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ZELENSKY E LA PORTA CHIUSA AL PAPA

A mente fredda è opportuno tornare sulla dura risposta di Zelensky a Papa Francesco in materia di trattative di pace

Politicainsieme.com, 17 maggio 2023. Alla gente semplice viene da chiedersi quali siano state le finalità di quell’incontro in Vaticano. Zelensky ha escluso che al Pontefice possa essere riconosciuto, in assoluto, un ruolo di mediazione. Non sfugge che l’incontro sia avvenuto a pochi giorni dall’affermazione da parte dello stesso Francesco di un lavoro di mediazione in atto, ancorché meglio non precisato.

Non è ovviamente quello che la gente comune si aspettava in tutto il mondo, tante sono le conseguenze dappertutto provocate dall’invasione russa. In particolare, gli italiani che, stando ai sondaggi, hanno abbondantemente espresso più che una tiepidezza, se non addirittura una concreta maggioranza contraria all’invio delle armi all’Ucraina. Anche se nessuno di loro è d’accordo con l’invasione russa, compiuta in dispregio di ogni regola internazionale e causa di inutili distruzioni e perdite di innocenti vite umane.

Pure chi non è aduso alle sottigliezze diplomatiche non può che restare colpito dalla esplicita presa di posizione del Presidente ucraino,  e resa pubblica in un modo tale che si potrebbe essere autorizzati a pensare che alla cosa si sia pensato con un largo anticipo. E questo spiega la domanda sul senso di una visita destinata ad avere l’epilogo che ha avuto.

Un quesito ulteriormente avvalorato da una successiva intervista a Il Corriere della sera dell’ambasciatore d’Ucraina presso la Santa Sede, Andrj Yurash, il quale alla domanda se fosse giusta l’impressione che l’incontro di Zelensky con Francesco non fosse andato bene, ha risposto che questa “falsa impressione viene dal fatto che prima dell’incontro le due parti non hanno chiarito le loro rispettive precondizioni”.

E se lo dice lui, che rappresenta l’Ucraina di fronte al Papa e all’apparato diplomatico Vaticano,  non gli si può che credere. L’ambasciatore Yurash non ha totalmente escluso che il Papa possa essere partecipe di altri aspetti, come quelli che riguardano questioni umanitarie. Ma in quella che è la sostanza del conflitto in atto il suo intervento non è gradito.

Ovviamente, da buon ambasciatore, per quanto riguarda la preparazione dell’incontro, racconta solo una faccia della Luna perché le posizioni di Francesco sono da sempre ben note e noi italiani non siamo i soli ad ascoltarlo quotidianamente nell’espressione della solidarietà al martoriato popolo ucraino, accompagnata dall’invito a tutti i governanti a non lasciare cadere neppure un granello di ciò che possa aprire spiragli di pace.

Se vogliamo vedere un po’ tutta la visita romana, la quale prevedendo l’incontro con Francesco non poteva non riguardare anche quelli con le nostre autorità, non si può non constatare l’emersione di due linee che, poi attraversano anche il campo occidentale alleato di Zelensky.

Assolutamente e concordemente ferme nella condanna dell’invasione russa, finisco per parlare, l’una, di pace, ma solamente dopo una piena vittoria militare di Kiev, cosa che comunque anche questa è del tutto indefinita anche tra gli alleati occidentali, e, l’altra, espressa da quanti sostengono che la fermezza dev’essere accompagnata dall’impegno per giungere ad un equo accordo di pace.

E, dunque, resta la domanda sul perché di una visita che ha sancito la chiusura netta di Zelensky ad ogni ipotesi di mediazione che secondo l’attuale posizione di Kiev andrebbe bene solamente se, come ha ricordato sempre l’ambasciatore  Yurash, includesse i punti del piano di pace ucraino.

Siamo allora autorizzati a pensare che l’incontro in Vaticano sia servito solamente a rendere chiaro, e in mondovisione, quale sia l’attuale fase della guerra che, agli occhi degli ucraini, non ha che uno sbocco possibile se non di natura militare?

E questo è stato detto in un Paese che pure ha vissuto terribili esperienze, anche attraverso fasi di guerre feroci, per la soluzione di territori contesi tra popoli diversi e che, forse anche per questo, così come recita il nostro art.11 della Costituzione, spera sempre che ogni conflitto, anche il più terribile e devastante, possa essere ricomposto.

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