[Pubblicato in “Costumi popolari d’Abruzzo e Molise nel 1700 e 1800” – Centro Studi P. Serafini, Sulmona 1986]
di Franco Cercone
Per i tipi delle Edizioni del Gallo Cedrone de L’Aquila vedeva la luce, nel 1982, il volume dal titolo “Costumi Popolari d’Abruzzo”, ricco di numerose tavole a colori ed in bianco e nero, frutto di intense ricerche effettuate nel corso di due anni presso archivi e collezionisti privati.
Il giudizio dei critici, apparso sui più svariati quotidiani e periodici fu positivo e particolarmente lusinghiere risultarono le recensioni del compianto G. Bolino, di A. Di Nola[1], e di I. Bellotta.
Vincenzo Accardo ed io – autori di tale pubblicazione – consideravamo, ed a ragione la bibliografia sull’argomento non esaustiva, ma solo una pietra miliare che permettesse, con le sue indicazioni, di proseguire nel cammino che porta al completamento di quel difficile capitolo etnografico che è appunto il Costume popolare abruzzese.
Nell’estendere in seguito lo sguardo anche al Molise, Regione legata all’Abruzzo, per motivi storici e
geografici, da una koinè culturale, abbiamo avuto possibilità di arricchire le fonti bibliografiche facendo tesoro anche dei contributi scaturiti da mostre sui costumi svoltesi in periodi successivi alle manifestazioni da noi organizzate (Sulmona 1982, Castelvecchio Subequo 1984) e soprattutto da quella che ha avuto luogo nel luglio del 1985 a Chieti presso la Pinacoteca C. Barbella, con la pubblicazione del volume «Il costume popolare Abruzzese tra ‘700 e ‘800›› ed. Solfanelli, 1985, contenente i saggi di De Rosa e Trastulli “Il Costume Abruzzese tra cronaca e storia” e quello pregevolissimo di E. Spedicato “Sulle tracce del costume popolare: ipotesi di percorso”.
Sulla scia delle considerazioni fatte da G. B. Bronzini ne “Il metodo funzionale per lo studio del costume popolare” (in “Cultura e Scuola” n.81, 1982, pag.108 e sgg.), i nuovi dati acquisiti hanno apportato maggior ordine nella valutazione delle fonti sia sul piano sincronico che diacronico, sicché prescindendo dagli aspetti meramente tecnici, lo studio del costume popolare va visto soprattutto come indagine diretta alla focalizzazione dei rapporti uomo-ambiente, nel quadro più vasto della geografia antropica e dell’antropologia culturale.
Poiché nelle fogge di vestire l’aspetto cromatico assume una importanza fondamentale, non qualificabile come elemento sovrastrutturale (nei paesi montani, per es., il predominio delle stoffe nere, al di fuori dei casi di “lutto stretto”, è dettato dall’esigenza di attrarre il più possibile i raggi del sole, mentre a valle funzione opposta svolgono, o meglio, svolgevano le tovaglie bianche sul capo), si comprende come gli ex voto pittorici, che ornano, spesso da secoli, le pareti di molti santuari, abbiano attirato anche sotto il profilo che qui interessa, l’attenzione degli studiosi, per cui tali tavole votive, scaturite talvolta anche dall’estro di insigni artisti, costituiscono la fonte storica più importante per lo studio del costume popolare.
Gli ex voto pittorici, eseguiti per lo più ad olio, rappresentano infatti delle vere e proprie fotografie a colori risalenti ad epoche in cui non esistevano macchine fotografiche, e scattate da ignoti artigiani che ritraevano il committente, uomo o donna, con l’abito usuale nella scena della ierofania e della Grazia Ricevuta.
Per lo stesso motivo agli ex voto pittorici sono paragonate le figurine in terracotta che animavano i presepi. Modellate secondo le fogge di vestire, dei più svariati paesi, esse venivano colorate a mano fin nei minimi particolari, raggiungendo spesso (come nel caso di G. Avolio, artista di Pacentro) livelli di arte figulina.
Oltre alle fonti citate nel volume “Costumi Popolari d’Abruzzo”, ve ne sono altre di notevole interesse che sono sfuggite alla nostra attenzione o alla nostra la memoria e che riguardano l’Abruzzo e l’area peligna in particolare. Vanno segnalati anzitutto i seguenti volumi: E. Mattiocco, O. Pelino, G. Di Tommaso “Sulmona nell’Ottocento”, Sulmona 1970; E. Mattiocco, “Sulmona Ieri”, Sulmona, 1972, per le numerose fotografie ritraenti donne nei costumi caratteristici de paesi della Conca Peligna (periodo fine Ottocento – primi decenni del Novecento); D.V. Fucinese “Raiano notizie storiche e vita tradizionale”, L’Aquila, 1971. In quest’ultimo l’A. riporta alcune descrizioni di costumi osservati dal Gothein durante la sua permanenza a Sulmona e centri limitrofi nell’ultimo decennio del secolo scorso [‘800].
A questi lavori vanno aggiunte opere e resoconti di viaggiatori stranieri dell’Ottocento di cui siamo venuti a conoscenza negli ultimi tempi e che andrebbero tradotti in italiano data l’importanza che rivestono per la nostra Regione e per il Mezzogiorno, come il volume K.U. Von Salis-Marschlins “Viaggio attraverso l’Abruzzo”,1789, ristampa anastatica a cura di A. Polla, Avezzano 1981.
Di notevole interesse risulta per la Marsica e soprattutto per Celano il saggio di P. Piccirilli, “Una relazione inedita intorno allo stato di Celano”, pubblicato nella “Rassegna Abruzzese di Storia e Arte” (n. 9, 1899); lo stesso dicasi per “Collelongo”, pregevole monografia di W. Cianciusi, pubblicata nei 1972 e ricca di annotazioni sul costume di tale località.
Tra le opere riproducenti costumi della nostra regione pubblicate verso la metà dell’800 vanno segnalate quelle realizzate con notevole spirito imprenditoriale da Gaetano Dura, concretizzate in una serie di lavori di grande importanza, alcuni dei quali non molto noti agli studiosi del settore.
Le elenchiamo qui appresso in ordine cronologico:
- S. Gatti – G. Dura, Scenes populaires dessineès par Gaetano Dura, Napoli. Lit. Gatti e Dura, 1840, (con 25 tavole colorate a mano).
- G. Dura, Costumi Napoletani, Napoli Lit. Gatti e Dura (con 10 tavole colorate a mano).
- G. Dura, Nuova raccolta di costumi e vestiture di Napoli e suoi dintorni, Napoli. Lit- Gatti e Dura, 1850-51 (con 39 tavole acquerellate a mano).
Verso la metà dell’800. sotto l’influsso delle teorie romantiche, si ebbe una grande fioritura di opere, italiane e straniere, aventi per soggetto scene di vita popolare con riproduzioni, a colori ed in bianco e nero, di personaggi del contado in costumi tradizionali.
Accanto alle più note, vanno inoltre segnalate:
- Autore Anon., Regno di Napoli, Siti, Monumenti, scene e costumi, Torino, Pomba Ed., 1835. voll.4; (con 68 tavole incise alcune delle quali riproducenti costumi abruzzesi a molisani)
- M. Buonaiuti, Italian Scenery Representing the manners, customs amusements of the different states of Italy, London 1824, (con 32 tavole colorate a mano da J. Godby).
- S. Manning, Italian pictures drawn with pen and pencil, London, s.d.
- F. De Boucard, Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti, Opera diretta da F. De Boucard, Napoli, Nobile Ed., 1853-58 voll. 2; (con 101 tavole acquarellate a mano e disegnate da valenti artisti, tra cui il Palizzi).
- N. Dally, Usi e costumi sociali, politici e religiosi di tutti i popoli del mondo, Torino, Stab. Tipogr. Fontana, 1844-47, voll. 4 (con 250 tavole incise in rame e colorate a mano)._
- J. Gourdault, Naples et la Sicilie, Parigi, Hachette. 1889; (nell’opera sono riprodotti disegni in bianco e nero di costumi abruzzesi e molisani).
- Autore Anon. , Nuova raccolta di 56 costumi di Roma e contorni tratti dalla fotografia, Roma 1860, (con 56 costumi litografici, colorati a mano).
In molte opere un certo spazio è riservato alle colonie albanesi dell’ltalia meridionale, con descrizione
degli usi e costumi di questo popolo. Particolarmente interessanti per l’influenza esercitata sulle tradizioni popolari di molti centri del sud (si pensi a Villa Badessa in tenimento di Rosciano). Al riguardo va segnalato il volume di F. Tajani, Le Istorie albanesi. Epoca prima e seconda, terza e quarta, Salerno, F.lli Jovene, 1886, (contenente molte tavole di costumi in litografia, colorati a mano). Lo stesso dicasi per i Briganti, che insieme ai Pastori diventano il simbolo della Einsamkeit romantica. Ed è proprio ad essi che la pittrice inglese M. Graham dedica un importante lavoro dal titolo Three Montes passed in the mountains east of Rome, during the year 1819, London, 1821. Nel volume sono riprodotti gli abbigliamenti caratteristici di 10 briganti abruzzesi. Da segnalare infine l’importante opera di Harriet Morton, Protestant vigils or evening records of a journey in Italy in the years 1826 and 1827. London, R. B. Seeley – W. Burnside 1829. 2 voll.
L’interesse suscitato delle fogge di vestire del Regno di Napoli per gli studiosi anglosassoni, si inserisce così in quella Weltanschauung romantica che fa del luccicante paesaggio meridionale la cornice ideale dei Wandern, del vagare senza mete precise, alla ricerca di tutti gli elementi che arricchiscono la propria formazione spirituale.
Usi e costumi acquistano così il valore di prezioso tassello di completamento del mosaico descrittivo di popoli e terre lontane e fissa una pagina importante di storia che fino al secolo scorso non era ancora stata scritta.
[1] Cfr. A. Di Nola “Per un bilancio della ricerca culturale in Abruzzo” in Rivista Abruzzese n. 4 Anno XXXVI 1983: [“… Passiamo a più fausti lidi, quelli che toccano i problemi delle tradizioni popolari, con un’intelligente pubblicazione dedicata ai costumi popolari d’Abruzzo (V. Accardo e F. Cercone “Costumi popolari d’Abruzzo”, Edizioni del Gallo Cedrone, 1982, pp. 72+30 tavole delle quali molte a colori). Veramente in questa splendida opera si passa a una storia minore di realtà regionale intensa ed attentissima, proprio perché la ricerca, questa volta è diretta ad un’area molto precisa e ristretta. … La consistenza culturale delle vicende che interessano il costume è chiarita dall’intervento, come sempre brillante ed erudito, di Franco Cercone che ci offre notizie di eccezionale valore: non soltanto quelle relative all’origine degli abiti e delle acconciature, ma quelle che affrontano apparenti curiosità, localismi che sembrano superficiali e che, invece, rivelano i volti nascosti della realtà abruzzese, per esempio la serie documentaria che, nello scritto di Cercone, riguarda la obliterazione del costume maschile, più rapida e evidente dell’abbandono del costume femminile. Dietro mi sembra sia tutta la cronaca delle transumanze, degli spostamenti, delle migrazioni stagionali di questa gente: i maschi realizzano contatti con alterità culturali, con Roma, con la Campagna romana, con la Puglia, pagando in proprio, anche negli abiti, la deidentificazione, mentre la metà femminile, relegata nelle attese nelle terre abruzzesi, diviene depositaria di tradizioni residue. L’opera, a parte il notevole valore delle riproduzioni, è un esempio di antropologia storica, del come un dato specifico, quello del costume materiale, possa essere sollevato a indice di analisi di una storia culturale: ed è violenza subìta il dover constatare che uno studioso come Cercone, certamente di livello nazionale, debba portare a termine questi lavori nel silenzio della periferia sulmonese, soltanto perché i centri di studio universitari vivono nel facile gioco dei piccoli poteri mortificanti e cancellano le rischiose presenze delle intelligenze”. Alfonso Di Nola]
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