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L’ANNIVERSARIO dell’Eccidio

La memoria delle Fosse Ardeatine

Chieti, 25 marzo 2023. Il Presidente del consiglio Giorgia Meloni ha definito l’eccidio delle Fosse Ardeatine “Una strage  che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati dalle truppe di occupazione naziste solo perché italiani.” É uno dei tanti giudizi falsi e reticenti della Meloni sulle vicende del ventennio fascista. In effetto, le vittime, massacrate con una “esecuzione bestiale” (giudizio dello storico tedesco Gerhard Schreiber), erano tutte italiane: erano italiani i 75 ebrei, imprigionati in attesa di essere deportati;  erano italiani i malati e i civili inermi, estranei alla Resistenza, rastrellati dalla Gestapo diretta dal colonnello Herbert Kappler e dal suo aiutante, il capitano Erich Priebke, per completare l’elenco dei condannati.

Erano, però, non solo italiani, ma antifascisti molti uomini, appartenenti a gruppi della Resistenza romana –  formazioni del Partito d’Azione, di Giustizia e Libertà, di Bandiera Rossa;  anarchici  iscritti all’Unione sindacale italiana –  ferocemente torturati prima di essere  prelevati dalle carceri di Regina Coeli e di Via Tasso.

Ricordiamo anche alla Meloni, che furbescamente soffre di amnesie:

– italiano era il fascista Pietro Caruso, che fornì a Kappler una lista di 50 prigionieri da inserire nell’elenco dei condannati. Era diventato questore di Roma dopo che nella nostra città, nell’ottobre del 1943, a capo di una banda, aveva compiuto rapine a mano armata nelle banche e nelle oreficerie ed era stato responsabile della cattura dei partigiani della Banda Palombaro, fucilati a Bussi il 14 dicembre 1943;

– italiani erano gli uomini della polizia  fascista e delle bande che nella Capitale, sotto controllo germanico, operarono rastrellamenti ed arresti di antifascisti e di semplici sospettati;

– italiano era Guido Buffarini Guidi, ministro degli interni del regime di Salò: a Caruso, che gli chiese informazioni sulla lista dei 50 nomi, si limitò ad affermare che era inevitabile darli “altrimenti chissà cosa potrebbe succedere. Sì, sì, dateglieli!”

– italiani erano tutti gli aderenti romani alla Repubblica Sociale Italiana, che collaborarono attivamente con gli occupanti nazisti;

– italiano era Benito Mussolini, che giustificò la rappresaglia: “Ai tedeschi non si può rimproverare nulla…la rappresaglia è legale”.

Giorgia Meloni non sa e non può rinunciare all’uso politico, e alla strumentalizzazione come arma di propaganda, della pseudostoria del ventennio, perché il fascismo è nel suo DNA.

Filippo Paziente

Storico e socio della sezione ANPI di Chieti

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