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Abruzzo Popolare

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FIABE D’ABRUZZO

Bella Venezia – Giuseppe Ciufolo

[Articolo pubblicato alle pagine nn. 169-171 del Bollettino Trimestrale ASTRA (Pe.) – Tradizioni Popolari Abruzzesi . Anno IV Numero 11 (aprile-maggio-giugno) 1976.]

di Franco Cercone

La feconda attività di Andrea Jannamorelli si è concretizzata negli ultimi tempi, anche nella raccolta di fiabe abruzzesi inedite, o di «varianti» o fiabe già note che costituiscono, come tali, un importante contributo ai fini della determinazione delle «aree irraggiatrici». Sicché, come mi confidava a Roma il compianto prof. Paolo Toschi, avviene spesso che le varianti assumono, per lo studioso di poesie popolari, grande interesse e non solo sotto il profilo etnografico.

La prima di tali fiabe, costruita in versi suscettibili di essere musicati, s’intitola «Bella Venezia». Essa rappresenta una ulteriore variante peligna rispetto a quella raccolta dal De Nino e pubblicata, come è noto, nel 3° volume degli usi e costumi abruzzesi (Firenze 1883).

La seconda, dal titolo «Giuseppe Ciufolo», pur risentendo di qualche altro motivo tradizionale, è da considerarsi inedita, tanto più che di essa non vi è alcuna traccia nelle fiabe del De Nino.

Esprimere un parere sulla lingua di Andrea Jannamorelli non è facile.

Certo essa è scintillante e fresca come i ruscelli di montagna. Ma è soprattutto nella calda umanità dell’autore, su quell’immediatezza che fa presa nel cuore del lettore, trasportandolo verso un tempo irrimediabilmente perduto per l’Abruzzo, che consiste soprattutto il magico potere di questo giovane e già affermato autore.

Sono questi i motivi essenziali che giustificano l’apparizione delle due fiabe di Andrea Jannamorelli proprio nelle pagine di «Tradizioni popolari Abruzzesi».

BELLA VENEZIA (fiaba d’Abruzzo) di Andrea Iannamorelli.

  E dimmi, allora, mio bel cavaliere se ce n’è una che a te può piacere;

  e dimmi, allora, mio bel forestiero chi è la più bella del mondo intiero.

  Bella Venezia era ancora piacente, un tempo, forse, era stata innocente.

  Ma or che passati erano gli anni le si leggevan sul corpo gli affanni.

      La gente diceva che un giorno funesto un forestiero, per fare l’onesto,

      vedendo passare la figlia di quella presto abbia detto: «E’ lei la più bella !».

      Bella Venezia, senza esitare, prese la figlia per farla gettare nella caverna dell’orco nero,

ché la mangiasse lo sparviero.

La poveretta si mise a ballare tutta la notte, per non farsi straziare;

quando l’uccello si mise a dormire la giovinetta potette fuggire.

Correvano i giorni tra pianti e lamenti, il freddo faceva, battendo i denti.

Poi, per fortuna, venne il mattino nel quale passava il bel principino.

«Salvami. Sire!» «Ti voglio sposare!».

Il principino raggiante di gioia, solo così scacciò via la Noia.

La Noia era una brutta stregaccia alla quale da tempo si dava la caccia;

lei era capace, con una fattura, di rovinarti la vita futura.

Il principino, salvando la donna, riuscì a nascondersi nella sua gonna

e, soddisfatto di tanta abbondanza, per lui, da quel giorno, fu sempre vacanza.

Vissero insieme gli sposi contenti;

la Noia, frattanto, grignava i denti;

Bella Venezia crepava d’invidia

e un giorno mori, bestemmiando sua figlia.

GIUSEPPE CIUFOLO (fiaba d’Abruzzo) di Andrea Iannamorelli.

Giuseppe Ciufolo zappatore, destinato a fare il signore,

se non zappava zufolava e la zappa per lui lavorava.

Un giorno vide carponi, per terra, un uomo lungo, disteso; era morto.

e allora, mosso dalla pietà, lo ricoprì di rose e di viole.

Il bravo giovane zufolatore, che lavorava per un patrigno,

un giorno fu cacciato di casa, prese lo zufolo e se ne andò.

Andava in giro a chiedere un po’ di carità, un povero mendicante gli dette la sua metà;

divennero buoni amici, stavano sempre insieme, giurarono di dividersi sempre tutto a metà.

Giuseppe Ciufolo zappatore, destinato a fare il signore, andò dal Re del suo paese

che non lesinava, certo, le spese!

E incominciò ad arare i suoi campi, a seminarli, a rassodarli;

quando era stanco lasciava la zappa, prendeva la zofolo e poi cantava:

Allegra falce, allegra falciglia, perché il padrone non vuol darmi sua figlia?

Allegra falce, allegra falciglia beato l’uomo che se la piglia!

La reginella, sentendo cantare, andò alla finestra per ascoltare;

Giuseppe Ciufolo zufolatore presto la fece cadere in amore.

Poi, una notte fuggirono in barca; era una notte di grande passione

però all’improvviso lo zappatore si ricordò di quel pegno d’onore.

E quando vide il vecchio arrivare prese un coltello per tagliare la sposa,

l’avrebbe fatto con grande dolore ma era più grande quel pegno d’onore.

«Fermati!» disse quel vecchio barbone

«fermati, Ciufolo, sei uomo d’onore!››;

«fuggite insieme, siate felici, viva l’amore e la carità.

lo son quel vecchio che un giorno vedesti lungo, disteso, carponi per terra;

mi hai ricoperto di rose e viole…viva l’amore e la carità!».

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