AMAMI TEATRO. VECCHIACCIA di Stefano Benni

Teatro Marrucino, Corso Marrucino Eventi Giorno e Notte Giovedì 21 Dicembre, ore 01.30

Chieti, 15 dicembre 2023. Drammaturgia e Regia Claudio Di Scanno con Rebecca Di Renzo e un contributo registrato di Susanna Costaglione, tratto da Terra desolata di Thomas Eliot; costumi e accessori di scena Drammateatro Produzione Drammateatro Ur-Fest Il Teatro della Città con il sostegno del Comune di Popoli.

In esso il dramma di una donna che giace immobile in una stanza buia e ricorda la vitalità e la bellezza della gioventù e lo fa sempre con lo stile comico di Benni. Il modo di esprimersi di questa malinconica signora è crudo da pugno nello stomaco. Su tutto aleggia l’ombra della solitudine dell’anziana che non viene vista altrimenti che come un posto in tavola in una casa di riposo persa in mezzo agli alberi, nascosta dalla città. E allora lei urla, urla forte, fortissimo e per un istante, anche se piccolo, la gente si accorge di lei provocandole un senso di insano godimento.

Franco Acquaviva sulla Rivista SIPARIO scrive di VECCHIACCIA.

“Non possiamo restituire un racconto di tutta la programmazione, ci limiteremo alla sola giornata che ci ha visto presenti, segnalando il lavoro di Drammateatro. Una giovanissima attrice (ventitreenne), Rebecca Di Renzo, alle prese con un testo di Stefano Benni, “Vecchiaccia”, per la regia di Claudio Di Scanno. Una presenza attoriale piena, quella della Di Renzo, condotta al limite delle possibilità vocali; un corpo addestrato e leggero, capace di vibrare fin quasi al parossismo e di lasciarsi scorrere via. Una capacità di sentire il corpo della vecchiaia, di analizzarlo con il bisturi della danza e del training fisico (questo misconosciuto!), restituendolo senza alcun autocompiacimento formale. Con esiti che in certi momenti (specie nel finale) sembrano costeggiare la danza Butoh. Un’impresa attoriale condotta sul filo di un dire ben scolpito nel profondo gorgo di una caverna vocale, che scava nel corpo senza prestarsi in alcun modo alla tentazione così diffusa di usare il testo come trampolino per un teatro della chiacchiera”.

Nota di regia

C’è un particolare preciso nel testo di Stefano Benni che apre, con la chiave del senso, tutto l’impianto narrativo sostanziale: è l’attimo in cui dal corpo in disfacimento della vecchiaccia emerge quello di lei da giovane. Il corpo bellissimo di una giovane donna. Lei, la vecchiaccia, da giovane. Gli indizi letterari sono in tal senso ricorrenti, ma lì in quel punto Benni indica questo ritorno alla bellezza del corpo giovane con una precisa indicazione: Si alza in piedi, a braccia aperte, ed è bellissima. Una immagine/tempo dal segno del doppio, aggiungerei perturbante. E d’altra parte, è forse il deterioramento, il raggrinzimento (per usare un termine dell’autore) del corpo ad essere veicolo di memoria, laddove esso è sinonimo di vecchiaia come corpo/tempo, e quindi rincorsa malinconica alla giovinezza perduta. Ed è questa rincorsa alla percezione di ciò che si era (“ero bella…avevo delle belle gambe…bella che sei, pedala, facci vedere…) a suggerire in ciascuno di noi la freschezza della memoria personale. Memoria di sé e del tempo che abbiamo attraversato e che ci ha attraversato. Di quel sé che siamo stati e di cui oggi viviamo, al presente, una particolare eredità che ci ha segnato, che ci segna. Che ha scalfito il nostro corpo, la nostra vita. Raccontare di sé da giovani, nelle pagine di una esistenza scalfita dalla guerra, dall’epoca buia del fascismo, dalle ferite dei tentativi di stupro tutti interni alla famiglia, dell’amore nel granaio con colui che si amava e a cui hanno sparato alla gola…Raccontare poi di sé nel tempo della memoria che ti riprecipita nella dolorosa attualità di un ospizio, anticamera di quel viaggio finale lungo il viale alberato da cui non si torna indietro…Come mio solito, costruisco attimo dopo attimo una drammaturgia del ribaltamento che mi rende compromesso con l’avventura della scrittura dell’autore. Rebecca ha poco più che 20 anni ed è per me la Vecchiaccia da giovane, il testimone in scena della memoria di questa figura che Stefano Benni ha voluto dotare del soffio vitale della scrittura. E’ lei a parlare di Lei, da giovane, e scavare il solco di una vita che s’intreccia nel groviglio dei fili cui si risolve la memoria del corpo. E quel groviglio di flash beck è lo spazio/tempo dell’ultimo viaggio di Vecchiaccia, evidentemente nella maschera del non ritorno…con l’ironia, la ruvidezza, la sottile comicità di Stefano Benni; con l’energia, la consapevolezza, l’ostinata dedizione al teatro di una giovanissima attrice. Anche questo è per me Vecchiaccia.

Claudio Di Scanno