GASTRONOMIA COME STORIA

La cucina Tradizionale degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo [Prefazione di F. Cercone pubblicata in La Cucina tradizionale degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo, Quaderno N. 1 IPSSAR Roccaraso, Ed. Qualevita, Torre dei Nolfi (AQ) 1993].

(La ricerca, vero e proprio viaggio attraverso la gastronomia tradizionale dei centri situati sugli Altopiani Maggiori d ‘Abruzzo, è stata condotta nell’anno scolastico 1992-93 dagli studenti e docenti dell’Istituto Alberghiero di Roccaraso [in foto sotto], sotto l’impulso dell’allora Preside Franco Cercone che ne è autore e curatore.)

di Franco Cercone

 Dalle indagini degli studenti, effettuate non in polverosi archivi ma “sul campo”, frugando in quella meravigliosa “biblioteca ambulante” che è appunto la memoria dei vecchi, è emerso un interessante

pattern alimentare costituito non solo da tipiche colture cerealicole e dai prodotti caseari ovini e bovini, ma anche dalla sapiente conoscenza di verdure ed erbe di montagna tramandatasi oralmente di generazione in generazione.

Questo modello alimentare svanirà dopo gli Anni Cinquanta con l’esplosione della cosiddetta “Civiltà dei Consumi” e con il diffondersi dello Snack Bar o del Fast Food, scie luminose della buona stella del turismo di massa che, comunque, costituisce l’unica risorsa dei centri degli Altopiani d’Abruzzo, soprattutto nel periodo invernale.

L’omologazione susseguente alla massiccia “opera di persuasione” effettuata dai mass-media, una volta raggiunto lo zenith, ha imboccato inesorabilmente una parabola discendente sotto la spinta di diversi e complessi mutamenti socio-economici, come il fenomeno del nativismo, la riscoperta delle proprie “radici”, una maggiore coscienza dell’importanza del fattore “alimentazione” per la salute dell’uomo e – dulcis in fundo – della rivalutazione della gastronomia tradizionale.

L’importanza di quest’ultima è stata messa in luce dalla cosiddetta “Dieta Mediterranea”, proprio perché ritenuta scientificamente il modello di alimentazione più consono alla sana nutrizione dell’uomo.

Come si diceva in precedenza, la ricerca degli studenti dell’Istituto Alberghiero di Roccaraso è stata effettuata in una ristretta anche se particolare area montuosa dell’Appennino Centrale, quella degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo. Appare opportuna pertanto una breve descrizione di questo territorio, riproponendo all’attenzione dei lettori una bella pagina tratta dall’opera di F. Sabatini dal titolo appunto Gli Altopiani Maggiori d’Abruzzo. Roccaraso-Pescocostanzo (1970):

«Lasciata Sulmona e la sua ampia e popolosa conca, che si distende come un verde giardino racchiuso in una cerchia di montagne nevose, chi percorre verso sud la Strada Statale 17 dell’Appennino Abruzzese ha davanti a sé il maestoso scenario della Maiella, altissima cordigliera dalla cresta spesso velata di nubi. Ma presto la visuale cambia, non appena la strada – a differenza di un’altra di nuova costruzione che prosegue in quella direzione, verso Cansano e Pescocostanzo – volge a destra imboccando la Valle del Gizio: in questa s’inerpica arditamente e, toccando Pettorano e Roccapia, serpeggia a lungo ora sull’uno ora sull’altro ripido versante, per raggiungere l’arduo valico di Fontanella che apre infine la vista sull’immenso Piano delle Cinque Miglia. È questo il primo e il più suggestivo dei grandi altopiani che proseguendo, si scoprono in verde meravigliosa distesa».

L’ambiente fisico che circonda a mo’ di corona i paesi situati su questi Altopiani, cioè Roccapia, Rivisondoli, Roccaraso, Pescocostanzo, Campo di Giove e Cansano, è dominato ad ovest dal monte Genzana ed a sud-est dalla catena della Maiella.

Dalla propaggine occidentale di quest’ultima, la catena del Porrara, si estende in direzione ovest il Piano del Cerreto, che con i suoi 1050 metri costituisce il limite altimetrico più basso rispetto agli altri Altopiani di questa verde regione.

Il graduale declino della pastorizia transumante e l’incremento demografico che si registra ovunque agli inizi del ‘700 incidono fortemente sulla struttura del territorio. In conseguenza dell’intensificarsi delle colture cerealicole e dell’introduzione della coltivazione della patata, esso si presenta infatti nel primo ventennio del XVIII secolo, e fino ad un’altitudine di 1.350 metri circa, polverizzato in una miriade di piccoli appezzamenti, molti dei quali ricavati dal disboscamento di manti arborei, soprattutto di cerri, donde i toponimi “Cerreto” che residuano numerosi nell’area degli Altopiani Maggiori.

La quantità dei cereali prodotti e destinati insieme alle patate a sfamare interi gruppi familiari, è in stretto rapporto con le precipitazioni atmosferiche, spesso devotamente invocate a maggio e giugno con le cosiddette “Processioni delle Rogazioni”.

Né diversa appare la situazione nel campo dell’allevamento. Al di fuori della nobiltà locale, del clero e delle Confraternite, che possiedono armenti calcolati in “morre” (una morra= 350 pecore circa) e condotti con il sistema della transumanza all’inizio dell’autunno, i nuclei familiari più umili posseggono in media alcune pecore o mucche affidate ad un pastore che le conduce al pascolo di mattina e le riporta in serata in paese. D’inverno esse restavano nelle stalle, foraggiate con il fieno raccolto d’estate.

I bovini in particolare, oltre a fornire il latte indispensabile per la famiglia, venivano utilizzati insieme agli equini per l’aratura dei campi, effettuata ancora come scriveva lo storico tedesco A. Steinitzer nel 1909, con “aratri simili a quelli usati dai Sanniti”.

V’è poi un modesto ma prezioso allevamento di animali da cortile, fra i quali primeggia il maiale, chiamato la gráscia de la case (l’abbondanza della casa), dal quale la famiglia ricava buona parte del fabbisogno di carne necessario per tutto l’anno. Dei suini veniva utilizzata ogni parte e grande importanza assumeva il grasso per la preparazione dello strutto, unico e vero condimento a disposizione un tempo delle popolazioni di montagna.

L’acquisto di pur modeste quantità di olio di oliva era sempre problematico per gente che viveva nell’ambito di una economia pastorale. L’olio di oliva era raro e prezioso. La giornalista e saggista

americana Maud Howe, che soggiorna a Roccaraso nel settembre del 1898, riferisce nella sua opera “Roma Beata” (Boston,1907) che “ogni famiglia a Roccaraso provvede alle proprie necessità, chiede poco ai vicini ed al mondo esterno, eccetto sale, vino ed olio”. Ed è straordinario che ancora oggi, per indicare che una persona ha molti soldi, si dice che “ha la pila”. Infatti nei tempi passati solo i ricchi avevano nelle proprie dimore la “pila dell’olio d’oliva”, un enorme recipiente di pietra, a forma di parallelepipedo, in cui veniva conservato l’olio d’oliva e che troneggiava in un angolo del fondaco come un Santo nella propria nicchia.

Pertanto per il fabbisogno della famiglia si ricorreva al baratto di merci. Si scambiavano infatti formaggi con olio oppure – e questo era il mezzo più usuale – si “emigrava” per tutto il mese di novembre per lo più nelle campagne del Chietino e del Molise per prestare giornate lavorative durante la raccolta delle olive e si era remunerati con una quantità pattuita di olio di frantoio.

Vi sono state pertanto particolari “transumanze” non legate soltanto all’attività della pastorizia transumante e che attestano la difficile vita della maggior parte della popolazione degli Altopiani.

Scriveva infatti nel 1859 il notaio Filippo Destephanis di Pettorano:

«Esuberando le braccia sono obbligati i meschini andar raminghi l’inverno o nell’Agro Romano, o a Terra di Lavoro o alle Puglie, imitando gli armenti, pervero anche in Calabria, dove guadambiando il vitto gli uomini riportano poche monete alla famiglia che per lo più a stenti ha tirato l’invernata››.

Non migliore appariva la condizione dei pastori transumanti al saldo dei ricchi proprietari di armenti. Antonio De Nino scriveva nel 1881 che il salario di un pastore era costituito da “trenta ducati l’anno. un rotolo di sale (un chilo) e un rotolo d’olio (un litro) al mese ed un filo di pane ogni giorno”.

L’emigrazione stagionale degli uomini i quali – scriveva il De Salis Marschlins nel 1789 – sugli Altopiani “in maggior parte si dedicano all’allevamento delle pecore”, proietta sulla donna una luce di autentica eroicità. A lei spetta arare i campi, improvvisarsi sarta o muratore, far legna in montagna e trasportarla faticosamente a casa sulle spalle, come nel famoso quadro del Patini dal titolo Bestie da soma [foto 2] ed in cui l’Artista ha immortalato un gruppo di donne di Roccapia colte in un attimo di riposo, mentre con la legna addosso fanno ritorno in paese. Il momento più difficile per la donna, data l’assenza del marito per molti mesi o addirittura per anni, perché era emigrato negli U.S.A., è quello di nutrire sé stessa e la prole in un particolare momento dell’anno coincidente con l’esaurimento delle scorte alimentari e l’inizio del nuovo ciclo produttivo dei campi.

In questo periodo, tristemente noto come la costa di maggio, la sopravvivenza era legata a pochissimi sacchi di patate, di farina di granturco o di orzo rimasti ed alle residue parti di maiale tesoreggiate durante il rigido inverno. I pochi cereali superstiti, soprattutto ceci, fagioli e lenticchie, venivano cotti insieme e degustati a minestra.

Questa è appunto l’origine del tipico piatto denominato le Virtù, che si usa preparare in molti paesi abruzzesi a fini propiziatori nel giorno del primo maggio. Abbiamo un’autorevole testimonianza al riguardo che conferma la difficile vita delle nostre popolazioni. Sottolinea la scrittrice americana Maud Howe che soggiorna, come si è detto, a Roccaraso nel 1898:

«Dall’autunno, quando i pochi vegetali verdi che si coltivano vengono consumati, fino a quando essi maturano di nuovo nell’estate seguente, la gente vive di polenta, fatta con farina di granturco, di macaroni, di patate, di piselli secchi e di formaggio di pecora».

Anche i resoconti dei Viaggiatori stranieri della fine del XVIII secolo sono assai illuminanti al riguardo. Il De Salis Marschlins per esempio, ci dice che a Roccapia si produceva “poco grano” e che

sul Piano delle Cinque Miglia, oltre alle patate, “si produce poca quantità di orzo e avena”, mentre “Roccaraso, paesello sospeso ad una roccia, ha solo pochi campi di grano e numerosissimi armenti di

pecore e suini”.

La farina di grano era dunque preziosa per la famiglia e destinata per la maggior parte alla preparazione del pane, cotto nei forni a legna. Più facile era l’approvvigionamento della farina gialla; sia impastata e cotta al camino sotto il coppo, che preparata per la polenta, essa costituiva il nutrimento base giornaliero ed una necessaria alternativa per prolungare le scorte di farina bianca.

La polenta in particolare era condita in bianco con lo strutto disciolto e pecorino grattugiato oppure con l’aggiunta di cavoli lessi e soffritti in padella. Cavoli e broccoletti sono verdure assai utilizzate perché prosperano ad altitudini superiori anche ai 1200 m. e pertanto vengono coltivate nei piccoli orti adiacenti alle abitazioni o nelle immediate vicinanze dei centri abitati. In qualche ricorrenza speciale la polenta veniva insaporita da salsicce o costolette di maiale conservate – dopo essere state soffritte e coperte interamente dallo strutto – nelle cosiddette composte, cioè recipienti di coccio abbastanza capienti ed adatti anche alla cottura dei legumi al camino.

Come condimento era utilizzata con parsimonia la conserva di pomodoro, perché essa era costosa e si acquistava ad etti in angusti negozietti allorché volgeva alla fine la provvista fatta in casa nel mese di settembre.  Scrive infatti la Howe in data 28 settembre 1898:

«Per ogni dove le donne erano occupate a Roccaraso a fare conserva di pomodoro. Nella parte esterna delle finestre di quasi ogni casa vi erano spianatoi di legno, pieni di succhi di pomodoro che evaporavano al sole».

Era dunque sconosciuta la tecnica di conservazione di succo di pomodoro “a bagnomaria”, oggi assai in uso e rivelatasi di grande importanza per l’economia familiare.

Talvolta essa era addirittura irreperibile nel periodo invernale, quando la neve cadeva copiosa ed isolava per molti giorni i centri dell’Altopiano. I piccoli negozi di generi alimentari non erano di solito in grado di poter effettuare grosse provviste di derrate alimentari e le scorte avvenivano “a singhiozzi”, conseguenza questa anche della limitata circolazione monetaria.

Un salto di qualità in fatto di rifornimenti si verifica tuttavia con l’apertura al traffico, nel 1897, del tratto ferroviario Cansano-Roccaraso-Castel di Sangro-Isernia, una data “storica” questa che segna l’inizio dell’attività turistica su tutto l’Altopiano e che ben presto si trasformerà in vera e propria “industria”.

Facevano parte altresì della costante alimentazione quotidiana, soprattutto in inverno, in special modo le aringhe affumicate ed il baccalà, un tempo acquistabile a modico prezzo, mentre oggi come è noto, il merluzzo salato ha superato in fatto di prezzo la stessa carne di vitello. Le aringhe venivano cotte sotto la brace avvolte in pezzi di carta “gialla” bagnata (che in tal modo “assorbiva” il sale), spinate e condite con aglio, olio e prezzemolo. Emanavano la massima fragranza con tale condimento sopra le fette di pane casareccio appena sfornato.

Si è parlato in precedenza della cosiddetta costa di maggio, espressione diventata tristemente proverbiale per indicare un momento critico dell’anno in cui le provviste alimentari erano ormai in fase di esaurimento. In questo periodo la neve si è già sciolta sui prati e l’occhio esperto della donna è in grado di riconoscere diversi tipi di erbe commestibili che, consumate fresche o bollite, sono in grado di offrire un ulteriore contributo all’alimentazione quotidiana della famiglia.

Ma quali sono queste erbe per lo più ricche di ferro e generalmente indicate con il termine dialettale “foje”?

Elenchiamo qui appresso quelle più apprezzate per il potere nutritivo ed al nome dialettale aggiungiamo, quando è possibile, anche la loro designazione scientifica e l’uso abituale in cucina:

° Carducci (o “papagnóle”):

cardi freschi colti nel periodo primaverile; la parte tenera del torso può essere degustata in brodo con uova e pecorino.

° Cicoria selvatica:

è mangiata cruda in insalata oppure lessa in acqua salata e condita con olio e limone; viene anche ripassata in padella con aglio, olio e peperoncino.

° Cicorietta di Salle (“Taràxacum glaciale”):

termine dialettale: rùscja. Erba con foglie basali a forma di rosetta e molto aderenti al suolo. Cresce in alta montagna all’incirca dai 1500 m. in sopra nel periodo estivo. Ottima se mangiata sia cruda in

insalata che bollita e ripassata in padella con olio, aglio e peperoncino.

° Cascigni (o “crespigni”):

appartengono alla famiglia del sonchus oleraceus. Possono essere mangiati crudi in insalata (utilizzando le foglie più tenere) e conditi con olio, sale ed aceto, oppure lessati in acqua salata. In tal caso si condiscono con olio e limone oppure vengono ripassati in padella con olio, aglio e peperoncino, eventualmente con l’aggiunta di fagioli lessati a parte. Di particolare bontà risulta l’acqua in cui i cascigni sono stati bolliti.  Il brodo, servito in tazze a mo’ di consommé, viene condito con olio, limone e pecorino grattugiato. L’uso del parmigiano al posto del pecorino rappresenta una “variante” diffusasi in tempi recenti. Il brodo di cascigni, condito nel modo descritto, è ritenuto il miglior rimedio contro il mal di pancia.

° Ruchetta selvatica:

ritenuta di grande potere energetico, viene mangiata solo cruda, condita con olio e scaglie di pecorino secco.

° Ortica:

si utilizzano solo le cime tenere che vengono lessate in acqua salata e ripassate in padella con guanciale, olio e peperoncino. Costituiscono in tal modo un’ottima salsa con cui condire “penne” o “rigatoni”.

° Vítalba:

ottima nel mese di giugno; dopo essere stata lessata in acqua salata, può essere condita con olio e limone oppure cotta con le uova a frittata.

° Örapi:

verdura di eccezionale bontà e potere nutritivo che cresce alla fine della primavera negli stazzi di montagna. Gli órapi vengono lessati in acqua salata e conditi con olio e limone oppure ripassati in padella con aglio, olio e peperoncino. In tal caso costituiscono un’ottima salsa con pasta di grosso formato. Gli órapi vengono dai “buongustai” ripassati con olio, aglio e peperoncino in padella assieme ai fagioli lessati a parte. Il “piatto” è servito con bruschetta.

° Cipolle selvatiche, termine dialettale: “ciaciavítte”:

se sbollentate in aceto costituiscono un ottimo contorno con carne di maiale e salsicce. Possono essere conservate in barattolo con la stessa acqua oppure sott’olio.

° Cipolle:

vengono cotte al coppo sotto la brace e condite con sale e olio, talvolta accompagnate da spicchi di patate aggraziate da foglie di rosmarino. Le “cipolle cotte al coppo” risultano appetitose se farcite con tonno sott’olio o salsiccia.

° Funghi:

nell’alimentazione quotidiana del periodo primavera-autunno va sottolineato il costante uso di funghi, per lo più prataioli, che spontaneamente e copiosi crescevano su tutto il territorio. Il fungo era la sostanza più povera che madre natura potesse offrire alla gente per calmare i morsi della fame. Sicché ancora oggi, a mo’ di proverbio, si sente ripetere dai vecchi il detto: “le nozze non si fanno con i funghi”.

Accanto alle erbe di campo vanno annoverate, nel periodo tra la tarda primavera e l’autunno, quelle tipiche di stagione coltivate negli orti oppure acquistate dai rivenditori ambulanti che provenivano da valle su traballanti carretti. La testimonianza della Howe è precisa al riguardo: a Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo non esistevano negozi di frutta e verdura; queste venivano dunque consumate fresche, a differenza dei nostri giorni in cui le tecniche di coltivazione in serra ed il traffico commerciale aereo hanno annullato il regolare susseguirsi dei prodotti agricoli nelle varie stagioni.

Nei tempi passati inoltre erano sconosciuti gli attuali metodi di conservazione degli ortaggi con la “tecnica del freddo”. Provviste di melanzane, zucchine e peperoni venivano tuttavia effettuate nel primo periodo autunnale (quando appunto tali ortaggi presentano la loro migliore bontà) mediante la bollitura in aceto, metodo questo assai efficace per la conservazione dei prodotti ed adottato da sempre anche a livello industriale.

Va spesa infine una parola anche per il vino. Fino all’immediato periodo successivo al secondo conflitto mondiale la conservazione del prezioso ed energetico liquido era affidata alla “cottura”, perché i contadini produttori non potevano permettersi il lusso di correre il pericolo che esso si guastasse e si trasformasse in aceto, vanificando così il duro lavoro condotto nelle vigne per quasi nove mesi l’anno. La Howe, la scrittrice americana di cui abbiamo spesso parlato e che ci ha lasciato importanti notizie sulla Roccaraso fine ottocento, riferisce che “l’orribile vino cotto” era contenuto in “otri di pelle” sistemati sopra muli e condotti in giro per il paese dai contadini che provenivano “da valle” per venderlo. Il “vino cotto” era ritenuto comunque preferibile a quello contenente il bisolfito, sostanza chimica preposta alla conservazione del vino ma ritenuta giustamente nociva alla salute.

Le ricette qui “riscoperte” dagli studenti dell’Alberghiero, che sottoponiamo all’attenzione dei lettori e soprattutto degli Operatori turistici locali, appartengono alla speciale gastronomia dei “giorni di festa”. Per la loro originalità e la particolare rielaborazione cui sono state sottoposte attraverso il tempo, esse meritano non solo di essere conosciute ma anche di essere reinserite nel mosaico della cucina regionale con benèfici influssi sul movimento turistico.

Il primo piatto nelle ricorrenze festive di carattere religioso era costituito nei centri degli Altopiani quasi sempre dai maccheroni alla chitarra, ottenuti con impasto di farina e uova. La sfoglia, resa sottile al punto giusto, viene tagliata a pezzi (grandi rettangoli) e passata col matterello sulla “chitarra”. Sono tuttora apprezzate anche le tagliatelle, che si preparano avvolgendo sulla spianatoia due o tre volte la sfoglia, tagliata a mano con il coltello.

I maccheroni invece, acquistati “sfusi” al negozio di “generi alimentari e diversi”, costituivano di solito il primo piatto dei giorni festivi del “ciclo dell’uomo” e nel “ciclo dell’anno”, soprattutto in occasione di matrimoni e della festa per l’uccisione del maiale, che avveniva per lo più il 17 gennaio.

Se le sagne, ottenute ammassando acqua e farina, costituivano il piatto giornaliero della famiglia, i maccheroni, specie i “bucatini”, rappresentavano una vera leccornia che poteva essere degustata, dato il prezzo elevato di questo prodotto, in poche occasioni durante l’anno.

Tuttora le persone anziane chiamano i bucatini la “pasta delle nozze” ed è significativo il fatto che ancora oggi le persone invitate ad un matrimonio vengano apostrofate con l’espressione: “uòje so meccherùne!”, dal “sapore” prettamente proverbiale.

Per quanto concerne i secondi piatti, va sottolineato che la carne di vitello si mangiava in rare occasioni; per la preparazione del ragù si utilizzava la carne di pecora o di castrato e per il brodo quella di gallina. I tagliolini all’uovo in brodo venivano resi più saporiti con le rigaglie (interiora) soffritte e duole constatare come oggi sia del tutto scomparso dai menù dei ristoranti il brodo di gallina preparato in siffatto modo.

Fra gli altri piatti tradizionali del passato che vanno riscoperti e inseriti nei menu dei ristoranti segnaliamo i “Torcinelli”, le “Pallottole cacio e uova”, i “Carducci”, i “Cavatiélle”, la “Scarsella”, la “Muscischia”, gli “Abbutarièlle”.

Vogliamo concludere questa breve ma necessaria introduzione con l’augurio che soprattutto gli operatori gastronomici sappiano rinverdire una cucina locale ormai “stantia” con le ricette raccolte dagli studenti dell’Alberghiero di Roccaraso, per la cui preparazione si rimanda alle pagine seguenti della pubblicazione.

Questo rinnovamento è ulteriormente favorito dalla recente scoperta del tartufo bianco lungo il medio corso del Sangro e nei territori limitrofi. Il sapiente impiego del prezioso tubero nelle antiche ricette

può conferire a queste ultime nuovi ed interessanti sapori, dando luogo a delle “varianti” che arricchiranno di molto la gamma dei “piatti” offerti ad una clientela sempre più esigente.

Gli studenti dell’Alberghiero possono sentirsi dunque soddisfatti per il lavoro svolto. Attraverso la gastronomia essi hanno ricostruito un interessante capitolo di quell’affascinante poema che è appunto

la storia delle genti degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo.

Franco Cercone

Elenco delle ricette dei “piatti riscoperti”, pubblicate nel volume con l’indicazione dei paesi di provenienza, Centri degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo:

Roccaraso: Carducci e uova; Testicoli di vitello alla griglia; Cazzarièglie e foje; La Colostràta.

Pietransieri: Cavatielle; Orapi e fagioli; Polenta alla spianatoia.

Pescocostanzo: Gnocchetti alici e broccoletti; Verza patate e fagioli; Maccherune a la chitarra col ragù di castrato; La Scarsella.

Rivisondoli: Agnello in brodetto; Patate fagioli e cotiche; Pecura al cotturo.

Roccapia: Baccalà e patate; Carrarellitte de grandìnie; Frescarièglie e fagioli.  

Campo di Giove: Palluttèlle cacio e uova; La muscischia di capra; Il Pappòne; Zuppa verza con osso di prosciutto.

Cansano: Torcinelli; Sagne ceci e baccalà.

Castel di Sangro: Abbuttarièlle; Trippa e patate.




VITE X LA VITA. DONAZIONE E TRAPIANTO

Chiusura Convegno internazionale a Palazzo d’Avalos, sabato 1° giugno 2024

Vasto, 2 giugno 2024. Dal 2013 più di un milione di italiani ha ricevuto un trapianto, con una media di un intervento ogni 2 ore e mezza. L’anno scorso il Centro nazionale trapianti di Roma ha compiuto 10 anni. Operativo h24, coordina i prelievi e assegna secondo criteri d’urgenza organi e tessuti da destinare in tutt’Italia, tentando di assottigliare liste d’attesa che oggi registrano 8mila persone speranzose di tornare a vivere. Ogni regione, tranne Molise e Val d’Aosta, ha una sede locale. In Abruzzo si trova nell’ospedale San Salvatore dell’Aquila e opera in convenzione con il Policlinico Gemelli di Roma.

Il capoluogo abruzzese vanta un importante primato nazionale, cioè quello di aver avuto nel 1966 la prima donatrice vivente di rene che ha permesso a una giovane donna di ricevere il primo trapianto di quest’organo effettuato a Roma. A ricordarlo è stato il prof. Francesco Pisani dell’Università aquilana, moderatore della prima parte del convegno, al quale ha fatto eco Daniela Maccarone, attuale responsabile del Centro Trapianti Abruzzo-Molise che ha illustrato il sistema di funzionamento della Rete nazionale “Donazione e trapianti”, sottolineando come tutto parte da un “Sì” del donatore con la firma del consenso informato.

Intervenendo nel dibattito Francesca Leonardis del Policlinico Tor Vergata di Roma, dopo aver precisato che il trapianto rientra tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), ha informato il folto pubblico presente in sala che nelle liste d’attesa di trapianti, ci sono più uomini che donne, al 50 % tra i 40-60 anni e che la restante parte è diviso tra bambini e anziani, molti dei quali in attesa di un trapianto multiorgano.

Sui dubbi che ancora permangono attorno ai trapianti, si è soffermata invece Anna Teresa Mazzeo, docente e direttore dell’UOC di Anestesia dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico “Gaetano Martino” di Messina, la quale ha affermato che ai familiari che si trovano a dover decidere in fretta se donare gli organi del proprio caro, bisogna far sapere che esistono regole (Criteri di Harvard), uguali e ferree in tutto il mondo per diagnosticare la morte cerebrale, stabilite nel nostro Paese dalla legge n. 578 del 1993.

Fabio Vistoli, direttore UOC Chirurgia generale e trapianti dell’Università degli studi di L’Aquila si è concentrato sul trapianto di rene in Abruzzo da donatore deceduto e da quello in vita. Ha reso noto che oltre 200 persone aspettano un trapianto in regione. La donazione a cuore fermo non è ancora attivata nella nostra regione e la mortalità di coloro che aspettano un trapianto si attesta al 2%. Roberto Cacciola, docente di Chirurgia generale e Trapianti dell’Università di Messina, ha ricordato il primo prelievo di rene avvenuto per via laparoscopica nel 1995 da un donatore vivente rilevando che c’è una carenza cronica di quest’organo, in quanto l’incompatibilità per gruppo sanguigno rappresenta una delle principali barriere al trapianto.

In videocollegamento è poi intervenuto Duilio Pagano, professore associato all’Università di Pittsburgh (USA), e chirurgo di trapianti di fegato negli istituti IRCCS-ISMETT-UPCM di Palermo, il quale ha sottolineato la necessità di incrementare i prelievi da donatore vivente. Esistono oggi procedure chirurgiche sempre più sofisticate, come la laparoscopia e la robotica che rendono l’operazione più sicura. La mortalità dei pazienti in lista d’attesa si attesta al 5,1%. Nel 2022, in Toscana, un evento straordinario senza precedenti al mondo: un trapianto di fegato donato da una donna deceduta all’età di 100 anni.

Il rapporto con i pazienti e l’aspetto umano nella terapia post trapianto sono stati invece i temi principali della relazione di Luca Toti, professore UOC di Chirurgia epatobiliare e trapianti del Policlinico Tor Vergata di Roma, nonché “salvatore” del giovane attore Filippo Laganà, protagonista di “Amici per la pelle” (2022) prodotto da Rai Cinema con la regia di Pierluigi Di Lallo, che racconta proprio l’esperienza vissuta di trapianto di fegato.

La seconda sessione della mattinata è stata moderata dai dottori Ornella Bastonno e Antonio Spadaccini di Vasto e dall’ematologo Luigi Dell’Orso del Centro regionale trapianti dell’Aquila. Ad aprirla sono stati Cristian D’Ovidio, docente di Medicina legale all’UdA di Chieti-Pescara, e l’avvocato Arnaldo Tascione, i quali si sono soffermati sugli aspetti legislativi relativi alla donazione della salma ai fini della ricerca scientifica e al trapianto d’organi, con particolare riferimento alle innovazioni previste dalla legge 10 del 2020, figlia dell’era Covid.

Le problematiche connesse alla donazione del sangue sono state infine illustrate da Pasquale Colamartino, coordinatore Servizi trasfusionali della Commissione Salute presso la Conferenza delle Regioni, il quale ha dato un quadro confortante della situazione nazionale in materia, che si può riassumere con queste cifre: tre milioni di donazioni di sangue, circa 5 donatori ogni 100 abitanti (più di un milione e mezzo); 1750 persone circa che ogni giorno hanno accesso alle trasfusioni. Con alcuni problemi insorti di recente: invecchiamento della popolazione, aumento delle malattie croniche, inquinamento, zoonosi, colture intensive e deforestazione.

Maura Faraci, direttore dell’UO Cellule staminali emopoietiche – Istituto “G. Gaslini” di Genova, ha quindi illustrato il trapianto di midollo osseo, con un occhio di riguardo ai piccoli pazienti, sostenendo come in età pediatrica si preferisce la donazione da parte dei genitori o di familiari compatibili.

È stata poi la volta di Giuseppina Gallo, che ha portato la sua testimonianza di direttore anestesista-rianimatore dell’ospedale di Vasto, a cui spetta occuparsi del prelievo-trattamento degli organi e della gestione del trapianto stesso, e quindi del dirigente Antonino D’Ercole, coordinatore trapianti del San Pio, il quale ha mostrato gli aspetti tecnici relativi al prelievo, trasporto e consegna dell’organo che deve avvenire entro 12, massimo 24 ore. All’interessante dibattito sugli aspetti tecnici e giuridici relativi alla donazione ed al trapianto ha fatto seguito nel pomeriggio la premiazione dei lavori eseguiti dagli studenti dei quattro istituti scolastici che hanno partecipato al bando annesso al convegno.

La consegna dei diplomi e delle menzioni speciali è stata affidata ai docenti Rosa Lo Sasso e Orlando Raspa, coadiuvati da Loredana Lammanda (Loredana Eventi) che ha curato l’allestimento e gli aspetti tecnico-organizzativi del convegno.  A seguire le testimonianze toccanti di Angelo Fabrizio, Davide Donini, Adamo De Michele e Clemente Fusco che hanno ricevuto un trapianto d’organi e di Francesca Naglieri, figlia del donatore Gino.

Tra gli applausi dei presenti e con un “arrivederci al prossimo anno per fare di Vasto la città capofila in Abruzzo della campagna di promozione della donazione di organi”, pronunziato dalla professoressa Iolanda Russo Menna e dall’avvocato Giuseppe Tagliente, ideatori e promotori dell’evento, il convegno ha chiuso i battenti lasciando una platea più informata con la consapevolezza del grande atto d’amore che la donazione rappresenta.

L’associazione “San Michele” e il Comitato organizzatore ringraziano:

–              Vini del Golfo “Terre del Tosone”;

–              Gli sponsor;

–              Avis, Admo, Aido e Croce Rossa Italiana;

–              Polo Liceale Mattioli e Pantini Pudente, Itset Palizzi, Istituto comprensivo 1 Vasto;

–              Le hostess Sofia, Sara, Angela e Fabiola;

–              Massimo Molino e Pino Rosini, fotografia;

–              Andrea Pelusi, impianto tecnico e digitale;

–              Rossana Pagliaroli, ufficio stampa.




IN RICORDO DI ALFREDO SALERNO

terza edizione del Memorial

Villa Santa Maria, 2 giugno  2024. In ricordo di Alfredo Salerno domani 3 giugno, alle ore 10, allo stadio San Francesco Caracciolo di Villa Santa Maria un evento che vuole ricordare il sindaco di Fallo scomparso nel 2021. L’evento prevede una serie di attività ludico motorie che coinvolgono gli alunni della scuola secondaria di primo grado degli istituti di Villa Santa Maria, Pizzoferrato e Quadri.

La manifestazione sportiva è promossa dall’associazione Il Treno dell’amicizia, con la collaborazione dell’istituto comprensivo “Benedetto Croce” di Quadri e del Comune di Villa Santa Maria.

Parteciperanno, in qualità di ospiti, i sindaci del territorio e un rappresentante dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani).




L’EUCARISTIA E I PARTICOLARI

di Rocco D’Ambrosio*

Cercasiunfine.it, 2 giugno 2024. Il Vangelo odierno: Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?»

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”

Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».

I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi (Mc 14, 12-26 – Corpus Domini).

Quello della prima cena eucaristica è un evento preparato sin nei minimi particolari. “Il buon Dio è nei dettagli” scriveva Flaubert. E come non ricordarsi di ciò quando si riflette sui  particolari di questo brano?

“Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”

Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi”. Il brano sembra essere una sceneggiatura  in cui il regista – il buon Dio dei dettagli – ha scritto tutto e ha già contattato tutti perché la Cena sia secondo il suo volere, “come Dio comanda”.

Ma cosa sono i particolari? Perché sono così importanti? Essi rivelano aspetti importanti, ma non evidenti, oppure confermano quelli evidenti, in altri modi. Del resto, quante volte nella vita del cuore, come della mente, è stato un particolare ad aprirci nuove relazioni e conoscenze. Ci vuole un cuore vigile e una mente attenta per riconoscerli e saper leggerli. Ci vuole molto allenamento. Tutti elementi non molto comuni in una società che corre, inonda i canali di parole, spesso chiacchiere, immagini e suoni e così via. In questo marasma, spesso, i particolari sfuggono, nel mondo come nelle relazioni quotidiane, nella natura come nei grandi processi sociali e politici. Comunque, bisogna allenarsi a non perdere o trascurare i particolari. Sempre. Chi è saggio, direbbero gli inglesi, “he/she doesn’t miss a trick” – non gli sfugge niente!

Sono (anche) i particolari che ci portano a meditare più profondamente la ricchezza dell’Eucaristia, affinché possiamo “diventare quello che riceviamo”, cioè il corpo di Cristo, come insegna Agostino. Temo alcune volte che intorno all’Eucaristia si siano addensate nubi fanatiche: ritorno al latino, riti pomposi, canti più per un concerto che per un coinvolgimento dell’assemblea, atteggiamenti più da TV che da comunità che celebra il Risorto presente in mezzo a noi, ritualismo e rubricismo esasperati. Oppure persistono, all’opposto, sciatteria, superficialità, poco coinvolgimento, mancanza di rispetto delle regole universali e locali.

La virtù sta ancora nel mezzo, come diceva Aristotele, e ciò vale anche per come celebriamo la messa. È interessante notare che si parla poco della devozione del celebrante e dell’assemblea nella partecipazione alla messa. Eppure, essa ha molto a che fare con quella virtù celebrativa, che sta nel mezzo, perché l’attenzione al rito (e alle sue regole) devono essere sempre e comunque aiuto per entrare in comunione con Dio. La devozione, infatti, è fatta di corpo, cuore e mente protesi all’incontro con il Signore.

La prima cena eucaristica fu preparata nei particolari e Dio si rivelò nei particolari. Fu semplice e intensa, intima e profonda, autenticamente devota.

Sono così le nostre Eucaristie?

Le prepariamo nei particolari?

Ricerchiamo in esse i particolari che ci portano a Dio oppure ci aspettiamo qualcosa di hollywoodiano di vento, terremoti e fuochi?

“Il buon Dio è nei dettagli”.

È in molti dettagli dell’Eucaristia, della mia vita, della vita del mondo. È. Ci sta.

*[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]




CANZONI PER L’ESTATE

Salotto Culturale CRP 2024

Teramo, 2 giugno 2024.  Mercoledì 5 Giugno 2024, alle ore 18:15, presso la Sala Annunziata di via Nicola Palma 31 di Teramo, in occasione dei mercoledì culturali organizzati dal Centro di Ricerche Personaliste (patrocinio MIC, Provincia di Teramo e Fondazione Tercas) la conclusione del primo ciclo del 2024 con le Canzoni per l’estate, concerto del Coro I Sempreverdi Singers, Direttore  M° Maria Concetta Di Biase. 

Introduce Margherita Di Francesco, presidente del coro. I cantori sempreverdi saluteranno gli amici della Sala e quanti vorranno intervenire eseguendo i brani più significativi del proprio repertorio di musica leggera del secolo scorso, con incursioni nel folk e nella musica da film.

I Sempreverdi Singers, coro nato nella Sala di Lettura nel 2015 per iniziativa di dilettanti appassionati di canto corale, nel corso degli anni hanno riscosso plauso e gradimento da parte degli ascoltatori per la particolarità del repertorio, per la cura delle esecuzioni e per la professionalità del M° Maria Concetta Di Biase che li dirige con grande competenza, con passione e … tanta pazienza.




I CONCERTI DI EUTERPE

Al via la XXVIII edizione della rassegna di musica antica

L’Aquila, 2 giugno 2024. Torna una delle manifestazioni più attese per gli amanti della musica antica: la XXVIII edizione della Rassegna di musica antica “I Concerti di Euterpe”. Nata all’Aquila nel 1997 per iniziativa dell’Associazione Musicale “Le Cantrici di Euterpe”, ha conquistato un posto di rilievo nel panorama musicale nazionale, grazie alla partecipazione di celebri musicisti ed ensemble specializzati nei repertori medievale, rinascimentale e barocco.

La manifestazione organizzata dall’Associazione Musicale AQUILA ALTERA e dall’Associazione Musicale “LE CANTRICI DI EUTERPE”, presenterà sette appuntamenti imperdibili. L’inaugurazione sarà lunedì 10 giugno alle ore 18.30 all’Aquila presso la splendida sala rinascimentale di Palazzo Alfieri, in via Fortebraccio (Istituto Santa Maria degli Angeli). La serata, dal titolo “CONVERSANDO DI MUSICA”, vedrà Maria Antonietta Cignitti, musicista direttrice artistica de Le Cantrici di Euterpe e Valentina Panzanaro, ricercatrice e docente a contratto presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila, dialogare con Marta Vittorini, direttore dell’Archivio di Stato dell’Aquila, in merito i loro studi sulla storia e l’attività dello storico Teatro San Salvatore dell’Aquila, dalla sua fondazione alla chiusura, in un incontro dal significante titolo: “L’ampio e superbo teatro. Storia del teatro San Salvatore dell’Aquila tra musica e prosa”.

La rassegna continuerà fino ad agosto, portando la musica antica nei borghi più affascinanti dell’Abruzzo, tra cui Barete, Barisciano, Calascio, Ocre, Salle, in provincia di Pescara, e Santo Stefano di Sessanio. In questi incantevoli luoghi, il pubblico potrà immergersi in sonorità che spaziano dal Medioevo all’Ottocento, eseguite con fedeli copie di strumenti storici, offrendo un viaggio musicale unico nel suo genere. I protagonisti dell’edizione 2024: Le Cantrici di Euterpe, Maria Antonietta Cignitti, Valentina Panzanaro, Marta Vittorini, Giuseppe Tomei, Angelo De Nicola, Luca Serani, Dulcedo Ardens, Antonio Pro, Gabriele Pro, Amalia e Marco Ottone, Aquila Altera.

Ecco il calendario completo:

L’Aquila – lunedì 10 giugno ore 18.30

Sala Rinascimentale – Palazzo Alfieri

CONVERSANDO DI MUSICA

L’AMPIO E SUPERBO TEATRO                                            

Storia del teatro San Salvatore dell’Aquila

tra Musica e Prosa

Maria Antonietta Cignitti

Valentina Panzanaro

conversano con 

Marta Vittorini

Calascio (AQ) – sabato 13 luglio ore 19

Chiesa di San Leonardo

SENTO CHE ‘L CUOR ME MANCA

Maria Antonietta Cignitti, soprano

Gabriele Pro, violino

Antonio Pro, chitarra dell’800

Salle (PE) – lunedì 15 luglio ore 21.15

Chiesa di San Salvatore

ROBERTO SE FACE CHIAMARE

Roberto da Salle il discepolo di Celestino

Introduce Angelo De Nicola

Giuseppe Tomei, voce recitante

Aquila Altera ensemble

Barisciano (AQ) – sabato 20 luglio ore 21

Chiesa Madonna del Buon Consiglio

ALA GUERRA ALA GUERRA

a suon di frottole

Dulcedo Ardens

Marta Rook, voce

Tommaso Tarsi, liuto

Ocre (AQ) – martedì 6 agosto ore 21

Monastero di Santo Spirito

LAUDAR VOLLIO PER AMORE

Francesco raccontato

con le parole e la musica del suo tempo

Luca Serani, voce recitante

Aquila Altera ensemble

S. Stefano di Sessanio (AQ)  – sabato 10 agosto ore 19

Piazzetta via della Chiesa

À DEUX VIOLES

Amalia Ottone e Marco Ottone, viole da gamba

Barete (AQ) – domenica 18 agosto ore 17.30

Cortile palazzo Cionni

ALTAS ONDAS

Incontri e racconti lungo le vie del Medioevo

Le Cantrici di Euterpe

Aquila Altera ensemble




DAYCO EUROPE INVESTE ANCORA IN SOSTENIBILITÀ

Inaugurato l’impianto di auto produzione di energia 

Pescara, 2 giugno 2024. La Dayco Europe continua ad investire in Abruzzo anche nella auto-produzione di energia. Dopo l’impianto di trigenerazione a Chieti nel 2022 e i due impianti fotovoltaici a Colonnella e a Chieti nel 2023, è stato inaugurato mercoledì 29 maggio 2024, nello stabilimento di Manoppello Scalo, un nuovo cogeneratore che permetterà la produzione combinata di 1.000 kW di energia elettrica e 1.100 kW di energia termica recuperabile sotto forma di acqua calda e vapore di processo, utilizzati interamente all’interno dello stabilimento produttivo.

Oltre ai vertici aziendali e ai dipendenti Dayco, all’inaugurazione era presente il Direttore Generale di Confindustria Abruzzo Medio Adriatico, Dott. Luigi Di Giosaffatte, il quale ha sottolineato: “Sono onorato di aver preso parte a questa giornata nella quale ho portato a Dayco le congratulazioni della nostra Associazione. Ringrazio l’azienda che ancora una volta ha condiviso con noi questa best practice e conferma il suo impegno a favore del territorio e della comunità locale all’insegna della sostenibilità, un driver imprescindibile di crescita per il tessuto produttivo sul quale la nostra Associazione sta sviluppando importanti progetti.”

L’impianto di cogenerazione è in grado di soddisfare l’87% del fabbisogno elettrico e il 14% del fabbisogno termico dello stabilimento.  Dayco si conferma attenta anche all’impatto ambientale: con l’installazione dell’impianto di cogenerazione, si avrà infatti una riduzione complessiva di circa il 10% delle emissioni di CO2 dello stabilimento di Manoppello.




UTILI PER 51MILA EURO

Euro Poliservice, l’assemblea dei soci approva il bilancio 2023. Il presidente di Natale: attuato piano contenimento costi e nuove assunzioni

Bellante, 2 giugno 2024. L’assemblea ordinaria degli azionisti di Poliservice ha approvato all’unanimità dei presenti il bilancio 2023.  L’esercizio finanziario si è chiuso con un utile di 51mila euro. Il valore della produzione pari a 17milioni 531mila euro è in aumento rispetto all’anno precedente che era di 16milioni 610mila euro.

Gli ammortamenti hanno subito un notevole incremento a seguito degli investimenti realizzati nel 2022 per il rinnovo del parco automezzi. I vantaggi fiscali del credito d’imposta 4.0 legati agli investimenti hanno parzialmente ristorato l’aumento degli ammortamenti. Si registrano un aumento della posizione finanziaria netta che passa da una posizione negativa di 362mila 750 euro ad una positiva di 438mila 230 euro con un incremento pari a 800mila 980 euro e un miglioramento dell’indebitamento finanziario netto, che passa da 3milioni 69mila 862 euro del 2022 a un indebitamento di 2milioni 84mila 521 euro del 2023, dati che dimostrano la solidità finanziaria e patrimoniale dell’azienda.

“I dati esposti, pertanto, impegnano gli amministratori da un lato avviare una attività di controllo e revisione dei costi relativi ai servizi, dall’altro a procedere alla revisione dei canoni contrattuali che non sono più remunerativi – commenta a margine dell’assemblea, il presidente del Cda, Gabriele Di Natale, che ha approvato il bilancio in meno di due minuti – L’azienda sta revisionando una serie di voci di spesa in ottica del risparmio senza precludere i servizi e l’occupazione che, anzi, in quest’ultimo caso, vedrà sette nuovi assunti a tempo indeterminato con la qualifica di autisti addetti alla raccolta dei rifiuti, sopperendo alla carenza di figure qualificate nel settore. Aggiungo che, già nel primo trimestre dall’insediamento della nuova governance, la revisione di alcune voci di costo ha portato già ad un risparmio di cassa.”

Poliservice serve 13 comuni, (12 comuni della Val Vibrata oltre al Comune di Bellante), occupa mediamente 100 addetti, ha un parco automezzi composto da oltre 100 unità, eroga i propri servizi agli abitanti residenti che sono circa 90.000 unità. Core business della società è la gestione dei rifiuti e gestisce tramite il socio privato 4 centri di raccolta dislocati nei comuni di Sant’Omero, Colonnella, Alba Adriatica e Bellante.

La società si occupa inoltre, in alcuni dei comuni soci, della gestione della manutenzione delle reti del gas e della gestione dei servizi cimiteriali. Nel 2023, la Poliservice ha raggiunto il 54,49% di raccolta differenziata (media dei comuni dell’Unione dei Comuni della Val Vibrata) e il  66,50% per il comune di Bellante, e ha trattato circa 51.000 tonnellate di rifiuti.




XXXII CHARTER NIGHT

Donazioni e riconoscimenti del Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna

Vasto, 2 giugno 2024. È stata una Charter all’insegna del servizio quella che ha celebrato il 32.mo anniversario della nascita del Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna. Tra donazioni e riconoscimenti, infatti, i soci del Club hanno interpretato l’essenza dell’essere Lions, ovvero dedicarsi ad aiutare chi ha bisogno. E sono queste le ragioni per le quali il presidente del Lions Club Massimo Molino ha rimesso nelle mani della Dr.ssa Daniela Onofrillo, dirigente medico presso l’Unità Operativa Semplice Dipartimentale di Oncoematologia Pediatrica dell’ospedale Santo Spirito di Pescara, la copia del bonifico di euro 805 in favore dell’AGBE-Associazione Genitori Bambini Emopatici che sta lavorando ad un progetto importante in collaborazione con il dipartimento dell’ospedale pescarese.

Dottoressa Onofrillo che ha ringraziato i Lions per quanto fanno per l’oncologia pediatrica invitandoli a continuare nel loro impegno. La somma era stata raccolta grazie al concerto ‘Il dono, cantiamo insieme…a Elio’ tenuto nella cattedrale di S. Giuseppe a Vasto il 19 novembre. E la copia di un altro bonifico, stavolta di euro 500,00, il presidente Molino l’ha donata al Governatore del Distretto 108 A Italy Marco Candela, somma destinata alla Lions Clubs International Foundation per le sue molteplici attività nell’ambito delle cause umanitarie globali. Anche il DG Candela ha salutato con gioia l’iniziativa ricordando il ruolo fondamentale di LCIF che rappresenta il braccio operativo dei Lions e grazie al cui contributo sono tanti gli interventi realizzati in tutto il Distretto.

Spazio anche per il riconoscimento al merito. In primis sono state premiate le due giovani studentesse che si sono aggiudicate il Concorso Poster per la Pace nell’ambito di quelli raccolti dal sodalizio vastese, ben 231. Primo premio per Giorgia Mennella dell’istituto Comprensivo 1 di Vasto, secondo per Ginevra Capodaglio dell’istituto comprensivo Ridolfi-Zimarino di Scerni, un premio che, come ha rilevato il Governatore Candela, assume una importanza ancora più sentita visto il particolare momento che stiamo vivendo. Riconoscimento Giovani talenti, invece, per i violinisti Sara ed Enrico, assente per motivi universitari, Panicciari cui è andata la quarta edizione del Premio. Altro momento importante della vita di un Lions Club è l’ingresso di nuovi soci e in quest’occasione sono stati ben quattro i nuovi ingressi nel sodalizio internazionale: il Prof. Vincenzo Bocola, la Dott.ssa Carmela Di Muzio, il Prof. Gaetano Fuiano e la Dott.ssa Laura Vinciguerra, accolti con un grande appaluso. Visibilmente commosso il presidente del Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna Massimo Molino, autore di un simpatico siparietto con il nunzio apostolico S. E. Mons. Mauro Lalli, che ha ricordato l’importanza di essere al servizio della comunità tutta.

Nel suo discorso pronunciato alla presenza anche del PDG Tommaso Dragani e degli assessori comunali al Welfare Anna Bosco e alla cultura Nicola Della Gatta, il presidente Molino ha parlato di un anno iniziato forse con un po’ di diffidenza e che invece ci ha regalato tante gioie, perché, come da tradizione, anche in questi 11 mesi il Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna e i suoi soci sono riusciti a dare risposte concrete alla comunità e continueranno a farlo fino alla fine dell’anno.

Abbiamo realizzato attività in tutte le aree tematiche – ha sottolineato – abbiamo affrontato tutte le cause umanitarie globali…abbiamo cercato di prestare attenzione alle sollecitazioni provenienti dal Distretto ed i passi che abbiamo deciso di fare anche questa sera vanno in quella direzione. donazioni e nuovi soci sono la linfa vitale di quello spirito di servizio che deve animare ogni Lions Club.

E dopo aver ringraziato il fratello Marco e mamma Angelina, salutata affettuosamente anche dal past Governatore Carlo D’Angelo che ne ha ricordato l’impegno e la vulcanicità, rivolgendosi ai soci del Club, ha chiuso il discorso con una speranza, quella che possiate essere orgogliosi di quello che insieme siamo riusciti a fare in questo anno che ha confermato il Lions Club Vasto Adriatica Vittoria Colonna come un pilastro del fare di questa Zona e di questo Distretto.

E dopo il breve intervento del Governatore Distrettuale Marco Candela il presidente ha fatto dono al DG di una statuetta della famosa ‘Bagnante’, tema ripreso anche dalla stampa di cui ha omaggiato S. E. Mons. Lalli




PREMIO MAJA A SR. ALESSANDRA SMERILLI

Assegnato alla donna abruzzese dell’anno: la consegna il 3 giugno

Chieti, 2 giugno 2024. Alle 19:30, presso la Sala Cascella della Camera di Commercio in piazza Vico a Chieti, la Segretaria del Dicastero vaticano per lo Sviluppo economico ritirerà il riconoscimento alla presenza del presidente nazionale ACLI, Emiliano Manfredonia.

Sarà suor Angela Smerilli, economista, classe 1974, nativa di Vasto, oggi segretaria del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale dal 26 agosto 2021 e docente di Economia politica e Statistica presso la Pontificia facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, a ricevere quest’anno il «Premio Maja – Donna abruzzese dell’anno», assegnato dalle ACLI di Chieti riservato alle Donne abruzzesi distintesi nella professione, nell’impresa, nel lavoro, nella famiglia, nel volontariato, nell’arte, nello sport e nelle attività sociali. La cerimonia di conferimento del Premio si terrà lunedì 3 giugno 2024, alle 19.30, presso la “Sala Cascella” della Camera di Commercio in piazza G. B. Vico, a Chieti. Saranno presenti: il presidente nazionale delle ACLI, Emiliano Manfredonia, e l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte.

Suor Angela Smerilli era stata indicata dalla giuria del premio sin dal maggio 2022. La cerimonia si tiene adesso, cogliendo uno dei rari momenti in cui la religiosa riesce a tornare nel suo Abruzzo: insegna anche economia, etica e finanza presso la Facoltà di filosofia dell’Università Pontificia Salesiana e nel Master in Economia civile e non-profit presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca; è membro del Comitato scientifico e organizzativo delle “Settimane sociali dei cattolici italiani” dal 2008, Segretario dello stesso dal 2013, membro del Comitato etico del consorzio CHARIS, membro del Comitato etico di Banca Popolare Etica ed Etica Sgr SpA, socio fondatore della Scuola di Economia Civile.

Nel 2017, anno di istituzione del premio, esso fu assegnato alla Chef, Angela Di Crescenzo, contitolare del ristorante stellato «Villa Maiella» di Guardiagrele e, successivamente, a Barbara Morgante, amministratrice delegata di Trenitalia, a Paola Bucciarelli, funzionaria UE, e, dopo la pausa forzata dovuta alla pandemia, ad Arianna Secondini, giornalista Rai.

Il presidente della giuria del «Premio Maja – Donna abruzzese dell’anno», Mimmo D’Alessio, illustra i motivi che hanno determinato l’attribuzione di questo premio fortemente voluto dai giurati: «Economista di chiara fama, ha dedicato i suoi studi all’etica dell’economia, un tema spesso accantonato dalla grande accademia, ma che non è sfuggito a papa Francesco, che l’ha voluta prima come Consigliera di Stato della Città del Vaticano, poi anche consultore della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi. Ha coordinato la task-force “Economia” della Commissione vaticana per il COVID-19, proponendo innovative risposte per le sfide socioeconomiche del futuro. Membro della commissione “Donne per un nuovo Rinascimento”, istituita dal ministro per le Pari Opportunità e per la Famiglia, Elena Bonetti, è stata insignita dell’Ordine della Stella d’Italia per i suoi risultati accademici e per il suo impegno per i principi etici negli affari e nella finanza».

«Siamo oltremodo felici – spiega Antonello Antonelli, Presidente Provinciale delle ACLI di Chieti – che sr. Angela Smerilli abbia fatto di tutto, come ci aveva promesso ad inizio anno, per essere in Città per ricevere questo Premio che celebra il genio femminile abruzzese, apprezzato e riconosciuto in tutto il mondo come un’eccellenza. Paola Vacchina, Presidente nazionale di Enaip-ACLI, alla cerimonia della prima edizione, disse – ricorda il Presidente Antonelli – “questo Premio dimostra che le Donne non sono bambole, anzi, sono impegnate, preparate, capaci, pronte per dare il loro contributo al lavoro, pur venendo pagate meno dei colleghi uomini e pur non riuscendo facilmente a raggiungere posizioni di vertice”. Suor Smerilli ha raggiunto posizioni di vertice in uno degli ambienti tradizionalmente riservati agli uomini, la Curia Vaticana, – sottolinea Antonello Antonelli  –  grazie alle sue competenze e al suo brillante curriculum accademico, oltre che al suo carattere determinato, tipico degli abruzzesi. Papa Francesco, che già ha aperto molte porte al genio femminile nella Chiesa, ha voluto affidarle il dicastero da lui stesso creato per trattare le questioni che riguardano le migrazioni, i bisognosi, gli ammalati e gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma di schiavitù e di tortura. Le ACLI – conclude il Presidente provinciale, Antonelli – sono da sempre in prima fila per il riconoscimento del grande contributo delle Donne all’economia e al mondo del lavoro. Il “Premio Maja” è un piccolo, grande segno di un’attenzione che non è mai venuta meno, come dimostra la presenza a Chieti del presidente nazionale Emiliano Manfredonia, che sarà con noi all’indomani della grande udienza concessa dal Papa a tutte le donne e a tutti gli uomini delle ACLI per celebrare l’ottantesimo anniversario della nostra associazione».   

Maurizio Adezio




OMAGGIO A FRANZ  KAFKA

Nel centenario della morte. La Praga kafkiana nella memoria e nei libri

Pescara, 2 giugno 2024. Da un rapporto abbastanza attendibile del primissimo Novecento, quando Franz Kafka era nel pieno della sua creatività, risulta che ben centoquaranta erano gli scrittori di lingua tedesca che animavano la scena culturale e letteraria praghese. Moltissimi, se consideriamo che in quegli anni solo diecimila dei 450.000 abitanti della capitale boema erano tedeschi e 25.000 erano gli ebrei, che però in maggioranza si servivano della lingua ceca.

Anche se allora pochi lo conoscevano, ora su tutti svetta – a parte il poeta Rainer Maria Rilke – Franz Kafka, sicuramente uno dei massimi rappresentanti, se proprio vogliamo dargli una collocazione, del modernismo europeo, insieme, tra i pochi altri, a Joyce e a Proust.

Il rapporto di Kafka con la città natale fu assolutamente speciale, come ha scritto Johannes Urzidil, uno dei suoi amici privilegiati: “Kafka era Praga e Praga era Kafka. Niente era mai stato così completamente e tipicamente Praga, e mai più qualcosa poteva esserlo così come accadde ai tempi della vita di Kafka. E noi, i suoi amici, the happy few, noi sapevamo che questa Praga era contenuta dovunque nell’opera di Kafka, in particelle minutissime. Eravamo e siamo ancora in grado di trarre le parole per questa Praga da ogni riga scritta da Kafka, nonostante che il suo lavoro sia andato via via liberandosi, metodicamente e visibilmente, da ogni legame con luoghi e persone. Quasi con ironia è proprio merito di Kafka se quella Praga che con lui scomparve non venne sepolta insieme a lui, anche se allora nessuno, nemmeno uno di quella band of brethren, ancora lo sapeva”.

Proprio a Kafka e alla Praga kafkiana sarà dedicato il convegno che si terrà il 3 giugno, giorno della ricorrenza del primo centenario della morte, alle ore 18.00, nella fondazione La Rocca di Pescara (Via Raffaele Paolucci, 71), con il titolo “La Praga kafkiana nella memoria e nei libri. Omaggio a Franza Kafka nel centenario della morte”.

Dopo i saluti di Ottorino La Rocca, presidente della Fondazione La Rocca e l’introduzione di Dante Marianacci, presidente della Casa della poesia in Abruzzo – Gabriele d’Annunzio (che ha ideato e curato l’evento), interverranno Giovanni D’Alessandro, Simone Gambacorta, Enzo Mancini, Marco Patricelli e Marco Tabellione. Verranno, tra l’altro, presentati il romanzo Per amore di Grete di Patrizia Di Donato e il volume Un italiano a Praga di Enzo Mancini. Gli interventi musicali saranno di Beppe Frattaroli (chitarra e voce).




QUALE FUTURO PER SANGRITANA?

Uiltrasporti Abruzzo. Il segretario regionale Vincenzo Marcotullio: “Bisogna tutelare gli oltre cento posti di lavoro”

Pescara, 2 giugno 2024. Uiltrasporti interviene sulla vicenda della cessione di quote dell’azienda Sangritana. Dopo la gara andata deserta per l’individuazione di un partner industriale della società di trasporti abruzzese, il segretario generale Uil Trasporti Abruzzo, Vincenzo Marcotullio, torna sull’argomento ribadendo l’attenzione del sindacato, mostrata in più occasioni, sulla questione.

“Riguardo alla cessione di quote dell’azienda Sangritana S.p.A. – spiega Marcotullio – non vogliamo porre l’accento su chi aveva torto o ragione, ma vogliamo tutelare oltre cento posti di lavoro per i quali corre l’obbligo di entrare nel merito e fare il punto di quanto accaduto. Già l’anno scorso la politica regionale, attraverso la casa madre, TUA S.p.A., aveva deciso di optare per una manifestazione di interesse volta ad individuare nuovi partner di settore in Sangritana S.p.a. senza un piano industriale che motivasse la scelta o perlomeno senza mai averlo discusso con le parti sociali. Il tentativo, tuttavia, era passato in sordina e andato deserto. In seconda istanza mesi fa si ritenta questa operazione aprendo anche ad imprese non strettamente ferroviarie, scelta politicamente legittima che ha suscitato ulteriori dubbi sull’operazione stessa. Apprendiamo in queste ore che la seconda manifestazione di interesse è andata di nuovo deserta. Ci chiediamo ancora i motivi di una scelta del genere posto che l’azienda è unica nel suo genere in Abruzzo, un asset fondamentale per il territorio e di proprietà del contribuente ma soprattutto ci chiediamo quali siano le strategie che politica e proprietà vorranno adottare”. 

“La domanda nasce spontanea: ‘quali saranno i passi successivi per il futuro di quest’azienda?’ – aggiunge il segretario generale Uiltrasporti Abruzzo -.  Dal canto nostro riteniamo possibile una sua reinternalizzazione sia parziale che totale in TUA S.p.a. che deve adoperarsi in tal senso per un maggior controllo della partecipata. Cogliamo l’occasione per anticipare la richiesta di apertura di un tavolo di concertazione tra politica proprietà e corpi intermedi volto a definire un percorso di mantenimento in ambito pubblico di un fiore all’occhiello della Regione Abruzzo e di un nuovo piano industriale volto alla crescita di quest’azienda anche in merito ai recenti scricchiolii nella maggioranza di governo regionale sul tema”.

Poi conclude: “Continueremo a vigilare sulla questione con spirito di fattiva collaborazione e nell’intento della salvaguardia della forza lavoro e dell’azienda che ci ha sempre contraddistinto e che ci ha portati in questi anni a stigmatizzare questa operazione”.

Barbara Del Fallo




COMPETIZIONI SPORTIVE STUDENTESCHE

Argento e bronzo nei cento metri e nel getto del peso. L’Istituto superiore sulmonese ha conquistato il settimo posto nella classifica nazionale

Sulmona, 2 giugno 2024. Un secondo posto nei cento metri con Marian Zappone e un terzo nel getto del peso con Nicole La Capruccia: si chiude con un bilancio più che positivo per la squadra dell’IIS Ovidio la partecipazione alla finale Nazionale delle Competizioni Sportive Studentesche di atletica leggera conclusesi ieri allo stadio Adriatico Cornacchia di Pescara.

La squadra dell’IIS Ovidio ha rappresentato la regione Abruzzo nelle diverse specialità con la stessa grinta e lo stesso impegno che hanno messo in campo in tutte le fasi delle competizioni, qualità che hanno permesso loro di conquistare la sognata finale nazionale. Gli studenti-atleti, accompagnati dalla docente di Scienze motorie e sportive, professoressa Antonella Zarrillo, sono stati impegnati nelle diverse gare, conquistando il settimo posto nella classifica generale di tutte le regioni d’Italia.

Degni di nota l’ottimo risultato degli individualisti Marian Zappone, accompagnato dalla professoressa Francesca D’Epifanio, che ha concluso la gara dei cento metri al secondo posto, e Nicole La Capruccia, accompagnata dalla professoressa Teresa Sciarra, che ha conquistato il terzo gradino del podio nel getto del peso. Tra le altre prestazioni, da ricordare anche l’ottimo quarto posto, con il tempo di 44’90, della staffetta 4×100 maschile. “La squadra dell’IIS Ovidio torna a Sulmona con grande soddisfazione per il risultato ottenuto e per le ottime prestazioni degli individualisti Zappone e La Capruccia – sottolinea la professoressa Zarrillo – ma un grande applauso va fatto a tutti gli studenti della squadra Sebastian Pacifici, Cristian Frattaroli, Valentino Tomassetti, Riccardo Carrozza, Daniele Ottaviani e Simone Ottaviani. Queste competizioni hanno consentito di mettere in evidenza tutto il valore dei nostri atleti e ci danno ancora più entusiasmo per continuare a lavorare e fare ancora meglio per il futuro”.

Annalisa Civitareale




78° ANNIVERSARIO DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA 

di Filippo Paziente

Chieti, 2 giugno 2024. Quando, il 10 giugno 1946, la  Corte di cassazione proclamò il risultato nazionale del referendum, i chietini non festeggiarono la vittoria della Repubblica (con 12.718.641 voti, pari al  54,27%; la Monarchia prese 10.718.502, pari al  45,73%), perché nel Comune di  Chieti avevano stravinto i monarchici, con questo risultato: Monarchia 14.248  78,20%; Repubblica 3.973 21,80%. Avevano stravinto anche in provincia: su  99 comuni, ne conquistarono 73. Hanno votato a favore della Monarchia la Dc, il  Partito Liberale e il partito dell’ Uomo Qualunque (fondato da tre ex fascisti: il  barone Giovanni Zambra, il notaio Giuseppe Moscarini e il professore Luigi Capozucco).  Per la Repubblica hanno votato  il PCI, il PSI, il P. d’Azione e l’Unione Democratica Repubblicana.

Tre sono le principali ragioni di questa clamorosa vittoria nel comune di Chieti (di pochissimo inferiore a quella del comune di Napoli: 79,94%) :

1) La prima:  la costante fedeltà della classe dirigente, nobiliare e altoborghese, proprietaria e conservatrice, alla “gloriosa Dinastia Sabauda”, che non fu tradita nemmeno quando  il sovrano Umberto I  premiò il generale Fiorenzo Bava Beccaris con la concessione della Croce di Grand’Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia, “per il grande servizio reso alle istituzioni e alla civiltà”:  a Milano aveva sparato cannonate sulla folla in rivolta, dal 6 al 9 maggio, per l’aumento del prezzo del pane, massacrando un centinaio di persone, uomini, donne e persino bambini.

2) La seconda: le condizioni economiche, sociali e politiche della città e dell’intera provincia. Per i nove lunghi mesi dell’ occupazione tedesca la popolazione ha sofferto i bombardamenti, le malattie, lo sfollamento, la convivenza con i profughi, le retate degli uomini da inviare al fronte, soprattutto la fame. Dopo la liberazione, a Chieti la Prefettura e l’Amministrazione comunale hanno dovuto fronteggiare una situazione difficilissima. Folle di cittadini, spinte dalla necessità di soddisfare i bisogni primari della quotidiana sopravvivenza, hanno fatto ressa alle porte del municipio, delle chiese, dell’Inps, dell’Ufficio provinciale del lavoro, degli enti assistenziali (Sepral, Postbellica, UNRRA), chiedendo cibo, vestiario, scarpe, case, medicine, sussidi per la disoccupazione. Quando i tre enti, gestiti dalla classe dirigente, sono stati messi sotto accusa per irregolarità commesse nell’opera di assistenza, il 1° e 2 maggio 1945 i ceti popolari hanno dato sfogo a una rabbiosa protesta: hanno invaso la Prefettura e il municipio, incendiando i registri delle tasse.

3) La terza: l’intervento dell’Arcivescovo Giuseppe Venturi, nel Referendum e nell’elezione dell’Assemblea costituente. Era già intervenuto nelle prime elezioni amministrative del 7 aprile 1946, favorendo la vittoria della neonata Democrazia Cristiana, che nella campagna elettorale aveva orientato il voto del popolo, esaltandone il sentimento di riconoscenza  verso l’arcivescovo, “ salvatore della città dallo sfollamento e dalla distruzione”,  e aveva conquistato il Comune eleggendo 28 consiglieri su 40.

La scelta di Venturi  sul problema istituzionale è esposta in una interessante relazione sull’orientamento politico del clero, inviata il 17 maggio dal comandante dei CC. RR. di Chieti al prefetto. Il comandante lo informa che l’arcivescovo si adopera, con una propaganda intensa ma sotterranea, a orientare verso l’istituto monarchico le masse che aderiscono alla DC, e guarda con simpatia anche al fronte dell’ UQ perché si mostra favorevole alla ricostruzione morale e materiale della Patria.

Venturi interviene anche sull’elezione dell’Assemblea costituente. Nel corso di una conferenza regionale tenuta a Chieti, insieme con gli altri presuli firma la “Pastorale”, che contiene suggerimenti e norme sul comportamento degli elettori:  li esorta a non tradire la propria coscienza cristiana dando il voto ai partiti che si ispirano alle ideologie marxiste e liberali, e a eleggere deputati che sappiano difendere, nella Costituzione e nella promulgazione delle leggi dello Stato,  i diritti di Dio e della Chiesa. Il contenuto della “Pastorale” è comunicato ai sacerdoti e fedeli delle rispettive diocesi con un manifesto,  affisso alle porte di tutte le chiese e letto dall’altare in tutte le messe festive.