Il Vangelo odierno. Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.
Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.
Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”» (Mc 16, 1-7 – Pasqua B).
Quando abbiamo problemi seri nella vita, spesso, parliamo di “macigni”, che ci sovrastano o incombono su di noi, o che pesano così tanto da distruggerci. Il macigno delle donne al sepolcro non era metaforico era reale: la porta dell’ingresso del sepolcro. Tra il metaforico e il reale, il macigno della porta ci divide da quel Gesù riposto in un sepolcro nuovo dopo la sua passione crocifissione. I macigni sono tali perché sono enormi, troppo grandi per le nostre fragili e deboli vite e, pertanto, non si possono muovere da soli. Eppure, vanno rimossi: e come? Non certo da soli. Superbia, spocchia, divismo e autoreferenzialità riempiono la scena di questo mondo civile, politico ed ecclesiale di persone (fatte salve le rare e nobilissime eccezioni) che mostrano muscoli e credono di spostare macigni come le guerre, le crisi sociali, ambientali ed economiche con la bacchetta magica. Sono solo “squallide figure che attraversano il Paese” – cantava Battiato – e ci riempiono di chiacchiere così stucchevoli e logore che appesantiscono i macigni. Ma torniamo a Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme, di tutt’altra pasta e saggezza.
La mattina della Resurrezione è una lezione per loro e per noi. I macigni si spostano insieme o, il buon Dio, alcune volte ci viene incontro e li “sposta” lui. Come e quando non lo so. Ma il perché è Lui a dirlo: È Risorto! Affermare che il Signore è risorto non è semplicemente dire che il Signore è risorto e risorge ogniqualvolta il bene vince il male, la vita vince la morte e così via. Devo essere sincero: per quanto questa risposta sia vera, essa non convince molto, dal punto di vista cristiano. Se la resurrezione è la sintesi dell’eterna lotta tra bene e male, il tutto mi sembra ridotto a un gioco di forze, di una lotta continua tra bene e male e di un progresso che segna, a suo favore, le vittorie del bene. Ma qui, nei Vangeli, non si parla di forze, ma di persone: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme e, soprattutto, Gesù. È Lui il Risorto, non la “forza” del bene, ma una persona: Lui crocifisso e risorto.
La resurrezione è un evento fuori della nostra portata, è metastorico, apre la storia umana a prospettive non umane: in essa è vinta la morte, quella morte che chiude la storia di ogni persona. Quella che viviamo come “il” macigno per eccellenza. La resurrezione avviene perché il Cristo, con la potenza del Padre, torna a vivere in una dimensione diversa. Bisogna credere ciò o non crederlo. Altrimenti laicizziamo la resurrezione fino a far scomparire la centralità del Cristo.
Il senso della resurrezione è che noi cerchiamo un crocifisso, mentre è Risorto, noi pensiamo a forze in lotta tra loro e, invece, il Signore Risorto si presenta a noi in vesti diverse. Non è una forza, E’ una persona. E ci precede sulla nostra strada, quella su cui ci sono macigni piccoli e grandi. Se crediamo che è così lo vedremo, nei modi e nei tempi che Lui stabilirà. Infatti, non è risorto solo per sé. È risorto per noi, per guidarci, attraverso sentieri di morte, su sentieri di vita. Dove non c’è macigno che tenga.
Rocco D’Ambrosio
[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]
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