LA CORSA DI PASQUA
[Pubblicato in “D’Abruzzo”, A. VII, n° 25, Ortona (CH), 1994.]
di Franco Cercone
Sulmona è famosa non solo per aver dato i natali ad Ovidio Nasone, oppure per i suoi insuperabili confetti, ma anche per la Madonna che scappa in Piazza, sacra rappresentazione che si svolge la mattina di Pasqua e che rappresenta l’epilogo solenne di un complesso ed articolato rituale drammatico gestito dalle confraternite della Trinità e di Santa Maria di Loreto.
Tutto inizia il Giovedì Santo a sera e prosegue il venerdì con la processione di Cristo morto e il sabato con la mesta cerimonia del trasporto della Madonna in lutto alla chiesa di San Filippo.
Le origini della confraternita della Trinità a cui aderirono i casati cittadini più prestigiosi, come i Mazara, i Sanità, i Corvi, appaiono strettamente legate alla Congrega dei nobili, istituita dai Gesuiti alla fine del Seicento; questa mantenne inalterato il carattere egemone almeno fino all’Unità d’Italia,
quando la nobiltà cittadina scoprì le nuove vie politico-amministrative da seguire lasciando l’atavica
eredità a forze sociali emergenti nella classe artigianale e imprenditoriale.
Il sodalizio di Santa Maria di Loreto sembra invece presentare origini diverse alle quali bisogna rifarsi per tentare di comprenderne il costume di gruppo. Il borgo che si forma attorno a Santa Maria
della Tomba, al di fuori della cinta muraria di cui la città si munisce agli inizi del Trecento, raccoglie
non solo nuclei familiari appartenenti a strati sociali non egemoni, ma anche forenses dei castelli vicini attratti dalle possibilità di lavoro offerte dai nuovi mezzi tecnici per il dissodamento dei terreni e per la tessitura.
Tra il nucleo storico urbano e i nuovi borghi extramoenia, si instaura una comprensibile diffidenza che sembra coinvolgere anche il clero delle chiese qualificate de fore, rispetto al Capitolo e mette in
atto una serie di procedure cerimoniali spesso contrapposte.
Oggi i compiti delle due confraternite sono ben distinti: quella della Trinità esegue la processione del Cristo Morto e quella della Madonna di Loreto la Madonna che scappa in piazza. Inoltre, a ricordo forse di più complesse manifestazioni religiose dei tempi passati, la confraternita di Santa Maria di Loreto esegue nel pomeriggio del Venerdì Santo anche una processione che, pur svolgendosi entro uno spazio cittadino limitato, non di rado ha ingenerato nei turisti, che per l’occasione affollano Sulmona, l’impressione che si tratti della ormai famosa processione della Trinità.
Ma il punto centrale della manifestazione vive e si consuma nella mattina di Pasqua. L’orgoglio di appartenere al sodalizio della Madonna di Loreto, al quale spetta il compito di provvedere alla rappresentazione di Pasqua, è un sentimento che si scopre da bambini nel lungo e costante apprendistato fatto di rispetto ed ammirazione per i confrati adulti.
Nel grandioso scenario di Piazza Garibaldi, a cui fa da cornice una folla impressionante di spettatori provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, si avverte la sensazione di trovarsi in mezzo al teatro più bello del mondo.
Non è dettata solo da una curiosità turistica per uno spettacolo singolare, la presenza che spinge i sulmonesi ad assiepare i lati della piazza e le arcate dell’acquedotto medioevale. Per tutti, ogni anno, l’evento rappresenta il segno tangibile del tempo che, in una logica che supera gli angusti confini del quotidiano, rinasce e ritorna nuovo e perfetto. Una percepibile emozione è sospesa tra un lato e l ‘altro della piazza: l’attesa collettiva si consumerà solo nell’attimo della corsa.
Verso mezzogiorno, terminata la messa solenne nella chiesa di Santa Maria della Tomba, la scorta d’onore spalanca l’antico portone della trecentesca chiesa della Tomba da cui esce la processione delle statue che si snoda con in testa il gonfalone della Confraternita di Santa Maria di Loreto.
I portatori della Confraternita di Santa Maria di Loreto infatti aprono il corteo con la statua di Cristo Salvatore a cui fanno seguito quelle di San Pietro e San Giovanni; l’imponente apparato processionale della Confraternita della Madonna di Loreto dà avvio dunque alla prima parte della rappresentazione; i confratelli in abito di gala, con il caratteristico mozzetto di seta verde, reggono i ceri votivi nel passaggio sotto l’acquedotto medioevale, i giovani portatori di torce votive, entro la perfetta cornice ogivale, sono una immagine che richiama alla memoria la suggestione di situazioni festive e mitiche, oltre la scansione definita del tempo.
Una immagine che ogni anno si ripete sempre uguale a sé stessa e sempre nuova.
Alcuni confrati, con il caratteristico mozzetto verde, sorreggono la statua del Cristo risorto, altri quelle di San Giovanni e San Pietro, le uniche rimaste di un ben più numeroso gruppo di personaggi che animavano un tempo la sacra rappresentazione. Scriveva infatti il De Nino, nella seconda metà del secolo scorso: “Verso le dieci del mattino, esce la processione dalla chiesa di Santa Maria della Tomba. Si vede una filatessa di statue: San Pietro apostolo, San Giovanni Battista, San Giuseppe d’Arimatea, San Pier Celestino, San Tommaso, San Nicodemo, San Giovanni Evangelista, Sant’Andrea pescatore e altri; e poi statue di femmine: Sant’Anna, Santa Maria Maddalena, Maria Salome, Maria Cleofe. Da ultimo la statua di Gesù risorto. E la Madonna? La Madonna si è nascosta in una casa in fondo alla piazza”
Mentre in prossimità dell’acquedotto medioevale la statua del Cristo risorto si ferma, quelle di San Pietro e San Giovanni, ciascuna portata da quattro confratelli lauretani, proseguono verso la chiesa seicentesca di San Filippo Neri, dove la sera del Sabato Santo, con una mesta quanto toccante cerimonia, la Confraternita di Santa Maria di Loreto ha accompagnato la statua della Madonna vestita a lutto. Le statue si fermano sul sagrato. Si reca per primo San Giovanni ad annunciare alla Madonna che Cristo è risorto, ma il portale resta chiuso. Il secondo tentativo è compiuto allora da San Pietro, ma con lo stesso risultato, poiché per i fedeli egli è na ‘nzegne fauzóne (un po’falso), con evidente allusione all’episodio del Vangelo in cui Gesù predice a Pietro: “prima che il gallo canti mi rinnegherai” tre volte.
È notevole in tale circostanza l’atteggiamento negativo che traspare dal volto di molti fedeli nei confronti del Principe degli Apostoli. Sradicata dal contesto evangelico, l’immagine di San Pietro si carica di segni umani e, secondo precisi schemi antropologici, viene inserito, come molti altri santi, in un quadro religioso contadino, decisamente collegato ai problemi più corposi e concreti della vita quotidiana.
Fallito il tentativo di San Pietro, tocca ancora a San Giovanni annunciare alla Madonna che Gesù è risorto. La Madre, questa volta, non può non credere all’apostolo prediletto dal Figlio: un brusio intenso si alza così dalla folla, mentre pian piano si apre il portale della chiesa di San Filippo.
Per qualche attimo la Vergine, fra il silenzio più assoluto della folla assiepata in piazza, sosta sulla
soglia e il portale assume l’aspetto di una singolare cornice di un quadro in cui spicca il colore nero
del manto che Lei indossa.
Seguita a distanza da San Pietro e San Giovanni, che hanno ormai esaurito il loro compito, la Madre
si incammina lentamente verso la parte opposta della piazza, dove è in attesa il Cristo risorto.
A una distanza stabilita, e corrispondente all’incirca alla metà dell’intero percorso, i portatori sollevano la statua, segno questo che la Madonna ha riconosciuto il Figlio, e danno vita ad una frenetica corsa. Fra un assordante sparo di mortaretti il mantello nero cade e la Madonna riappare nella consueta veste verde.
Sulla mano destra, al posto del fazzoletto bianco che fa parte del corredo da lutto, la Madre regge una rosa rossa, sbocciata quasi d’incanto durante la corsa. Nello stesso istante in cui Le viene fatto cadere il mantello nero, grazie a una cordicella nascosta all’interno della statua, si liberano nell’aria dodici Colombi sistemati in precedenza sotto il piedistallo con accorgimenti circondati dal più assoluto segreto. Dalla direzione che essi prendono, i fedeli traggono auspici per l’annata agricola: sarà eccellente se i colombi, appena liberati, puntano in alto, mentre sono ritenuti segni nefasti il volo radente e l’eventualità che alla Madonna non cada bene il velo.
Non minore attenzione viene rivolta ad episodi di cui si rende protagonista la Madonna stessa. Durante la processione di Pasqua nel 1980, la statua della Madonna corse il rischio di rovinare di fronte al palazzo dell’Annunziata. Non pochi interpretarono l’incidente come malaugurio, tanto più che esso era stato preceduto da altri segnali negativi, come per esempio il manto non caduto bene durante la corsa. Furono fatti allora presagi infausti per il 1980, confermati purtroppo dal terribile terremoto che a novembre di quell’anno, colpì il Meridione.
Più grave apparve l’incidente accaduto nell’edizione della Pasqua del 1987 allorché, durante la corsa, la statua della Madonna si inclinò indietro, a causa di una stanga sfuggita dalle mani di un anziano lauretano. L’episodio gettò nel più amaro sconforto l’enorme folla che assisteva in piazza Garibaldi alla sacra rappresentazione. Gli eventi sociali e politici verificatisi dal 1987 in poi, generalmente positivi su scala mondiale, hanno affievolito per fortuna questa suggestione così radicata nel popolo sulmonese.
Appena ultimata la corsa la Madre può riabbracciare il Figlio creduto morto. Si forma così una grande
processione a cui partecipano le Autorità cittadine e religiose, nonché le confraternite della Madonna
di Loreto e della Trinità, che per l’occasione sfilano insieme in un rinnovato clima di concordia e di pace.
[La manifestazione si svolge a mezzogiorno della domenica di Pasqua in Piazza del mercato. A chi volesse seguire la manifestazione nelle sue varie fasi si consiglia di attendere l’uscita della processione da Santa Maria della tomba. Chi invece predilige una visione della fase conclusiva è opportuno che si sistemi per tempo dalle parti dell’acquedotto medioevale.]
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