NON È UNA BOMBA DI FARFALLE
di Veronica Chiavaroli
Chieti, 4 dicembre 2023. Il pacchetto fit for 55% (pronti per il 55%) del green deal europeo si propone di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e, persino, di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
La neutralità climatica è elencata anche quale obiettivo globale. Nel 2020, la Cina ha annunciato l’obiettivo di raggiungere il picco delle emissioni di CO₂ entro il 2030 e di smettere di aggiungere carbonio nell’atmosfera entro il 2060.
D’attualità è l’incontro, dal 16 al 18 luglio 2023, tra l’inviato speciale per il clima John Kerry e il primo ministro cinese Li Qiang, a Pechino, per fare opera di tenaci sforzi di dialogo e opinioni di cooperazione in favore della rigenerazione ambientale del pianeta, quantunque, in effettinon siano stati resi noti i dettagli dei temi affrontati.
Speriamo, fiduciosi, sia più proficua la 28sima “Conferenza delle Parti” delle Nazioni Unite (COP 28) a Dubai, tra il 30 novembre e il 12 dicembre 2023, che prevede l’inventario dei conteggi del gas serra prodotti dagli Stati, chiamato global stocktake, e la formulazione collettiva di strategie d’azione, come stabilito nell’Accordo di Parigi, il trattato internazionale delle Nazioni Unite sul clima.
Nell’ambito dell’Unione europea, il green deal, o piano economico verde, è ugualmente un proposito ambizioso che si equipara, citando Ursula Von de Leyen, “allo sbarco sulla luna”. L’intenzione è quella di rivedere ogni aspetto del settore socioeconomico e rimodularlo in modo organizzato e particolareggiato.
Gli sforzi del green deal si dirigono per dare forma (attraverso rilevanti finanziamenti e impegni) a una rigenerazione del pianeta attraverso:
•L’economia circolare, ossia un modello di produzione e consumo che implica l’autorigenerazione, garantendo l’ecosostenibilità;
•L’energia rinnovabile, vale a dire le fonti energetiche non soggette a esaurimento;
•L’industria sostenibile, che mira al riutilizzo dei prodotti e a rafforzare i processi del riciclo;
•La mobilità sostenibile, ossia diminuire sia gli impatti ambientali (quali inquinamento atmosferico e acustico, congestione stradale, consumo del territorio per realizzazione di strade e infrastrutture), sia i costi degli spostamenti (a carico della comunità e del singolo);
•La biodiversità, che mira al ripristino delle foreste e all’incremento dell’agricoltura biologica.
Per tutto ciò, al singolo cittadino è conteggiata la doviziosa e pragmatica partecipazione civile della gestione dei rifiuti.
Per differenziare di più e più correttamente, bisogna prestare attenzione alle cose di ogni giorno, senza semplificare: foglietti adesivi; cartone della pizza; cristallo; materiale da brucio; abiti usati; sughero; padelle; morchie; biro e pennarelli; siringhe senza ago; scontrini; ossa di pollo; polistirolo; pyrex; medicinali; shampoo pieno; lana di roccia; dispositivi elettronici; olio vegetale; polvere; vaschette di alluminio; ceramiche; stampelle per abiti; scottex; lampadine; rifiuti XL; dentifricio; coppette di gelato.
Successivamente, il riciclaggio deve essere fatto con strumenti conformi (sacchetti, contenitori), in modalità esatte di conferimento (rifiuti personali secondo il domicilio e/o la residenza e all’interno del dovuto bidone), in giorni e orari definiti dal calendario, poiché diversamente è prevista una multa decisa dai singoli provvedimenti comunali. Anche i turisti devono informarsi sulla pianificazione.
Per diminuire la quantità del secco indifferenziato e rendere il cittadino più responsabile, il CEM Ambiente ha introdotto in molti comuni l’ecuosacco (o sacco rosso), codificato per il rintracciamento, da ritirare, nel numero adeguato alla composizione del nucleo famigliare, presso il municipio per farne uso obbligatoriamente. E se non si differenzia bene, si potranno acquistare, a proprio carico, presso l’Ufficio Ecologia del comune, più sacchi rossi tracciabili: 7.5 € per un rotolo da 15 con capienza di 30 litri.
Per i negozi l’ecuosacco è blu. Anche la brillantezza è politica: la UE porta via le ultime scintille di glamour per raggiungere l’obiettivo. È vietata la commercializzazione di prodotti contenenti glitter sfusi non biodegradabili (cioè composti da microparticelle di polimeri sintetici inferiori a 5 millimetri). Per intanto, la boule de neige (palla di neve) è prevista quale eccezione del regolamento, e per il resto, aspettiamo, sperando prima di Natale, i brillantini sostenibili, biodegradabili o solubili.
Per un bisogno di festeggiare in modo sostenibile, l’UE conferma il divieto di plastica monouso, tra cui è ricompreso anche il bastoncino usato come supporto per i palloncini che volano. Su iniziative locali non sarà più possibile liberare in aria palloncini in occasione di celebrazioni, manifestazioni, feste o ricorrenze. In una prospettiva ancora più perfezionista e impegnativa, nel futuro c’è un altro modello da raggiungere: l’economia integrale.
Si tratta di “un sistema in cui il valore economico va perseguito sullo sfondo delle relazioni sociali e del valore ambientale” (Massimo Folador, autore insieme a Giuseppe Buffon del libro: “Verso un’economia integrale. La via italiana alla ripresa”).
L’economia integrale è l’integrazione dello sviluppo economico, sociale e ambientale, perché il profitto non ha valore se danneggia l’ambiente, la vita e le relazioni. Si configura un altro modello per un altro futuro: ogni cambiamento è preceduto da un’utopia. Perfettamente in linea con il processo di transizione ecologica è la consapevolezza che la triade ambiente, società ed economia è anche un problema di ordine virtuoso dei rapporti umani, quindi un problema di giustizia.
La questione ha favorito l’istituzione, su tutto il territorio nazionale, di offerte formative, come corsi di laurea e master, che formano operatori giuridici con conoscenze declinate ai temi dell’ambiente, affinché la Pubblica Amministrazione, le imprese e aziende (pubbliche o private) possano avere specifiche e adeguate figure professionali che possiedano una sicura conoscenza del vigente ordinamento interno, comunitario e internazionale, al fine di rispondere pienamente alle nuove richieste emergenti.
Tra le più innovative e accurate proposte formative spicca il corso di studi in “Diritto dell’ambiente e dell’energia”, con sede in Lanciano presso il Palazzo degli Studi. Nondimeno, c’è una diversa realtà, che ha ragioni diverse: la guerra. Il conflitto armato ha un ulteriore costo, certamente non primario: il costo ambientale. Il conflitto ad alta intensità è l’attività in assoluto più distruttiva perché, in aggiunta alle inaudite sofferenze e perdita di vita di civili e soldati, produce anche danni insanabili con pesanti conseguenze sulla scena climatica e sugli ecosistemi.
Il conflitto armato tra forze militari distrugge palazzi, città, infrastrutture, consuma terre rare (ittrio, terbio) e acqua, immette CO₂ (sono 120 milioni le tonnellate emesse in 12 mesi di conflitto tra Ucraina e Russia), considera ordinario l’uso delle detonazioni a cielo aperto che rilasciano cocktail di composti chimici e frammenti metallici, e non esclude, per le ragioni più rilevanti, finanche il bombardamento atomico.
L’UE ha garantito oltre 25 miliardi di euro per mantenere la catena di approvvigionamento di attrezzature per il sostegno militare all’esercito ucraino. Per impegni presi con la Nato, entro il 2024 l’Italia si è impegnata a raggiungere una spesa per la difesa pari al 2 % del Prodotto Interno Lordo per assicurare prontezza militare alla Nato. Tutto ciò è innegabilmente un contraccolpo alla vocazione protettiva volta alla rigenerazione del pianeta, è pari a una logica senza logica.
Senza scivolare in discorsi di retorica e giudizi misti a utopia, proprio perché la società ha regole complesse e delicate, viene però da considerare che l’avvicendamento dei conflitti e degli scontri potrebbe far pensare a proposte avventate come l’eliminazione della tassa sui rifiuti, facendo però salve le eventuali multe, se non si dà il proprio contributo. Poiché capiamo e caldeggiamo finanziariamente le ragioni dei conflitti ad alta intensità, potrebbe anche bastare il dovizioso, doveroso e indifferibile impegno giornaliero, escludendo con tutto ciò, la tassa sul servizio di smaltimento.