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COMPOSTAGGIO DOMESTICO

Per una facile e gentile resilienza urbana

di Giancarlo Odoardi,  Vicepresidente Associazione Italiana Compostaggio

Pescara, 17 maggio 2024. Una delle azioni che l’amministrazione di una città, che aspiri ad essere sostenibile, potrebbe promuovere tra la propria cittadinanza è il compostaggio. Sicuramente domestico, ma anche di prossimità, che sia di comunità o locale. Certo, ci sono delle regole da rispettare, ma queste servono proprio per dare sostanza alla pratica, in modo da renderla riconoscibile e condivisibile.

A Pescara, come testimoniato da una vecchia pagina web di Attiva, il compostaggio domestico per la gestione degli scarti organici di cucina, del giardino o dell’orto, risulta ancora come una possibile opzione. Ma lo è anche sul nuovo sito di Ambiente spa, su una pagina non agevole da raggiungere e comunque statica, che rimanda semplicemente agli art. 50 e 51 del regolamento comunale di Pescara. Non si va oltre.

Eppure, di spazi verdi, anche minimi, dove effettuare il compostaggio, almeno domestico, per evitare che il materiale organico di scarto prenda la via, a volte lunga e costosa, di lontane piattaforme, ce ne sono, tanti.

Uno di questi spazi è il piccolo orto di 150 mq della vecchia casa dei miei genitori, urbanisticamente all’interno del perimetro della zona industriale della città, ma da tempo assolutamente urbanizzata, piena di abitazioni dotate di un preziosissimo fazzoletto verde.

È qui che potrebbe prendere corpo, per poi contaminare anche il resto della città, una facile e gentile azione di resilienza urbana, dai risvolti inimmaginabili, con tante piccole azioni in grado di modificare e incidere anche sull’intero servizio di igiene urbana della città.

In quella vecchia casa, dove ho passato 25 anni della mia vita, curo il mio metro cubo di compost, fatto di mattoni e bancali, e dove tutto lo scarto organico che proviene dall’orto e dal giardino riprende vita ogni anno, trasformandosi in prezioso humus in grado di restituire la fertilità al suolo, e chiudere quindi il ciclo biologico della materia.

Immaginiamo di mettere a sistema una tale pratica, coinvolgendo centinaia se non migliaia di famiglie: avremmo una comunità virtuosa attenta e sensibile ai temi della sostenibilità a partire da una pratica quotidiana che è quella legata alla necessità di nutrirsi, quando vengono prodotti ogni giorno scarti alimentari di cui ognuno di noi, quando poi conferiti al sistema pubblico di raccolta, non conosce la sorte.

E invece si tratta di una di quelle frazioni di cui invece ognuno potrebbe attivamente occuparsi, recuperabile proprio in prossimità dei luoghi in cui viene prodotta proprio attraverso il compostaggio. Un risparmio enorme in termini di costi di gestione e una resa inimmaginabile in termini di crescita culturale e di consapevolezza ambientale, che andrebbe assolutamente promossa con azioni pubbliche tra la cittadinanza, magari partendo dalla scuola, luogo principe della formazione di ogni individuo.

Ecco la mia compostiera: un metro quadrato di spazio dove per tutto l’anno batteri e funghi, artropodi e invertebrati lavorano incessantemente per decomporre il materiale organico che viene dalla terra per restituirlo rinnovato alla stessa, rendendo il suolo fertile e produttivo.

Pala, vanga, rastrello, setaccio e un po’ di fatica, poi abbondantemente ripagata dai prodotti dell’orto, rendono la gestione di questo processo una scuola di vita, più di un video sul web e di una pagina di un libretto di istruzioni, pratica che andrebbe promossa con ogni mezzo e a tutte le età, certamente per la sua portata formativa sociale e ambientale, ma anche perché opportunità di risparmio economico per l’intera collettività, vista la mancata raccolta e il relativo trasporto presso remoti impianti.

Conservare la materia: uno dei principi fondamentali dell’economia circolare e di resilienza urbana. Col compostaggio si può: fa bene alla Natura e a noi stessi.

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