Quando lo si fa con 15/20 gol a 0 che insegnamento si lascia?
di W. Centurione
La storia potrebbe anche essere vecchia, trattata e ritrattata magari chissà quante volte, ma la situazione non cambia da epoca e epoca.
Da una parte c’è sempre una squadra forte, zeppa di ragazzini dotati tecnicamente, dall’altra una squadra di pari età ma molto inferiore. Per carità nessuno ha colpe in questo, d’altronde ogni società costruisce le proprie squadre come meglio crede e spesso non è neanche una questione di come vengono costruite, semplicemente dipende dal bacino di utenza al quale si attingono le risorse.
La società a volte proviene da un paesino e si ritrova a lavorare con pochi ragazzini, a volte invece è vero il contrario, il paese di provenienza fornisce talenti a gogò e questo poi può risultare una fortuna per allenatori e dirigenti che devono gestirli. Ma in altre tante occasioni il ragazzo di paese preferisce emigrare in città per giocare nelle fila di settori giovanili importanti. Diverse dunque, sono le situazioni che caratterizzano l’allestimento di una compagine che milita in campionati giovanili.
Poi ci sono campionati e campionati che presentano gironi equilibrati e altri non e può capitare come capita anche a livelli professionisti, del resto lo sport è così e nessuno può farci nulla. Lo sport è per tutti e tutti i ragazzini hanno il sacrosanto diritto di divertirsi.
Divertirsi non vuol dire vincere sempre. Ci si può divertire solo perché si è partecipato, ma se c’è una cosa sulla quale io uomo di sport non transigo (parlo solo di settore giovanile) è l’umiliazione.
Tutti, quando siamo stati bambini e ragazzini abbiamo dato un calcio al pallone, poi però è capitato che alcuni sono andati avanti (per meritocrazia), altri si sono fermati (hanno capito o gli hanno fatto capire che non è uno sport per loro) e altri ancora hanno continuato nonostante tutto (nonostante i mezzi tecnici a disposizioni non fossero quelli che ne indicavano la predisposizione) solo per il gusto di far sport, accettando anche le mille panchine. Ma quello che facevano allora gli allenatori con noi oggi non è più possibile fare: la gestione dei ragazzi è diversa ed è stata studiata nei minimi dettagli che non possono commettere più errori che si commettevano in passato.
Oggi non è più come allora, oggi le squadre lavorano in un’altra maniera e pur sapendo che in fondo dei ragazzini sono meno portati, allenatori e/ istruttori sono chiamati a lavorarci sopra, facendo emergere in loro delle potenzialità piuttosto che altre.
Questo tipo di lavoro per volontà della FIGC e dell’UEFA deve essere mirato, a prescindere dal fatto che i ragazzi sono potenziali campioni: tutti devono essere trattati alla stessa maniera, tanto il calciatorino portato quanto quello meno portato devono giocare e in egual misura nella scuola calcio (sono stati introdotti tre tempi che nelle partite che non sanciscono la squadra vittoriosa in base al totale dei gol, ma in base ai tempi, per togliere la competizione che altrimenti avrebbe indotto l’allenatore voglioso di vincere a far giocare sempre i più bravi e solo qualche volta i meno bravi).
Nei settori agonistici ovvero dai giovanissimi in poi le cose cambiano, la competizione torna e le partite si svolgono normalmente. All’età di 15 anni un ragazzino dovrebbe avere già acquisito delle basi per poter giocare in quelle categorie, ma ci sono molti che non sono ancora pronti e che giocano e vogliono giocare ugualmente.
E qui riprendiamo la classica partita della squadra più forte contro la più debole. Non che quella più forte non debba vincere, non che quella più debole non debba giocare o partecipare a certi campionati, la partita tra questa due squadre “deve essere necessariamente letta” dagli allenatori.
Quando scrivo di umiliazione mi riferiscono a certi risultati roboanti. Non è possibile che una partita tra ragazzi finisca 15/20 a 0, i valori dello sport dove sono? Ma soprattutto un allenatore come può sul 10 a 0 ancora incitare i suoi come un forsennato a dare di più sotto il profilo realizzativo?
Quando una squadra è già in vantaggio 6/7 a 0 i primissimi minuti e l’andamento induce a pensare che l’avversario non esiste proprio, che non è in grado né lo sarà di competere, perché non effettuare delle sostituzioni per far giocare quelli che giocano poco?
Non dico che una squadra perché è forte non deve vincere, anzi deve ma con rispetto. Il Calcio così come lo sport in generale prevede la sopraffazione dell’avversario con rispetto oltre che attraverso altri principi. E allora quando assisto a certi eventi, mi chiedo: – “ma l’allenatore cosa insegna a questi ragazzi”. Uno, due, tre, quatto, otto, nove, dodici, quindici, gol, ma che roba è? E i dirigenti, non dicono nulla?
La cultura del vincere appartiene solo a pochi, e ogni volta che giro nei campi da calcio e assisto a certe dinamiche me ne convinco sempre di più.
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