La radicalizzazione del Pd modello Schlein ha ridotto lo spazio dei popolari nel Pd
[Meeting lunedì nel ricordo della nascita di De Gasperi]
di Marco Antonellis
I dc non si vedono ma ci sono. Bocche cucite, lavorìo ai fianchi, messaggi in codice.
Dalle parti dei «popolari» (leggasi democristiani) si cerca di ricostruire le basi di una politica di centro. In silenzio, senza inutili clamori. Perché proprio ora?
A differenza del passato, quando il bipolarismo inaugurato da Silvio Berlusconi e Romano Prodi riduceva l’area intermedia dell’elettorato a zona di conquista, oggi quella stessa frazione di popolo (perlopiù non votante) è tornata a rigonfiarsi di aspettative e rimostranze, riportandosi a percentuali consistenti.
In realtà la polarizzazione del sistema politico appare più netta, essendo finanche estremizzato, già nelle intenzioni, il confronto tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein; appare cioè segnato da un concetto di radicalizzazione al quale il recente pamphlet di Carlo De Benedetti fornisce la copertura degli «ambienti che contano»; una radicalizzazione, infine, che brilla di luce potente, ma tutta indirizzata alle curve e agli spalti laterali del grande stadio ove si svolge la lotta democratica.
Il centro rimane buio, ovvero senza una degna rappresentanza in grado di surrogare quella del Terzo Polo, faticosamente attestato tra il 7 e l’8 per cento, a fronte di sondaggi che parlano di un 30 per cento abbondante di elettori autocollocati «in mezzo» (tra destra e sinistra).
La spinta alla riaggregazione si manifesta (ed ecco l’altra novità) come una suggestione alimentata dai cattolici democratici che faticano a riconoscersi nel Pd a guida Elly Schlein. Giuseppe Fioroni, uscendo senza sbattere la porta ma facendo comunque fragore, è diventato il terminale della contro-diaspora della periferia «popolare».
Non regge, secondo i segnali raccolti nelle ultime settimane, la diga che Pierluigi Castagnetti e Graziano Delrio hanno provato a erigere in funzione della continuità della presenza dei cattolici progressisti nel Pd, malgrado l’esito delle Primarie. Il tesseramento aperto dalla neosegretaria lascia intravedere l’ingresso di nuovi simpatizzanti «radicali» e l’accresciuto distacco di quadri intermedi di formazione democratico-popolare.
Ecco, allora, che l’incontro di lunedì prossimo a Roma, presso la Sala dell’Immacolata della Basilica dei Santi Apostoli, per celebrare Alcide De Gasperi nel giorno della sua nascita (3 aprile 1881), parla di un qualcosa che va oltre l’aspetto commemorativo.
Chi organizza? Fioroni, appunto. Il titolo è semplice: «De Gasperi, l’Europa, la pace». A svolgere il tema è stato chiamato (non a caso) Francesco Bonini, Rettore della Lumsa, l’università cattolica con sede a ridosso della Città del Vaticano.
E non basta.
Seguirà una messa in Basilica, con la celebrazione del Card. Giovan Battista Re, decano del Sacro Collegio cardinalizio. Tutto molto sobrio. Non ci sono annunci o strombazzamenti a riguardo di nuove proposte di partito (cattolico). Eppure la sigla scelta da Fioroni è «Tempi Nuovi», evocativa del lessico di Aldo Moro.
Possibile che tanto armeggiare di uomini e simboli si fermi sulla soglia della commemorazione del Padre nobile della Democrazia cristiana?
https://www.italiaoggi.it/news/i-dc-non-si-vedono-ma-ci-sono-2597363
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