Se dici di amare il calcio non puoi fargli del male
Di W. Centurione
Se c’è uno sport che attira più di tutti gli altri nel nostro bel paese è il calcio. Vedere rotolare una palla e 22 ragazzi corrergli dietro entusiasma più di ogni altra cosa. Ma questa non è una novità.
L’italiano, da sempre veste i panni dell’allenatore in ogni dove, al bar quando sta sorseggiando un caffè con un amico oppure davanti a un bicchiere di birra o quando è lì che aspetta come poter ammazzare il tempo insieme ad altri, in pubblica piazza mentre si intromette in un discorso per far capire agli altri che ne capisce più di tutti, a casa in una discussione animata con un parente tifoso di un’altra squadra e anche al mercato.
Insomma, l’italiano è il più pallonaro che possa esistere sulla faccia della terra, nel senso che ama il gioco del calcio più di chiunque altro al mondo ma poi fattivamente non lo dimostra.
Per non parlare poi quando è davanti alla tv, durante la diretta di una partita o durante una trasmissione sportiva che parla di calcio. L’italiano ha il calcio nelle vene e non nelle ossa! Figuratevi poi se ha un figlio che gioca, magari ne ha anche due e allora la cosa è ancora più seria.
Se le partite della propria squadra trasformano l’italiano in un tifoso accanito, pensate quando gioca il figlio che cosa accade. Accade che se la squadra in cui gioca il figlio, vince e lo fa con un risultato roboante, va tutto bene: ride, schiamazza sugli spalti con altri genitori, fa battute, rasserena gli animi di chi sta un po’ nervoso e appena il figlio esce dagli spogliatoi pronto per essere riaccompagnato a casa si incammina verso la sua auto e saluta tutti.
La squadra del figlio però non vince sempre, e quando purtroppo non è la domenica che deve essere, allora si salvi chi può: l’arbitro è un incapace, magari due paroline verso di lui ci stanno bene, le parolacce si sprecano e inizia come un pazzo scatenato a istigare tutti, soprattutto quelli che non conosce. Risultato? Una bolgia! L’italiano che fino a qualche ora prima era un tifoso accanito, poi diventa una belva.
Purtroppo ogni domenica da nord a sud, sui campi e sugli spalti durante un incontro tra squadre giovanili non c’è una partita in cui non si registra un fatto di cronaca. L’ultimo, in provincia di Bergamo all’oratorio: una rissa, scoppiata tra genitori (i rappresentanti degni dell’italiano pallonaro) in campo in Val Seriana
ha destato clamore, tanto da essere stato raccontato e trasmesso da un emittente televisiva nazionale.
Ma quante volte abbiamo assistito personalmente a fatti vergognosi durante una partita tra giovani ragazzi? Beh caro italiano pallonaro è ora di smetterla perché il gioco del calcio che dici di amare non ha bisogno di te. Ha bisogno di un italiano innamorato che fa del bene al calcio anche fuori dal rettangolo di gioco, anzi soprattutto fuori dal campo.
E allora mi viene in mente un paragone che ci sta benissimo in questo caso: l’amore per una donna che è uguale all’amore per il calcio.
Come nella vita anche nello sport: se ami una donna non le puoi far del male, se ami il calcio non puoi fargli del male!
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