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L’ABRUZZO HORROR che ci piace

Nel film l’omaggio sentimentale alla cultura e al folclore della nostra regione

di Mira Carpineta

Teramo, 10 aprile 2023. È in programmazione dal 30 marzo scorso, in tutte le sale cinematografiche italiane PANTAFA, il film dalle atmosfere gotiche del regista di origine abruzzese Emanuele Scaringi (la sua famiglia proviene da Altavilla frazione di Montorio al Vomano, in provincia di Teramo).

Con Kasia Smutniak, Greta Santi, Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Mauro Marino, Giuseppe Cederna e con Francesco Colella, prodotto da Fandango con Rai Cinema e distribuito da Fandango e con la presenza del premio Oscar per i costumi, Gabriella Pescucci, il film narra la storia di Marta, giovane madre single che si trasferisce insieme a sua figlia Nina a Malanotte, un piccolo paese di montagna. La bambina da qualche tempo soffre di paralisi ipnagogiche, un disturbo del sonno che può portare ad avere stati allucinatori, e Marta ha pensato che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla frenesia cittadina possano giovare alla piccola.

La casa in cui si trasferiscono però è tutt’altro che accogliente e per le strade di Malanotte non si vedono mai bambini. I sintomi di Nina cominciano a peggiorare già dalla prima notte, la bambina fa incubi sempre più vividi in cui una figura spettrale le si siede sul petto, la immobilizza e le ruba il respiro. Per Marta, madre sola in un paese che le appare sempre più sinistro, sarà ogni giorno più difficile trovare il modo di fare la cosa migliore per la sua bambina.

Come nasce il progetto PANTAFA?

Qualche anno fa – racconta Emanuele Scaringi – mi capitò di leggere un articolo scientifico sugli studi del dottor Romanelli sulla “paralisi del sonno”, uno stato alterato della fase rem che può provocare allucinazioni. Questa disagievole condizione che si verifica principalmente durante la notte ha dato origine in molte regioni a miti e leggende di mostri che incombono sul dormiente paralizzandolo. In Abruzzo questo mostro si chiama pantafa o pantafeche ed è raffigurata come un’orribile strega anche se non è proprio una strega”.

In effetti il mondo fantastico della tradizione orale abruzzese è ricchissimo di questi personaggi che personificano paure ancestrali…

La Pantafa è la raffigurazione del mostro. La rappresentazione del male. L’incarnazione della nostra parte più buia – spiega il regista – Un male oscuro che ci consuma quotidianamente e rode ogni nostra piccola sicurezza. La Pantafa è una parte di noi, parla delle nostre bassezze più recondite. Quello che spaventa non è l’orrore mostrato ma il non visto, l’orrore che viene evocato. Quello che non si potrebbe raccontare. Le storie dell’orrore servono anche a questo, a trasformare, tramandare e liberarsi delle nostre paure e debolezze.”

Così come le favole non insegnano che i mostri non esistono, ma che esiste il modo di vincerli, in questo film la simbologia evocativa è molto presente.

“Ricordiamo che le ninne nanne delle nonne con l’uomo nero che porta via i bambini – aggiunge Scaringi – non sono proprio rassicuranti, ma questa narrazione fantastica per quanto possa sembrare spaventosa ha un intento educativo per il bambino che deve diventare adulto vincendo le sue paure”.

Nel folclore popolare il nome di questi mostri cambia da regione a regione, ma il concetto rimane lo stesso e offre moltissimi spunti per un cinema di genere, come l’horror appunto, che però in Italia non ha un grande mercato, nonostante abbia avuto in passato grandi maestri come Dario Argento. Perché l’horror non ha grande spazio nella cinematografia di casa nostra?

“Per quanto riguarda la scelta del soggetto – continua Scaringi – ho pensato di raccontare un mostro “nostro” che tutti più o meno conosciamo, che si discosta completamente da ciò che siamo abituati a vedere al cinema e che è praticamente monopolio estero. In Italia purtroppo questo genere soffre di una serie di limiti riguardanti la distribuzione, la fascia oraria di programmazione, minori giorni di proiezione, minori sponsorizzazioni, forse dei pregiudizi che però incidono sulla richiesta di mercato. La Rai in questo progetto è stata coraggiosa perché per quanto si possa lavorare su un tema, lo spettatore o il lettore rimangono i soli giudici. Ognuno ne elabora un suo personale significato”.

PANTAFA riporta l’Abruzzo nei cinema; eppure, il film non è stato girato nella nostra regione, dove mancano, purtroppo le strutture necessarie a sorreggere l’industria cinematografica in genere, sia finanziarie che logistiche. È un peccato perché negli ultimi anni l’Abruzzo ha generato idee, storie e autori molto amati.

“Questo film è anche un modo di restituire al territorio la sua cultura e i suoi valori ancestrali – conclude Scaringi – e così facendo, preservarne la memoria”.

Emanuele Scaringi

L’horror Pantafa, basato su una leggenda popolare, è il suo secondo lungometraggio dopo l’esordio con La Profezia dell’armadillo tratto dalla graphic novel di Zerocalcare, Venezia 2018, con cui ha partecipato a oltre 50 festival. Ha curato la regia delle serie tv Bangla (Nastro d’Argento come miglior commedia) e L’Alligatore (puntate Il corriere colombiano e Il Maestro di nodi) tratta dai romanzi di Massimo Carlotto. Produttore creativo del film Bangla di Phaim Bhuiyan e produttore delegato dei film I predatori di Pietro Castellitto, Il regno di Francesco Fanuele, Dove cadono le ombre di Valentina Pedicini, Smetto quando voglio di Sydney Sibilia, Tutti contro tutti di Rolando Ravello e L’ultimo Terrestre di Gipi.

Ha scritto le sceneggiature di Senza nessuna pietà di Michele Alhaique, Diaz don’t clean up this blood di Daniele Vicari e BB e il cormorano di Edoardo Gabriellini. Ha realizzato il documentario Okùnchiràn Emergency in Cambogia, I edizione Festa del Cinema di Roma 2006. Ha diretto le riprese degli spettacoli teatrali Moby Dick di Alessandro Baricco, Non Dirlo di Sandro Veronesi, Chisciotte e gli invincibili di Erri De Luca, I capitoli dell’infanzia di Davide Enia e dei concerti della notte della Taranta, del tour di Vinicio Capossela Nel niente sotto il Sole, di Ciao Poeta omaggio a Sergio Endrigo.

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