IL DOLORE DELLA LUCE E I SENTIMENTI

Dell’amore nella scrittura di David Ferrante

di Alessandra Melideo*

«Ci sfioriamo ogni giorno nei luoghi, nel tempo e nei pensieri; senza mai afferrarci. Ci sfioriamo come una lama affilata accarezza dolcemente la pelle lasciando profondi tagli; il profumo del sangue delle nostre ferite ci permette di riconoscerci.»

Chieti, 20 marzo 2024. Agli inizi nel 2024 è uscita la nuova edizione del libro di David Ferrante, Il dolore della luce. Racconti di streghe, fantasmi e d’amore. Silloge che era stata pubblicata nel 2023 in edizione limitata e firmata dall’autore e che racchiude cinque storie che trattano altrettante leggende che si confondono nella realtà e nella vita quotidiana. Elementi dell’irrazionale e ambientazioni oniriche che si amalgamano con tematiche quali il dolore, la morte, la paura, il desiderio e la ricerca della luce, archetipi da sempre connaturati nell’uomo e nella storia dei popoli.

David Ferrante, è noto per il suo progetto l’Abruzzo Magico. La sua vasta operazione letteraria è divulgativa ha il merito di promuovere la valorizzazione e la tutela della cultura del nostro territorio, attraverso la ricerca e la narrazione dei grandi miti, delle leggende, degli aspetti folkloristici che caratterizzano la storia del nostro Abruzzo.

Il dolore della luce rappresenta un nuovo percorso che ricerca l’analisi del sentimento dell’amore nella sua complessità e contraddizione che emerge in un susseguirsi di contrasti e binomi che costituiscono il focus degli eventi narrati. Il percorso descritto nei racconti della silloge, disposti secondo una struttura crescente di analisi ed evoluzione spirituale, prevede un viaggio che dalle tenebre del dolore segue la ricerca della luce, elemento di contatto con l’assoluto.

Cinque racconti: Tre croci sulla pelle; Il dolore della luce; Un tulipano d’acqua con cinque fiori di luppolo; Raccontate di me; Come incubo. Commistioni fra il gothic-folk, la ghost-story, la fiaba nera e una lacrima di horror. Un viaggio tra passato e presente, tra fantasia e verità, che si traduce in un sofferto amalgama di crudeltà e amore.

Cinque leggende: la Scurnachiera, la processione di anime che la notte dei morti dal cimitero va in chiesa per partecipare alla messa in loro onore, celebrata da un sacerdote defunto. Lu lope janare, nascita e morte del lupo mannaro; il fantasma di una magrissima donna che faceva gettare tra le lame di un pozzo le persone a lei non gradite; la Dama bianca, il fantasma della donna che si fece uccidere dall’uomo che amava e da quello che doveva amare; la pantafica, la creatura della notte che succhia il respiro paralizzando chi dorme.

Da lettrice sono rimasta particolarmente colpita dal titolo, “Il dolore della luce” costituito da due termini che rimandano a campi semantici antitetici, quasi antipodi esistenziali opposti. Goethe nella sua “Teoria dei colori” afferma che i colori si originano dall’incontro della luce con le tenebre.

Il tema dell’indefinito diventa centrale e si confonde con il mondo reale fino a diventarne una metafora, con la conseguente paura dell’uomo di fronte alla morte e all’ignoto.  La ricerca della luce diventa esigenza vitale: le visioni assumono corporeità e significati diversi, diventano un tramite per capire il senso della realtà effimera ed evanescente. La difficoltà di essere, trovare e vivere la luce quando si è nel buio più profondo. Ma il messaggio trasmesso è un messaggio di speranza: il dolore può generare luce attraverso un percorso obbligato, che ricalca le contraddizioni di un sentimento complesso e di difficile definizione, qual è l’amore.

L’amore è generativo, senza morte (a-mors): può condurre alla salvezza tramite il dolore.

La paura e il dolore assumono dunque una forma, un significato.

Il tema dell’amore distruttivo, come nel primo racconto, viene narrato attraverso i contrasti tra protezione e distruzione, amore e morte, che si assommano, nel secondo, con quelli di luce-ombra, bianco-nero, gioia dolore, binomi che diventano essenza della complessità del sentimento.

Il fascino dell’occulto e del mistero aleggia nel susseguirsi degli eventi narrati, nei simbolismi e nei messaggi nascosti tra le pagine del libro di David. Vengono evocati i paesaggi notturni e con connotazioni oniriche, propri della fase della giornata in cui l’uomo si trova di fronte al suo inconscio, ad affrontare i propri incubi, i propri demoni. Se il racconto Un tulipano d’acqua con cinque fiori di luppolo diviene l’immagine cardine e metafora della fenomenologia dell’amore ingannato, mentre Come Incubo ne propone la rinascita.

David Ferrante è scrittore e sociologo, appassionato studioso della cultura popolare che divulga attraverso opere di saggistica e narrativa. Sulle credenze magiche e misteriose ha al suo attivo, oltre a vari racconti, diverse pubblicazioni tra le quali: Tradizioni, riti e sortilegi del 24 giugno. San Giovanni Battista nella cultura popolare abruzzese (2018-2021-2023) e le antologie delle quali è ideaotre e curatore L’Ammidia, Storie di streghe in Abruzzo (2019), Fate, Pantafeche e Mazzamurelli. Storie di miti, superstizioni e leggende d’Abruzzo (2020); Magare. Storie di Streghe d’Abruzzo (2021) e Anime sperse. Storie di Fantasmi d’Abruzzo e Molise (2024) nelle quali ha coinvolto decine di scrittori provenienti da tutte le regioni italiane.  Pubblicazioni dalle quali emerge la volontà di trasmettere, consegnare al lettore senza nome e senza tempo, un patrimonio culturale che rischia di essere dimenticato. Il termine tradizione deriva, infatti, dal latino “tradere” e significa trasmettere, consegnare da una generazione a un’altra con una finalità costruttiva per chi la riceve. Molte leggende citate all’interno delle opere di Ferrante sono, infatti, il frutto di una raccolta e rielaborazione dei racconti ascoltati dai nonni e appresi dalla lettura di testi demologici e di narrativa. Parliamo, ad esempio, della leggenda della pantafica, figura spettrale che per metonimia diventa la personificazione della paura, oppure il fantasma della Dama Bianca di Popoli, il mazzamurello, creatura fantastica della tradizione folclorico-fiabesca, del lupo mannaro, delle streghe, dei fantasmi, ecc. ecc.

Come in una grande teogonia di Esiodo, il nostro autore cerca di preservare l’identità della cultura popolare abruzzese attraverso la rievocazione di racconti che diventano strumento di memoria. 

«Io sono solo il narratore che parla a chi vorrà ascoltare, colui che scrive per un lettore senza nome e senza tempo. Senza nomi e senza tempo come nelle mie cinque storie di una vita che ha un nome e un cognome e giorni ben scanditi. L’indefinito si confonde con la realtà fino a diventarne parte o metafora. Solo così la vita assume le forme, i colori e la poesia che riesco a guardare, quelli che profumano di buio.»

*docente del Liceo Scientifico F. Masci di Chieti