LE DONNE DEI PASTORI

La luna de settembre ha ju cierchie tunne; A revederce bella, tra maggie e giugne

[Intervento di Franco Cercone tenuto nella conviviale A.I.C. (Accademia Italiana della Cucina)  delegazione di Isernia e L’Aquila: anno 2010]

Questo distico dal forte valore proverbiale, assai noto fra i nostri pastori transumanti, si rinviene nel II volume degli Usi e Costumi abruzzesi del De Nino ed esprime con maggior realismo rispetto al noto verso dannunziano (settembre andiamo, è tempo di migrare) un malcelato senso d’angoscia per l’imminente partenza per la Puglia, preannunciata dall’ultimo plenilunio estivo.

Ed all’angoscia si accompagnava la tristezza per il lungo soggiorno nella “desolata pianura apula”, come scriveva Francesco Bruni nel 1855 nell’Opera Canti del mandriano abruzzese, una pianura senza soluzione di continuità e dove non riecheggiavano “le dolci melodie della zampogna abruzzese”.

Ma se era “silente” la musica, non altrettanto era la poesia; sicché alcuni pastori di Villetta Barrea, di Pescasseroli, di Scanno, di Leonessa e di Castel del Monte hanno saputo trarre ispirazione dal silenzio dei pascoli, interrotti solo dai campanacci d’armento e dal latrare dei cani custodi.

Ed è proprio uno di tali poeti, Cesidio Gentile, che ci permette di entrare nel vivo del tema, scelto per questa simpatica conviviale patrocinata dalle delegazioni dell’Accademia Italiana della Cucina di Isernia e L’Aquila, presiedute autorevolmente dalla prof.ssa Giovanna Maj e dal Dr. Luigi Marra.

Del poeta pastore Cesidio Gentile, nato a Pescasseroli nel 1847, si è interessato particolarmente Benedetto Croce nella sua Storia del Regno di Napoli, allorché nell’”Appendice” a tale importante opera (“Due Paeselli d’Abruzzo”), traccia un breve lineamento storico di Montenerodomo e Pescasseroli, rispettivamente paese d’origine dei Croce e dei Sipari, famiglia cui apparteneva la madre del filosofo.

Il Croce ebbe la possibilità di rinvenire un poemetto di Cesidio Gentile, in cui il poeta pastore di Pescasseroli immagina di colloquiare con un altro pastore di Scanno. Costui aveva ricevuto dalla moglie una lettera in cui essa rivelava le insidie che attentavano al suo onore due signorotti di Scanno e nello tesso tempo la fine della provvista dei viveri.

Il pastore risponde alla moglie con il seguente sonetto, che fa vibrare il nostro animo per la freschezza delle immagini ed il commovente contenuto:

Faccio una prece all’eccelsa Regina

Che non ti faccia mancar cosa alcuna.

Meno la vita mia così tapina,

Mi lagno spesso della mia fortuna,

che devo star da te tanto lontano,

tu negli Abruzzi ed io nel verde piano.

Fatemi almeno il core aver contento,

fa’ che nessuno con te si dorma accanto;

ed io, pascolando il bianco armento,

sempre all’amore tuo vado pensando.

Cara consorte, mettici il talento,

cerca d’avere d’onestate il vanto;

rinnova la fedel moglie d’Ulisse,

come il poeta a noi ce la descrisse.

Due importanti aspetti emergono da questa poesia, legati alla lunga assenza degli uomini occupati nel Tavoliere: le insidie cui le donne rimaste sole erano esposte in paese e la fine delle scorte alimentari della casa, soprattutto nel momento critico della “costa di maggio”.

È in tali frangenti che emerge il valore delle donne abruzzesi e molisane, le quali assurgono ad un ruolo di vere e proprie eroine anche quando, dopo l’Unità d’Italia, vedranno partire i loro uomini oltre Oceano ed assumeranno la triste nomea di “vedove bianche”.

La scrittrice inglese Anne Macdonnell sa cogliere in modo mirabile nel suo noto libro di viaggio In the Abruzzi (Londra 1909) la situazione psicologica in cui versavano le nostre donne, uno status psicologico che ci è offerto dal famoso quadro Bestie da soma del Patini. Scrive infatti la Macdonnell:

“In Abruzzo alla donna spettano tutti i lavori, specialmente quelli faticosi. Ci sono dei luoghi dove a malapena ci si rende conto della presenza degli uomini ed in cui è la donna a dominare la scena. Il lavoro domestico e la gravidanza costituiscono solo una parte della sua vita. Lei affastella il legname per l’inverno, lei cuoce il pane, lei fila la lana ed il lino; tinge i tessuti, fa i vestiti e bada alle pecore per uso domestico. Lei costruisce persino le case, è uno straordinario facchino e con portamento maestoso porta sulla testa quello che vuoi, dal bagaglio più pesante ad un aratro, oppure una lettiera di ferro”.

Ma v’è di più. È la donna che custodisce i segreti delle erbe medicamentose e nel tramandarne i poteri salutari alle future generazioni fu spesso accusata di ‘stregoneria’. Fu proprio questa preziosa conoscenza che permise alle nostre comunità di cibarsi di erbe di campo e di sopravvivere in occasione delle frequenti carestie, come quella terribile del 1764. Ce lo ricorda appunto la Statistica Murattiana del 1811.

 È la donna ad essere depositaria di miti e leggende, di canti popolari, di rituali magici e di proverbi tramandati attraverso il racconto orale accanto al camino, nelle lunghe ed interminabili serate d’inverno. Grazie alla memoria delle nostre nonne, un patrimonio culturale di inestimabile valore si è sottratto così alla distruzione del tempo ed attraverso il racconto orale è pervenuto fino a noi contribuendo alla conoscenza delle complesse radici della nostra società.

 Il culto così intenso in Abruzzo ed in Molise, professato alla Vergine ed a molte Sante, non è altro che la proiezione della funzione e del ruolo preminente esercitato dalla donna nella nostra società. Fra quest’ultime vanno annoverate soprattutto le Sante galattogene, come Sant’Agata, Santa Scolastica e Sant’Eufemia, preposte alla salvaguardia del seno materno, perché il latte della madre era l’unico nutrimento su cui le donne dei ceti agro-pastorali potevano contare.

Non è questa la sede per dilungarci in tale affascinante tema storico – religioso e per analizzarne tutti gli aspetti. Una cosa però va detta a mo’ di conclusione: la storia d’Abruzzo e Molise è stata scritta nel corso dei secoli principalmente dalla donna. Ed alla donna ogni nostro paese e ogni nostra contrada dovrebbe erigere un monumento che tramandi ai posteri il suo eroismo ed il senso etico con cui ha plasmato tutta la nostra vita.




DIMMI DI ALEX RICCI. Esce oggi, venerdì 30 giugno

Il nuovo singolo del cantautore abruzzese, considerato uno tra i migliori chitarristi blues italiani

Giulianova, 30 giugno 2023. Si intitola DIMMI ed è il nuovo singolo di Alex Ricci, dal 30 giugno in digitale (Cosmica / ed. Freecom-Cosmica). Il brano, scritto da Alex Ricci e Daniele Bengi Benati, è il primo singolo estratto dal nuovo album di inediti del cantautore e chitarrista abruzzese, di prossima uscita.

Il brano, una ballad estiva in salsa reggae, ricorda le atmosfere del disco precedente, La Verità, e conferma il caratteristico stile fresco e ballabile del sound di Alex Ricci.

“Ho iniziato a produrre una base fatta di suoni esclusivamente elettronici – commenta Alex – poi gli accordi e le prime strofe sono nate all’istante. Arrivato al ritornello ho preso chitarre e chitarrine e ho cominciato a registrare, con i suoni acustici tutto ha preso il mood giusto. Ho mandato il primo ascolto a Daniele Bengi Benati e a quattro mani abbiamo dato un volto a Dimmi. Vorrei che chi la ascoltasse possa pensare di aver sognato, viaggiato, ballato, ma anche pianto e infine riso”.

Alex Ricci, chitarrista e cantautore, inizia a suonare a nove anni.

Oggi è considerato uno tra i migliori chitarristi blues italiani.

Nel 2004 partecipa al Pistoia Blues Festival. Nel 2006 suona al fianco di Dywane Thomas (padre di MonoNeon), parte per Londra, si esibisce nei club della capitale e frequenta il bluesman Otis Grant. Dal 2007 al 2022 è stato il chitarrista degli Après la Classe, lavorando a quattro album e ai relativi tour in Italia e all’estero (USA, EU).

Nel 2008 riceve il Premio Lorenzo Vecchiato come migliore artista blues.

Nel 2013 presenta il primo album, Gonna Rossa (Auand), 11 canzoni blues/rock/pop, e l’anno successivo nasce Idea Sonica, la sua scuola di chitarra a Giulianova. Nel 2015 si aggiudica il 2° posto come miglior chitarrista della scena indipendente. Nel 2018 collabora con il Bluesman Corey Harris.

Il 3 dicembre 2021 pubblica La Verità (Cosmica / ed. Freecom Music), il secondo album composto da undici canzoni inedite fra il pop e il folk contiene i featuring di Erica Mou, Après La Classe, Corey Harris, Carmine Tundo (La Municipal) e 2Moellers che danno un grande contributo artistico a un album fatto bene, prodotto da Raffaele Rufio Littorio.




TUTTE LE VOLTE che avrei voluto odiarti

Il nuovo romanzo della giornalista Maria Orlandi

Pescara, 30 giugno 2023. Una storia ambientata a Milano, che racconta di anaffettività, omosessualità e perdita, ma volge lo sguardo fiducioso verso le seconde possibilità nella vita, perché non è mai tardi… per l’amore.

Tutte le volte che avrei voluto odiarti racconta, con la consueta ironia della scrittrice, la storia del primo amore e delle sue difficoltà, ma è anche un romanzo sulle seconde possibilità nella vita, perché non è mai tardi per l’amore.

Al centro della storia i due protagonisti: Miriam e Thomas, con le loro difficoltà di ex ragazzi diventati adulti troppo presto. Miriam è un avvocato affermato felicemente fidanzata con il rampollo di una ricca famiglia; Thomas è un cardiochirurgo di ritorno dagli Stati Uniti in procinto di sposarsi con una collega. Il destino li ha allontanati, il destino li farà rincontrare tra colpi di scena e decisioni dolorose.

Intorno a loro ruotano e si intrecciano le storie di amici e familiari, portando il lettore ad affrontare, con delicatezza e deferenza, temi come l’anaffettività, l’omosessualità, la perdita di un genitore, con l’unico intento di riflettere su quanto sia facile e sbagliato giudicare l’apparenza nelle persone.

Una storia leggera e profonda insieme, da leggere tutta d’un fiato fino all’ultima pagina e con una sorpresa “nascosta” per chi già ha avuto modo di apprezzare i romanzi di Maria Orlandi.

SINOSSI

Il primo amore non si scorda mai” recita un vecchio adagio. Ma non ditelo a Miriam

A 33 anni Miriam ha una vita perfetta: è associata di uno studio legale a Milano, ha un fidanzato da favola e una famiglia unita che la sostiene.

Tutto bene, fino a quando tra le carte di un processo non rispunta il nome di Thomas, il suo primo amore che, se potesse, “farebbe condannare all’ergastolo per l’omicidio premeditato di ogni slancio romantico del suo cuore a soli 18 anni”.

Un pezzo alla volta il castello di Miriam inizia a sgretolarsi e le sue certezze vanno in frantumi: la sua storia d’amore perfetta vacilla, ricordi dolorosi si riaffacciano con forza, la scoperta del segreto più grande di suo fratello Carlo la costringe ad aprire gli occhi sulla complessità dell’animo umano.

E quel sentimento provato un tempo per Thomas, chiuso a chiave in un cassetto per 15 lunghi anni, sembra fremere per tornare a pulsare prepotente nel suo cuore.

Possono le macerie di un sogno diventare le fondamenta di una nuova realtà?

BIOGRAFIA DELL’AUTRICE

Maria Orlandi, nata a Pescara nel 1978, è laureata in Scienze della comunicazione e iscritta all’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo. Dal 2006 lavora come giornalista e ufficio stampa libero professionista, collaborando con diverse testate giornalistiche regionali e nazionali. Ama la musica, i romanzi di Jane Austen (e non solo), le commedie romantiche e il lieto fine. Ha già pubblicato il libro di poesie dal titolo Un cuore tra gli altri (Ed. Youcanprint) e i romanzi Non è mai tardi per un sogno (Edizioni Masciulli) e L’amore è una danza.




IRRISOLTO FESTIVAL. Si accende la seconda edizione

Nel Centro Storico del Borgo Sabato 8 Luglio 2023 al calar del sole

Torano Nuovo, 30 giugno 2023. Serata all’ insegna della buona musica e del divertimento organizzata dalla neonata Associazione Culturale Coleotteri Bombardieri.

Si esibiranno due band musicali che riempiranno l’atmosfera di serenità ed energia!

Si inizia con i Ghosts in the Machine, una delle migliori cover band dei Police di sempre.

A seguire, energia allo stato puro!

Con trent’anni di successi alle spalle, si esibiranno i The Underground-Rolling Stones Tribute.

Il tutto sarà accompagnato da ottima birra tedesca alla spina e dall’ immancabile porchetta. Ingresso libero.

Provare per credere!




IL TAGLIA IDONEI. Polemiche e necessità di revisione della Legge n. 74/2023

di Alessandra Di Pillo

Da qualche giorno si sente parlare sui media e sui motori di ricerca, della entrata in vigore di nuova norma ridefinita come taglia idonei, in materia di pubblico impiego, con riferimento alle graduatorie di merito dei concorsi pubblici, norma che stravolgerebbe le sorti dei candidati risultati idonei nelle graduatorie finali di merito, ed alla loro possibilità di futura assunzione a seguito di scorrimento, seppur non risultati vincitori.

Tale norma è stata introdotta dalla recentissima L. n. 74 del 22/06/2023 che ha convertito in legge il recente Decreto-legge del 22 aprile 2023, n. 44, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche.

La disposizione, innovando l’articolo n. 35 del T.U.P.I., D. Lgs. 165/2011 e smi, stabilisce che saranno considerati idonei, con le conseguenze giuridiche del caso, soltanto i candidati collocati nella graduatoria finale entro il 20 per cento dei posti successivi all’ultimo di quelli banditi nel concorso di riferimento.

Questo significa che i restanti candidati idonei ma non vincitori, pur restando formalmente collocati in graduatoria, non potranno più sperare di essere assunti neppure a fronte di uno scorrimento entro il termine legale biennale di validità della graduatoria nella quale sono inseriti, se non entro il limite del 20 % della loro totalità.

La norma taglia idonei falcidierebbe, come in un colpo di spugna, l’aspettativa ad essere assunti di larga parte dei candidati idonei (ben l’80% dei candidati in graduatoria, risultati non vincitori, m comunque idonei).

Si tratta in realtà come se fossero depennati e cancellati dalla stessa.

La nuova norma appare, altresì, dispendiosa e contraria al principio generale di economicità dell’azione amministrativa, in quanto non solo espone le Amministrazioni Pubbliche ad andare incontro a procedure concorsuali con pochi aspiranti o addirittura deserte (per il venir meno delle aspettative di successo), ma, altresì, a un aumentato rischio dei fenomeni corruttivi, facilitando il fenomeno dei favoritismi a beneficio di pochi e fortunati eletti!

Va, oltremodo, tenuto presente che esperire un concorso pubblico comporta per le Amministrazioni Pubbliche non pochi costi in termini di spese sia per ragioni organizzative che di impiego di risorse umane.

Molti concorsi, grandi e piccoli che siano, potrebbero andare in flop, nonostante l’essere già stati inseriti nel relativo Programma di Fabbisogno di Personale, con inutile dispendio di risorse pubbliche essenziali che potrebbero essere destinate ad altro a più diretto beneficio per la collettività.

Questo significa che in assenza di eventuali emendamenti alla richiamata disposizione normativa, in futuro si potrebbe registrare una notevole contrazione del numero dei possibili candidati assumibili, in pieno contrasto con il principio di Buon Andamento della Pubblica Amministrazione (Articolo n. 97 della Costituzione ).

Per questo motivo ci si auspica che il Governo ed i competenti Ministro della Pubblica Amministrazione e Dipartimento della Funzione Pubblica, tornino indietro sui propri passi, affrontando tempestivamente i possibili rischi descritti, che potrebbero risultare medio-tempore gravosi.

Ci si auspica che le istituzioni interessate intervengano con immediatezza in risoluzione di quanto rappresentato, garantendo, anche a mezzo di emendamenti e/o circolari esplicative, che i principi generali dell’Ordinamento, quali l’irretroattività della legge (Articolo n. 11 delle disposizioni sulla legge in generale – Articolo n. 25 della Costituzione – Articolo n. 2 del Codice Penale, ai sensi del quale la legge non dispone che per l’avvenire); e quello del tempus regit actum non verranno in alcun modo compromessi, senza la necessità di dover ricorrere a mirate azioni giudiziali da parte dei singoli interessati.

È necessario che venga chiarito, in modo esplicito che la norma in discussione non potrà in alcun modo toccare i concorsi per cui sia stato già pubblicato un bando, al fine di non minare gli interessi legittimi ed i diritti soggettivi ormai formatisi e consolidati in capo agli aspiranti concorrenti, e questo anche nell’ipotesi in cui la graduatoria definitiva non sia stata ancora pubblicata.

Ci si auspica, quindi, un intervento mirato delle Istituzioni interessate, in modifica della norma esaminata, prevedendone preferibilmente l’annullamento, oppure preservandone una valenza a solo carattere non obbligatorio e di motivata eccezionalità.




L’ALFIERE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

A Francesca Di Sabatino il riconoscimento di tutta la provincia di Teramo

Teramo, 30 giugno 2023. Il presidente Camillo D’Angelo ha voluto conferire a Francesca Di Sabatino un simbolico riconoscimento “per il servizio prestato a favore dei bambini e delle persone più deboli, esempio di cittadinanza attiva, forza e coraggio di tante comunità a seguito degli eventi sismici”.

Originaria di Isola del Gran Sasso, era stata già insignita del titolo di “Alfiere della Repubblica” dal Capo dello Stato Mattarella per il servizio di volontariato prestato durante il periodo degli eventi sismici che hanno colpito i nostri territori nel 2016.

“Questa onorificenza è il frutto di tutto ciò che coltivo da sempre, soprattutto in ambito scolastico – dichiara la giovanissima Francesca Di Sabatino – La scuola, per l’appunto, come una piccola società che poi viviamo in grande quando da adulti ci troviamo ad affrontare problemi non indifferenti. Spero che questo riconoscimento possa essere un monito ed un esempio per tanti ed un ringraziamento per quelli già impegnati in attività di volontariato”.

Alla breve cerimonia, tenuta nella Sala Consiglio di via Milli, era presente anche il sindaco di Isola del Gran Sasso, Andrea Ianni.




INTERAMNIA WORLD CUP

Presentato il programma ufficiale del Cinquantennale

Teramo, 30 giugno 2023. I valori dello sport e dell’inclusione celebrati a Teramo con 70 nazioni e 190 città dai 5 continenti, coinvolti in tornei, eventi culturali e sociali. Il Ministro Abodi il 9 luglio alla parata inaugurale.

Teramo, 30 giugno 2023 – L’Associazione Interamnia World Cup, con il Patron Pierluigi Montauti, e il Comitato del Cinquantennale Interamnia World Cup, con il Presidente Angelo Limoncelli, la Vicepresidente Carmen Bizzarri e il Segretario Fabio Bonomo, hanno presentato oggi, nel corso di una conferenza stampa il programma ufficiale per i cinquant’anni della Coppa, un calendario di iniziative interdisciplinari, in cui l’aspetto sportivo viene accompagnato da quello culturale, artistico e sociale. Sono intervenuti alla conferenza l’assessore regionale Pietro Quaresimale, il sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto, il presidente della Camera di Commercio Gran Sasso d’Italia Antonella Ballone, il consigliere della provincia di Teramo Luca Pilotti, insieme a Luigi Mastrangelo dell’Università degli Studi di Teramo e Italo Canaletti, delegato provinciale Coni Abruzzo.

“Il nostro obiettivo è la definitiva consacrazione per i 50 anni di storia della Coppa, la celebrazione dei valori che la Coppa ha espresso nei suoi passati 49 anni di vita, questo grazie anche a iniziative internazionali sportive, sociali e culturali che contribuiranno a superare i record già conseguiti” ha dichiarato Pierluigi Montauti, Presidente Interamnia World Cup, nel corso della conferenza.

“La Coppa Interamnia è un’iniziativa importante non solo per la città di Teramo ma per l’intera regione Abruzzo. La capacità di aggregazione che riesce a mettere sul campo questa manifestazione è unica nel suo genere e non a caso la pone tra le manifestazioni internazionali più importante. Come Regione abbiamo capito il ruolo che deve ricoprire la Coppa Interamnia ed abbiamo votato qualche anno fa, su mia iniziativa, una legge regionale ad hoc. Non solo, quest’anno abbiamo messo a disposizione degli organizzatori un contributo di 150 mila euro, proprio perché la manifestazione ha bisogno di aiuti concreti per affermarsi e crescere” così l’assessore regionale Pietro Quaresimale.

“Teramo è la Coppa Interamnia e la Coppa Interamnia è Teramo. È in questa reciprocità che risiedono il senso e lo spirito con cui l’Amministrazione comunale si è approcciata a questo importante appuntamento. Una corrispondenza biunivoca che ha sempre rappresentato la forza di questa manifestazione, capace di uscire dai confini territoriali e unire popoli e nazioni sotto il segno dello sport, e che deve garantire, proprio in occasione del cinquantennale, di andare oltre il mero appuntamento celebrativo. Come Amministrazione abbiamo collaborato fin dall’inizio con il comitato organizzatore per dar vita a un programma ambizioso fatto di sport, cultura, inclusione e come comune abbiamo realizzato un investimento senza precedenti, convinti che la Coppa non rappresenti un costo ma una ricchezza” ha sottolineato il sindaco Gianguido D’Alberto.

Teramo dal 4 al 15 luglio sarà il luogo di incontro di cinque continenti, settanta nazioni e centinaia di città, coinvolgendo persone di ogni età, cultura e religione. Tra i Paesi che partecipano per la prima volta in assoluto: Ghana, Madagascar, Somalia, Sud Africa, Sudan Sud, Porto Rico e Kazakistan. Punto di riferimento per la pallamano mondiale, l’edizione 2023 dell’Interamnia World Cup va oltre il grande evento sportivo, così come ha voluto sottolineare il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi che sarà a Teramo per partecipare alla parata inaugurale del 9 luglio. Nel corso della manifestazione si alterneranno dalla centrale Piazza Martiri della Libertà agli altri siti cittadini, tornei, incontri, dibattiti, mostre, rappresentazioni e concerti per rendere omaggio ai cinque continenti, all’insegna dell’internazionalità e dello sport, come veicolo di valori culturali, di pace e di inclusività.

Nell’edizione del Cinquantennale si è voluto fortemente rilanciare l’ambito sportivo, che resta naturalmente il centro nevralgico della Coppa. Oltre ai tradizionali tornei maschili e femminili nelle varie categorie di età, dai 12 ai 21 anni, da quest’anno vedranno il via tre nuovi tornei di pallamano: l’Interamnia Master Cup, dedicato ai campioni over 50, l’Interamnia Unite Grand Prix, dedicato a squadre universitarie (Cina, Taiwan, Senegal, Madagascar, Uzbekistan) e l’Interamnia Beach Cup, torneo di beach-handball. Le competizioni sportive saranno disputate, oltre che a Teramo, anche nei comuni della provincia di Campli, Civitella del Tronto, Montorio al Vomano, Notaresco e Torricella Sicura e con l’interessamento del capoluogo pescarese. Tra gli altri eventi a sfondo sportivo il ritorno della “Maratonina Pretuziana” che si svolgerà il 5 luglio alle ore 21, partenza da Piazza Martiri della Libertà; il 7 luglio, sempre a Piazza Martiri, alle ore 20 si svolgerà la partita di beneficienza “Crazy for Football”, con la nazionale di calcio a cinque, protagonista dell’omonimo fiction di Raiuno, che sfiderà una squadra di amministratori locali e giornalisti del territorio; il 9 luglio l’evento più atteso della Coppa, la Grande Parata Inaugurale “Memorial Tiberio Cianciotta” con la partecipazione di tutte le squadre che sfileranno nel centro storico della città. Il 10 luglio alle 21, in Piazza Martiri, si svolgerà l’evento commemorativo per i 50 anni dell’Intermania World Cup.

La cinquantesima edizione ospiterà anche un talk sul tema “Sport e qualità della vita” organizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Teramo, in programma lunedì 10 luglio alle ore 17.30 in Piazza Sant’Anna. A moderare l’incontro il giornalista di Rai Sport, Marco Mazzocchi, tra gli interventi previsti quello della Sapienza Università di Roma, dell’ Istituto Credito Sportivo, della Fondazione Sport City, Sport Italiae e di Sport e Salute.

Ad attirare l’attenzione del pubblico sugli aspetti che riguardano la società contemporanea il progetto di arte pubblica “OneFlag” a cura di Marcella Russo,  che prevede la realizzazione di installazioni urbane e azioni performative nella città di Teramo, con il coinvolgimento degli artisti Bianco-Valente, Iginio De Luca, Giovanni Gaggia, Andrea Nacciarriti, Agnese Purgatorio, Fabrizio Sannicandro e Giuseppe Stampone/Maria Crispal, che per il progetto hanno realizzato delle bandiere, opere site_specific, che saranno collocate lungo il corso principale di Teramo. Le bandiere esprimono la ricerca di ogni artista nell’intento di creare una coscienza collettiva che superi i confini di ciascuna nazione. Giovedì 13 luglio in Piazza Martiri alle 5.39, ora esatta del sorgere del sole, il pubblico potrà assistere inoltre alla performance dell’artista Giovanni Gaggia, “The colours of changement”. Oneflag è anche il nome dell’opera realizzata dall’artista Fabrizio Sannicandro per la cinquantesima edizione di Interamnia World Cup.
Hanno partecipato al progetto artistico gli studenti degli Istituti Comprensivi D’Alessandro-Risorgimento di Teramo e “Falcone Borsellino” di Villa Vomano.

All’interno del programma dell’Interamnia World Cup due importanti iniziative che guardano all’inclusione. La prima, “Giochi senza barriere”, si svolgerà il 6 luglio alle ore 20 in Piazza Martiri della Libertà, in collaborazione con il CSV Abruzzo e coinvolgerà associazioni di tutta la regione operanti nell’area della disabilità. Il secondo appuntamento è per il 10 luglio alle ore 21, sempre in Piazza Martiri della Libertà, per celebrare con un incontro la “Giornata mondiale del Rifugiato” promossa dalla Cooperativa Sociale Medihospes e dal Comune di Teramo , a seguire il concerto del cantautore Sandrò Joyeux, attivista nella promozione dei diritti dei migranti.

Il cartellone degli eventi musicali e artici parte il 4 luglio con il concerto di Diodato che aprirà ufficialmente il cinquantennale della Coppa, alle ore 21.30 in Piazza Martiri della Libertà. Tra gli artisti che si esibiranno a Teramo durante i giorni della Coppa: performance a due del fumettista Carmine Di Giandomenico accompagnato dalla Fidanza Jazz Combo (8 luglio ore 21, Piazza S.Anna), Marini & Ferrara Dj-Set (8 luglio ore 23, Piazza Martiri), La Compagnia Dei Folli e la Mo Better Band, in occasione della parata inaugurale (9 luglio ore 23, Piazza Martiri), concerto live di Francesco Sbraccia (10 luglio ore 23, Piazza Sant’Anna), spettacolo teatrale di Arturo Brachetti in “Solo” (11 luglio ore 21, Piazza Martiri), Tony Fidanza and Friends in occasione della cena con le delegazioni (12 luglio ore 24, Piazza Sant’Anna). Spazio anche a band e dj locali che si esibiranno il 13 e 14 luglio dalle ore 21.30 in Piazza Sant’Anna in due momenti “La Scena” ed dj set “Elettromnia”. Gran finale il 15 luglio con il concerto di Aka 7Even alle ore 22 in Piazza Martiri, dopo la premiazione delle squadre vincitrici. Tutti gli spettacoli sono gratuiti e aperti al pubblico, ingresso limitato secondo i limiti di capienza.

Per il raggiungimento degli obiettivi del Cinquantennale, il Comitato Organizzatore ha consolidato e potenziato i rapporti e le sinergie con le più importanti istituzioni territoriali e nazionali, con particolare riguardo al Ministero dello Sport, al Ministero dell’Istruzione, al CONI, alla Federazione Italiana Handball, alla Fondazione Terzo Pilastro e con il contributo della Regione Abruzzo, della Provincia di Teramo, del Comune di Teramo, della Camera di Commercio Gran Sasso d’Italia, dell’Università degli Studi di Teramo, dell’Asl di Teramo e del BIM Teramo. Si ringraziano tutti i volontari e le associazioni che collaborano con l’organizzazione.




IL TEATRO: anche gli angeli vanno in ferie

San Valentino in Abruzzo Citeriore, 30 giugno 2023. La compagnia Kairos, Compagnia delle Arti e del Teatro, con la regia di Armando Fragassi, presenta “Anche gli angeli vanno in ferie”: l’appuntamento, il primo per l’estate 2023 per la Compagnia, è previsto per lunedì 3 luglio alle ore 21.30 a piazza Cesaroni a San Valentino in Abruzzo Citeriore, nel pescarese.

Lo spettacolo, dal titolo eloquente e sottilmente ironico, rappresenta una parodia delle tradizioni locali abruzzesi e dei luoghi comuni, dove, su un palcoscenico del tutto pirandelliano ognuno mostra le proprie fragilità e le proprie convinzioni anche difficili da sradicare, e che soprattutto nel contesto sociale attuale sono numerose.

Tra gli attori: Arnaldo Fioriti, Daniele Di Fiore, Mara di Sano, Angela Salvatore, Alessandro Barone, Stefania Barbetta, Mariateresa Scioli, Sofia Iollo, Rita Prota, Agnese Bullaci.

Non mancheranno repliche successive. L’ingresso è gratuito. 

Alessandra Renzetti




METTERE A DIMORA ALBERI

Parte la più grande campagna nella Città di Roseto degli Abruzzi

Roseto degli Abruzzi, 30 giugno 2023. Le Guide del Borsacchio, in collaborazione con Città Gentile, Joya, Parkattivo, WWF, IAAP , Collegio dei Periti Agrari Laureati e supporto della Protezione Civile di Roseto e della Forestale, hanno lanciato nel 2022 il Progetto Alberi che punta a mettere a dimora decine, speriamo centinaia, di alberi nel territorio comunale di Roseto degli Abruzzi.

L’obbiettivo del progetto è riqualificare aree verdi con nuove alberature e creare nuovi spazi urbani verdi con alberature.

Tutti noi ormai conosciamo i benefici degli alberi in città e non solo. Gli alberi Assorbono carbonio e donano ossigeno, ogni albero funziona da accumulatore di carbonio, essendo in grado, in un solo anno, di assorbire decine di chilogrammi di anidride carbonica (CO2), contribuendo così a ridurre il famigerato “effetto serra”. Riducono l’inquinamento con le loro fronde costituiscono un prezioso filtro per il particolato fine (le “polveri sottili”), le cui particelle, derivate per lo più dai motori a scoppio, dal riscaldamento domestico e dagli scarichi industriali, sono estremamente dannose per la nostra salute.

Proteggono il suolo con il reticolato formato dalle radici degli alberi è prezioso per rendere più stabili i terreni, limitando di conseguenza il rischio di eventi franosi e mitigando gli effetti di alluvioni e allagamenti. In altre parole, la presenza degli alberi abbassa notevolmente il rischio di dissesti idrogeologici. Ospitano specie animali e valorizzano immobili e aiutano la socialità.

Nel 2022/23 abbiamo già messo a dimora circa 60 alberi e siamo in collaborazione con il Life Europeo A Green Net. Il nostro obiettivo è piantare almeno cento alberi ogni anno e creare boschi urbani.

Per far questo abbiamo nella giornata di ieri ottenuto il patrocinio del comune per lanciare la campagna Adotta un Albero. Ogni cittadino e turista potrà lasciare un segno e donare alla città un albero. Con pochi euro potranno essere messi a dimora tamerici nella riserva, ulivi nelle scuole, pini e alberi da frutto nelle aree urbane e , se si vuole, lasciare una targa.

Il comune ha preso impegno di distribuire tramite IAT e Visit Roseto il materiale per far aderire le attività turistiche e nel fine settimana inizieranno i volontari a distribuire i materiali alla popolazione.

L’obbiettivo è rendere Roseto una città dell’albero , una città vivibile e attrattiva.

Marco Borgatti

Presidente Guide Del Borsacchio -Guardia Ambientale – Direttivo WWF Teramo – Presidente FIAB Roseto




LA COMPAGNIA DEI MERLI BIANCHI VOLA IN BRASILE

Giulianova, 30 giugno 2023.  – Dal 1° luglio al 30 settembre 2023 la Compagnia dei Merli Bianchi sarà in Brasile per il progetto internazionale “PLURIMUNDI – PRIMEIROS PASSOS”

IL PROGETTO

È un’iniziativa internazionale che nasce grazie alla collaborazione della Compagnia dei Merli Bianchi con  artisti e istituzioni educative e culturali del Brasile per  promuovere  riflessioni  su temi contemporanei, in particolare quelli sulla condizione della donna di ieri e di oggi.

In questa prima edizione,  la Compagnia dei Merli Bianchi  sarà rappresentata in Brasile dalla sua fondatrice, l’attrice e docente teatrale Laura Margherita Di Marco,  dal primo di luglio al 30 settembre 2023, grazie all’invito della Fundação Dialógica coordinata dall’artista e educatore Dimir Viana.

Il tour delle attività si svolgerà nello Stato di Minas Gerais, in particolare nelle città di Belo Horizonte  (Teatro Sesi Holcim), Diamantina (Teatro Santa Isabel), Ouro Preto  (Università Federale di Ouro Preto), Varginha  (Teatro Capitólio) e,

in collaborazione com l’ Associação Pano de Roda, presso la Comunità di Lagoa, Carbonita; nello Stato di San Paolo, a  Campinas – (Scuola Statale Hilton Federici) e  a São Carlos  (Università Federale di São Carlos).

Verranno presentati lo spettacolo teatrale “Rosetta Malaspina ovvero da un punto di eternità” di e con Laura Margherita Di Marco,  con l’omonimo libro edito dalla casa editrice  Arsenio (2022); laboratori teorico-pratici  sui principi del metodo del Teatro dell’Oppresso di Augusto Boal (regista e pedagogo brasiliano) condotti dall’attore, regista e moltiplicatore del metodo, Dimir Viana in collaborazione con Laura Margherita Di Marco;

la realizzazione, con la regia di Dimir Viana, negli spazi di Aldeja Teatro (Belo Horizonte),  della nuova produzione teatrale Merli Bianchi/ Fundacao Dialogica: “Chiamateci partigiane! (non un contributo)” con Laura Margherita Di Marco e i musicisti Ludovica Trimarelli e Valerio Valerii.  Il progetto si è avvalso anche della consulenza letteraria del poeta e scrittore abruzzese Leandro Di Donato. Un omaggio a tutte le donne partigiane note e sconosciute.

I CURATORI DEL PROGETTO

Laura Margherita Di Marco – Laureata in Teatro al DAMS – Dipartimento di Arte, Musica e Spettacolo dell’Università Roma Tre. È attrice, direttrice artistica e insegnante di teatro.

Inizia la sua attività nel mondo del teatro nel 1997 svolgendo varie esperienze con diverse realtà in Italia (L’Aquila, Roma, Scilla, Caulonia, Reggio Calabria) e all’estero (Belo Horizonte, Santarém, Dubai, Egitto). Nel 2003 entra a far parte del Teatro Proskenion di Reggio Calabria (gruppo che per anni ha organizzato l’Università del teatro Eurasiano in collaborazione con l’ Odin Teatret  diretto da Eugenio Barba) e nel 2009, in Abruzzo, ha fondato la Compagnia dei Merli Bianchi. Organizza e realizza laboratori e spettacoli teatrali per adulti e bambini, progetti educativi con le scuole e seminari di danze popolari del sud Italia; Dal 2015 propone corsi di formazione per insegnanti ed educatori sul teatro a scuola e la lettura ad alta voce(accreditati Miur tramite Proteo Fare Sapere o dagli istituti scolastici con cui collabora).

Attualmente è direttrice artistica e attrice in tutte le produzioni della Compagnia dei Merli Bianchi e collabora con diverse associazioni e artisti nel campo del teatro e della musica in Italia e all’estero. Sempre molto attiva nel sociale con progetti artistici su temi inerenti alle disabilità fisiche e mentali, diritti umani e delle donne, memoria attiva e impegno civile.

È Referente per l’Abruzzo dell’associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato di Cinisi (PA) con il progetto culturale e artistico “I Fiori della Memoria”. Ha pubblicato per la Arsenio Edizioni il libro di poesie “Dove nasconde gli occhi il cielo?” (2019),  il catalogo d’arte di Pino Manzella “Poeti scrittori ed altre creature inutili” (2020, Arsenio Edizioni) e “Rosetta Malaspina ovvero da un punto dell’eternità – Storia di uno spettacolo” (2022) che accompagna la presentazione dell’omonimo spettacolo.

Dimir Viana – Attore, regista teatrale, educatore artistico, drammaturgo e moltiplicatore del Teatro dell’Oppresso. Dottorato di ricerca in Pedagogia presso UNICAMP – Università Statale di Campinas e Università di Bologna. Ha conseguito un master in educazione presso la Facoltà di Educazione dell’Università Federale di Minas Gerais come borsista a pieno titolo della Fondazione Ford. È autore del libro “Il teatro dell’oppresso nell’educazione degli adulti”

 Dal 1995 al 2000 è stato membro del Teatro Peroskenion in Italia dove ha sviluppato lavori artistici in collaborazione con gruppi di teatro terzo. Ha studiato Storia della Danza e del Mimo e Storia dei Teatri Orientali all’Università di Bologna.

Nel 2008 ha completato un corso di formazione per il moltiplicatore del Teatro dell’Oppresso presso il Teatro del Centro dell’Oppresso di Rio de Janeiro, diretto da Augusto Boal.

È collaboratore della Compagnia dei Merli Bianchi e ideatore del progetto Plurimundi.

LA COMPAGNIA DEI MERLI BIANCHI

La Compagnia dei Merli Bianchi APS fondata nel 2009, ha sede legale a Giulianova (TE) e svolge le proprie attività  artistiche in ambito locale e nazionale.

L’associazione affianca al lavoro di ricerca teatrale – con particolare attenzione a tematiche inerenti all’infanzia, le disabilità, l’impegno civile e i diritti umani – l’organizzazione di eventi, laboratori teatrali e di espressività corporea, yoga e spettacoli teatrali, intessendo rapporti di collaborazione con le scuole e con enti pubblici e privati in Italia e all’estero attraverso direzioni artistiche, spettacoli e progetti formativi.

Si occupa di formazione teatrale nelle scuole per ragazzi  e per  docenti (con corsi accreditati MIUR) in collaborazione con l’ente di formazione nazionale Proteo Fare Sapere.

Collabora inoltre con Associazioni e Università per progetti inerenti la cultura della legalità e l’etica pubblica.

Interviene con performance e spettacoli teatrali collegati a convegni o presentazioni di libri.

La Compagnia dei Merli Bianchi APS realizza le proprie attività grazie all’intervento di attori, musicisti, appassionati di teatro, scenografia e fotografia che ruotano intorno all’associazione e grazie alla rete di associazioni che svolgono attività nel sociale e di impegno civile sia regionali e nazionali, con le quali essa collabora costantemente quali tra le altre: l’ass. Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato (Cinisi – Palermo),

l’associazione anti mafie “Rita Atria”, l’ANPI, l’Università di Teramo, l’ ass. cult. “A Piccoli passi”, la Fondazione Opera De Sanctis (Roma), AIPD (ass. Italiana Persone Down),

centro YAP di Teramo, gli istituti comprensivi abruzzesi e nazionali.




VIABILITÀ: OLTRE 30 MILIONI DI EURO PER INTERVENTI SUI PONTI

Chieti, 30 giugno 2023. Due nuovi ponti, 23 interventi di messa in sicurezza, oltre 30 milioni di euro per migliorare la viabilità della Provincia di Chieti. Il presidente Francesco Menna ha firmato il decreto che dà il via libera al piano di interventi per il periodo 2024-2029, che va ad integrare quelli già autorizzati e previsti per le annualità 2021-2023.

Due i ponti che saranno costruiti interamente: il ponte sulla SP 133 per un importo totale di 3.950.000 euro, un intervento atteso da anni nell’area interna tra Villa Santa Maria e Pennadomo per consentire al traffico di bypassare il movimento franoso che insiste ai margini del paese e per creare un collegamento rapido e sicuro sulla SP 133; l’altro ponte che sarà ricostruito ex novo è quello di Guastacconcia lungo la SP 97 a Paglieta per 3.350.000 euro, crollato nel febbraio 2022. Entrambi gli interventi sono stati programmati nel piano 2021-2023.

Gli interventi di messa in sicurezza riguarderanno 23 ponti, tra questi i più rilevanti per importo della programmazione 2024-2029 sono: il ponte Raimondi lungo la SP 168 sul fiume Sinello (3.500.000 euro), il ponte della SP 100 Pedemontana sul fiume Aventino (3.500.000 euro), i due ponti lungo la SP 125 Lama dei Peligni-Palena sul fiume affluente dell’Aventino (1.500.000 euro), il ponte della SP 70 San Vito-Villa San Leonardo sul fiume Moro (1.300.000 euro), il ponte lungo la SP 187 Trignina sul fiume Treste (1.900.000 euro), il ponte della SP 162 Carpineto Sinello-Castiglion Messer Marino sul fiume Treste (1.000.000 euro).

Gli altri interventi di messa in sicurezza saranno realizzati su altri ponti di proprietà provinciale, tra cui anche quelli che si trovano sulla Via Verde della Costa dei Trabocchi (659.000 euro): il ponte sulla SP 35 Piane S.Pantaleone sul fiume Dendalo (601.000 euro),  i ponti lungo la SP 155 Valle del Sole e SP 225 Sangritana sul torrente Parello (500.000 euro), il ponte lungo la SP 214 Val di Foro e Bocca di Valle (600.000 euro), il ponte sulla SP 9 Chieti-Filetto (661.000 euro), il ponte lungo la SP 212 Istonia sul fiume Treste (600.000 euro). Nella programmazione 2021-2023 erano già stati individuati inoltre interventi di messa in sicurezza per il ponte lungo la SP 111 Ponte Nuovo del Sangro sul fiume Sangro (3.500.000 euro), il ponte lungo la SP 8 Chieti-Roccamontepiano sul fiume Alento (253.000 euro), il ponte sulla SP 76 Ascigno-Capo Posta sul torrente Lajo (453.00 euro), il ponte lungo la SP 164 Quadri-Stazione di Palena sul torrente Crognaleto (436.000 euro), il ponte sulla SP 152 Castiglione – Crocetta di Colledimezzo sul Vallone Sant’Egidio (353.000 euro), il ponte lungo la SP 220 Majelletta su compluvio naturale (142.000 euro), il ponte sulla SP 125 Lama dei Peligni-Palena sul fiume Aventino (242.000 euro), il ponte sulla SP 64 Orsogna-Lanciano sul fiume Moro (242.000 euro), il ponte lungo la SP 133 Torricella Peligna-Villa Santa Maria sul torrente San Leo (342.000 euro), il viadotto sulla SP 192 Palmoli-Fondo Valle Trigno sul vallone di Tufillo (242.000 euro), il ponte lungo la SP 150 Fondo Valle Sinello 2 sul fiume Sinello (342.000 euro).

“Riconoscendo l’importanza strategica dei ponti per la viabilità e il collegamento del territorio, la Provincia di Chieti ha programmato attraverso il settore Viabilità un piano di interventi da oltre 30 milioni di euro, di cui diversi già cantierabili, per garantire la sicurezza e l’affidabilità di queste importanti infrastrutture. Quella di Chieti è una provincia operosa che si avvale di una squadra di tecnici altamente qualificati e di specialisti che operano con professionalità e competenza, il nostro ringraziamento va a tutti i dipendenti del settore Viabilità, con in testa la dirigente Paola Campitelli”, commenta il presidente della Provincia di Chieti Francesco Menna.

“L’obiettivo della nostra amministrazione è garantire la sicurezza e migliorare la viabilità a servizio di tutto il territorio, con una particolare attenzione alle aree interne come dimostra l’intervento atteso da oltre 50 anni del ponte di Pennadomo per cui sarà affidata a breve la progettazione esecutiva e della ricostruzione del ponte crollato di Guastacconcia, per cui saranno affidati i lavori nei prossimi giorni”, sottolinea il consigliere delegato all’attuazione del programma di governo della Provincia di Chieti Arturo Scopino.




SUOR AMALIA DI RELLA discepola del Volto Santo

Figlia spirituale di padre Domenico da Cese

di Antonio Bini

Pescara, 30 giugno 2023. l’Associazione del Volto Santo di Ruvo di Puglia ha ricordato suor Amalia Di Rella a distanza di 25 anni dalla sua morte, avvenuta a Genova il 16 giugno 1988. Dopo aver visitato il Santuario del Volto Santo e conosciuto p. Domenico da Cese, in occasione della festa di maggio del 1970, era stata la stessa suora a favorire la costituzione dell’Associazione.

L’incontro tenutosi presso lo storico Palazzo Caputi è stato moderato dalla giornalista Angela Ciciriello, che ha rivolto un pensiero alla vicinanza della suora nei confronti di donne che avevano difficoltà nel realizzare il desiderio di diventare madri.

Il convegno ha visto la partecipazione di p. Carmine Cucinelli, don Peppino Lapenna, don Mimmo Francavilla, direttore della Caritas di Andria, oltre al mio intervento. P. Carmine, ex rettore del Santuario del Volto Santo, non avendo conosciuto personalmente la suora, ha raccolto testimonianza tra  cappuccini e altre persone di Manoppello che l’anno ammirata in vita per la devozione al Volto Santo, modello di fede per tante persone delle associazioni del Volto Santo di Ruvo di Puglia e di Andria. Memorabile la sua disponibilità, insieme a chi l’accompagnava, nel pulire con gioia la chiesa e l’albergo del pellegrino.

Tutti la seguivano con gioia. “L’ha detto suor Amalia”, si ripetevano i devoti che erano con lei. Il cappuccino ha poi richiamato un passaggio dell’omelia pronunciata da mons. Calabro, vescovo di Andria, in occasione del trigesimo della morte della suora. Sulla stessa linea gli interventi di don Peppino Lapenna, ex parroco della chiesa di San Michele Arcangelo di Andria, il quale ha sottolineato come è da considerate impressionante il bene che suor Amalia ha fatto in favore di malati e anziani, oltre che per la chiesa che fu suo riferimento negli anni trascorsi ad Andria.

Anche don Mimmo Francavilla ha voluto ricordare come sin da ragazzo era rimasto colpito per le sue straordinarie capacità organizzative e l’instancabile opera in favore degli ammalati dell’UNITALSI.  Presenti all’incontro mons. Giuseppe Pischetti, vicario foraneo e don Grazio Barile, assistente spirituale dell’Associazione del Volto Santo di Ruvo di Puglia. Tante persone hanno seguito con emozione l’incontro, al termine del quale sono stati distribuiti tra i presenti biscotti al caffè nel ricordo della suora che amava condividere semplici momenti conviviali con chi si univa alle sue opere e nei momenti di preghiera.

Ma chi era suor Amalia Di Rella ?

Molte volte ho incontrato a Manoppello i devoti pugliesi legati a suor Amalia, soprattutto in occasione degli appuntamenti annuali per ricordare padre Domenico, in particolare dopo la proposta di avvio dell’iter per la beatificazione proposto dall’allora Provincia dei Cappuccini d’Abruzzo. Nel 2014 sono stato a Ruvo, accompagnando padre Carmine Cucinelli, scrivendo poi dell’Associazione e di suor Amalia sulla Rivista del Volto Santo.

Direi che già la diffusione del culto del Volto Santo tra tante persone a Ruvo di Puglia e Andria, poi costituitesi in Associazioni, rappresenta un primo significativo risultato dell’opera di suor Amalia, che nella sua semplicità e umiltà, è stata capace di trasmettere la propria fede ad una comunità, rafforzata dall’incontro con il Volto Santo.

La fede è qualcosa di personale e al tempo stesso di comunitario. Il cristianesimo nel suo riferimento a Cristo ha inevitabilmente a che fare con la testimonianza di altri credenti ed è da ritenere che, anche grazie a padre Domenico, suor Amalia abbia percepito nel Volto Santo il carattere divino di Cristo e al tempo stesso il suo spessore umano. 

Il Volto Santo, infatti, non è soltanto un oggetto inspiegabile, ma soprattutto l’immagine viva e dinamica di un uomo, identificato con Cristo sin dal titolo del primo documento che ne attesta la sua presenza a Manoppello (cfr. Relatione Historica d’una miracolosa imagine del volto di Christo di padre Donato da Bomba – 1640), circostanza che trova sempre più riscontri con la storia del cristianesimo.

In questo credeva ardentemente padre Domenico, che fino alla morte ha instancabilmente profuso tutte le sue energie per diffondere il Volto Santo.

Il frate non desiderava che si parlasse di lui, prevedendo in modo profetico che si sarebbe parlato di lui, come dello stesso Volto Santo, soprattutto dopo la sua morte.

Questo in effetti è accaduto e sta tuttora accadendo. Il Volto Santo in quel lontano 1970 – quando giunse a Manoppello suor Amalia – era da secoli al centro di una forte devozione locale, ma pochi erano quelli che oltre la cerchia dei paesi vicini conoscevano la straordinaria immagine custodita dai cappuccini a Manoppello, mentre quelle rare pubblicazioni che se ne occupavano con fugaci cenni, lo indicavano come un dipinto, alla stregua di tante riproduzioni che possono trovarsi nelle chiese del mondo.

Padre Domenico sosteneva apertamente l’autenticità del Volto Santo, scrivendo in santini da lui fatti stampare, che si trattasse del «sudario presente nella tomba di Gesù» o che l’immagine fosse «improducibile da pennello umano», ritenendola in altre parole un’immagine acheropita.

Nell’imminenza del Grande Giubileo del 2000, gli studi sull’identificazione del Volto Santo nella Veronica (vera icon) portati avanti dal gesuita p. Heinrich Pfeiffer (Tubinga, 1939 – Berlino, 2021), autorevole docente di arte cristiana presso l’Università Gregoriana di Roma, hanno progressivamente trovato l’interesse della stampa internazionale, fino a convincere lo stesso papa Benedetto XVI sulla fondatezza delle sue ricerche.

Occorre qui ricordare anche gli studi di suor Blandina Paschalis Schlömer sulla sovrapposizione del Volto Santo con la Sindone. Il papa tedesco visitò il Santuario il primo settembre 2006.  Da allora abbiamo visto a Manoppello pellegrini da tutto il mondo, centinaia di vescovi e cardinali, mentre la diffusione del Volto Santo ha portato a solenni intronizzazioni di riproduzioni in varie chiese di vari paesi, anche grazie a specifiche missioni (in particolare negli Stati Uniti, Filippine, Polonia e Canada).

Al riguardo, va ricordato, come il 31 marzo 1979, a sei  mesi dalla scomparsa di p. Domenico,  nella chiesa del Purgatorio di Ruvo avvenne probabilmente la prima intronizzazione del Volto Santo, nel corso di una solenne cerimonia, presieduta dal vescovo pro-tempore mons. Aldo Garzia[1]. Oggi le intronizzazioni non si contano più.

Venti anni prima che il Papa giungesse a Manoppello, Don Tonino Bello, vescovo della Diocesi, riconobbe la Pia Unione delle Discepole del Volto Santo, approvando l’8 maggio 1986 il relativo statuto. Il vescovo nel suo atto ha fatto propria quella denominazione riconoscendo come suor Amalia volesse seguire Cristo divenendo sua discepola.

L’obiettivo primario della Pia Unione venne fissato nella «santificazione dei suoi membri attraverso la pratica dei consigli evangelici e il servizio gratuito di assistenza ai fratelli ultimi nelle persone degli ammalati», servizio corrispondente anche alle esigenze della propria missione pastorale. Potremmo dire che il Venerabile avesse già una propria idea sull’orizzonte di santità di suor Amalia, che fu il riferimento assunto a base dello statuto.

Ancor prima dell’approvazione dello statuto, don Tonino Bello, pastore che fu sempre dalla parte degli ultimi, aveva fatto ricorso alla sua collaborazione, assegnandola, tra l’altro, alla comunità per l’assistenza dei tossicodipendenti (oggi Casa Don Tonino Bello), che il vescovo, per contrastare una dilagante emergenza sociale, aveva inaugurato a Ruvo l’8 dicembre 1984.

Il gruppo dipende direttamente dal vescovo e viene animato da una sorella maggiore scelta di comune accordo. I membri della Pia Unione rimangono allo stato laicale, anche dopo la consacrazione attraverso i voti semplici e non hanno vita in comune, salvo periodici incontri di preghiera.

L’articolo n. 5 dello Statuto stabilisce che «la loro spiritualità è incentrata alla devozione al Volto Santo di N.S.G.C. [nostro Signore Gesù Cristo], vissuta nella contemplazione e nell’assimilazione del Mistero Pasquale».

Don Tonino, riconosciuto Venerabile nel 2021, conosce il Volto Santo attraverso la forte carica devozionale di suor Amalia e anche personalmente, in quanto si sarebbe recato una volta a Manoppello, insieme con le tre discepole per gli esercizi spirituali. Così mi è stato riferito da suor Maria Matera.

Il richiamo al Mistero Pasquale lascia intuire che don Tonino avesse maturato una personale idea del Volto Santo come volto della resurrezione. Una tesi che sarà ampiamente sviluppata diversi anni dopo (vedi anche il titolo del saggio di Saverio Gaeta, Il Volto del Risorto, ed. Famiglia Cristiana, 2005). Anche il successivo aggiornamento dello statuto dell’Associazione del Volto Santo, approvato nel 1989, riflette l’impronta di don Tonino Bello, anche se deve ritenersi interamente sua l’elaborazione dello statuto della Pia Unione delle Discepole del Volto Santo.

In una significativa testimonianza di Mons. Nicola Girasoli viene riferito quanto ebbe a dirgli Don Tonino a proposito della suora che considerava «una santa donna che fa molto per gli ammalati e i poveri». Tra i malati non mancarono alcuni anziani sacerdoti.

La testimonianza sulle virtù di suor Amalia Di Rella – è datata 16 giugno 2009 – una data non casuale, in quanto coincidente con l’undicesimo anniversario della morte della fraticella – come molti la chiamavano. Ho ricevuto copia di tale testimonianza da fr. Vincenzo D’Elpidio (Guardia Vomano, 1932 – Pescara, 2020), tanto legato a p. Domenico, come a sr. Amalia ad ai devoti pugliesi. Non sono in grado di sapere quali siano stati i destinatari della stessa, anche se ho motivo di pensare che tra questi ci sia stato il  Vescovo pro-tempore di Molfetta.

Mons. Girasoli, nato anch’egli a Ruvo di Puglia, attualmente nunzio apostolico in Slovacchia, ha conosciuto la suora sin dalla prima infanzia, rimanendo colpito «per lo spirito di preghiera e la dedizione verso i poveri e i malati».

Poi l’incontro con p. Domenico da Cese – nel 1970 – che il nunzio apostolico definisce «una svolta sul cammino di santità», guidando suor Amalia nel suo percorso  spirituale, portandola alla consacrazione religiosa e all’istituzione dell’Associazione del Volto Santo di Ruvo.

Lo stesso nunzio apostolico, che prese i voti nel 1980, afferma di aver preso parte, da giovane seminarista, ad alcuni pellegrinaggi diretti a Manoppello, al Santuario del Volto Santo, conosciuto proprio grazie a suor Amalia e all’Associazione del Volto Santo. Inevitabile l’incontro con p. Domenico da Cese.

Mons. Girasoli afferma che in lui è «rimasto impresso il suo sguardo profondo e le sue parole lucide ed efficaci nell’esortarmi ad andare avanti nel mio cammino vocazionale».

Diverse persone hanno espresso la propria testimonianza su suor Amalia, tuttavia quella rilasciata da mons. Girasoli, che afferma che la suora ha certamente esercitato in grado eroico le virtù cristiane, ha il pregio di unire una lunga personale conoscenza e frequentazione, al tentativo di inquadrare i profili di santità di suor Amalia, nell’auspicata prospettiva – sostenuta vivamente – «che si avvii il processo canonico per accertare l’esercizio delle sue virtù in grado eroico, sperando un giorno di vederla, se Dio vorrà, venerata sugli altari».

Le considerazioni del Nunzio sono anche il frutto di un’osservazione continua nel tempo, come quando da giovane sacerdote accompagnò un pellegrinaggio a Lourdes organizzato da suor Amalia e dall’Associazione del Volto Santo nel 1982.

A proposito del celebre santuario francese, chissà cosa avrebbe pensato suor Amalia nel sapere che diversi anni dopo, nel 2010, mons. Philippe Pherrier, vescovo della Diocesi di Tarbes-Lourdes sarebbe giunto pellegrino a Manoppello, rimanendo fortemente impressionato da quell’incontro, al punto da voler organizzare una mostra sul Volto Santo proprio a Lourdes, poi effettivamente realizzata negli anni 2011 e 2012.

A proposito della fama di santità, va ricordato che – secondo la Chiesa – è quella che si manifesta spontaneamente tra una parte significativa del popolo, e non deve essere suscitata superficialmente attraverso la propaganda dei media.  Nel caso di suor Amalia la questione non si pone, anzi sembra sussistere il problema opposto, con il forte ricordo di santità ristretto alla sfera individuale di tante persone e degli  aderenti dell’Associazione, che ne hanno tramandato personalmente la memoria, nel silenzio di una più ampia comunicazione.

Solo in questi giorni è stata finalmente pubblicata la prima biografia di suor Amalia, a lungo rimasta nel cassetto[2].

Ma un emergente fenomeno di comunicazione si sta registrando lontano dalla Puglia. Alludo alla crescente divulgazione del Volto Santo nel mondo, iniziata nell’imminenza del grande Giubileo del 2000 e ulteriormente sviluppatasi dopo la visita di Benedetto XVI il primo settembre 2006 a Manoppello. Una circostanza, quest’ultima, rilevata nella sua testimonianza, anche da mons. Girasoli.   

Sulla scia del Volto Santo, sta riemergendo, anche in modo sorprendente, la straordinaria figura di p. Domenico da Cese, che credette in modo esplicito alla divinità e autenticità del Volto Santo. Insieme a p. Domenico compare spesso anche la vicenda umana e religiosa dell’umile suora, come nella Biografia illustrata di padre Domenico da Cese, cappuccino, a cura di suor. Petra-Maria Steiner, Vita Communis, Waiblingen, 2018 (la pubblicazione è stata edita in lingua tedesca, inglese e italiana) e il recentissimo saggio di Aleksandra Zapotoczny, pubblicato nel febbraio scorso in Polonia, con il titolo Stygmatyk z Manoppello (lo stigmantizzato di Manoppello), Vita, miracoli ed esperienze mistiche di Padre Domenico del Volto Santo di Gesù.[3]

Tornando a Mons. Girasoli, la sua testimonianza sembra essere strutturata per corrispondere ai principi che regolamentano le cause di beatificazione e canonizzazione e credo possa essere interpretata in termini esponenziali rispetto al sentire della più ampia comunità di persone che hanno conosciuto e amato suor Amalia.

Va anche detto che il processo di canonizzazione rappresenta un percorso lungo e complesso, che risponde ad esigenze di cautela da parte della Chiesa (o, meglio, delle gerarchie ecclesiastiche) e che al tempo stesso presenta larghi spazi discrezionali, come dimostra anche il travagliato percorso di padre Domenico da Cese, che pure è sostenuto da numerose testimonianze, anche espresse da religiosi, o supportato da fatti straordinari, come la bilocazione del frate ai funerali di San Pio da Pietrelcina.

Una causa di canonizzazione comporta delle spese considerevoli e richiede un impegno costante, una vera e propria organizzazione, insieme ad una dedizione che possono durare molti anni.

Per i laici non è sempre agevole comprendere l’applicazione delle norme che disciplinano la materia, la loro interpretazione e le scelte da parte della Chiesa.

Non certo a caso, l’agostiniano Romualdo Rodrigo, autore di un apprezzato Manuale delle Cause di Beatificazione e canonizzazione, ha ammesso che «non sempre sono candidati alla canonizzazione i più santi davanti a Dio»[4].

Conforta relativamente la circostanza che l’obiettivo finale delle canonizzazioni non siano i servi di Dio – in quanto i santi non hanno di certo la necessità di essere dichiarati tali – ma sono i fedeli, essendo loro ad aver bisogno che la Chiesa proponga nuovi modelli di santità.

E suor Amalia nacque e visse in povertà, indossando il saio francescano. Fu certamente un esempio dalla personalità carismatica, soprattutto in considerazione delle sue precarie condizioni di salute che, pur nella sofferenza, non le hanno impedito di continuare a donarsi totalmente agli altri.[5]

Alle sofferenze fisiche si aggiungevano quelle morali. E mons. Girasole ad alludere nella sua testimonianza come la stessa fosse vittima di ingiuste invidie e gelosie, se non anche di maldicenze e umiliazioni, come riscontrato anche da fonti orali. Conferme di questi forti disagi vengono da alcune lettere scritte da padre Domenico in risposta alla suora, che doveva aver confessato le situazioni di cui era vittima.[6]

E frequente ascoltare da chi l’ha conosciuta che le corsie d’ospedale e le case dei malati furono il suo convento.

Un ultimo ricovero avvenne presso l’Ospedale San Martino di Genova dove suor Amalia morì in concetto di santità [7] il 16 giugno 1998. Una coincidenza: come p. Domenico, scomparso il 17 settembre 1978 a Torino, suor Amalia muore durante l’ostensione della Sindone. Aveva 64 anni. Dalla biografia curata da Michele Ippedico, sembrerebbe che la sua morte fosse stata preannunciata in sogno da San Pio da Pietrelcina a trent’anni dalla scomparsa del santo.

In conclusione, si richiama un passo dell’omelia tenuta dall’allora vescovo di Andria, mons. Raffaele Calabro, pronunciata il 15 luglio 1998, nel trigesimo della scomparsa di suor Amalia e riportata integralmente sul n. 2/1998 della Rivista del Volto Santo, preceduta dalla accorata premessa di p. Germano Di Pietro, allora rettore a Manoppello, con il titolo Suor Amalia ci ha lascito.

«L’eucarestia che stiamo celebrando ci consente di raccogliere i nostri sentimenti di dolore, riconoscenza, di affetto per far memoria di una persona che ha lasciato una traccia indelebile nella vita di tutti noi e di tanti che l’hanno conosciuta e sono stati beneficiati dalla sua carità discreta e silenziosa e sono veramente tanti.                            

Per noi chiediamo, alla Mensa Eucaristica che sappiamo continuare l’opera da lei iniziata con lo stesso spirito, in umiltà e letizia senza disperdere e dimenticare il suo insegnamento».  

L’incontro di Ruvo di Puglia si pone senza dubbio in continuità con gli auspici del vescovo.


[1] Tonina Cantatore, Da Ruvo di Puglia, in Rivista del Volto Santo, n. 1, giugno, 1979, p.32; In una foto a corredo dell’articolo, suor Amalia compare a fianco di Mons. Garzia.

[2] Michele Ippedico, La pupazza di Dio, ed. Youcanprint, Tricase, 2023. E’ d’obbligo un cenno per spiegare il titolo. Sembra che la stessa suora si definisse così, per indicare una logora bambola di pezza nelle mani del Signore, un po’ come suor Teresa di Calcutta che diceva di essere una piccola matita nelle Sue mani;

[3] Il libro è stato presentato in Polonia nelle città di  Wadowice e Cracovia dove negli anni scorsi furo intronizzate copie del Volto Santo.,

[4] Romualdo Rodrigo, Manuale delle cause di Beatificazione e canonizzazione, ed. Istitutum Historicum Augustinianorum Recollectorum, Roma, 2004, p.12;

[5] La salute precaria ha caratterizzato la vita di suor Amalia, con numerosi ricoveri ospedalieri e vari interventi chirurgici (ben 17, secondo la testimonianza di fra’ Vincenzo D’Elpidio in data15 marzo 2007). I dolori si manifestavano soprattutto ai polsi, alle mani, alle gambe, durante la Quaresima, tanto da essere costretta a letto. Negli ultimi anni di vita indossava i guanti alle mani, inducendo molte persone a pensare che servissero a coprire le stimmate. E’ stata considerate anche la dichiarazione rilasciata in data 4 aprile 2014 dalla signora Maria Zagaria, nella cui abitazione suor Amalia ha vissuto dal novembre 1988 fino alla morte.

Purtroppo è assai carente la documentazione medica, limitata ad un certificato rilasciato in data 23 aprile 1979 dalla dott.ssa Vincenza Fracchiola di Ruvo di Puglia, specialista in malattie infettive, nel quale si attesta che suor Amalia ha sofferto di moltissime malattie sin da piccola, oltre che nella giovinezza, e più volte ricoverata in fin di vita. Si riferisce di un intervento chirurgico allo stomaco, di scompenso cardiaco ed edema polmonare regredito.

[6] In una lettera del giugno 1974, p. Domenico parla di perversità di professioni che non hanno mai creduto in Dio. In un’altra lettera del marzo 1976 p. Domenico scrive Gent.ma Amalia, bisogna pregare tanto ed avere tanta pazienza per tante contrarietà che ci vengono dalla cattiva gente che non manca mai in nessun paese. Ricordate che tutti i giorni bisogna portare la croce che dal cielo vi fu assegnata. Il frate la confortava con la costante preghiera al Volto Santo. D’altra parte, la stessa vita di p. Domenico non fu esente da difficoltà e incomprensioni, talvolta sorte anche nell’ambito dell’Ordine dei Cappuccini;

[7] Eugenio Vittorio Di Giamberardino,  Padre Domenico da Cese, Edizioni Frati Minori Cappuccini d’Abruzzo, L’Aquila, 2014, p. 35.

Foto di Padre Domenico da Cese a Ruvo di Puglia insieme a Sr. Amalia (1977)




IL PIANO REGIONALE della Mobilità Ciclistica

Abruzzo: manca da oltre dieci anni

Pescara, 30 giugno 2023. Il Coordinatore FIAB Abruzzo Molise Giancarlo Odoardi, in nome e per conto delle Associazioni FIAB locali di Pescara, Sulmona, Teramo e Sulmona, nella persona dei loro presidenti, scrive al Sottosegretario della Presidenza della Giunta Regione Abruzzo Umberto De Annuntiis per sollecitare la stesura del Piano Regionale della Mobilità Ciclistica.

Oltre che essere previsto come atto dovuto dall’art. 5 della L. 2/2018 (Disposizioni sviluppo mobilità in bicicletta e realizzazione rete nazionale di percorribilità ciclistica), che ne fissa tempi e modi, la redazione del Piano Regionale della Mobilità Ciclistica (PRMC) era già prevista dalla L.R. Abruzzo n. 8 del 25/3/2013 (Interventi per favorire lo sviluppo della mobilità ciclistica).

L’art. 2 della norma prevedeva e prevede tuttora che il PRMC sia approvato dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta regionale e venga aggiornato di norma ogni tre anni. Questo dei tre anni è l’unico elemento temporale di riferimento della legge, che non fa cenno a termini di scadenza per la redazione del Piano. D’altronde si può ragionevole ritenere come poco o per nulla “giustificabile” un ritardo così evidente: se si fosse provveduto a predisporre lo stesso in tempi “congrui”, soprattutto in riferimento ai previsti tempi di aggiornamento di norma, dal 2013 a oggi si sarebbe dovuto redigere e successivamente aggiornare il PRMC almeno tre volte.

Nel frattempo, a cinque anni di distanza dalla Legge Regionale Abruzzese del 2013, viene promulgata la L. 2/2018 (Disposizioni sviluppo mobilità in bicicletta e realizzazione rete nazionale di percorribilità ciclistica).

In questa norma si fa chiaro richiamo a Regioni ed Enti locali (art. 2) perché assumano impegni concreti per perseguire gli obiettivi di legge espressi nell’art. 1 (Oggetto e finalità). Tra gli obiettivi della Legge figura la redazione del Piano Generale della Mobilità Ciclistica (PGMC). L’art. 5 prevede che le Regioni predispongano e approvino, con cadenza triennale, il PRMC e che venga inviato,  entro 10 giorni dall’approvazione, al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

In sede di prima attuazione, recita il comma 5 dell’art. 5 della legge in esame, il termine di approvazione del  piano  è stabilito in 12 mesi a decorrere dalla data di  approvazione  del Piano Generale dela Mobilità Ciclistica (PGMC). Quest’ultimo avrebbe dovuto vedere la luce entro sei mesi dalla pubblicazione della L. 2/18, mentre ciò è avvenuto con un provvedimento normativo solo il 13/10/2022 (Gazzetta Ufficiale).

Il che si traduce nell’obbligo da parte della Regione Abruzzo di redigere e approvare il PRMC entro la stessa data del corrente anno, sottoponendolo, entro dieci giorni, al Dicastero di riferimento.

Per tale ragione le associazioni hanno chiesto al Sottosegretario di essere convocate ai fini di una utile integrazione informativa e per avere chiarimenti in merito.




NASCE L’OSSERVATORIO per la cultura Valle del sagittario

Costituita l’associazione di cui fanno i rappresentanti dei Comuni di Anversa degli Abruzzi, Bugnara, Cocullo, Introdacqua, Villalago e Scanno

Anversa degli Abruzzi, 30 giugno 2023. L’Osservatorio vuole essere uno strumento di studio e approfondimento per le realtà del territorio con l’intento di contribuire attraverso la cultura a rafforzare la coesione territoriale, migliorare la crescita, promuovere il patrimonio storico e culturale, turistico e ambientale della zona si è costituita l’Associazione Osservatorio per la cultura nella Valle del Sagittario con la partecipazione attiva di tutti i rappresentanti dei Comuni di questa Area (Introdacqua, Bugnara, Anversa, Cocullo, Villalago e Scanno).

Il battesimo di questo nuovo progetto è avvenuto presso la Sala consiliare del Comune di Anversa e nell’occasione sono state definite anche alcune le linee strategiche da portare avanti nei prossimi mesi.

L’Osservatorio, è stato ribadito, vuole essere soprattutto uno strumento di studio e approfondimento per le realtà del territorio e si muoverà in stretta collaborazione con tutte le Amministrazioni comunali della zona.

Le riunioni del direttivo si terranno in modo itinerante presso i diversi Comuni mentre la sede sarà quella del Centro Studi Nino Ruscitti a Bugnara.

Fanno parte del Direttivo dell’Osservatorio Mario Giannantonio (Anversa), Carla Laura Galante, Raffaele Gatta e Simone Lupi (Villalago), Pasquale Caranfa ed Enzo Gentile (Scanno), Carla Di Benedetto (Introdacqua), Dino Chiocchio (Cocullo), Matteo Servilio e Giovanni Ruscitti (Bugnara). Coordinatore provvisorio è stato individuato Simone Lupi.

Il Direttivo resta una struttura aperta alla collaborazione di studiosi, ricercatori, giovani, esperti delle diverse discipline e quanti vogliono impegnarsi in questo sforzo.




PRIMO SOCCORSO e tecniche di rianimazione

Evento formativo con l’Avis di Luco dei Marsi

Luco dei Marsi, 30 giugno 2023.  Primo soccorso e tecniche di rianimazione, questi saranno i temi centrali dell’evento organizzato per domenica 2 luglio dall’Avis di Luco dei Marsi.

A partire dalle ore 11, in Piazza Umberto I, sarà possibile assistere alle dimostrazioni tenute dal Dottor Aldo Nazzicone (esperto in tecniche di rianimazione) riguardo i comportamenti da tenere in casi di emergenza. Contestualmente sarà possibile eseguire in modo gratuito la misurazione della glicemia.

L’Avis di Luco dei Marsi è da sempre attiva sul territorio per sensibilizzare su tematiche legate alla salute, dall’importanza della donazione di sangue alla centralità di uno stile di vita di sano. “Avere delle conoscenze, anche basiche, di tecniche di primo soccorso può essere decisivo in determinati momenti”, spiegano il presidente Fabrizio Salvati e il consigliere provinciale Roberto Cambise, “per questo motivo, con l’appoggio del direttivo tutto, abbiamo deciso di organizzare un evento che potesse fornire delle nozioni sui giusti comportamenti da tenere in casi di emergenza. Cogliamo l’occasione per ringraziare l’amministrazione comunale per la sempre presente disponibilità ed il dottor Nazzicone per aver deciso di prestare la sua professionalità per questo evento”.

L’evento sarà aperto a tutti coloro che vorranno partecipare.

Per maggiori informazioni si invita a contattare i seguenti numeri: 3386389052 (Roberto) 3476250094 (Fabrizio)




GARONE RECORDS PRESENTS LAGO

Il 29 Giugno è uscita ufficialmente Lago ed il pop d’autore di Galli incontra il reggae di don Tino, alla regia come producer c’è Nesta affiancato da Francesco Di Marco, con la collaborazione di altri artisti come Simon Musardo e Simone Sulpizio, le edizioni del  brano saranno a cura  di Garone Records.

La fusione dei vari stili, fortemente voluta dai due artisti abruzzesi, regala un sound fresco ed attuale che si va ad inserire in maniera naturale nel solco delle ultime produzioni discografiche, che tendono a contaminarsi di vari generi.

GALLI ha sempre strizzato l’occhio al reggae contaminandosi già in passato con lo stile in levare, don Tino invece è un veterano del genere, con uno stile più cantautorale e meno avvezzo a clonare vocalmente gli artisti d’oltremanica, dalla collaborazione di questi validi singer abruzzesi nasce una canzone orecchiabile  ma non banale, che nulla ha da invidiare alle recenti uscite mainstream, alla pari di Fragole di Achille Lauro e Rose Villain giusto per citarne una.

LAGO nasce da un’idea di Galli, dall’incontro con don Tino il pezzo inizia a prendere forma, la lirica composta a due mani dai due cantautori parla di un amore estivo, passeggero che appunto come canta il ritornello… vola via, restano i corpi intrecciati sul letto, le sigarette e tutte le emozioni che solo una passione travolgente e pura riesce a dare.

I due artisti cantano di quegli amori a cui si dà tanto in termini di passione e coinvolgimento, che si vive ogni giorno con una grandissima intensità perche consci che è una storia a termine e che alla fine lascia quell’amaro in bocca perche’ resta un affetto mutilato, un amore a metà .

Il video è in lavorazione e vedrà l’uscita nel mese di luglio , la regia è curata da Claudia Ferrara (Noia Vintage) con la collaborazione per le riprese di Antonio Malvestuto, nella veste di protagonista l’attrice Marta Mazzaretto.

La song sarà distribuita su tutte le piattaforme digitali e ascoltabile sul profilo Spotify di Galli e don Tino.




ALLA MONDADORI DI PESCARA Padre Piero Lamazza

Il suo incontro con Dio in Sei personaggi in cerca di attore

Pescara, 30 giugno 2023. Il giovane Padre Gesuita, Piero Lamazza sarà domenica 2 luglio alle ore 18:30 alla Mondadori Bookstore di Pescara per presentare il suo nuovo libro “Sei Personaggi in cerca di attore” (AdP) che richiama il celebre titolo dell’opera teatrale di Luigi Pirandello “Sei personaggi in cerca d’autore” in cui celebrava la relatività dei punti di vista con la difficile comunicazione che ne conseguiva.

Il giovanissimo Gesuita avrà modo di parlare anche della sua recente esperienza infatti è appena tornato dal Cammino di Santiago Di Compostela e come dice: “Ti fanno male i piedi, hai le bolle, eppure vuoi continuare a camminare?

Maledici il giorno in cui hai deciso di fare il cammino ma vuoi continuare a scoprire?

Ti chiedi chi te l’ha fatta fare eppure ti intriga conoscere la storia di quest’altro pellegrino che va come te verso Santiago?

Ecco… Tutto questo è El Camino!

Fra un necessario adattamento richiesto da un’esperienza come questa e degli scorci panoramici inaspettati e meravigliosi della costa portoghese, si cammina e si vive quello che può essere sperimentato soltanto da chi si mette in marcia. Si vive, si sente, si gusta, si sperimenta il cammino.

Tutto viene concluso dalla ricezione della Compostela, dopo aver timbrato quotidianamente la Credencial, e da una Celebrazione Eucaristica magnifica nella cattedrale di Santiago, dove viene dato il tradizionale abbraccio al Santo di Galilea, nei luoghi legati alla sua memoria”.

Sarà presente all’appuntamento anche l’Assessore alla Cultura per il Comune di Pescara, Maria Rita Carota impegnata nella promozione della filosofia della lettura anche tra i più giovani; modera l’incontro la giornalista Alessandra Renzetti.

Bartimeo, la peccatrice in casa di Simone il fariseo, l’adultera perdonata, Barabba, Simone di correre e Paolo di Tarso cos’hanno capito, sentito, provato contatto con Gesù di Nazaret?

Cosa accadde e perché?

Che cosa è successo in quegli uomini e donne nel momento in cui si sono imbattuti in un uomo che chiede a un cieco cosa vuole che si faccia per lui?

In un maestro che si lascia baciare i piedi pubblicamente da una prostituta?

Che scrive per terra davanti alle provocazioni dei Giudei? Che muore perché altri abbiano la vita? Che prende una croce impossibile da portare?

E che sconvolge la vita di un persecutore dei propri discepoli?

Nelle pagine del libro la risposta a queste domande viene data dai personaggi stessi che raccontano l’accaduto. Queste sei figure stanno cercando nel lettore un potenziale attore, perché “la parola corra e sia glorificata” (2Ts 3,1), perché Gesù sia conosciuto e amato. Il lettore può gustare i sei racconti, lasciarsi toccare da essi, aprire il cuore e permettere all’amore, che morendo vive, di ferirlo.

Padre Piero è infatti convinto che, conoscendo meglio le figure citate nel libro si possa scoprire qualcosa di più della persona a cui ha deciso di dare, come può, la sua vita, Gesù di Nazaret figlio di Maria e del Padreterno.




PER UN PANNO o per amore

Pubblicato sulla Rivista Illustrazione Abruzzese  sett-ott. 1984, Pescara

Pacentro è un pittoresco paese della provincia de L’Aquila arroccato alle pendici settentrionali della
Maiella. Il castello medioevale, che sovrasta il centro abitato, ci parla del suo illustre passato e delle lotte insorte fra i Cantelmo ed i Caldora per assicurarsene il possesso. La poca gente rimasta vive per lo più di agricoltura, mentre i giovani sono occupati nel terziario oppure nelle fabbriche del nucleo industriale di Sulmona. Rilevante è tuttora il numero dei diplomati senza impiego e dei pensionati.

Nella prima domenica di settembre, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna di Loreto, si svolge a Pacentro la cosiddetta corsa degli zingari, una singolare manifestazione che di anno in anno richiama un numero di spettatori sempre più numeroso sia dall’Abruzzo che dalle regioni limitrofe. Nell’edizione del 1980 erano presenti, tra le altre, una rete televisiva di Monaco di Baviera ed alcuni giornalisti del periodico «Bild am Sonntag», edito nella stessa città tedesca.

Va subito chiarito che l’espressione zingari non deve trarre in inganno. Nel dialetto di Pacentro essa indica infatti chi cammina scalzo ed è stata coniata evidentemente in base all’osservazione costante che gli zingari, ed i nomadi in genere, andavano in giro in passato con pochi indumenti addosso e soprattutto a piedi nudi, date le scarse possibilità che essi avevano di poter acquistare delle scarpe.

Coloro che partecipano alla terribile gara sono generalmente contadini ed operai del paese. I figli delle persone benestanti e dei professionisti, almeno fino a circa dieci anni fa, non vi partecipavano in quanto non abituati a camminare a piedi nudi, specie lungo i sentieri pietrosi di montagna.

Pur nella dovuta cautela la corsa può essere definita in senso gramsciano come una tipica manifestazione della visione della vita di strati sociali subalterni oppure, secondo il pensiero del Lombardi-Satriani, un episodio di cultura di «contestazione».Tuttavia alcune “varianti” di rilevante interesse antropologico-culturale, emerse negli ultimi anni, inducono a ritenere che la chiave di lettura della “corsa degli zingari” sia  più complessa e le motivazioni da parte dei giovani che si cimentano nella terribile gara appaiono col passar degli anni sempre diverse. Ma procediamo nella descrizione delle fasi più emozionanti della manifestazione.

Va ricordato innanzitutto che di norma ilnumero dei concorrenti non è mai rivelato dalla Confraternita della Madonna di Loreto, che gestisce appunto la “corsa”, e diventa noto solo quando i giovani, verso le cinque di pomeriggio del giorno di festa, si radunano in località Pietra spaccata, un contrafforte roccioso di Colle Ardinghi, situato di fronte al paese e separato da quest’ultimo da una profonda gola in cui scorre il Vella, un torrente che scende precipitoso dalle falde della Maiella e ricordato da Ovidio nel

Terzo libro degli Amores.

Al primo rintocco di campana della chiesa della Madonna di Loreto, gli zingari, a piedi nudi ed in
pantaloncini e maglietta (tali indumenti sono forniti dalla stessa Confraternita), si gettano a capofitto
lungo il ripido pendio del colle cosparso ovunque di pietre, oltrepassano a valle il torrente Vella
e puntano di nuovo a monte in direziono di Pacentro, attraverso un sentiero che conduce direttamente alla chiesa.

Una folla enorme funge da degna cornice alla corsa ed è assiepata soprattutto lungo il tratto finale del percorso, complessivamente lungo tre chilometri circa. La maggior parte degli spettatori si accalca tuttavia attorno al sagrato di S. Maria di Loreto, poiché l’altare della chiesa, il cui portale è lasciato aperto, costituisce il traguardo della emozionante gara.

Quando i concorrenti sono in prossimità della meta, gli spettatori cominciano ad oscillare invasi da un crescente fermento, mentre urla di entusiasmo si levano dalla folla allorché da una curva non lungi dalla chiesa si vede sbucare il primo “zingaro”.  Con gli occhi dilatati dal dolore, provocato da un percorso quasi ordalico, il vincitore infila il portale e si inginocchia prima davanti all’altare, dopo di che si accascia stremato, seguìto man mano dagli altri partecipanti che ripetono lo stesso cerimoniale.

A corsa ultimata viene chiuso il portale. Solo negli ultimi anni è stato permesso a studiosi e fotografi di
restare nell’interno della chiesa e di assistere così ai momenti conclusivi della manifestazione.

La scena che si svolge assume a tratti toni drammatici e non facili da descrivere. Con i piedi cosparsi di
piaghe sanguinanti, gli zingari giacciono sdraiati sul pavimento e si aiutano a vicenda, mentre il dolore
atroce dai piedi sembra propagarsi tutto sui loro volti. Un medico presta la prime cure alle ferite vistose, ma la sua azione è vanificata spesso dalle richieste di soccorso che si accavallano fra le grida concitate degli organizzatori , impegnati ad accertarsi velocemente delle condizioni più o meno gravi in cui versano quelli che hanno concluso la gara.

Sull’angusto piazzale antistante alla chiesa, la folla attende ansiosa che si riapra il portale e fa commenti sullo svolgimento della gara e sul vincitore. Questi attimi di pausa ci permettono di aggiungere particolari importanti alla descrizione della manifestazione. La chiesa è dedicata, come si è detto, alla Madonna di Loreto ed un affresco eseguito nel tondo centrale della facciata raffigura, con una tecnica di esecuzione che ci ricorda quella degli ex voto pittorici, la traslazione della Casa Santa di Nazareth da Tersatto (Jugoslavia) a Loreto Marche. Il sacro edificio presenta caratteristiche tali da essere ascritto, come  conferma l’organo portativo coevo, alla prima metà del  XVIII secolo e sorge in base ad una tipica leggenda di fondazione dei santuari: una misteriosa donna, nella quale i fedeli riconosceranno in seguito la Madonna, si riposò proprio sul posto dove sarà eretta più tardi la chiesa[1].

La modesta facciata della chiesa è movimentata da tre tondi a stucco; in quello centrale è riprodotta come si è detto la traslazione della Casa Santa ed in quelli laterali, non affrescati, sventolano fin dalla mattina della festa due tagli di stoffa avvolti a mo’ di bandiera su un’asta di legno. Tali stoffe sono di diverso colore e sufficienti a confezionare due vestiti. Su ognuna di esse gli organizzatori della festa appuntano un santino riproducente l’immagine della Madonna di Loreto. Questi tagli di stoffa costituiscono appunto il cosiddetto palio, il premio cioè assegnato insieme a coppe e targhe ricordo ai primi due concorrenti, ma normalmente vengono premiati anche coloro che si classificano al terzo e quarto posto ed in tale ordine sfilano poi a manifestazione conclusa per le vie del paese per ricevere il dovuto trionfo.

Durante la corsa i deputati alla festa sorvegliano affinché nessuno aiuti con spinte i partecipanti, a meno che per difficoltà sopravvenute durante il terribile percorso qualcuno di essi non dichiari espressamente di rinunciare alla gara. D’altro canto, una sorveglianza per cosi dire indiretta e reciproca viene effettuata dagli stessi tifosi appartenenti ai rioni in cui abitano i concorrenti, la cui contesa, alimentata da quei sentimenti intrattenibili che affiorano spesso nel ‘blasone popolare’, solo oggi
si esaurisce nell’ambito di un’esperienza vissuta anche a livello ludico. Degna di nota è al riguardo la
circostanza che a Pacentro non v’è un santo protettore ufficiale. Parte della popolazione festeggia infatti la Madonna del Rosario e l’altra S. Carlo Borromeo. I rosaristi non fanno normalmente cospicue offerte per la festa di S. Carlo ed allo stesso modo si comportano i carlisti nella ricorrenza della Madonna del Rosario. Fra le due fazioni si scatena così una gara per organizzare la festa più bella del paese e ad essa contribuiscono con sostanziose rimesse, anche gli emigrati. In passato, infatti, le rivalità esplodevano in modo violento anche durante la manifestazione e l’informatrice citata, Maria Cicone,  ricorda che in una edizione della corsa svoltasi subito dopo la Prima guerra mondiale una persona venne accoltellata per aver spinto nella parte finale della gara un concorrente del proprio rione[2].

Ma torniamo, dopo questa necessaria parentesi, alla descrizione della corsa. Dai due tondi della facciata della chiesa vengono ammainati i palii, segno questo che sta per aver inizio la sfilata degli zingari.

Si apre il portale. Il clamore crescente degli spettatori sommerge le note della marcia intonata dalla banda, mentre applausi ed espressioni di compiacimento fioccano soprattutto sui primi due classificati che, seguiti come alfieri dal terzo e dal quarto, ricevono l’onore del trionfo. Portati a spalla da amici e parenti i quattro sfilano in ordine di arrivo lungo le strade principali del paese, preceduti dalla banda. Gli sguardi della folla sono appuntati ovviamente sul vincitore della corsa.

Sorreggendo l’asta su cui è avvolto il palio, egli viene portato a spalla dai suoi tifosi, seguito allo stesso modo dal secondo classificato. La sfilata termina alla casa del vincitore, dove si offre a tutti vino  vecchio attinto dalle caratteristiche conche di rame. Non poche sono le considerazioni che suscita la corsa degli zingari, che secondo il giudizio dei vecchi del luogo si svolgerebbe da tempo immemorabile. Come in altri episodi folklorici, la ricerca delle origini non spiega le funzioni svolte dal rito, sicché essa  risulta il più delle volte sterile e non appaga l’interesse degli studiosi . Il termine palio, è utile in tale sede ricordarlo, indica secondo il  Devoto un  «drappo prezioso assegnato come premio in gare o competizioni tradizionali, celebrate in varie città italiane dal medio evo in poi».

In un manifesto pubblicato a Roma nel 1768, si ricorda per. es. che «si correranno i Palii negli infrascritti giorni di carnevale», con la descrizione degli stessi palii costituiti da «stoffe pregiatissime» da donarsi ai vincitori delle varie corse[3].

Per quanto concerne più specificatamente l’area abruzzese, manifestazioni simili a quella di Pacentro dovevano svolgersi anche altrove, poiché si apprende dal De Nino che «a Rivisondoli, nelle feste principali, e a Pratola Peligna in San Rocco, è singolare la corsa dei ragazzi, dai sette ai dodici anni, che nudi vanno a precipizio da un punto all’altro del paese per guadagnare un palio. E il piccolo vincitore poi, nudo, entra nella chiesa a ringraziare il santo»[4]. Una corsa a piedi nudi si svolgeva anche a Sulmona il 28 aprile, festa di san Panfilo. Ce lo ricorda un documento pubblicato dal Celidonio, nel quale si legge che “in dicto die (cioè 28 aprile) se corra ad pede mezza canna de panno bono, più uno pare de calse. Si correrà per li citali una berrecta.”[5].

È significativa la circostanza che il De Nino taccia sulla corsa di Pacentro che si svolge tuttora come le altre corse di Pratola Peligna e Rivisondoli, descritte nel secondo volume degli Usi e Costumi abruzzesi. Ma v’è di più. La ‘corsa’ di Pacentro è una ‘gara’ e dunque rientra nella tipologia dei giuochi e delle competizioni. Nel 1897 apparve com’è noto il sesto volume degli “Usi e Costumi” dedicato proprio ai giuochi fanciulleschi, ma nemmeno in quest’opera il De Nino fa menzione della corsa degli zingari. Sicché si può ragionevolmente supporre che la manifestazione di Pacentro, nata forse come mera scommessa fra giovani del luogo, risalga agli ultimi anni dell’800 ed abbia assunto notorietà solo dopo la morte del grande folklorista peligno (1906).    

Non siamo riusciti a scoprire, al fine di stabilire interessanti raffronti, se in altre località italiane si svolgano nei nostri giorni, in occasione di determinate ricorrenze religiose, corse simili a quella degli zingari. Una sola notizia ci è stata fornita al riguardo, anche se alquanto vaga, da una informatrice di Sulmona, Signora Elena Scudieri, di anni 76, nativa però di Ottaviano (Napoli), secondo la quale una gara avente le stesse caratteristiche di quella di Pacentro si svolge a San Sebastiano al Vesuvio in provincia di Napoli, in onore appunto di tale santo. Un’altra corsa, però non competitiva, si svolge il 4 settembre a Cabras, in provincia di Oristano, nella vigilia della festa di S. Salvatore in Sinis. I giovani del luogo, in tunica bianca, accompagnano correndo scalzi la statua del santo in una chiesetta campestre sita vicino al paese[6].  In passato, partecipare alla corsa per la conquista del palio, cioè di un panno per confezionare un vestito, doveva costituire certamente una motivazione non indifferente per gli zingari di Pacentro, appartenenti a ceti sociali subalterni. Oggi le cose sono certamente cambiate; questi giovani camminano solo raramente scalzi nei loro poderi coltivati con potenti mezzi meccanici che essi stessi, con estrema perizia, guidano nei momenti della seminagione o dell’aratura. Fra coloro che prendono parte alla competizione vi sono però anche operai che lavorano nel vicino nucleo industriale di Sulmona e che appena si staccano dalla catena di montaggio si riversano di nuovo sui campi per quell’insopprimibile esigenza di contatto con la terra che purifica, rigenera e rende liberi, poiché una tuta ed un capannone non sono sufficienti di per sé a trasformare un contadino in operaio.

Altri concorrenti sono invece artigiani o persone che svolgono i più disparati mestieri, come appunto il vincitore della corsa di molti anni fa, con cui abbiamo parlato il giorno seguente alla festa. Si chiamava Mario Raso, aveva 24 anni e lavorava insieme al fratello in un ristorante della ex Berlino Ovest. Suo padre è morto da tempo e la madre, contadina, vive ancora a Pacentro. Ogni anno Mario torna al paese ai primi di settembre «per vedere la festa» e soprattutto per partecipare alla corsa degli zingari, da lui vinta anche in precedenti edizioni. Con grande semplicità egli ci ha rivelato che correva non per una particolare forma di devozione verso la Madonna di Loreto, ma per una ragazza del paese di cui si era innamorato e che corteggiava assiduamente. Nell’ascoltarlo, le sue parole richiamavano quasi automaticamente alla memoria il noto passo del Ramo d’oro, in cui il Frazer descrive le gare di corsa per la sposa che, in altri tempi, si svolgevano un po’ ovunque in Europa. Si sa però con quanta circospezione vadano fatti tali accostamenti, poiché sotto il profilo antropologico si corre il rischio di assemblare episodi che presentano diacronicamente funzioni diverse.

Negli ultimi tempi, infatti, sono emerse da parte dei partecipanti alla gara diverse e complesse motivazioni. A cimentarsi in essa non sono più solo concorrenti appartenenti al mondo rurale o operaio ma anche giovani studenti che possiamo ascrivere genericamente ad uno stato egemone locale e le cui motivazioni risiedono nella dimostrazione di una forza fisica e resistenza al dolore ritenute non solo appannaggio del ceto rurale. La conquista del “palio” da parte di tali concorrenti appare del tutto irrilevante di fronte alla dimostrazione della loro capacità di resistere al dolore atroce causato dalle ferite ai piedi.

Comunque, per tornare a Mario Raso, appare veramente straordinario che qualcuno in un angolo sperduto dell’Abruzzo  «corre per amore» ed almeno in un giorno dell’anno, offre una dimostrazione di forza e vitalità nei confronti di altri giovani che non sono in grado, per costituzione fisica o per educazione, di cimentarsi in una incredibile corsa come è appunto quella che abbiamo descritta. Ed in questa gara, gli zingari di Pacentro riscattano anche un anno di anonimato, trascorso nel duro lavoro quotidiano in Italia ed all’estero. Essi, dunque, corrono non per avere, ma per essere.

Franco Cercone


[1] Informatrice  Sig.ra Maria Cicone , anni 60, residente a Pacentro. Altre leggende parlano del rinvenimento di una piccola statua raffigurante la Madonna di Loreto proprio nelle acque del Vella, in un punto sottostante alla chiesa.  Cfr. R. Santini, Pacentro. Aspetti storico-geografici , p. 140. Pratola Peligna 1976.

[2] “Carlisti” e “Rosaristi” (o “Saristi”) fanno parte delle confraternite aventi tali denominazioni. Cfr. a tal riguardo M. Silvestri, Una storia (1860-1960). Cento anni all’ombra delle torri di Pacentro, p. 9 sgg., Sambuceto (Ch.) 2004; R. Santini, op. cit., p. 141.

[3] Cfr. Catalogo della Banco Libri, Bologna, giugno 1983, sez. Manifesti.

[4] A. De Nino, Usi e costumi abruzzesi, Firenze, 1881, II, pp.220 e ss. Il De Nino chiarisce – ivi, p. 222 – che il «palio» è «un pezzo di stoffa colorata». La corsa degli zingari è preceduta a Pacentro da quella degli zingarelli, cioè ragazzi di tenera età, che ha una chiara funzione di iniziazione.

[5] Cfr. G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. I, p. 144, Casalbordino (Ch.) 1909.

[6] Devo la notizia alla  professoressa Enrica Delitala, docente di Storia delle Tradizioni popolari all’Università di Cagliari.