Come la grande folla dell’Apocalisse, abbiamo pregato in silenzio, ascoltando un “grande silenzio” (cfr Ap 8,1).
di Papa Francesco
Roma, 1° ottobre 2023. Il silenzio è importante, è potente: può esprimere un dolore indicibile di fronte alle disgrazie, ma anche, nei momenti di gioia, una letizia che trascende le parole. Per questo vorrei brevemente riflettere con voi sulla sua importanza nella vita del credente, nella vita della Chiesa e nel cammino di unità dei cristiani. L’importanza del silenzio.
Primo: il silenzio è essenziale nella vita del credente. Sta infatti all’inizio e alla fine dell’esistenza terrena di Cristo. Il Verbo, la Parola del Padre, si è fatto “silenzio” nella mangiatoia e sulla croce, nella notte della Natività e in quella della Pasqua. Stasera noi cristiani abbiamo sostato silenziosi davanti al Crocifisso di San Damiano, come discepoli in ascolto dinanzi alla croce, che è la cattedra del Maestro. Il nostro non è stato un tacere vuoto, ma un momento carico di attesa e di disponibilità. In un mondo pieno di rumore non siamo più abituati al silenzio, anzi a volte facciamo fatica a sopportarlo, perché ci mette di fronte a Dio e a noi stessi. Eppure, esso è sta alla base della parola e della vita. San Paolo dice che il mistero del Verbo incarnato è stato «avvolto nel silenzio per i secoli eterni» (Rm 16,25), insegnandoci che il silenzio custodisce il mistero, come Abramo custodiva l’Alleanza, come Maria custodiva nel grembo e meditava nel cuore la vita del suo Figlio (cfr Lc 1,31; 2,19.51). D’altronde la verità non ha bisogno, per giungere al cuore degli uomini, di grida violente. Dio non ama i proclami e gli schiamazzi, le chiacchiere e il fragore: Dio preferisce piuttosto, come ha fatto con Elia, parlare nel «sussurro di una brezza leggera» (1 Re 19,12), in un “filo sonoro di silenzio”. E allora anche noi, come Abramo, come Elia, come Maria abbiamo bisogno di liberarci da tanti rumori per ascoltare la sua voce. Perché solo nel nostro silenzio risuona la sua Parola.
Secondo: il silenzio è essenziale nella vita della Chiesa. Gli Atti degli Apostoli dicono che, dopo il discorso di Pietro al Concilio di Gerusalemme, «tutta l’assemblea tacque» (At 15,12), preparandosi ad accogliere la testimonianza di Paolo e Barnaba circa i segni e i prodigi che Dio aveva compiuto tra le nazioni. E questo ci ricorda che il silenzio, nella comunità ecclesiale, rende possibile la comunicazione fraterna, in cui lo Spirito Santo armonizza i punti di vista, perché Lui è l’armonia. Essere sinodali vuol dire accoglierci gli uni gli altri così, nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa da testimoniare e da imparare, mettendoci insieme in ascolto dello «Spirito della verità» (Gv 14,17) per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2,7). E il silenzio permette proprio il discernimento, attraverso l’ascolto attento dei «gemiti inesprimibili» (Rm 8,26) dello Spirito che riecheggiano, spesso nascosti, nel Popolo di Dio. Chiediamo dunque allo Spirito il dono dell’ascolto per i partecipanti al Sinodo: «ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama» (Discorso in occasione della Veglia di Preghiera in preparazione al Sinodo sulla Famiglia, 4 ottobre 2014).
E infine, terzo: il silenzio è essenziale nel cammino di unità dei cristiani. É fondamentale infatti per la preghiera, da cui l’ecumenismo comincia e senza la quale è sterile. Gesù, infatti, ha pregato perché i suoi discepoli «siano una sola cosa» (Gv 17,21). Il silenzio fatto preghiera ci permette di accogliere il dono dell’unità “come Cristo la vuole”, “con i mezzi che Lui vuole” (cfr P. Couturier, Preghiera per l’unità), non come frutto autonomo dei nostri sforzi e secondo criteri puramente umani. Più ci rivolgiamo insieme al Signore nella preghiera, più sentiamo che è Lui a purificarci e ad unirci al di là delle differenze. L’unità dei cristiani cresce nel silenzio davanti alla croce, proprio come i semi che riceveremo e che raffigurano i diversi doni elargiti dallo Spirito Santo alle varie tradizioni: a noi il compito di seminarli, nella certezza che Dio solo dona la crescita (cfr 1 Cor 3,6). Essi saranno un segno per noi, chiamati a nostra volta a morire silenziosamente all’egoismo per crescere, attraverso l’azione dello Spirito Santo, nella comunione con Dio e nella fraternità tra di noi.
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