succeda. Diamo per scontato che lo sferragliare incessante della macchina del progresso e del benessere, produca inevitabilmente – secondo le leggi, potremmo dire, della termodinamica sociale – entropia, cioè accresca quel disordine che, sul piano della collettività, significa emarginazione e scarto.
In terzo luogo, perché i poveri, davvero poveri, non hanno voce e sono stremati, forse neppure coscienti che, almeno per i loro figli, hanno il diritto di rivendicare diritti. Non hanno voce e nessuno presta loro la sua, se non la politica che, ove ne fosse capace, si riscatterebbe di molte infedeltà al suo compito. Carlo Donat Cattin dava dei partiti politici, una splendida definizione. Sosteneva che sono o dovrebbero essere la voce di chi non ha voce.
Infine, un’ultima ragione, che dovrebbe interrogare seriamente le piazze di questi giorni e che reca con sé soprattutto per le coppie omofobiche maschili, una domanda cruciale, al di là di ogni ipocrisia, cosa riempie davvero le piazze, che cosa le piazze celebrano davvero, i diritti dei bambini o piuttosto di coloro che se li procurano sul lucroso mercato della maternità surrogata?
La domanda: siamo certi che un amore, vero, pieno ed autentico possa fondarsi sulla violenza con cui un figlio viene allontanato da quel grembo che, ospitandolo per nove mesi, è diventato per lui comunque materno?
https://www.politicainsieme.com/anche-i-bambini-poveri-hanno-diritti/
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