ALTRO CHE PATTO DI STABILITÀ
È cambiato il mondo
di Guido Puccio
Politicainsieme.com, 10 settembre 2023. È fulminante la conclusione dell’appello che Mario Draghi ha lanciato nel suo articolo della scorsa settimana sull’Economist: “le strategie che hanno qualificato in passato la prosperità dell’Europa-fare affidamento sull’America per la sicurezza, sulla Cina per le esportazioni e sulla Russia per l’energia-sono diventate insufficienti, incerte o inaccettabili”.
In tre righe il nostro ex Primo Ministro e già presidente della BCE, ha tracciato lo scenario nel quale l’Unione europea e i suoi più importanti membri sono chiamati a decidere il loro futuro. Ed ha indicato una strada: solo una unione più forte in Europa potrà consentire sicurezza e prosperità.
L’appello non ha avuto in Italia la risonanza che meritava, inchiodati come siamo nelle cronache sia dei giornaloni che di quelli di parte, tra criminalità giovanile, femminicidi, periferie degradate, bonus, nepotismi allo sbaraglio, generali che filosofeggiano, oltre alle attese per gli inevitabili tagli annunciati alla spesa pubblica. Tutte qui le analisi politiche.
Eppure, c’è una proposta dirompente nell’articolo di Draghi: il patto di stabilità che per oltre vent’anni ha condizionato i bilanci dei Paesi europei, già sospeso per la pandemia ed oggi oggetto di discussioni, non solo non è da rivedere ma addirittura è da abolire definitivamente. È patetico assistere al governo italiano che vuole margini più permissivi, a quello di Francia che vuole accordarsi con noi e Spagna contro la Germania e quest’ultima che vuole invece un patto di stabilità più rigoroso.
Ben altro occorre: rivedere i trattati dice Draghi e avviare più concretamente l’unione fiscale, senza la quale l’unione monetaria è incompiuta. Ma ciò implica avanzamenti sia pure graduali sul piano di una fiscalità comune, ovvero per tributi comuni e impieghi per investimenti condivisi. La proposta nasce dalla constatazione che i veri problemi che devono essere affrontati dai governi europei non sono più quelli specifici di un Paese ma sono comuni e di rilevanza epocale.
Si pensi alle migrazioni, ormai stimabili in milioni di persone al ritmo che hanno assunto le provenienze da Africa e Medio Oriente.
Si pensi al clima che cambia e alle esigenze della digitalizzazione che cambia il modo di lavorare.
Si pensi alle crisi economiche, non più congiunturali ma conseguenti alla fine dell’energia a basso costo, al ridimensionamento del mercato cinese come grande importatore, all’inflazione che ha toccato tutti, alla Germania che non è più la locomotiva d’Europa.
Si pensi all’America che guarda sempre più al versante del Pacifico oppure alla guerra in Ucraina scatenata da Putin che vuole colpire al cuore L’Europa per estendere ancora il suo impero ai Paesi dell’est europeo.
Sono questi veri e propri cambiamenti epocali che richiedono risposte comuni: quelle di un singolo Paese saranno ormai insufficienti.
Viene da chiedersi che cosa ne pensano Salvini, i Fratelli d’Italia, i patrioti che non perdono occasione per rivendicare la sovranità nazionale. E che cosa ne pensa la Schlein, tutta presa sui diritti civili, sul salario minimo, sui tagli ai bilanci. Come se la situazione nella quale si fa politica fosse quella di vent’anni fa.
L’appello di Draghi è nello stesso tempo drammatico e ottimista, perché la strada dell’unione fiscale è stata aperta con l’iniziativa del PNRR. Si tratta solo di percorrerla fino in fondo.
Guido Puccio