LA CITTÀ DELL’OLIO

Settima camminata tra gli olivi

Fossacesia, 1° novembre 2023. Torna a Fossacesia la “Camminata tra gli Olivi”. Per la 7^ edizione dell’iniziativa, promossa dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio, di cui Fossacesia fa parte, domenica 5 novembre, nell’area che accoglierà il Teatro degli Ulivi, in via Santa Maria, a poca distanza dall’abbazia di San Giovanni in Venere, è stato organizzato l’evento di rilevanza paesaggistica legata alla storia e alla cultura dell’olivo e alla riscoperta del patrimonio olivicolo. La manifestazione è organizzata dall’amministrazione comunale in collaborazione con la Fondazione Teatro degli Ulivi.

“La Camminata ha due scopi: ci permette di far conoscere da vicino a quanti parteciperanno il mondo dell’olio extravergine di oliva, e dall’altro di promuovere quelle attività che conducono a una migliore qualità della vita, a uno sviluppo sostenibile. Un grazie di cuore alla Fondazione del Teatro degli Ulivi per il loro impegno e  passione per la musica,  la cultura. il paesaggio, l’agricoltura e per la nostra città. “ – afferma il sindaco Enrico Di Giuseppantonio.

L’orario di ritrovo per i visitatori nell’area del Teatro degli Ulivi è per le ore 9:30. Saranno presenti un agronomo e un naturalista che spiegheranno le tecniche di coltivazione.

“È un modo per far conoscere e riscoprire il paesaggio che fa parte del nostro bagaglio culturale e della nostra tradizione millenaria – sottolineano l’assessore all’Ambiente Umberto Petrosemolo e il consigliere delegato all’Agricoltura. Alberto Marrone – È anche l’occasione per portare sul nostro territorio visitatori appassionati di enogastronomia, conducendoli alla scoperta dei territori di origine di prodotti tanto amati e ricercati”.




SAGRA DELLA CASTAGNA

Boom di presenze per la 50esima edizione

Sante Marie, 1° novembre 2023. È stata una vera e propria festa che ha coinvolto tutto il paese quella andata in scena sabato e domenica a Sante Marie per la 50esima sagra della castagna. Mezzo secolo di storia e di tradizioni che sono stati onorati da un via vai di persone ininterrotto.

A inaugurare il villaggio della castagna è stato il vicario generale don Giovanni Venti che ha benedetto tutto il percorso mentre il sindaco, Lorenzo Berardinetti, il primo cittadino baby, Patrizio Ermili, il presidente della Proloco, Emanuele Ermili, e il direttore generale dell’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), Fabio Vitale, hanno tagliato il nastro.

Folklore, enogastronomia e divertimento hanno caratterizzato la due giorni dove non sono mancate passeggiate tra i castagneti e alla grande panchina, visite guidate al museo del Brigantaggio e dell’Unità d’Italia e all’esposizione permanente delle radio d’epoca curata da Giacomo Morgante e poi canti e balli lungo le strade del villaggio della castagna tra stand di prelibatezze culinarie e artigianato.

Partecipato il convegno  la castagna: salvaguardia e valorizzazione un dibattito che ha aperto la discussione su un progetto pilota dedicato alla castagna Lombardesca. Tutela dei castagneti, turismo sostenibile e sviluppo dell’economia locale sono i tre assi sui quali puntare e sui quali hanno dibattuto nella mattinata di sabato Sergio Natalia, esperto di marketing territoriale e presidente dell’associazione tutela Igp della castagna Roscetta della Valle Roveto, Dino Iacutone, consigliere provinciale con delega all’Ambiente, Salvatore Carfi, direttore coordinamento Agea, e Giorgio Fedele, consigliere regionale e vice presidente commissione agricoltura della Regione Abruzzo, e il nostro conterraneo Fabio Vitale, direttore dell’agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) per gli importanti interventi.

“Un discorso avviato”, ha spiegato il sindaco Berardinetti, “che sicuramente verrà ripreso e ampliato. Ringrazio i relatori del convegno, a partire dal direttore Vitale, i membri della Proloco di Sante Marie e di tutte le Proloco del territorio per il contributo dato nell’organizzazione dell’evento e tutti coloro che hanno deciso di venirci a trovare”.




LA FESTA DELLE TENEBRE 2023

di Gianfranco Amato

GianfrancoAmato.it, 1° novembre 2023. Arriva la notte del 31 ottobre con il consueto armamentario di zucche, candele e macabre mascherate. Si tratta della festa pagana e satanica di Halloween, spacciata per innocua carnevalata ed innocente divertimento per piccini.

Halloween, in realtà, è tutt’altro che un’innocua festicciola per bambini. Profondamente radicata nel paganesimo e nel satanismo, continua ad essere una pericolosa forma di idolatria demoniaca.

Trae origine da un’antichissima celebrazione celtica diffusa nelle isole britanniche e nel nord della Francia, con cui i pagani adoravano una delle loro divinità, chiamata Samhain, Signore delle tenebre. Era considerata una delle feste più importanti, e dava inizio al Capodanno celtico. La notte del 31 ottobre in onore del sanguinario dio della morte, veniva realizzato, sopra un’altura, un enorme falò utilizzando rami di quercia, albero ritenuto sacro, sul quale venivano bruciati sacrifici costituiti da cibo, animali e persino esseri umani.

Di quest’ultima crudele e sanguinaria usanza ne dà testimonianza lo stesso Giulio Cesare nel suo De Bello Gallico (libro VI, 16), dove descrive i macabri dettagli dei sacrifici umani da parte dei druidi.

Anche Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia (XXX, 13) parla di «riti mostruosi» (“monstra”) cui era considerato «religiosissimus occidere hominem», mentre Tacito nei suoi Annales (XIV, 30), definisce una barbara «superstitio» i sacrifici umani celtici e ci dà una interessante descrizione delle prime streghe: «feminae in modum Furiarum veste ferali, crinibus disiectis faces praeferebant; Druidaeque circum, preces diras sublatis ad caelum manibus fundentes». Tradotto: «donne vestite di nero e coi capelli spettinati, che urlando come delle Furie agitavano torce di fuoco attorno a druidi i quali, rivolgendosi al cielo, lanciavano maledizioni terribili».

Racconta sempre Tacito che simili scene riuscivano ad atterrire persino gli spietati legionari romani, noti per non essere proprio degli stinchi di santo. Si ricordino di questo particolare le mammine moderne quando fanno indossare alle proprie figlie il costumino nero delle “sacerdotesse” del dio delle Tenebre.

I Celti ritenevano che Samhain, in risposta alle offerte di tali olocausti, autorizzasse le anime dei morti a ritornare alle proprie case in quel giorno di festa. Per questo motivo i pagani nordici ritenevano che fredde e oscure creature riempissero la notte vagando e mendicando tra i vivi. E’ da tale credenza, peraltro, che deriva l’uso odierno di girovagare nel buio, la notte di Halloween, vestiti in costumi che imitano fantasmi, streghe, elfi, e creature demoniache.

Anche la celebre espressione trick or treat, tradotta con l’innocente scherzetto o dolcetto, è parte dell’antico cerimoniale pagano. Venivano chieste offerte (“treat”) sotto la minaccia dell’ira di Samhain, e della sua maledizione divina (“trick”), in caso di rifiuto. «Offrite sacrifici a Samhain, o subirete i suoi castighi», questo si continua inconsciamente a chiedere, oggi, con l’apparentemente scherzoso trick or treat.

L’usanza di chiedere offerte al dio della morte diventava, in passato, anche un metodo per identificare i cristiani che si rifiutavano di onorare la divinità pagana, e che per questo subivano, a volte, odiose ritorsioni.

Per comprendere quanto la Chiesa, fin dall’inizio dell’evangelizzazione dei popoli celti, fosse preoccupata di quella pericolosa solennità pagana, basta considerare che la Festa di Ognissanti fu spostata, in Occidente, al primo novembre, con tanto di vigilia la notte precedente, proprio per contrastare il culto satanico di Samhain.

La cristianità conobbe, infatti, le prime forme di commemorazioni dei Santi già a partire dal IV secolo, in particolare nel giorno della domenica successiva alla Pentecoste, usanza conservata fino ad oggi dalla Chiesa Ortodossa d’Oriente.

Nell’Occidente, come si è detto, la data fu spostata al primo novembre per farla coincidere con la celebrazione in onore del dio celtico della morte, a seguito delle pressanti richieste che provenivano dal mondo monastico irlandese.

La prima traccia di questa posticipazione è rinvenibile in un atto di Papa Gregorio III (731-741), che fissava appunto nel 1° novembre l’anniversario della consacrazione di una cappella in San Pietro dedicata alle reliquie «dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo».

Fu il successore Gregorio IV ad estendere e rendere obbligatoria la data della celebrazione a tutta la cristianità. In Francia, in particolare, ciò avvenne grazie ad un decreto di Luigi il Pio, emanato nell’ 835, «su istanza di Papa Gregorio IV, con il consenso di tutti i vescovi».

Nella Britannia del VIII-IX secolo, quindi, il giorno dedicato dai pagani al dio della morte, era per i cristiani occasione per onorare i Santi, partecipando alla veglia di preghiera la sera del 31 ottobre, ed alla Santa Messa il giorno successivo.

È da qui che deriva il termine Halloween. L’etimo si radica, infatti, nell’antica espressione inglese Hallow E’en, ovvero notte di commemorazione di tutti coloro che sono stati hallowed, santificati. I pochi che rimasero ancorati alle tradizioni pagane reagirono al tentativo della Chiesa di soppiantare la celebrazione in onore di Samhain, mantenendone il culto e cercando di incrementarlo. Nell’alto medioevo la notte di Halloween divenne simbolicamente la festa principale della stregoneria e del mondo occulto. In quel contesto avvenivano, tra l’altro, forme particolari di sacrilegio nei confronti di oggetti sacri, e l’utilizzo degli scheletri (oggi rappresentati da maschere) costituiva una forma di dileggio delle Sacre Reliquie.

Per il moderno satanismo, Halloween continua ad essere una festa privilegiata. È uno dei quattro sabba delle streghe, delle quattro grandi solennità coincidenti con alcune delle principali festività pagane e dell’antica stregoneria. La prima e più importante è, appunto, quella di Halloween, considerata il Capodanno magico.

La seconda solennità è quella di Candlemass, che si celebra la notte tra il 1° e il 2 febbraio ed è considerata la Primavera magica (per i cristiani è la ricorrenza della Presentazione del Bambino Gesù al tempio, chiamata anche popolarmente Festa della Candelora). La terza solennità è quella di Beltane, che si festeggia nella notte tra il 30 aprile ed il 1° maggio, chiamata anche la notte di Valpurga, e segna l’inizio dell’Estate magica. La quarta solennità è quella di San Giovanni Battista, che si svolge la notte tra il 23 e 24 giugno, ed è particolarmente attesa per mettere in atto malefici di malattia e di morte.

Com’è facile notare sono tutte celebrazioni notturne che si svolgono nel buio e nell’oscurità, a conferma della definizione evangelica di Satana come Principe delle Tenebre, e dei suoi seguaci come Figli delle Tenebre.

Da un punto di vista cristiano, la partecipazione a tali pratiche, a qualunque livello (anche quello apparentemente inoffensivo di una banale festa), deve considerarsi una pericolosa forma d’idolatria. Come deve considerarsi una forma pagana di superstizione quella di illuminare una zucca vuota fuori dalla porta per scacciare demoni e fantasmi.

Sorprende la sottovalutazione fatta oggi anche da molti credenti – a volte preda di una forma di ebetismo consumistico – circa l’origine ed il significato della festa pagana e satanica di Halloween. Ma non sorprende che dalla Chiesa continuino a levarsi voci rivolte ad ammonire e mettere in guardia circa i rischi dell’inganno demoniaco che tale ricorrenza nasconde.

Eppure, basterebbe ascoltare chi di questa materia s’intende ed ha una certa dimestichezza col demonio ed i suoi inganni. Padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione internazionale esorcisti (Aie) è stato molto chiaro sul punto: «La mia esperienza come quella di altri esorcisti, mostra come la ricorrenza di Halloween incluso il periodo di tempo che la prepara, sia di fatto per alcuni giovani, un momento privilegiato di contatto con realtà settarie o comunque legate al mondo dell’occultismo, con conseguenze anche gravi non solo sul piano spirituale, ma anche sul piano dell’integrità psicofisica».

Da quest’ultimo punto di vista, non ha usato mezzi termini neppure Valter Cascioli, psicologo clinico, psichiatra e psicoterapeuta nonché membro dell’ACT (Association Christian Terapists) e collaboratore della stessa Associazione internazionale esorcisti (AIE) di cui è stato portavoce e addetto stampa.

Ha, infatti, ricordato Cascioli che «dietro le apparenze di un’innocente festicciola carnascialesca, si nasconde una tragica e pericolosa realtà, sconosciuta ai più», spiegando che Iui stesso, come medico, ha «notato disturbi psichici, anche gravi, insorti dopo la partecipazione a feste dove per superficialità o ignoranza si è incorsi in pratiche di divinazione e di occultismo».

Halloween resta, comunque, sul piano spirituale, un gioco molto pericoloso. Non dimentichiamo che Padre Gabriele Amorth, uno dei più autorevoli e conosciuti esorcisti, scomparso nel 2016, aveva definito questa festa un «osanna al diavolo­», il quale, «se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona». Lo stesso Amorth aveva avvertito dei rischi di sottovalutazione legati all’aspetto ludico: «La festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco. L’astuzia del demonio sta proprio qui. Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente. Anche il peccato non è più peccato al mondo d’oggi. Ma tutto viene camuffato sotto forma di esigenza, libertà o piacere personale. L’uomo è diventato il dio di sé stesso, esattamente ciò che vuole il demonio».

Per questo appare incomprensibile che una simile oscura ricorrenza venga festeggiata persino in ambienti cattolici. Io stesso sono stato testimone del caso di un giovane sacerdote, coadiutore di un anziano parroco, che aveva autorizzato l’uso della sala oratoriale per la celebrazione della festa di Halloween. Con tanto di locandine e volantini. Alle legittime recriminazioni di un genitore, il giovane coadiutore, infastidito per l’osservazione, ha tenuto a precisare che la magia esiste solo nel mondo della fantasia dei bimbi, che i ragazzi cattolici non debbono isolarsi ma condividere le occasioni di divertimento con i loro coetanei, che la Chiesa, in passato, ha già sbagliato dando la caccia a streghe inesistenti, e che la concezione antropomorfa del demonio appartiene alla tradizione preconciliare. Sappiamo già che da alcuni giovani (e inesperti) preti non si può pretendere più di tanto. Ma credo si possa almeno esigere che conoscano un pochino le Sacre Scritture.

Se quel neo sacerdote avesse dato una ripassatina alla Bibbia, avrebbe avuto modo di leggere che non è opportuno per i cristiani frequentare i pagani e assistere ai loro riti, poiché non può esservi unione tra la luce e le tenebre (2 Corinzi, 6,14), che i libri di arti occulte vanno bruciati (Atti, 19,19), che non si deve partecipare alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannarle apertamente (Efesini, 5,11-12), che idolatria e stregoneria sono opere della carne (Galati, 5,20), che bisogna separarsi da «chi esercita la divinazione, il sortilegio, l’augurio o la magia; da chi fa incantesimi, da chi consulta gli spiriti o gli indovini, e da chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore» (Deut. 18, 10-12).

Più chiaro di così.




NON C’È FINE ALLA CRISI

Una crisi politico-istituzionale che grava fortemente sulla città

Ortona, 1° novembre 2023. In appena sedici mesi la squadra capitanata da Castiglione è stata capace di elaborare le dimissioni del sindaco, azzerare la giunta due volte, perdere tre consiglieri comunali di maggioranza, promuovere in giunta il dimissionario Presidente del Consiglio, attingere disperatamente ad esuli dell’opposizione ed incaponirsi a governare con una squadra perennemente in bilico, dove la maggioranza si tiene per appena un voto. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’attività amministrativa è ferma e nessuno si sta preoccupando di risolvere i profondi problemi che soffocano la città.

Non ricordiamo in passato di aver raggiunto un punto più basso di questo; Ortona non vive più una semplice crisi politica, piuttosto avvertiamo il dilagare di una crisi morale che investe una parte della classe dirigente. Siamo convinti che il fine non sempre giustifichi i mezzi, e vogliamo far pervenire ai nostri concittadini in modo forte e perentorio il nostro NO.

Siamo determinati a voler indicare una strada alternativa, fatta di confronto ed attivismo, di presenza sul territorio ed ascolto. In sintesi, vogliamo riorganizzarci al meglio per promuovere una politica del fare, che possa riportare al centro temi e soluzioni, ed offuscare i professionisti del tatticismo e degli inganni. Presto, a riguardo, IL FARO comunicherà importanti novità a cui la cittadinanza sarà invitata a partecipare.

IL FARO




ANZIANO E ALIMENTAZIONE

Un incontro Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna

Vasto, 1° novembre 2023. L’anziano, alimentazione e qualità della vita: è il titolo del tema di studio del Distretto Lions 108A Italy, ma anche di un interessante convegno ad esso dedicato promosso dal Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna congiuntamente all’Associazione Amici degli Anziani. Illustri relatori del pomeriggio, che ha coinvolto una sessantina di persone, il Prof. Ercole D’Ugo, endocrinologo, e la Dott.ssa Angela Moscufo, nutrizionista.

Dinanzi ad una platea molto attenta e curiosa il Prof. D’Ugo ha ribadito la correlazione tra alimentazione e possibile patologie, ma anche con la prevenzione, accendendo i riflettori sui cosiddetti assassini silenziosi, obesità, fumo, alcool, ipertensione, diabete. Inoltre, si è soffermato su come è cambiato l’approccio terapeutico nel corso degli ultimi trent’anni dal treat to target, ovvero trattare i pazienti per raggiungere degli obiettivi prefissati, al treat to benefit, ovvero trattarli per ottenere benefici, la sartorializzazione della medicina inteso come cucire su misura una terapia, fino al treat to prevent, trattare per prevenire.

La Dott.ssa Moscufo, dal canto suo, ha delineato cosa sono e le qualità nutritive dei componenti principali apportati dagli alimenti prima di illustrare, con l’ausilio di una specifica piramide alimentare, che alla base reca la necessità di bere tanta acqua di cui troppo spesso gli anziani si dimenticano, i parametri fondamentali dell’alimentazione in un soggetto anziano. Una esposizione che ha suscitato molta curiosità.

L’evento condotto dal cerimoniere Luca Russo e caratterizzato anche da un dibattito finale, è stato introdotto dai saluti del presidente del Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna Massimo Molino, che ha ricordato le ragioni dell’incontro e la collaborazione con l’Associazione Amici degli Anzini, la cui presidente Angela Poli, fondatrice di entrambi i sodalizi, ha inteso ringraziare i relatori e le persone che hanno aderito all’invito a partecipare.

Il presidente della Zona A della VII Circoscrizione, Luigi Spadaccini, ha illustrato chi sono e cosa fanno i Lions nel mondo, mentre l’officer di V-VI-VII Circoscrizione per il tema di studio distrettuale e promotore del service, Pasquale Gioia (LC Larino), ha riportato il come e le ragioni che lo hanno indotto a sottoporre il tema all’attenzione distrettuale. I relatori e i presenti, ai quali hanno porto i loro saluti l’assessore al Welfare del Comune di Vasto Nicola Della Gatta ed il parroco della cattedrale di S. Giuseppe don Luca Corazzari, si sono dati appuntamento ad un ulteriore incontro che si incentrerà anche sulle voci di un questionario che è stato loro distribuito.




NON C’È PIÙ RELIGIONE!

di Giuseppe Arnò

Rivistalagazzettaonline.info, 1° novembre 2023. Proprio così, non c’è più religione nell’Italia multietnica e in questo mondo squilibrato. Questa frase ci ricorda, in una rappresentazione comica della realtà, l’omonimo film commedia di Luca Miniero in cui, a causa del ridottissimo tasso di natalità, nell’immaginario paesino di Porto Buio e in occasione dei preparativi per il Presepe Vivente, il sindaco Cecco è costretto a chiedere «in prestito» un bambino alla folta comunità marocchina che vive sull’altro lato dell’isola…

E se non c’è più religione, manca il timore di Dio e – per come ci illustra Machiavelli – “Dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini o che sia sostenuto dal timore d’uno principe che sopperisca a’ defetti della religione”.

Chi sarà dunque il nostro principe azzurro, dal momento che tutti coloro che si sono succeduti finora hanno fallito il loro scopo? In altre parole, secondo l’autore de Il Principe, abbiamo due alternative: andare in rovina o andare in cerca del giusto principe; cosa ben difficile dal momento che anche il nobile De Curtis (Totò) non è più tra di noi!

D’altronde, il concetto che chi ci comanda debba essere un buon principe è di antica data, tant’è che non si discosta né poco né punto puranco dal pensiero esposto nella Summa Theologiae da San Tommaso d’Aquino. In essa si afferma che “la missione dell’autorità è la salus populi suprema lex, ma col superiore compito di spingere ognuno verso il bene comune e che se l’autorità fallisce questa missione perde non soltanto il diritto di comandare, ma la ragion d’essere.”

Ciò detto, va rilevato un fatto inquietante: l’umanità non riesce a vivere senza il disumano che domina l’umano. Essa ha permesso da sempre di essere governata da principi disumani, altrimenti oggi non ci troveremmo di fronte all’arroganza economica della Cina; agli USA incapaci di ‘esportare’ paciosamente la democrazia; all´assurda guerra in Ucraina; ai belluini orrori di Kfar Aza e dell´ospedale Al-Alhi di Gaza, alle paradossali pressioni psicologiche su Taiwan da parte della Cina; al fenomeno migratorio selvaggio in Europa e negli USA; e, non ultimi, agli operettistici colpi di Stato nella martoriata Africa, ad ogni cambio di stagione.

E che dire poi, rimanendo dentro i confini nazionali, del mal vezzo di mischiare il sacro col profano: il recente caso Meloni-Gianbruno docet; il crocefisso che sparisce dalle aule delle scuole italiane è preoccupante; e il Natale che si chiamerà Festa d’inverno è rivoltante. Siamo ormai al «fuori onda»… cerebrale.  O tempora, o mores! Parrebbe che il futuro ci riservi una scorreria massificata della barbarie sull’humanitas: Babilonia che prevale su Gerusalemme.  Poveri noi!

Tutto ciò porta a credere che dovremo, inevitabilmente, affidarci nuovamente al disumano, all’inumano, al sovrumano o che dir si voglia. Stavolta, però, non appartenente al genere Homo, elemento provatamente poco raccomandabile e caparbiamente incapace, ma al genere macchina, per far ristabilire l’ordine naturale delle cose e magariddìo le logiche della natura, nonché l’equilibrio che regola l’uomo e l’universo.

Non a caso, il filosofo Lucrezio, profondo conoscitore dell’animo umano, crede nel progresso tecnologico, ma nutre forti e seri dubbi su quello morale dell’uomo. E per ciò, torniamo a prendere in considerazione la «macchina» e quando di essa parliamo ci riferiamo all’Intelligenza Artificiale: questo è ovvio!

Come abbiamo chiarito di recente, l’IA è una disciplina dibattuta tra cultori di scienza e filosofia, dal momento che rappresenta aspetti morali oltre che teorici e pratici. Essa viene considerata dagli studiosi come una concreta minaccia per la sopravvivenza dell’umanità, tant’è che già nel 2014 Stephen Hawking ha lanciato un grido di allarme per i pericoli insiti in essa. Ciò stante, allo stato delle cose, essa rappresenta più rischi che vantaggi, per cui sarebbe cosa buona e giusta utilizzare convenientemente questi ultimi e controllare i primi, anche se è facile a dirsi e difficile a farsi.

Notoriamente, i rischi dell’IA riguardano: la privacy e sicurezza dei dati; l’automazione industriale e bellica, cioè a dire la robotizzazione dell’industria e la conseguente diminuzione dei posti di lavoro, nonché la realizzazione di armi sempre più sofisticate e operanti anche senza controllo umano, con le prevedibili conseguenze che ne derivano; le scelte pregiudizievoli, nel caso in cui i dati di input siano influenzati da pregiudizi umani o da interventi di cracker (pirati informatici);  e la super intelligenza informatica, ovvero la realizzazione di macchine capaci di raggiungere obiettivi indecifrabili o, peggio ancora, ingovernabili da parte dell’uomo.

L’intelligenza artificiale che non obbedisce all’uomo e che contro gli si rivolta è frequente scenario di fantascienza. Molti ricorderanno HAL 9000, il supercomputer di bordo della nave spaziale Discovery nel film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Bene, oggi, come si suol dire, la realtà supera la fantasia: gli scienziati ammettono che una super intelligenza informatica, verosimilmente, può sfuggire di controllo, in quanto matematicamente non è possibile capire i limiti degli algoritmi e come essi potrebbero agire nel risolvere un dato problema, dal momento che sono in grado di far ricorso a miliardi di possibili soluzioni.

Secondo il dott. Manuel Cebrian, leader del gruppo di ricerca per lo sviluppo umano Max Planck di Berlino, esistono già macchine che eseguono determinati programmi che risolvono problemi ad alti livelli di difficoltà in modo autonomo, senza che gli scienziati informatici si rendano conto di come esse ci riescano. Ed è qui che c’è da preoccuparsi seriamente.

Guai se così non fosse! Infatti, nella risoluzione del Parlamento Europeo del 20 gennaio 2021 sull’intelligenza artificiale, si chiede una legge cornice comunitaria che contenga i princìpi fondamentali relativi all’ordinamento della stessa con definizioni e principi etici inerenti al suo impiego non solo nel campo civile, ma anche in quello militare. Si richiede ancora agli Stati membri la garanzia che le attività realizzate attraverso l’IA siano ad esclusivo beneficio dell’umanità e del bene comune, tant’è che, recentemente, in data 14 giugno 2023, è stato dato il via libera all’Artificial Intelligence Act, che regolerà l’Intelligenza Artificiale nel rispetto dei diritti e dei valori dell’Unione Europea.

È fuor di dubbio che per tentare di tenere sotto controllo i rischi dell’IA e per garantire la sicurezza e la libertà delle persone sia doveroso regolamentare la materia affinché ci sia un uso responsabile della stessa, sempre augurandoci che anche gli altri (Paesi) facciano la stessa cosa, e che la situazione non scappi di mano a nessuno, altrimenti… la paura del futuro… sarà il nostro incubo!

Disumanità della guerra

«Purtroppo l’intelligenza umana viene balordamente impiegata per distruggere anziché edificare una società più umana e giusta». È così che Lucrezio denuncia nel “De rerum natura” la brutalità della guerra condotta con armi sempre più distruttive di vite umane. Tutto il mondo è in guerra perenne e non ci rendiamo conto. Stiamo combattendo la III Guerra Mondiale ‘frazionata’, per dirla con un termine del Papa. Infatti, oltre alle guerre note e sopra menzionate, esistono le guerre economiche e commerciali; le guerre religiose; le guerre ideologiche; le guerre tecnologiche; le guerre psicologiche e chi più ne ha più ne metta. In sostanza, ci siamo dimenticati del significato della parola ‘pace’, archiviandola per sempre come un amuleto oramai obsoleto della nostra storia.

La comunità internazionale dovrebbe sancire due principi fondamentale per il bene universale: l’uguaglianza e l’ordine fra gli uomini. In altre parole, è così che si arriva alla tranquillità nell’ordine, quella «tranquillitas ordinis», che è la definizione che S. Agostino dà della pace, di un ordinamento di pace.

Ebbene? A questo punto sorge il grande dubbio: saremo infine capaci di affrancarci dalla brama di ricchezza e di potere, oltre che da un incessante progredire della tecnologia troppo spesso messa al servizio del crimine dei crimini, alias dello sterminio di massa, anziché del bene comune?

Se non ce la faremo, a chi affidarci?  Tra i due mali (l’uomo e la macchina) si scelga il «giusto mezzo» aristotelico: chissà che la tanto temuta IA, sapientemente “addomesticata” dall’intervento di coscienziosi ed esperti scienziati non possa sopperire alla stoltezza umana di leopardiana memoria! È pur sempre un rischio, è vero, ma, data la posta in gioco, può valere la pena correrlo. Eppoi «tertium non datur», ovvero, allo stato delle conoscenze, non esiste purtroppo altra possibilità! Tant´è.

https://rivistalagazzettaonline.info/articolo/5337/editoriale-novembre-2023




LA MISSA PONTIFICALIS

Nel ricordo di Monsignor Lorenzo Perosi. 60 anni della Schola Zimarino

Chieti, 1° novembre 2023. La Schola Cantorum Settimio Zimarino di Chieti prosegue con i festeggiamenti in onore dei 60 anni di attività, e come da programma il prossimo appuntamento è previsto per il 4 novembre 2023, presso il Seminario Regionale di Chieti, alle ore 18.00, dove ci sarà un concerto / conferenza in memoria di un caposaldo della musica sacra, Monsignor Lorenzo Perosi (Tortona, 21 dicembre 1872 – Roma, 12 ottobre 1956): presbitero, compositore e direttore di coro italiano viene ricordato come l’esponente principale del cosiddetto Movimento Ceciliano.

Parleranno di questo autore molto prolifico specialmente per i cori, Monsignor Bruno Forte – Arcivescovo della Diocesi Chieti – Vasto e Monsignor Vincenzo De Gregorio – Preside dell’Istituto Pontificio di Musica Sacra di Roma; Perosi, del quale verrà eseguita integralmente dalla Schola Zimarino con il Direttore Gabriele Di Iorio e l’Organista Walter D’Arcangelo, la Missa Pontificalis (Prima e Secunda), Tribus Vocibus Inaequalibus concinenda Organo Comitante, è noto per le sue messe polifoniche, i suoi mottetti ed i suoi oratori, e si contraddistingue per il suo stile compositivo, risultato di una miscela di diversi elementi tra cui l’ispirazione gregoriana, l’influenza del periodo rinascimentale e l’impostazione barocca.

Secondo il Maestro Perosi il suono è una variabile strettamente correlata alle parole, il testo è “sacro” nel senso religioso del termine e perciò la sua musica è al servizio del messaggio che il brano vuole comunicare, in quanto il testo è in grado di ispirare e suscitare suggestioni all’autore.

Le idee di Perosi hanno notevolmente influenzato la musica sacra contemporanea, l’artista ha avuto infatti un ruolo fondamentale nel suo periodo storico, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento è stato, come pochi tra i suoi contemporanei, al centro di una ricchissima attività creativa.

Si è dedicato principalmente alle composizioni sacre con i suoi Oratori (più di 20), le Messe polifoniche (più di 50) ed i Mottetti (più di 300), ma anche alle composizioni strumentali e sinfoniche con le sue 9 Suite Orchestrali, non meno importanti.

Il calendario per i 60 anni della Schola gode del patrocinio della Regione Abruzzo, della Curia Arcivescovile Chieti – Vasto e del Comune di Chieti.




BEATI GLI OPERATORI DI PACE …

… perché tutti i fondamentalismi uccidono persone e ambiente

di Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 1° novembre 2023. Non vogliamo e non abbiamo bisogno, in questo mondo di “guerre a pezzetti”, di persone che muoiono per un’idea o presunto principio che calpesta vite e ambiente, tradisce giustizia e pace, mortifica la solidarietà e l’accoglienza.

Il Vangelo odierno: In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». (Mt 5, 1-12)

Non ci sono dubbi che diverse distorsioni nella storia ecclesiale hanno allontanato il “progetto santità” dalla vita quotidiana delle persone. Addirittura, molto banalmente, c’è chi pensa che oggi sia la festa de “l’onomastico di tutti”, magari in un minestrone di zucche e mascherate! Il Vaticano II ha cercato (e cerca!) di riportare la santità per le strade; di insegnare che tutti siamo chiamati  ad essa. O come scriveva Raissa Maritain: “Esiste una santità per ognuno di noi, commisurata al nostro destino, e che Dio si propone di ottenere per vie che non sono catalogate in alcuni manuali di perfezione”.

È qui il punto: scoprire che la “santità è mia”, ossia che c’è una per me! Per i cristiani oggi è la festa della santità di ognuno, da ricercare e costruire quotidianamente. La pagina evangelica ci aiuta tanto perché riporta il tutto su termine “beato”, ossia “felice, sereno”. Non c’è santità che non ci porta un po’ di serenità e felicità, pace e giustizia, certamente insieme a prove. Ma non lo facciamo per le prove, ma per essere sereni e felici in Dio. Nonostante tutto.

Uno dei discorsi più vuoti e inutili sulla santità è attribuire ai tempi che viviamo la difficoltà del seguire le beatitudini evangeliche. Perché sono esistititi tempi favorevoli alla coerenza evangelica?

Suvvia, non diciamo sciocchezze! Da che mondo è mondo pace, giustizia, solidarietà, accoglienza degli stranieri, mitezza, misericordia non sono state mai di moda. La santità non si gioca “intorno a me”, ma “dentro di me”. Parliamo molto di santi e santità dimenticandoci di questa profonda e radicale scelta interiore per essa.

Scrive Albert Camus ne La peste: “Se si può essere un santo senza Dio è il solo problema concreto che oggi io conosca”. L’autore francese apre una riflessione anche per chi non crede. Se è dentro di me che si gioca la santità, allora ciò non vale solo per i credenti delle grandi e piccole religioni universali, ma anche per ogni uomo e per ogni donna: in ogni persona c’è la possibilità di scegliere tra un SI per ciò che conta nella vita e la fa crescere e un NO per ciò che è deleterio e la distrugge. Ciò vale in Ucraina come in Russia, in Israele come nei territori palestinesi, a casa mia come in ufficio, in politica come in economia.

Ancora Albert Camus: «Ecco: lei è capace di morire per un’idea, si vede ad occhio nudo. Ebbene io ne ho abbastanza delle persone che muoiono per un’idea. Non credo all’eroismo, so che è facile e ho imparato che era omicida. Quello che m’interessa è che si viva e che si muoia di quello che si ama».

È interessante notare che tutti coloro che sono accecati da odio e distruzione, prigionieri del loro fondamentalismo (siano essi ebrei, cristiani, musulmani, atei o agnostici) pongono una (presunta) “causa” come loro obiettivo e per essa sono capaci di uccidere e distruggere persone e ambiente. La santità cristiana (ma credo anche “laica”) non è morire per un’idea e contro qualcuno, ma morire per una persona, per delle persone e per il loro bene. Altrimenti tutto si trasforma in ideologie totalizzanti che hanno distrutto in nome di un’idea, che si doveva (e deve) affermare contro tutti e tutto, senza riconoscere responsabilità (precise e diverse, a seconda dei casi), che esistono in tutti: nei politici come nei semplici cittadini, a Kiev come a Mosca, a Gerusalemme come a Gaza, a Roma o Washington  come nella mia comunità di fede o nel mio ambiente.

Non vogliamo e non abbiamo bisogno, in questo mondo di “guerre a pezzetti”, di persone che muoiono per un’idea o presunto principio che calpesta vite e ambiente, tradisce giustizia e pace, mortifica la solidarietà e l’accoglienza.

Un altro testimone, Lorenzo Milani, scrive dei giovani ma vale per tutti, anche adulti e anziani: “Non vedremo sbocciare dei santi, finché noi ci saremo costruiti dei giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale. Qualcosa, cioè, che sia al centro del momento storico che attraversiamo, al di fuori dell’angustia dell’io, al di sopra delle stupidaggini che vanno di moda”.

Beati gli operatori di pace perché tutti i fondamentalismi uccidono persone e ambiente (globalist.it)