… alla serva di Dio Maria d’Agreda
384. Figlia mia, tanto più uno riceve, quanto più si deve reputare come il più povero perché il suo debito è maggiore. E se tutti devono umiliarsi, perché da sé stessi sono nulla, nulla possono e nulla posseggono, per la stessa ragione si deve abbassare ancor più nella polvere, chi essendo polvere e cenere è stato innalzato dalla potente mano dell’Altissimo più degli altri. In verità limitandosi a sé stesso e riconcentrandosi in se stesso, senza essere né valere cosa alcuna, egli si ritrova così più indebitato ed obbligato per ciò che da se stesso non può giungere a soddisfare. La creatura conosca allora quello che è da sé stessa, cosicché nessuno potrà mai dire: «Io mi sono fatto da me; mi sostento da me e per me; posso allungarmi la vita; io posso allontanare la morte». Tutto l’essere e la conservazione delle creature dipendono dalla mano del Signore. Si umilii dunque, in sua presenza, la creatura, e tu, o carissima, fa’ in modo di non dimenticare questi insegnamenti.
385. Voglio anche che tu apprezzi, come un prezioso tesoro, la virtù del silenzio, che io ho cominciato ad osservare dalla mia nascita. Infatti, avendo conosciuto nell’Altissimo tutte le virtù, mediante la luce di cui beneficiai, mi affezionai molto a quella del silenzio, tanto da propormela come amica e compagna di tutta la vita; così la osservai con inviolabile silenzio, benché potessi parlare fin da quando venni al mondo. Sappi che il parlare senza peso e misura, è una spada a due tagli che con una lama ferisce chi parla e con l’altra chi ascolta; ed ambedue distruggono la carità o quantomeno la ostacolano insieme alle altre virtù. Da ciò puoi comprendere quanto Dio resti offeso dal vizio di una lingua sfrenata e quanto sia giusto che allontani il suo spirito e nasconda il suo volto a chi si abbandona a ciarle, rumori e pettegolezzi; se si parla molto non si possono evitare gravi peccati. Soltanto con Dio e con i santi si può conversare senza pericolo, ed anche con essi è opportuno usare misura e discrezione; ma con le creature è molto difficile tenere la via maestra, senza passare dal giusto e necessario all’ingiusto e superfluo.
386. Il rimedio che ti preserverà da questo pericolo consiste nel tenerti sempre più vicina all’estremo contrario, eccedendo piuttosto nel tacere e nello stare in silenzio, perché il mezzo prudente di dire solo il necessario si trova più dalla parte del tacere molto, che non da quella del parlare eccessivo. Rifletti, o anima: tu non puoi andare dietro alle inutili e superflue conversazioni delle creature, senza lasciare di conversare con Dio nel segreto del cuore. E ciò che non faresti, senza vergogna e senza temere di essere sgarbata, con le creature, non devi farlo con il Signore, Dio tuo e di tutti. Chiudi l’orecchio alle chiacchiere fallaci e menzognere che potrebbero istigarti a dir ciò che non devi, poiché non è giusto che parli più di quel che ti ordina il tuo Dio e Signore. Attendi invece alla sua santa legge, che ha scritto liberamente di sua mano nel tuo cuore; ascolta la voce del tuo pastore che ti parla dentro e rispondi a lui, e a lui solo. Voglio perciò avvisarti che se tu vuoi essere mia discepola e compagna, devi distinguerti soprattutto nella virtù del silenzio. Taci molto e scrivi fin d’ora questo insegnamento nel tuo cuore e cerca di affezionarti sempre più a questa virtù, perché io per prima cosa desidero da te quest’amore per il silenzio e poi ti insegnerò come devi parlare.
387. Non intendo, con ciò, vietarti di parlare con le tue figlie e suddite, quando si tratta di ammonirle e di consolarle; discorri inoltre con quelli che ti possono parlare del tuo amato Signore e delle sue perfezioni, risvegliando in te l’ardente sete del suo amore. Con queste conversazioni invece di perdere, acquisterai così quel desiderato silenzio tanto utile alla tua anima, e proverai avversione e nausea per i ragionamenti mondani. Inoltre, proverai gusto a parlare solo del bene eterno che brami, e per la forza dell’amore che trasformerà il tuo essere in quello del tuo diletto, in te verrà meno l’impeto delle passioni. Sarà così che giungerai a sentire qualcosa di quel dolce martirio che io pativo quando mi lamentavo del corpo e della vita, perché mi sembravano dure prigioni che trattenevano il mio volo verso Dio; ma non il mio amore. O figlia mia, dimentica ogni cosa terrena nel segreto del tuo silenzio e seguimi con tutto il fervore e le forze del tuo spirito, per giungere allo stato in cui il tuo sposo t’invita, e dove tu possa sentire quella consolazione che io provavo nella mia soave pena di amore, sentendomi dire: «Colomba mia, dilata il tuo cuore ed accogli, diletta mia, questa dolcissima pena perché dal tuo affetto il mio cuore è ferito». Questo mi diceva il Signore ed anche tu l’hai sentito più volte poiché sua Maestà parla a chi se ne sta solo e ama il silenzio.
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