PROCESSO PER MAGIA nella Sulmona del XVIII° secolo

[Contributo Pubblicato alle pgg. 148-152in “Rivista Abruzzese”, anno XXXII – N.3-4 Lanciano 1979]

di Franco Cercone

Nell’archivio della Cattedrale di Corfinio, gentilmente messomi a disposizione da Don Cesiro Di Francescantonio, mi sono imbattuto in un voluminoso fascicolo manoscritto raggruppante gli «Atti del Vicario generale della Curia di Valva Mons. Liberati».

Tali atti, che abbracciano gli anni 1723-1726, si riferiscono al processo contro un certo Fra Francesco di Naro, località in tenimento di Agrigento, e detto perciò «il Siciliano», il quale, pur non essendo stato ordinato sacerdote, aveva celebrato messa, confessato ed amministrato il Sacramento della Comunione non solo in Umbria (soprattutto a Spoleto) ma anche in numerose località dell’Abruzzo aquilano e nel Sulmonese, fra cui Pettorano e Pacentro. «II Siciliano» però, cioè Fra’ Francesco, possedeva l’abilità di eludere continuamente la sorveglianza ecclesiastica e di fuggire al momento opportuno dai monasteri appena avuto sentore di essere ricercato. Così, per es., si apprende (pag. 99 del manoscritto) che «il Siciliano» si trovava a Pacentro nel gennaio del 1724 presso il Convento dei Minori osservanti.

Su segnalazione del Priore, il Vescovo di Sulmona invia in ricognizione alcuni frati che riferirono, dopo, di essere arrivati troppo tardi, in quanto «il Siciliano… se ne fugiva dalla parte della ferrata di ferro che corrisponde all’orto… ignudo con le semplici asciucatori seu tovaglie di lino
bianco, e con le motande e scarpe…».

Del fatto comincia ad interessarsi anche la Santa Congregazione, che in data 27 maggio 1724 raccomanda da Roma, una volta a conoscenza che «il Siciliano» era nelle carceri vescovili di Sulmona, che «Fra’ Francesco di Naro… sia costantemente custodito, però trattato con carità, moderando la supposta asprezza de’ ferri a’ piedi e manette a le mani».

Inoltre la Santa Congregazione raccomandò al Vescovo di Sulmona, Matteo Odierna, di cui torneremo a parlare, che tutti gli atti relativi al processo le fossero poi trasmessi.

Il mistero di quest’uomo, che pur vestito da frate non aveva ancora la potestà di celebrar messa, si svela allorché durante il lungo processo di Sulmona pervengono all’autorità ecclesiastica inquirente gli atti del processo svoltosi a Spoleto contro Fra’ Francesco, alias «il Siciliano», atti inviati dalla stessa Santa Congregazione al Vescovo di Sulmona per conoscenza. Da essi risulta che «il Siciliano» era esperto in magia bianca e nera ed aveva partecipato a diverse sedute al fine di «cavar tesori». Alcune
di queste pratiche e riti magici risultano sorprendentemente simili a quelli messi in atto da un gruppo di religiosi implicati nel processo Centini, svoltosi un secolo prima circa (1634-1636) ed oggetto di un ampio studio pubblicato da Giuseppe Profeta[1].

Nelle ultime udienze del processo a Spoleto – egli riuscì come al solito a fuggire prima della sentenza e pertanto condannato in contumacia – Fra’ Francesco di Naro confessa che in una delle sue tante peregrinazioni si ritrovò a Capestrano in compagnia di un frate cappuccino di cui, disse, non ricordava il nome.

Questo frate lo portò «in casa d’un tal Sig.r Gioacchino ed in un piccolo stanziolino di detta casa, ove dicevasi esserci di certo un grosso tesoro; cominciò detto prete a recitare un’orazione, che
l’aveva presa dal breviario, e scritta in una carta, ne io so, che orazione si fusse. e quella unitamente alla rovescia, cioè l’ultime parole nel primo e le prime nell’ultimo. Poi disse detto prete cappuccino spogliato, che ci voleva un breviario nuovo, alcune candele di cera non ancora usata, come anche alcuni spachetti (sic) non mai toccati da donna ed io ancora dicevo di si, che ci volevano queste cose alla presenza di detto Signor Gioacchino e sua moglie, ma non sortì nientaltro in quel luogo. Poi ci partimmo io et il detto prete cappuccino spogliato in altri luoghi, e fra gli altri in un torrione di detta città che dicono la Porta d’Assisi, ed ivi ancora col detto Pre’ dicessimo certe parole di questo tenore, ricordandomi alcune parole di esso che sono: Sasmois, Canoismus, Mausmis, Daufanis et altre delle quali che hora non mi sovvengono, dicendomi ancora il detto Padre che se in quel luogo vi fosse stato il tesoro, mentre si dicevano le dette parole, sarebbe comparso avanti gl’occhi l’oro come raggi di sole: lui diceva che vedeva non so che cosa, ma io non vedeva cos’alcuna, e nè in questo luogo sortì altra cosa…
».

Nella seduta del 2 dicembre 1724 «il Siciliano» fa questa confessione:

« Essendo capitato circa li 25 o 26 settembre del 1723 in una osteria da 6 miglia prima d’arrivare all’Aquila, la sera di detto giorno capitò ancora in detta osteria mentre io ed altri uomini stavamo mangiando, un uomo di giusta statura, un poco grassotto che mostrava d’essere d’età di
45 anni in circa, di carnagione olivastra, con perucca in testa di colar biondo, barba negra, e canuto alquanto, vestito di sciamberga di colar cinericio il quale in discorso disse che si chiamava Monsù Simone di natione francese e perché portava come una borsa di calice per cercar la limosina, e. detta borsa era di color rosso e disse, che lui era Pagano convertito alla fede e per segno di ciò mi mostrò alcuni attestati di Roma, che lo raccomandava agli ordinarj de’ luoghi, a’ fine di questuare. Quest’uomo fu da me invitato a mangiare in detta osteria ed io in fatti pagai il mangiare per
me e per lui. Stassimo alquanto in discorso di cavar tesori e lui disse in presenta di quegli altri che erano in nostra compagnia che se fussimo stati in un patto di cavar tesori, sarebbe a lui bastato l’animo d’esentare me ed esso medesimo dalle bastonate ma non gl’altri. Da questo motivo essendo io dormito col sopradetto Monsù Simone, ci presi confidenza e discorrendo di molte materie e specialmente de’ tesori, che la mattina m’avrebbe insegnato altri secreti quanti io ne volevo. Ed infatti la mattina doppo d’aver fatta colazione che io la pagai, lui mi diede una moneta d’oro che mi disse
che valeva un Luiggi, e detta moneta era antica di Nerone imperatore, e mi disse che aveva cavato un tesoro nelle parti di Calabria e richiedendogli io di quello che promesso m’avea la sera, lui mi disse di si, che perciò si cavò dalla sacca molte carte ed un libro in ottavo foglio manoscritto,
che il carattere dava del rosso e mi fece scrivere le seguenti cose.

In primis mi fece scrivere prò vendicatione inimicorum, quale fu di questo tenore:

si prende un panno negro et destendendolo in un luogo, di sopra vi si mette la croce, alle braccia della quale vi si pongono due candele di cera negra ed a’ piedi la testa de morto e le candele dette devono stare accese, e poi ponendosi inginocchioni si dice il Salmo Miserere Mei Deus al rovescio, cioè dove diceva mei vel meam si doveva dire illi vel suam, che è l’istesso che dire quelle parole che in detto Salmo esprimono la persona di quello che lo reciti dicendolo giusto; alla rovescia poi quelle parole si dicevano in persona terza. E mi pare che per detto affetto vi fusse un altro
Salmo del quale io non me ne ricordo; e questo si deve fare per tre giorni che poi se ne vedeva l’effetto con la morte di quello per qual si faceva detta funzione.

In secondo luogo mi fece scrivere pro flussu sanguinis alcune parole, delle quali io non ne ricordo in verun modo. In terzo luogo mi fece scrivere pro tortura delle quali parole non mi ricordo bene, solo mi ricordo, benché in confuso, che ci andassero mischiate queste parole cioè che il latte di Maria Vergine sia dolce in quello che riceve la tortura, che la morte e passione di Cristo sia dolce e soave: e sopra questo non mi ricordo altro. In questo luogo mi fece scrivere di poter ritrovare il luogo preciso del tesoro ove era nascosto con questo modo: si prende un’oncia di grasso umano con
due oncie di cera o vergine o non vergine; delle quali se ne fa una candela ed il stuppino della quale deve essere di camiscia d’un morto, poi detta candela si mette nell’altare sotto la tovaglia nella parte dell’evangelo
; facendoci celebrare una Messa in detto altare per l’anima di quel morto, del
quale si prese la camiscia per far detta candela. Doppo che è celebrata detta Messa si prende la sopradetta candela e nel luogo ove si crede possa star il tesoro s’accende, recitandoci il Salmo dove sta questo versetto: Ut viderunt oculi mei et considerabo mirabilia de lege tui, che se vi è il tesoro,
la candela vi tira nel sito ove sta, ed ivi si smorza.

Mi voleva ancora far scrivere che per fare d’un altra maniera più sicura la detta candela, oltre le sopradette cose, ci voleva l’oglio santo, e particole consecrate e che queste ancora l’impastavano  nell’istessa candela, e che poi quella candela si poneva accesa sopra un bastone che si fissava
in terra e dicendoci alcune parole, fra le quali solo mi ricordo e poco bene: Taumaturgo, o Tumaturgo, o altra parola simile non ricordandomi bene, e che poi il detto bastone con detta candela accesa sarebbe che se andato nel sito ove era il tesoro, e che ivi si sarebbe smorzata la candela; ma quest’ultimo secreto non lo volli scrivere, perché m’inorridij nella detta superstizione. Quinto mi fece scrivere che per tirare una donna al proprio amore, si prende un poco di cera vergine, e se ne fa una piccola statua, al collo della quale statua, s’avvolta un filo di seta cremsi, lasciandone pendere di un palmo di detta seta, colla quale detta statuetta appendere in un chiodo, ponendo sotto la statuetta un lentissimo fuoco, acciò la statua si scaldi, ma non si distrugga. Poi si prendono tre spille, e si pongono la prima mi pare nella mano destra, l’altra nella sinistra, e la terza nella parte del cuore. Poi si dice:

O vos tres a’ me invocate, Nempe, Uf, et Giul, e queste tre parole me le fece scrivere con le lettere maiuscole; e mi ricordo, che ogni volta, che si proferisce una delle tre parole sopradette, si pone per ciascheduna volta una spilla delle già dette ne’ sopradetti luoghi, affisandole dalla parte della testa, e non della punta di dette spille, senza farle trapassare dall’altra parte di detta statua. Affissate con le sopradette parole le dette spille si segue a dire alcune parole, delle quali solo mi ricordo
queste cioè: Denvo vos per polestatem qua habetis super Sidera Levantem, Ponente, Grecu et Favoniun, poi ne seguono altre parole, che non me ne ricordo, e finalmente: Luna est scabellum pedum vestrorum: Sol est corona capitum vestrorum, ed altre parole, che non mi ricordo, fra le quali
mi pare che vi siano: Vos estis principes prophetorum et imphropetari, o pure Creatarum et increatarum, visibilio duniun et invisibilium, mettendoci ancora fra l’altre parole il nome di quella donna per la quale era fatta la statua. E mi ricordo che nell’ultimo si diceva: Ut luscoriosa veniat inter
brachia mea. Poi ci pigliava la detta statuetta, e si poneva sotto un matone
della porta della chiesa, dove la femina se n’andava a sentir la messa. E che ciò fatto se ne sarebbe veduto l’effetto soggiungendomi che questo secreto l’aveva in seguito ad un Sig.re di Cosenza, di cui non mi ricordo il nome, e che detto Sig.re ne vidole l’effetto[2].

In sesto luogo mi fece scrivere un secreto contro l’armi, e fu così, si prende un poco di carta vergine, e la quale si fa con la seconnina di donna, a modo di carta pecora, ed in detta carta facendoci un piccolo giro con punta di cortello, o di forbice nova, dentro detto giro vi si pongono queste parole, cioè:

Heli, Heloim, Lasach, Lamasabactani, Agios, Atheos, Athenateos, seu Imos e per ciascheduna di queste parole ci si fa’ il segno della croce e che poi della carta si portava addosso e che non c’era pericolo d’offesa d’armi.

Mi ricordo hora, che quando m’insegnò il modo di ritrovare tesoro nella candela mi disse, che ci disegnava la verga d’Aronne[3] e lui medesimo me ne fece il disegno con la penna nella carta in modo della detta verga, e questo me n’ero scordato di dirlo di sopra. Tutto ciò che ho riferito mi
fece scrivere il sopradetto Monsù Simone, il quale mi voleva far scrivere altri secreti, dicendomi ch’erano più belli, ma io non me ne curai. Tutte le sopradette cose io me le copiai in un foglio di carta, e le portavo con me, si la sopradetta copia come l’originale, che erano più cartuccie, ove
prima l’avevo scritte…».

Interrogato ancora a Spoleto sulle pratiche magiche dirette ad assicurare l’immunità dalle ferite d’armi, Fra’ Francesco di Naro precisò ancora:

«Nelle carceri dell’Arcivescovato di Chieti io diedi il secreto sopradetto contro l’armi a’ due sbirri di quella corte, de’ quali io non so come abbiano il nome, e cognome, ne so’, che essi sene siano serviti, stanteché io ancora gli lo misi in dubbio, se poteva essere veridico, o no detto secreto. Quando io poi fui nelle Carceri della Regia Audienza di Chieti, a quel che mi ricordo nel mese di decembre 1723, trovandomi in conversazione d’un certo Zi’Avenzio ed un prete, che non so come si chiami, ma mi pare, che dicesse ch’era della Ripa, o pure di Villa Magna et in conversazione discorrendo di tirar le donne per via di parole, e di cavar tesori, ancor io dissi richiesto da loro, che sapevo un secreto per ritrovar il loco preciso del tesoro, e gli copiai il sopradetto secreto della candela, che dissi nell’altro mio esame, ed acciò no avesse fatto alcun effetto ci aggiunsi altre cose false, o’dir meglio a’ mio capriccio[4].

Mi ricordo, che maggiormente beffeggiarlo ci feci una copia di memoriale co molte parole a’ capriccio come Sasmois, Muluis, Musfis e gli dissi, che quello era il memoriale che doveva ponersi sopra il luogo del tesoro, e che poi ritornandoci in termine di ventiquattro hore si sarebbe trovato il
tesoro aperto. Ma io non so, se gli detti si servirono di quel ch’io gli dissi, perché io mai più gli viddi. Nè mi ricordo se gl’insegnai nessun altro degli sopradetti secreti. Circa il tempo di Pasqua del corrente anno 1724 un carceriere della Regia Audienza di Chieti, che si chiamava Micuccio, essendosi questo accorto che io teneva il secreto per cavar tesori, venne con uno del Vasto nelle dette Carceri, e mi supplicò, che gli avessi fatta la candela, che si richiedeva per cavar il tesoro, io gli dissi di si per rispetto che era carceriere, e lui mi portò il grasso umano cioè della pianta della mano, ed un poco di cera, che si richiedeva per fare la sopradetta candela, come anche un pezzo di camicia che disse che l’aveva presa nella sepoltura di un figliolo morto…».

Questi sono i passi più rilevanti del processo, alquanto appesantito da una serie di deposizioni che nulla aggiungono agli importanti riti magici in esso menzionati. Fra’ Francesco di Naro, detto «il Siciliano», fu condannato nel 1724 alla fine del processo svoltosi a Sulmona dal Vescovo Francesco
Odierna, il quale concludeva il dispositivo della sentenza con queste parole: «… impostegli penitenze salutari, lo condanni alla galera in perpetuo», e ciò per aver detto messa, confessato senza essere ancora prete e per le pratiche magiche da lui «presi ed insegnati», come conclude il fascicolo del processo.


[1] G. Profeta, Magia e Politica, L’Aquila 1975. Il processo si concluse a Roma con la condanna a morte di Giacinto Centini e due frati, rei di aver   attentato alla vita di Papa Urbano Vili mediante riti di magia nera svoltisi in diverse località, fra cui Campli e Corropoli, entrambe in prov. di Teramo.

[2] Nel processo Centini si apprende che uno dei frati che congiurarono contro Urbano VIII si era follemente innamorato d’una donna che non voleva corrispondere al suo amore. Avendo confessato ad un altro frate il suo segreto, ricevette da quest’ultimo un rimedio infallibile per piegare tale donna alle sue voglie. Egli fu invitato ad appendere ad una finestra una
statua «di cera vergine» legata ad un filo, «per che fosse agitata dal vento, presupponendo, che si come la statua s’andava voltando in qua, et in là, così si muovessero le viscere della donna ad amarlo». Cfr. G. Profeta, op. cit.pag. 159.

[3] Aaronne, come è noto, operò diversi prodigi con il suo bastone o «verga», fra cui la divisione del Mar Rosso per permettere il ritorno degli Ebrei alla Terra Promessa (Esodo, XIV, 9), il flagello delle rane su tutto l’Egitto (Esodo, VIII, 5) ecc… Già nel medio evo la «verga d’Aaronne» viene usata a scopi magici. Si tratta di un bastone per la «circumscriptio» dello spazio magico. Allo stesso uso erano destinati altri bastoni chiamati «le clavicole di Salomone» o «clavicola di Salomone». Cfr. al riguardo G. Profeta, op. cit. pag. 159, ove per altro «La Clavicola di Salomone» appare come titolo di un libro di arti magiche.

[4] È evidente come «il Siciliano», viste le brutte acque in cui si trovava, cerchi di porre, ma invano come vedremo, tutto il suo operato sul piano dell’irrilevanza, tentando di commuovere l’autorità ecclesiastica inquirente.




TOPOGRAFIA E DEMOGRAFIA della Sulmona medievale

Contributo pubblicato in ABRUZZOSETTE [Settimanale indipendente fondato da Remo Celaia], del 13 aprile 1978

di Franco Cercone

Fresco di stampa è apparso per i tipi della Labor di Sulmona un importante ed impegnativo lavoro di E. Mattiocco dal titolo “Struttura urbana e società della Sulmona medievale”. È inutile ricordare in tale sede i contributi d’alto valore scientifico apportati dal Dott. Mattiocco nel campo archeologico, storico e dell’oreficeria medievale, campo quest’ultimo in cui l`A. viene annoverato fra i maggiori studiosi a livello nazionale.

Questa recente fatica del ricercatore sulmonese viene a completare una serie di decisivi scritti sulla storia del capoluogo peligno apparsi negli ultimi tempi: cioè Sulmona nell’800 e Sulmona ieri, impostisi all’attenzione degli studiosi anche per l’abbondante materiale fotografico inedito nonché per gli apporti di squisito carattere etnografico.

Nella “Struttura urbana e società della Sulmona medievale” il Mattiocco ha applicato un efficace quanto, sotto molti aspetti, nuovo metodo d’indagine diretto a stabilire i mutamenti della popolazione con la conseguente trasformazione della primitiva cinta muraria della città d’Ovidio, la quale dimostra l’A., era ancora nel sec. XI quella risalente all’epoca romana.

Le vicende demografiche poi, e qui rileviamo uno dei tanti pregi dell’opera, non vengono seguite con un’ottica esclusivamente fissata su Sulmona, bensì con lo sguardo più ampio rivolto alla situazione europea in generale ed italiana in particolare, di cui il capoluogo peligno risente comunque gli influssi.

«A partire dalla metà dell`XI sec. Sottolinea l`A. in tutto l’occidente si avvertirono i segni di un diffuso incremento demografico e tecnico» per cui la cinta primitiva che accoglieva 2.000 abitanti circa risulta insufficiente di fronte alla nuova spinta proveniente soprattutto dal mondo contadino peligno e ciò provoca la formazione di nuovi borghi attaccati alla cinta primitiva. L’esigenza della loro difesa in cui fanno spicco attivi forenses del circondario. Conduce nel sec. XIV all’allargamento della cinta muraria con la Porta S. Amico a nord e Porta Napoli a sud. ed alla conseguente ripartizione della Città in sei Distretti. cui vengono abbinati i forenses del circondario.

Si apprende cosi. particolare ignorato da molti studiosi, che tali abbinamenti non erano affatto casuali ma determinati dal percorso che i forenses compivano per raggiungere Sulmona e quindi dalla Porta d’ingresso alla Città che portava poi lo stesso nome di quello del Distretto. Cosi al Distretto di Porta Salvatoris erano ascritti i Forense: di castro pectorani e de castro cansani, mentre a quello di Porta Maranesca (è vana a proposito ogni spiegazione, come quella di R. Colapietra, se non ricondotta a «Maranesca – perché conducente alle – Marane›› di Sulmona) i Forenses de castro pacentri e campi jovis. Tutti questi rilievi vengono condotti in base ad una attenta lettura che il Mattiocco fa di un eccezionale Documento, quale è appunto il Catasto del 1376, esaminato sommariamente dall’altro storico sulmonese N.F Faraglia nella prefazione al suo pur fondamentale Codice Diplomatico Sulmonese (Lanciano 1888).

Lo studio fatto dal Faraglia su tale Catasto – nota il Mattiocco – era stato condotto essenzialmente sulle rubriche, senza rilevare l’alterata progressione in cui erano state sistemate le pagine, prive di numerazione, al momento della rilegatura del volume. Ne derivano errori nel computo degli accatastati, che l’A. riconduce poi, esclusi i Forenses, al numero di 1212.

Anche da ciò è derivato in seguito un sorprendente errore di valutazione della popolazione sulmonese dell’epoca, cui incorse non solo il Faraglia ma anche il Pansa, influendo negativamente su tutti gli studiosi successivi.

Il Faraglia infatti «sistemò la popolazione sulmonese del tempo intorno ai 15.000 abitanti», cifra certamente esagerata commenta a ragione il Mattiocco, che riconduce in base a severi calcoli sui fuochi e cartografici intorno alle 7.000 unità. Queste sono ovviamente solo alcune fra le numerose considerazioni suscitate dalla fondamentale opera di E. Mattiocco sulla quale ritorneremo ancora a parlare. Ciò che comunque va sottolineato è che essa costituisce un felice mezzo d’indagine da cui gli studiosi potranno trarre non pochi suggerimenti metodologici. 




LA MATEMATICA È UNA RICERCA della fantasia in modo logico

Teatro Fenaroli gremito per Sandra Di Rocco, XXIV Frentano D’oro

Lanciano, 24 settembre 2023. Un teatro Fenaroli gremito e festante ha accolto ieri sera, a Lanciano, Sandra Di Rocco, docente di matematica pura al KTH di Stoccolma, alla quale è stato conferito il XXIV Frentano d’Oro. Il prestigioso premio, promosso dall’omonima associazione culturale, si è rivelato, ancora una volta, un’iniziativa prestigiosa, di grande spessore morale e culturale, capace di risvegliare nei frentani quel senso forte di appartenenza alla propria terra d’origine, senza scadere mai nello sterile campanilismo. La cerimonia di premiazione, condotta da Mario Giancristofaro, decano dei giornalisti d’Abruzzo e coordinatore del premio, è stata ricca e varia, cadenzata dagli intermezzi musicali di Angelo Naccari e Francesco Luciani, allievi della Scuola Civica Fedele Fenaroli, da alcune video-testimonianze, a cura di alcuni colleghi e amici di Di Rocco, da una breve intervista alla premiata, guidata dallo stesso Giancristofaro e dalla giornalista Leda D’Alonzo; un’intervista dalla quale è emersa la personalità sfaccettata del Frentano d’Oro in carica, donna schietta e mite, solare e appassionata, incline in egual misura alla fermezza e alla dolcezza, al sogno quanto alla concretezza, tanto da dichiarare, unendo opposti apparentemente inconciliabili, che “la matematica non è complessa. È una ricerca della fantasia che si fa in modo logico”. Tempra d’acciaio in abito da sera, Di Rocco ha scardinato le false credenze e i luoghi comuni che si affastellano intorno al mondo della matematica ed è riuscita a riunire, sotto un’insegna comune, il pubblico di Lanciano – città dove è nata – e quello accorso in gran numero da Vasto – città dell’infanzia e dell’adolescenza –, riuniti in unico abbraccio anche attraverso la presenza in veste istituzionale dei due sindaci, Filippo Paolini e Francesco Menna. “Ho un grande senso di gratitudine – ha affermato, infatti, Menna – nei confronti di Sandra Di Rocco, che riesce con un’operazione matematica a unire i nostri territori”. Paolini, ricordando la figura di Ennio De Benedictis, motore del premio, ha auspicato che le grandi menti frentane in un prossimo futuro possano rimanere in patria: “Mi auguro che i talenti possano rimanere in Abruzzo e che ci diano un grande sostegno: ne abbiamo veramente bisogno”.

Sandra Di Rocco ha ricevuto la scultura dell’artista Mario Ceroli, emblema del Frentano d’Oro, dalle mani del suo predecessore, il Maestro Massimo Spadano, al quale si sono aggiunti sul palco altri Frentani d’Oro illustri: Vincenzo Russi, Remo Rapino, Sonia Albanese, Luigi Schips, Lucio Trojano. “Il calore che ho ricevuto da voi questa sera – ha affermato Di Rocco, riferendosi a tutto il pubblico presente, ai suoi predecessori e al direttivo del Frentano d’Oro – mi aiuterà non solo nei giorni ma negli anni a venire”. E ha concluso rivolgendo un pensiero ai suoi familiari: “Questo premio è un tributo al loro insegnamento. Se sono quello che sono lo devo a loro”.  Si è compiuto ancora una volta il miracolo del Frentano d’Oro, la cui formula magica risiede in quel concentrato di “amore e bellezza”, di cui ha parlato il Presidente dell’Associazione, Stefano Graziani, e che ha sempre mosso i passi del suo fondatore, Ennio De Benedictis.




UNALTROTEATRO parte con la stagione 2023/24

Cinema Auditorium Zambra. Artisti, appuntamenti, formazione e tante novità per la stagione “Le tue emozioni dalla A alla Z”

Ortona, 24 settembre 2023. L’impresa di produzione Unaltroteatro dà il via alla stagione 2023/2024 nello spazio teatrale e cinematografico del Comune di Ortona (Chieti): proprio ieri sera, durante la “Festa di riapertura” dello spazio culturale che dà il via al secondo anno di attività dopo la sua rinascita, Arturo Scognamiglio e Lorenza Sorino hanno aperto ufficialmente la campagna abbonamenti illustrando non solo gli spettacoli che animeranno lo spazio, ma anche le diverse attività e collaborazioni che andranno ad impreziosire la struttura.

Si parte il 15 ottobre alle ore 20.45 con lo spettacolo “Every Brilliant Thing”: per la regia di Fabrizio Arcuri direttore artistico del CSS di Udine con protagonista Filippo Nigro, attore noto per numerosi film tra i quali “Le fati ignoranti”, “La finestra di fronte” o serie come “Suburra”, “Tutto chiede salvezza” solo per citarne alcuni.

L’11 novembre alle 20.45 ci sarà “Un giorno come un altro” di Giacomo Ciarrapico con Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri. Si prosegue il 9 dicembre alle ore 20.45 con “Fantasmi – Bastianazzo” con Fabrizio Ferracane: è un ciclo di drammaturgie di Michele Santeramo.

Il 18 febbraio alle 18.30 è la volta di “Pasqualino e Alessiuccia”, una storia d’amore e musica, la cui architettura è costituita dalla musica di Pino Daniele dove testo e regia sono di Tony Laudadio.

Il 21 marzo alle 20.45 è previsto “Molière uanmensció”, scritto, diretto e interpretato da Fabrizio Falco e prodotto da Casa del Contemporaneo. Il 18 aprile alle ore 20.45, invece, si chiude con “Dall’altra parte 2+2” di Emanuele D’Errico/ Puteca Celidonia.

Tra gli eventi speciali, non in abbonamento, sono previsti lo spettacolo “Marina”, da un racconto di Dacia Maraini, riscritto per la scena dalla stessa, prodotto da Effimera Produzioni che è inserito all’interno di un progetto più ampio “AMORI RUBATI” che si sviluppa a livello nazionale durante il mese di Novembre. “Fantasmi”: un progetto di Unaltroteatro, a cura di Michele Santeramo, realizzato grazie anche al contributo del Fondo Nazionale Spettacolo dal Vivo del MiC per i progetti speciali e “Blakbird” con testo di Arturo Scognamiglio e regia di Lorenza Sorino realizzato in collaborazione con la compagnia Novezerosei.

Inoltre, sono state annunciate collaborazioni con l’istituto Tostiano alla presenza del presidente Remo Di Martino e con l’associazione Crossroads alla presenza della presidente Angela Arnone che sarà ospitata dallo Zambra con due eventi legati all’ottantesimo della battaglia a Ortona.

Si è aperta dunque, ieri 23 settembre, anche la campagna abbonamenti che prevede i sei spettacoli con cadenza mensile e una promozione: se si acquista l’abbonamento entro il 15 ottobre si avrà uno spettacolo degli eventi speciali in omaggio.

Contestualmente, come è stato preannunciato durante l’evento si riparte anche con la Ut Factory con i corsi di recitazione per varie fasce di età dai principianti all’avanzato, con logopedia, voce artistica, canto e interpretazione, combattimento scenico principianti e avanzato, scenografia, scrittura, dizione e tante altre novità, il tutto con insegnanti professionisti riconosciuti a livello nazionale.

Le iscrizioni sono aperte dal 25 settembre. Per prenotare la lezione di prova è possibile contattare il 3454367809 o scrivere a info@unaltroteatro.com.




GIOVANI DEMOCRATICI annunciata la segreteria regionale

Gileno (GD): “A lavoro per il futuro dell’Abruzzo: diritto allo studio, contro la precarietà, per la parità di genere. Incontreremo il candidato presidente Luciano D’Amico”

Pescara, 24 settembre 2023. Si è tenuta la prima riunione della nuova Segreteria regionale, dopo il Congresso regionale, dei Giovani Democratici d’Abruzzo, l’organizzazione giovanile del Partito Democratico.

“Abbiamo composto una squadra di undici ragazze e ragazzi da tutta la regione – annuncia il segretario regionale Saverio Gileno – Pronti ad affrontare le prossime sfide, a partire dalle elezioni regionali, e per dare voce alle istanze della nostra generazione. Tante le questioni delle quali vogliamo occuparci: lavoro e precariato, università e diritto allo studio, scuola, ambiente e transizione ecologica, politiche di genere, sport e mondo dell’associazionismo, cultura. Pensiamo che Luciano D’Amico, candidato presidente per il centrosinistra alle prossime elezioni regionali, con la propria esperienza saprà raccogliere le istanze della nostra generazione. Gli chiediamo di incontrarci a breve per iniziare ad affrontare le fratture generazionali d’Abruzzo”.

La segreteria è composta come segue:

Saverio Gileno, segretario regionale – classe 2000, studente in politiche pubbliche, già dirigente nazionale dell’Unione Degli Studenti

Flavia Cantoro, Presidente dell’Assemblea – classe 1995, di Teramo, laureata in ingegneria gestionale e candidata con il Pd alle passate elezioni Amministrative di Teramo

Pia Finoli, Vicesegretaria con delega alla Scuola – classe 2005, di Atessa, studentessa al Liceo Scientifico e rappresentante degli studenti

Paolo Antonelli, Tesoriere e segretario provinciale dell’Aquila – classe 2001, di L’Aquila, studente di Giurisprudenza, già rappresentante degli studenti al Liceo Classico “Cotugno”

Annachiara Di Lorenzo, segretaria provinciale di Chieti con delega alle politiche di genere e Transfemminismo – classe 2000, di Chieti, laureanda in scienze geologiche e tra le promotrici della proposta nazionale “Libera di Abortire”

Silvia Sbaraglia, segretaria provinciale di Pescara con delega alla cultura – classe 1996, di Francavilla Al Mare, laureanda in editoria e scrittura, stagista in una agenzia di comunicazione

Ilaria Barnabei, segretaria provinciale di Teramo con delega a lavoro e welfare – classe 1996, di Crognaleto, praticante avvocato, in assemblea nazionale del Partito Democratico e già candidata alle passate elezioni Amministrative di Teramo

Matteo Santarelli, responsabile dell’organizzazione – classe 1998, di Pineto, studente di relazioni internazionali e segretario di circolo “Cerrano” dei Giovani Democratici

Monaim Mouatamid, con delega all’università ed al diritto allo studio – classe 1996, di Pescara, laureato in lingue per l’impresa e la cooperazione internazionale, già rappresentante degli studenti in Senato Accademico all’Università D’Annunzio

Alina Carusi, con delega a sport e associazionismo – classe 1995, di Celano, dirigente di una squadra sportiva femminile a Celano

Christian Valvano, con delega ad ambiente, transizione ecologica ed energetica – classe 2000, di Chieti, laureato in Scienze geologiche, studente in Geologia applicata ambientale e segretario di circolo “Chieti Città” dei Giovani Democratici




PEPERONCINO PICCANTE SOTTOLIO

Chieti, 24 settembre 2023. L’autunno è una stagione rilassante. Settembre, in particolare, è un mese per provvedere alle riserve invernali. Le conserve Sottolio e Sottaceto – Le Marmellate – I Liquori. Ho fatto così, una provvista del Peperoncino Piccante in Barattolo, con Olio.

Purtroppo, questo vegetale che si vende in gran quantità in questo mese, quest’anno se ne è trovato poco, quindi il prezzo è aumentato. Si può spiegare che il PEPERONCINO PICCANTE, è la prima medicina naturale e, il SUO regolare consumo, può essere considerato un benefico per la nostra salute.

Per preparare i barattoli, ci vuole pazienza, ma la filiera alimentare, è semplice: occorrono I Guanti, Un Panno Umido, Il Tagliere, Il Coltello, Le Forbici e il Sale. Mettere i guanti, con un panno umido, pulire i peperoncini da essiccare e successivamente, con il coltello, rimuovere il picciolo.

Con le forbici tagliare verticalmente i peperoncini. Rimuovere i semi, che insieme al tessuto placentare che li regge e, alle membrane bianche interne, sono un concentrato di capsaicina, (è la sostanza che dà la piccantezza al peperoncino). La capsaicina è indicata come prevenzione di molte patologie croniche, ed è una buona fonte di vitamina C. Ora, i peperoncini, si possono tagliare a pezzetti e posizionarli su una teglia da forno o vassoio, ricoperti da carta da cucina assorbente.

Versare il sale, perché assorbe l’acqua, sistemare il peperoncino piccante in un solo strato e aggiungere altro sale. Mettere il vassoio in un posto molto assolato, così in una settimana, i peperoncini si seccano. Ogni due giorni, è meglio rimescolare. Al tramonto, coprire i peperoncini con uno strofinaccio, per evitare l’umidità. Ultimo lavoro della filiera alimentare, è imbarattolare il peperoncino secco con olio extra vergine di oliva e, con un cucchiaio pressarli, così da evitare bolle di aria.

Quindi chiudere con il coperchio ed aspettare di consumarlo. Durante la lavorazione, evitare di toccare telefoni cellulari e altri oggetti, considerando che la capsaicina, viene lasciata in tutte le cose che si toccano. Guai a strofinarsi occhi o mucose. Il latte è considerato il rimedio più efficace per alleviare il senso di bruciore, che invade la bocca, dopo aver mangiato il peperoncino. Grazie alla caseina, il latte è in grado di rimuovere abbastanza rapidamente la capsaicina, dal cavo orale.

Luciano Pellegrini




I LUOGHI DI PADRE FEDERICO

Bellezze, misteri e spiritualità a San Tommaso Beckett

Caramanico Terme, 24 settembre 2023. Nella frazione di San Tommaso, nel territorio di Caramanico Terme, si può visitare un prezioso complesso monumentale del XIII secolo,  dedicato a San Tommaso Beckett, religioso d’oltremanica vissuto oltre 850 anni fa [stranissimo ma vero]

Padre Federico Bazongo, l’attuale custode di questo incredibile patrimonio culturale, ne è anche la sua sorridente guida spirituale.

Tanta bellezza ed altrettanto mistero per il sito, per gli elementi architettonici, per l’arte scultorea e pittorica, per la sorprendente atmosfera che si può rilevare nella visita degli ambienti.

Esperienza da vivere con una profonda spiritualità oltremodo arricchita per la particolarità di un tempo che rallenta, di una parola di fede che conforta in un silenzio che pervade.

Tra bellezze, misteri e spiritualità, ecco un luogo sempre nuovo.




ABRUZZESI CAMPIONI D’ITALIA

L’Abruzzo trionfa alla Traina Costiera 2023 di Pozzuoli e si aggiudica l’accesso ai Mondiali in Messico

Pozzuoli, 24 settembre 2023. Il 37° Campionato Assoluto per Equipaggi della Traina Costiera 2023 di Pozzuoli ha visto salire, nel pomeriggio di ieri, sul podio partenopeo l’Abruzzo con l’ASD Dolphin Club di Pescara portando gli abruzzesi a conseguire il titolo di campioni d’Italia e di accedere, con la vittoria, ai Mondiali del prossimo anno (2024) che si terranno in Messico.

A regalare questo sogno all’Abruzzo tre uomini di mare per passione, e pescaresi di provenienza: Maurizio Scurti il Presidente ed i suoi anglers, Luigi Potenza e Giordano Renzetti, nello specifico, di Spoltore, tutti legati da una grande passione ossia quella per il mare e la pesca, attenti ed attratti da una forte tradizione che caratterizza la città adriatica. Sono stati 25 gli equipaggi provenienti da tutta Italia che hanno gareggiato nella speranza di potersi aggiudicare l’accesso ai Mondiali e malgrado un mare abbastanza agitato è stato l’Abruzzo a dimostrare più grinta ed a portare a casa il punteggio più elevato.

“L’unione fa la forza – commenta questa vittoria il presidente Scurti sottolineando come è il gioco di squadra ad aver davvero avuto la meglio – Siamo uniti da questo sogno da tanto tempo, ci siamo sempre messi in gioco, non abbiamo mai avuto paura di competere e forse questa grande appartenenza al gruppo ieri ci ha regalato la soddisfazione di essere premiati. Ci aspetta una grande sfida per il prossimo anno, ma per il momento siamo soddisfatti per aver regalato alla nostra regione e alla nostra Pescara il titolo nazionale che le dedichiamo”.

Alessandra Renzetti