Pescara, 9 maggio 2024. Le piantine di Pino d’Aleppo finite nello spartitraffico della Riserva della Pineta Dannunziana e quelle di palme che spuntano vigorosamente tra i cordoli sul Ponte D’Annunzio: due esempi di migrazione di piante. Ogni singolo individuo resta fermo, ma l’insieme si sposta, seppur non nel senso animale di movimento. È quello che accade normalmente da milioni di anni nel mondo vegetale ogni volta che una pianta, di qualsiasi specie, si riproduce: lo fa da un’altra parte rispetto al luogo di origine, vicino ma anche lontano, a volte tanto, grazie al vento, agli animali, all’acqua (basti pensare ai pappi dei pioppi o al soffione del tarassaco).
Dopo l’incendio del primo agosto del 2021, le pigne del Pino d’Aleppo, trasportate qualche modo dalla furia delle fiamme dentro la zona colpita dal fuoco e tutt’intorno, si sono aperte e hanno rilasciato i propri semi.
Nei giorni recenti, a oltre due anni dall’evento nefasto, giovani conifere hanno fatto capolino tutte insieme negli spartitraffico posti in prossimità del cancello di ingresso/uscita sud della Riserva. Ne sono veramente tante (un centinaio). La cosa che forse sfugge è che questa disseminazione è avvenuta dentro l’area della Riserva, non fuori, e all’interno di aiuole tra le più degradate che si possano immaginare, forse realizzate con materiale di riporto, esposte agli inquinanti di migliaia di veicoli in transito.
Il modo con cui la Riserva Dannunziana si rinnova, e quindi si modifica nel corso del tempo, dovrebbe essere oggetto di grande attenzione, soprattutto da parte dell’Ente gestore, ovvero la Giunta comunale (sembra curioso, ma tant’è!). Seppur non in maniera diretta, compito della stessa, in quanto soggetto decisore delle scelte delle politiche urbane, è anche gestire il patrimonio del verde pubblico.
Il concetto della disseminazione delle specie vegetali attraverso diversi vettori non dovrebbe pertanto sfuggire a detto organismo che, dotato di uffici dedicati e consulenti, avrebbe a disposizione quanto necessario per gestire scientificamente la materia.
Come già detto, la Riserva Dannunziana è un organismo fitosociologicamente dinamico, che si modifica nel corso del tempo, e lo fa a prescindere dai muri e dai recinti in cui è stata maldestramente confinata negli anni. Ma anche la vegetazione esterna fa altrettanto: il tutto dà luogo ad una commistione vegetativa che sfugge alle logiche della perimetrazione catastale.
Se noi umani non facessimo nulla, le nostre città sarebbero in breve tempo ricoperte di piante d’ogni tipo, erbe, arbusti e a lungo andare di alberi, perché questi organismi si muovono, lentamente ma si spostano, ma anche massicciamente. E si portano dietro anche gli animali, in un reciproco dinamismo migratorio. E allora succede che i pinetti della Riserva bruciata vadano a radicare nella pietraia dello spartitraffico, ma anche che palme, tipo quelle messe a dimora in città per addobbo stradale, crescano tra i cordoli del marciapiede del Ponte D’Annunzio, ma soprattutto, e in modo lussureggiante, dentro l’area protetta.
È il modo con cui le piante si spostano in città, con la disseminazione anemocora, zoocora, ornitocora che sia, che è alla base e governa, secondo le regole del caso, la dinamica vegetativa urbana, molto più di disegni e rendering che vivono il tempo del taglio del nastro per poi essere inevitabilmente sopraffatti da ben altri progetti, quelli dell’evoluzione naturale, delle piante e degli animali.
Giancarlo Odoardi
Altre Notizie
PACE IN TERRA SANTA
LA CASA DELLA CULTURA
GIORNATA DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE