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LA PIRAMIDE del Potere

o la rete della democrazia?

Politicainsieme.com, 4 maggio 2023

La tentazione di impennare la piramide del potere, così da renderla più scoscesa ed appuntita, restringendone la base ed innalzandone il vertice, è forte non solo in chi ne propugna espressamente l’adozione – ad esempio, ricorrendo a soluzioni presidenzialiste – ma anche in chi per insofferenza nei confronti di una politica ossificata ed esausta, per ignavia o per indifferenza, per ragioni di comodo o di conformismo o di stanchezza si adatta volentieri a delegare a piene mani, una volta per tutte, ad un potere sovraordinato e sovrano, la facoltà di orientare le stesse potenzialità della vita sua e della sua famiglia.

Nei confronti delle istituzioni ci sono sentimenti contrastanti: per un verso, una corale sfiducia, per altro verso, la pretesa che siano capaci e tenute a sfornare soluzioni che automaticamente, quasi d’ incanto, aggiustino le cose, senza che al singolo cittadino, per la sua parte, e così alle aggregazioni cui appartiene, si debba recare disturbo.

Alta, quanto e più dell’ astensionismo, è la percezione dell’ impotenza cui ciascuno è condannato nei confronti dello scorrere degli eventi, nella misura in cui la storia sembra essere mossa da poteri anonimi per un verso, ben individuabili per un altro – siano di ordine economico e finanziario o di carattere tecnico e scientifico oppure legati alla comunicazione, a presunzioni ideologiche o integraliste – i quali subornano e largamente espropriano la politica.

Soffocano, cioè, il discorso pubblico cui dovrebbe concorrere una pluralità di soggetti che si riconoscono e reciprocamente si legittimano, cosicché pretendere di incidervi significa condannarsi ad una immane fatica di Sisifo.

Per restaurare il primato della politica – e con essa il libero concorso di ognuno ad orientare la storia, che dai fermenti dei nostri giorni verrà segnata, con ogni probabilità, per un lungo ed importante decorso del suo domani – non basta studiare un concerto di provvedimenti che offrano almeno lo spazio indispensabile al pieno esercizio di una cittadinanza attiva. Eppure, alcuni primi passi sono necessari: una legge elettorale proporzionale; la riforma dei partiti, in osservanza all’ art. 49 della Costituzione; un regionalismo che nulla abbia a che vedere con l’ossessione separatista della Lega, come viene, di fatto, oggi riproposta; l’ autonomia impositiva dei Comuni.

È necessario pensare ad una larga distribuzione di compiti e ruoli che concorrono ad irrobustire una democrazia che sia vissuta, diventi, cioè, momento di una responsabilità non confinata, di volta in volta, nel limbo dell’opinabile, ma, piuttosto, tale da esprimere una coerenza, che, a sua volta, concorre a definire l’identità personale di ognuno.

In altri termini, invece che ad un potere conformato a piramide, dobbiamo pensare ad un modello a rete.

La rete è una struttura in cui il centro non sta da nessuna parte e sta dappertutto. Ogni nodo è un punto di convergenza e, nel contempo, di irradiazione. I rapporti interni sono biunivoci, recano contenuti che si intrecciano e muovono in uscita ed in entrata da ciascun nodo. La sua forma complessiva è flessibile. Si allenta e si tende, risponde al contesto in cui opera, pur senza smagliarsi. Non conosce, come la piramide, solo processi deduttivi che scendono giù dall’alto inamidati, ma rappresenta un sistema aperto, capace induttivamente di apprendere, fino a mettere in discussione i suoi stessi assiomi, cioè i principi costruttivi secondo cui è concepita. Insomma, è una cosa viva, capace di generare nuovi assunti, nuove conoscenze, come succede, appunto, alle “reti neurali”. C’è, in sostanza, una democrazia formale, che per quanto mantenga tale fisionomia, può ospitare nelle sue maglie un’ intenzione autoritaria e c’è, al contrario, una democrazia sostanziale di matrice popolare, in cui abitano quei valori di libertà personale, di solidarietà e di equità in cui crediamo.

Domenico Galbiati

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