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LA STORIA BIBLICA DELL’ARCANGELO Raffaele e Tobiolo

Raffaele, dall’ebraico rapha’: guarire, e ‘El: Dio, significa “Dio guarisce”, oppure il “Guaritore Divino”

di Don Marcello Stanzione

IlNuovoArengario.com, 3 agosto 2023. La storia dei Tobia, padre e figlio, contiene la più importante angelofania dell’intera Bibbia, e ruota intorno alla manifestazione dell’Arcangelo Raffaele che aveva assunto il nome e il corpo di un bellissimo giovane di nome Azaria. Alla fine della sua lunga missione l’Arcangelo rivelò la sua identità e il suo nome vero, insieme al vero scopo della sua missione: “Ma Dio mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire te e Sara tua nuora. Io sono Raffaele, uno dei sette Angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore.

In questa angelofania, San Raffaele rivela sé stesso come guaritore divino non solo di malattie fisiche, la cecità del vecchio Tobia, ma anche di afflizioni spirituali e infestazioni diaboliche, come nel caso di Sara, la giovane moglie di Tobia. Se l’Arcangelo non avesse assunto forma e personalità umane, non sarebbe stato possibile, per lui, fraternizzare in modo così familiare con gli uomini, per molte settimane consecutive, a causa dell’istintiva paura che prova l’uomo in presenza degli spiriti celesti.

Se il padre o il figlio, o entrambi, avessero conosciuto la vera identità dello straniero fin dall’inizio, la missione angelica non sarebbe stata potuta portare a termine nell’incantevole maniera umana in cui in verità fu compiuta. Tuttavia, la forma assunta, nonché il nome e la paternità – “Azaria il figlio del grande Anania” – sono state considerate da alcuni studiosi come una specie di raggiro ed una bugia, ma la perfetta santità degli Angeli si oppone sia all’apparente peccato ed inganno, sia a quella che noi chiamiamo una bugia a fin di bene.

Per compiere la sua missione, era necessario che l’angelo assumesse una forma percettibile all’uomo, una forma umana e un nome umano. In questo caso egli aveva assunto l’identità di un Israelita, un giovane parente di Tobia stesso. Per ordine divino l’Arcangelo doveva agire come rappresentante di quel giovane israelita, Azaria, di cui aveva preso il nome: dunque non si trattava di una bugia quando egli diede il nome della persona che rappresentava in forma umana. La sua vera identità venne rivelata alla fine della sua missione, e qualsiasi idea sbagliata si fosse creata nelle menti delle varie persone che aveva incontrato, fu rimossa completamente ed essi, allora, furono grati all’Arcangelo non solo per i suoi molteplici benefici ma anche per la considerazione avuta nell’assumere con loro la forma umana. Inoltre, l’Arcangelo non nascondeva un nome e una personalità umana e ne dava altre; prendendo il posto di Azaria egli poteva, in tutta verità, chiamare sé stesso Azaria.

La storia dell’Arcangelo Raffaele e dei due Tobia è così bella e istruttiva che la possiamo racchiudere con una semplice frase: essa rivela come gli Angeli agiscono in forma umana; la loro natura angelica, il loro potere, la loro saggezza e la loro santità si manifestano nei vari episodi di questo bellissimo racconto. L’Arcangelo è il delegato di Dio; egli porta a termine il piano di Dio, agendo come strumento della Provvidenza e della Bontà divina.

Il vecchio, caritatevole e pio Tobia è cieco e sente che i suoi giorni sono contati. Egli dà al suo giovane figlio Tobia o Tobiolo delle sante raccomandazioni e gli racconta della somma di danaro che aveva prestato a Gabello, della città di Rage in Media, molti anni prima, e di cui egli possedeva un regolare documento firmato. Egli vuole che suo figlio vada a riprendere tale denaro, ma che prima egli vuole trovare un uomo che lo accompagni nel suo lungo viaggio: “Vai adesso e porta con te qualche uomo fidato, che ti accompagni nel lungo viaggio, e riprendi il denaro, finché sono ancora vivo.”

Mentre accadeva ciò a casa di Tobia, il Cielo stava ascoltando e stava preparando il compagno, “l’uomo fedele” che il giovane Tobia stava cercando.

Il Signore diede, all’Arcangelo Raffaele, l’ordine di apparire in forma di un giovane chiamato Azaria, per accompagnare il giovane Tobia nella terra di Media, e per portare pace e serenità ai due timorosi di Dio, che però avevano famiglie davvero infelici. Appena il giovane uscì fuori dalla sua casa in cerca di un compagno, una mattina, l’Arcangelo Raffaele si fece trovare lì, sulla soglia, ad aspettarlo, nelle vesti di un “bellissimo giovane”. E non sapendo che era un Angelo di Dio, egli lo salutò, e disse: Da dove vieni giovane buon uomo? Ed egli dispose: “Sono uno dei tuoi fratelli israeliti”.

Subito l’Arcangelo informò il giovane Tobia che egli conosceva la strada per arrivare da Gabelo, e che lo conosceva personalmente, essendo stato là parecchie volte, e che conosceva bene tutte quelle strade. Tobia non riusciva a credere ad una tale felice coincidenza. Immediatamente egli prese il suo nuovo amico e compagno di viaggio e si recò dal suo cieco padre.

L’Angelo, che conosceva bene lo scopo di questa missione, implicitamente gliela rivelò nelle sue parole di saluto rivolte al vecchio cieco, quando gli disse: “Possa tu avere molta gioia!” Non conoscendo chi fosse colui che desiderava la sua gioia, il vecchio Tobia rispose: “Che gioia posso ancora avere, mi trovo nell’oscurità, e non vedo la luce del cielo.”

Allora l’Arcangelo Raffaele divenne più chiaro e fece una promessa e una profezia: “Fatti coraggio, Dio (Dio guarisce, era il nome proprio di Raffaele) non tarderà a guarirti”. Egli non poté dire niente di più per non generare sospetto e tradire la sua identità. Il vecchio Tobia intese quelle parole come un’espressione di buon augurio e non fece particolare attenzione ad esse; egli aveva già sentito espressioni simili in passato.

Il suo interesse adesso riguardava il viaggio di suo figlio, ed egli vuole conoscere in quali mani sta mettendo la vita del suo unico figlio e parte della sua fortuna. Sentendo che la giovane guida è Azaria, figlio del grande Anania, egli risponde: “Tu sei di buona discendenza.” Il vecchio Tobia, come successivamente il suo parente Gabelo, afferma di credere nella protezione e nella guida degli angeli custodi. Non sapendo che un Arcangelo sta in verità accompagnando suo figlio, egli dice: “Fate buon viaggio, e Dio sia con voi sul vostro cammino, e il suo angelo vi accompagni.” Se tale circostanza fosse stata nota a lui, sia Tobia che sua moglie avrebbero potuto risparmiarsi tutta la preoccupazione e le notti insonni durante la lunga assenza del loro figlio. Un pensiero, tuttavia, sosteneva la mente del vecchio Tobia durante la sua attesa: “Nostro figlio tornerà in buona salute da noi: quell’uomo che abbiamo mandato con lui lo proteggerà.” Quanto spensierato e felice doveva essere quel viaggio per il giovane Tobia. Viaggiare in compagnia di un Angelo! Egli conosceva così bene la strada. Non aveva mai dubbi riguardo a persone o cose che incontravano per via; sempre attento, mai stanco o assonnato; così dolce e piacevole nella sua conversazione, sempre pieno di rispetto e attenzione. Egli era profondamente spirituale e devoto nelle sue preghiere, puro in tutte le sue parole e azioni. Come erano vere e ispirate le parole del vecchio Tobia quando, confortando sua moglie che piangeva, le diceva: “Io credo che il buon Angelo di Dio lo accompagnerà, riuscirà bene il suo viaggio e tornerà sano e salvo.” Nel testo sacro si legge che, quando il giovane Tobia cominciò il suo viaggio con il suo Angelo accompagnatore, anche il cane li seguì e s’avviò con loro. Tobia era uno delle migliaia di Israeliti che vivevano nella prigionia Babilonese. Alcuni di loro si erano stabiliti nelle province vicine, come la Mesopotamia, l’Assiria e la Media. Era esattamente in quest’ultima provincia della Media che il parente di Tobia, Raguele, viveva con la sua famiglia. Questa non era esattamente la meta del suo viaggio verso Est, ma era qui che Dio e il suo Angelo volevano che lui andasse; anche se suo padre l’aveva mandato a riprendere i suoi soldi da Gabelo nella città di Rage sulle montagne di Ecbatana, in Media. L’Angelo, deviando il suo viaggio, aveva adempiuto più pienamente alla sua missione, portando inaspettata gioia e felicità alle tre famiglie.

Avendo lasciato la sua città natale, la grande città di Ninive, quella mattina, Tobia e la sua guida raggiunsero il fiume Tigri appena scese la sera.

Essi decisero di passare la notte sulle rive del fiume. Qui l’Arcangelo Raffaele cominciò a rivelare conoscenze ed esperienze mediche, nonché a procurare il cibo per quella sera e per il resto del viaggio. Stanco per aver camminato tutta la giornata, il giovane Tobia andò a lavarsi i piedi nell’acqua fredda del fiume, prima di mettersi a riposare. Qui la vista di un mostruoso pesce, che sembrava essere venuto a divorarlo, lo spaventò a tal punto da fargli emettere un grido di aiuto: “Signore, esso mi assale!”. La guida angelica, senza andare in suo aiuto, lo istruì sul da farsi, dandogli indicazioni ed ispirandogli coraggio. Al termine di quel primo giorno, il giovane Tobia non aveva ancora acquisito familiarità con la sua guida, è per questo infatti che egli lo chiama “Signore”. Più tardi lo chiamerà fratello. Quando il mostruoso pesce fu tirato fuori dal fiume, venne sventrato, arrostito e salato. “Getta via gli intestini del pesce”, ordinò l’Angelo, “e metti da parte il fiele, il cuore e il fegato, poiché possono essere utili medicamenti”. Queste, senza dubbio, possono essere sembrate delle ben strane medicine al giovane Tobia ed egli voleva sapere come e quando usarle. Qui comincia a mostrare più confidenza e affetto per la sua guida celeste: “Io ti chiedo, fratello Azaria, che rimedio può esserci nel cuore, nel fegato e nel fiele del pesce”.

L’Angelo spiega le virtù mediche di queste parti del pesce. Dettagli più pratici vengono dati nel momento del loro utilizzo. Il fegato del pesce venne utilizzato come ingrediente materiale per un esorcismo, per liberare la futura moglie di Tobia, Sara, infestata dal demonio dell’impurità; mentre il fiele verrà usato per curare la cecità del vecchio Tobia.

L’Arcangelo Raffaele è stato mandato da Dio per curare e confortare due anime afflitte, il vecchio Tobia e Sara, la giovane figlia di Raguele, vedova di sette mariti, tutti morti la prima notte susseguente il loro matrimonio. Quando venne la notte, al termine di un altro giorno del loro lungo viaggio, il giovane Tobia si rivolse alla sua guida e gli fece la solita domanda: “Dove vuoi che alloggiamo?” Qui comincia la prima parte della missione di Raffaele. Egli deve indurre il giovane Tobia a sposare Sara, la figlia di Raguele, e allo stesso tempo liberarla dall’influenza diabolica.

Si trattava di una faccenda delicata poiché le infauste voci riguardanti questa giovane, che cioè lei fosse stata la causa della morte di sette mariti, avevano raggiunto Ninive e il giovane Tobia stesso sapeva tutto di lei ed era profondamente spaventato dall’idea di unirsi a lei. Alla domanda riguardante il posto dove avrebbero alloggiato per quella notte, Raffaele propone di fermarsi da Raguele, dicendo al giovane Tobia che egli avrebbe dovuto sposare Sara, sua cugina. “Ho sentito,” rispose Tobiolo “che ella è stata data a sette mariti, ed essi sono morti; inoltre ho sentito che un demone li ha uccisi.” Immaginate dunque questo giovane che va a chiedere la mano di una tale donna! L’Arcangelo Raffaele gli disse che il loro matrimonio sarebbe stato davvero felice, benedetto con buona salute e lunga vita, cosicché entrambi avrebbero visto i figli dei loro figli fino alla quinta generazione. Le istruzioni riguardanti la loro unione coniugale, date dall’Arcangelo Raffaele al giovane Tobia in quest’occasione, restano un ideale di perfezione morale per le coppie sposate in ogni tempo.

Preghiera, astinenza ed intenzioni pure dispongono l’anima alle benedizioni del Signore e allontanano tutte le influenze dello spirito maligno. Il giovane Tobia ascoltò attentamente la guida celeste e più tardi mise in atto fedelmente le sue istruzioni, ripetendole dapprima alla sua sposa: “Noi siamo figli dei santi, e non dobbiamo unirci come fanno coloro che non conoscono Dio.” Durante un’intima riunione familiare nella casa di Raguele una battaglia, non raccontata, va avanti nel mondo spirituale. Il giovane Azaria (l’Arcangelo Raffaele) si assenta per un breve tempo dall’assemblea di parenti e amici per portare a termine un’importante compito. Durante questi pochi minuti, Raffaele, in nome e col potere di Dio, “prese il demonio e lo relegò nel deserto dell’alto Egitto”.

Con l’esilio dello spirito del male, Asmodeo, gioia, pace e benedizione entrarono nella casa di Raguele. Avendo portato a termine il suo compito, il giovane Azaria ritornò e riprese posto alla festa di matrimonio, mentre contemplava il volto del Padre che è nel cielo. Il mattino seguente, lasciando Tobia con la sua giovane sposa, egli continua il suo viaggio, accompagnato da quattro servitori e due cammelli. Va da Gabelo e recupera la somma di denaro per conto del vecchio Tobia e, sulla via del ritorno, accompagna lo stesso Gabelo alla festa di matrimonio del suo giovane parente Tobia. L’ultima parte della missione affidata all’Arcangelo Raffaele è la seguente. Avendo portato gioia e felicità a Sara e a tutta la sua famiglia, ora era il momento di portare una simile, se non più grande gioia, al vecchio Tobia ed a sua moglie. Il procedere lento della carovana, che accompagnava la sposa a Ninive, non soddisfaceva l’Arcangelo che conosceva bene le pene e le preoccupazioni del vecchio Tobia: “Fratello Tobia” disse l’Arcangelo, “tu sai in quali condizioni abbiamo lasciato tuo padre. Corriamo avanti prima di tua moglie, e prepariamo la casa, mentre gli altri vengono con tua moglie e con gli animali”.

Tobiolo fu d’accordo e, prendendo con sé il fiele, s’incamminarono con passo veloce, mentre il cane li seguiva. Era giunto il momento di dare le istruzioni finali per l’utilizzo del fiele: “Appena entrerai in casa, benedici il Signore tuo Dio, e ringrazialo, avvicinati a tuo padre e bacialo, e subito cospargi i suoi occhi con il fiele del pesce… Tuo padre vedrà la luce del cielo, e gioirà alla tua vista.” Allo stesso tempo, la madre di Tobiolo stava aspettando suo figlio, seduta, come ogni giorno, sulla cima di una collina, guardando l’orizzonte per intravedere suo figlio e la sua guida. Finalmente, un giorno il cane di Tobiolo, correndo avanti e facendo festa e scodinzolando, portò la felice notizia ai genitori afflitti. Tutti questi elementi umani e terreni si uniscono a quelli celesti in questa bellissima storia di Angeli e di uomini. Tutto si era compiuto come aveva promesso l’Angelo.

Il vecchio Tobia riacquistò la vista. Il cuore del giovane Tobia era gonfio di gratitudine, di amore e di ammirazione per la sua magnifica guida; per i così numerosi e grandi benefici da lui ricevuti. Avendo assistito alla miracolosa guarigione di suo padre, egli non riusciva a trovare le parole adatte per poter esprimere i suoi sentimenti: “Abbiamo ricevuto tanti benefici per mezzo di lui”, disse a suo padre.

Il vecchio Tobia comprese che era Dio che, in realtà, aveva compiuto quei miracoli per mezzo del giovane Azaria, e allora, pieno di riverenza, chiamò la giovane guida, uomo santo: “Cosa posso dare a questo santo uomo, che è venuto con te?”.

Il Signore non permette mai all’uomo di rimanere in errore, a causa del travestimento assunto dai suoi spiriti, in nessuna delle loro apparizioni. Prima o poi la verità è resa manifesta. Per alcune settimane di seguito, l’Arcangelo Raffaele aveva assunto forma e nome umano. Adesso che la sua missione era stata portata felicemente a termine, egli comincia a preparare i suoi due fratelli, padre e figlio, ad una grande sorpresa, la rivelazione della sua vera identità. Nel momento in cui entrambi si avvicinarono umilmente, offrendogli la metà di tutti i loro beni per ripagarlo del suo servizio, il giovane “Azaria” risponde, con una bellissima spiegazione, sul perché Dio li ha così benedetti. Egli riporta alla mente del vecchio Tobia tutte le cose buone che aveva compiute durante la sua vita, la sua carità, la sua grazia, la sua pazienza e tutte le sue preghiere. In questo modo, egli comincia a rivelare sé stesso gradualmente, per non spaventarli con una rivelazione improvvisa. L’enumerazione di tutte quelle buone azioni e dei segreti della coscienza, noti solamente a Dio, è il primo passo nella sua rivelazione; il secondo è l’affermazione: “Il Signore mi ha inviato nel medesimo tempo per guarire te e Sara tua nuora dal demonio.”

Il terzo e ultimo passo fu causa di turbamento e paura, ma egli iniziò col confortarli e rassicurarli, con le seguenti parole: “Pace a voi, non temete.” Appena egli disse ciò, il padre e il figlio si prostrarono con la faccia a terra, e, improvvisamente, la forma umana di Azaria si trasformò in quella di un Arcangelo di luce e bellezza, ed egli fece l’ultima rivelazione: “Io sono l’Angelo Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti ad entrare alla presenza della maestà del Signore… quando ero con voi, non era per mia iniziativa ma per la volontà di Dio: lui dovete benedire sempre e cantargli inni.” Come servitore fedele di Dio è questa l’unica ricompensa che egli accetterà. Inoltre, se potevano esserci ancora dei dubbi, in quanto essi l’avevano visto mangiare e bere come ogni altro essere umano, mentre gli Angeli non mangiano e non bevono come fanno gli uomini.

A questo segreto dubbio, egli rispose dicendo: “A voi sembrava di vedermi mangiare, ma io utilizzavo un cibo e una bevanda invisibili, che non potevano essere visti dall’uomo”, preannunciando così il mirabile e miracoloso mistero dell’Eucaristia. Ora che il suo compito era terminato, e adesso che essi sapevano che Dio aveva mandato il suo Angelo per benedirli, era arrivato il tempo per lui di ritornare al cielo: “E’ giunto il tempo che io ritorni verso colui che mi ha mandato; ma voi benedite il Signore e scrivete tutte queste cose che vi sono accadute.” L’Arcangelo riprese la sua forma invisibile e scomparve alla loro vista.

San Raffaele, il Celeste Farmaco di Dio, secondo alcuni esegeti è da ravvisare nell’Angelo che, al tempo di Cristo, nella piscina chiamata Bethsaida, smuoveva le acque. Sotto i cinque portici che circondavano la suindicata piscina, c’era una moltitudine di persone malate, che attendevano l’azione dell’Angelo Raffaele per guarire immediatamente, la prima persona che fosse discesa subito nella piscina: “Un Angelo del Signore in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua. Il primo ad entrarvi, dopo l’agitazione dell’acqua, guariva da qualsiasi malattia fosse affetto” (Gv 5, 4) Per altri esegeti e rabbini ebrei, l’Angelo guaritore non sarebbe Raffaele bensì Michele. Comunque, Il ministero guaritore di San Raffaele può essere constatato nelle miracolose guarigioni che avvengono ancora, ai giorni nostri, in molti santuari in tutto il mondo cristiano.

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