LA DIMORA DEI NONNI FELICI

Un tuffo nelle storie dell’Abruzzo interno

L’Aquila,  25 giugno 2024.  La Casa Alloggio “La Dimora dei Nonni Felici” ha partecipato con grande entusiasmo all’incontro di restituzione del progetto “La Corriera dei Nonni Lettori”, tenutosi presso l’Hotel Azzurro.

Questo progetto, parte integrante del corso di lettura ad alta voce, ha visto la partecipazione attiva di numerose nonne e nonni che, durante i mesi passati, hanno condiviso voci, esperienze ed emozioni emerse dalle letture dei testi selezionati.

Il percorso letterario, intenso e vivace, ha riportato l’attenzione sulle storie e dell’Abruzzo interno, valorizzando il patrimonio narrativo della nostra terra, anche attraverso racconti intimi e struggenti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

In seguito all’incontro, l’entusiasmo è proseguito all’interno della nostra struttura, dove le storie dei nonni lettori sulla guerra e su quei difficili periodi sono state nuovamente raccontate e discusse dagli anziani ospiti della Dimora. La voglia di continuare a raccontare storie è stata unanime, segno dell’importanza di queste attività per la memoria storica della nostra comunità.

Un sentito grazie all’Assessore alle Politiche Sociali, Manuela Tursini, per la sensibilità e vicinanza dimostrata nei confronti dei nostri nonni durante l’incontro e a Paolo Fiorucci, “Il libraio di notte”, la cui passione e dedizione hanno reso possibile il coinvolgimento emotivo del pubblico. La sua guida esperta ha arricchito il progetto in maniera significativa.

La Dimora dei Nonni Felici




RISERVA ABBANDONATA

Rischi per l’incolumità dei turisti. Lo riporta il giovane proprietario del Camping “Il Pioppeto”, ormai esasperato da anni di segnalazioni e dal lassismo delle Istituzioni.

Vasto, 25 giugno 2024.  Mario Varrati è un giovane imprenditore nonché proprietario del Camping Il Pioppeto, una delle più famose e consolidate realtà nel campo delle attività turistico-ricettive all’aria aperta che opera fin dagli anni ’70 sulla costa di Vasto. Il Pioppeto rimane tra le poche attività turistiche a resistere in una realtà, quella vastese, che sta purtroppo vedendo la graduale sparizione di suddetto tipo di attività.

L’imprenditore fa i conti ormai da diverse stagioni con le problematiche connesse all’area SIC antistante alla struttura turistica. La riserva in questione, nonostante le costanti segnalazioni, anche mediatiche, rilasciate negli anni dal proprietario del Camping al fine di evidenziare il cattivo stato dei luoghi, l’inesistente manutenzione e dunque le conseguenti problematiche legate alla sicurezza, è ormai giunta ad una situazione di pericolosità piuttosto importante.

Se la stagione 2023 verrà ricordata per il canide che ha terrorizzato i turisti e disincentivato i soggiorni al mare nel tratto della riserva, la stagione 2024, ormai avviata, non promette nulla di positivo.

Fin dai primi giorni di giugno, i viali d’accesso all’arenile sono spesso occupati da un branco di cinghiali (otto giovani esemplari più la loro madre), i quali posteggiano pericolosamente a meno di venti metri dall’area ciclo pedonale. Tali cinghiali, non ancora catturati, rappresentano tuttora un serio rischio per turisti, pedoni, ciclisti e soprattutto bambini. Ironia della sorte, a fine maggio ’24 veniva rimossa la “gabbia”, installata nella riserva all’inizio dello stesso mese, proprio per la cattura degli ungulati. Evidentemente, non ha sortito alcun effetto.

A ciò si aggiunge la rimozione solo parziale degli alberi colpiti a novembre 2023 dall’ondata di mal tempo che si è abbattuta sulla costa; ad oggi rimangono “pericolanti” alberi di ingenti dimensioni non più saldi al terreno e dunque prossimi alla caduta. L’area della riserva, oggetto degli interventi di smaltimento del verde, non è stata debitamente pulita e messa in sicurezza per la stagione ormai iniziata.

Infine, la pista ciclabile in più punti danneggiata dalle radici degli alberi caduti a novembre ‘23 e “riparata” nell’immediato (fine 2023), verte in condizioni critiche, con il manto della stessa che risulta sconnesso e lesionato negli stessi punti.

L’imprenditore deve fare i conti quotidianamente con una situazione di abbandono, visto il disinteresse dell’amministrazione cittadina alle sue periodiche segnalazioni. Oltre al tema di interesse pubblico, che viene spesso disatteso, c’è anche un aspetto turistico-ricettivo, vista la percezione negativa da parte del turista circa la cura dell’ambiente, a maggior ragione se relativa ad una riserva naturale ormai lasciata all’abbandono. 

L’appello pubblico. Mario Varrati non si arrende e lancia un appello pubblico alle Istituzioni anche facendosi portavoce dei numerosi ospiti della sua struttura: ci ascoltino e soprattutto intervengano per sanare una situazione non più tollerabile.

Ciò in primo luogo nell’interesse dei turisti, i quali, pagando la tassa di soggiorno, rivendicano il diritto a determinati servizi lamentando costantemente disagi per l’impossibilità di poter usufruire in sicurezza degli stessi; infine, anche per i cittadini e gli imprenditori che nel loro piccolo alimentano le attività turistiche locali. Varrati, fin d’ora, si dice disposto a garantire piena collaborazione con le Istituzioni al fine di rendere più sicuro e decoroso il tratto di litorale interessato.




IRRISOLTO FESTIVAL

Nel Centro Storico del Borgo di Torano Nuovo venerdì 28 Giugno 2024 al calar del sole si accende la terza edizione  

Torano Nuovo, 25 giugno 2024. Serata all’ insegna della buona musica e del divertimento organizzata dall’ Associazione Culturale “Coleotteri Bombardieri”. Ci ritroveremo insieme con MUSICA LIVE, il concerto di RIVIERA, il giovane cantautore Jacopo Spinozzi, in arte Riviera, anche frontman della band Utah, che nel 2023 dà inizio al suo progetto da solista e pubblica il singolo “Chiaro di Luna”.

Ad aprire le danze un DJ SET esplosivo con Daniele Aloisi. A deliziare la serata anche lo STREET FOOD per soddisfare ogni palato con Frittelle e Porchetta. Il tutto sarà accompagnato da ottima birra tedesca alla spina. Non vediamo l’ora di condividere con voi momenti magici!

INGRESSO LIBERO




IL DEBITO CRESCERÀ

Di Marco su Sanità Pescarese: A pagare saranno gli utenti. Per coprirlo si devono tagliare le spese superflue e non i servizi

Pescara, 25 giugno 2024. “Il debito e i tagli alla sanità sono emersi in tutta la loro gravità durante la Commissione di oggi con l’audizione del Direttore Generale della Asl di Pescara Vero Michitelli, che ha riferito in merito alla disastrosa situazione economica e finanziaria della ASL3.

Il debito previsto a fine dicembre 2024 pari a 17 milioni 814.595, al netto della manovra di 5milioni di euro, resta grave, perché determinerà comunque un deficit di 12 milioni e 814mila euro che pagheranno i pescaresi-utenti, che si vedranno comunque ridimensionati servizi e prestazioni. Assurdo che il rosso dei conti delle Asl sia emerso solo dopo le regionali e che non si possa coprire rinunciando a spesa non fondamentali, come chiederemo insieme al collega Luciano D’Amico”, così il Consigliere regionale Antonio Di Marco sulla situazione.

“I tagli previsti riguarderanno: la spesa farmaceutica per 500mila euro; il personale non dipendente per altri 500mila euro; le scorte di reparto per 1 milione e 500mila euro; le domande laboratoriali per 1 Milione; i servizi non sanitari per 1 milione e 500mila euro – illustra Di Marco – Mi chiedo e ci chiediamo se tutto questo non si sarebbe potuto dire già prima della campagna elettorale, piuttosto che oltre al danno del deficit far trovare la doppia beffa di dover subire anche le conseguenze dei tagli e ciò senza che vengano risolti due gravi problemi per la Asl di Pescara: le liste d’attesa e l’efficienza del Pronto soccorso della città.

Mi riserverò di richiedere un’ulteriore audizione al direttore generale per conoscere, nello specifico, le difficoltà e le dinamiche riguardanti ciascun presidio sanitario della provincia di Pescara”.




I CONFETTI DI SULMONA FRA STORIA E FOLKLORE

Le ragioni di una monografia storica sui Confetti di Sulmona

[Pubblicazione di Cercone Franco, I confetti di Sulmona: fra storia e folklore, Edizioni Qualevita Torre dei Nolfi (Aquila) 1999 (II e III ristampa). Prima pubblicazione del 1985 Accademia Agghiacciati Sulmona (n. 45 Bibliografia) ndr: Qui proponiamo la Terza ristampa ampliata e corretta.]

di Franco Cercone

Nel 1856 il noto drammaturgo napoletano Raffaele Colucci (1825 – 1891) rivolse nel suo Saggio dal titolo Viaggio negli Abruzzi un caloroso invito agli studiosi abruzzesi dell’epoca che ha tutto il sapore di un proclama

“Noi domandiamo agli studiosi delle Patrie Memorie, agli amanti del decoro

del proprio paese, una monografia sui confetti. Senza uscir dai nostri Abruzzi,

essa occuperebbe un posto immediato a quella delle ‘maioliche di Castelli’,

tema delle dotte memorie di Gabriello Cherubini e di Concezio Rosa”.

Questo accorato appello restò tuttavia inascoltato e ad eccezione di G. Pansa ed A. De Nino, ai quali dobbiamo saltuarie notizie sui confetti di Sulmona, nessun altro studioso “ha ficcato – come direbbe il nostro Dante – lo viso a fondo” su questo affascinante argomento.

Abbiamo avuto così la possibilità di riempire questo spazio lasciato vuoto dagli studiosi abruzzesi e nel 1985 è apparsa la nostra monografia dal titolo I confetti di Sulmona fra storia e folklore, edita dall’Accademia degli Agghiacciati di Sulmona.

Ad essa ha fatto seguito nel 1999 una seconda edizione di questa fortunata indagine, apparsa con il medesimo titolo per i tipi della Tipografia Qualevita, Torre de’ Nolfi (Aquila).

Vede la luce ora la terza edizione di questa monografia storica sui confetti, ulteriormente ampliata grazie a notizie tratte non solo dalle più svariate opere pubblicate dal 2000 in poi, ma anche dalla cronaca locale dei più diffusi quotidiani, a riprova dell’interesse che suscita questo tipico prodotto artigianale, assurto negli ultimi tempi a simbolo degli eventi più significativi della nostra vita.

Entriamo così nel vivo dell’argomento, ricordando che Sulmona è ovunque famosa non solo per aver dato i natali al poeta Ovidio ma soprattutto per la produzione dei confetti; e come Patria dei confetti essa ha acquistato da tempo una notevole rinomanza in Italia ed all’este­ro [1].

In molti Paesi, soprattutto negli Stati Uniti, Canada e Australia, sono stati per lo più i nostri concittadini, emigrati in queste Terre lontane fin dal periodo successivo all’Unità d’Italia, a far conoscere la bontà di tale tipico prodotto artigianale, destinato a rallegrare i momenti più si­gnificativi del ciclo dell’uomo e dell’anno.

Premesso che dalle presenti note di carattere storico-folklorico esula ogni descrizione della   fabbricazione dei confetti (tecnica, del resto, che viene gelosamente custodita dalle aziende cittadine del settore), aggiungiamo sem­plicemente che essi si ottengono avvolgendo il nucleo di cui risultano com­posti (cioè mandorle, cioccolato, cannella, ecc.) con un rivestimento di zucchero particolarmente lavorato, la cui superficie può risultare colorata in modo diverso se i confetti, come vedremo in seguito, sono destinati a celebrare particolari ricorrenze, come per esempio la nascita di un bimbo  (confetti di color azzurro), di una bambina (confetti di color rosa) oppure a  realizzare grazio­se composizioni floreali, decisamente affascinanti sotto il profilo cromatico  ed  assai indicati per l’abbellimento di un angolo di casa.

Le prime testimonianze sui confetti in Italia ed a Sulmona

La parola “confetto” deriva dal participio passato del ver­bo latino conficere, dunque confectum, nel significato di preparato, confeziona­to e via dicendo.

Nei primi documenti medievali sulmonesi appare tuttavia non il termine confetto ma confettura, che indicava probabilmente frutta sciroppata o anche mandorle e noci sgusciate e ricoperte di miele, data la rarità e dunque l’alto costo dello zucchero.

Quando, dove e come sia nato il confetto o, meglio, qualcosa che somigliasse ai confetti attuali, è una domanda alla quale, data la documentazione frammentaria in nostro possesso, è difficile dare una precisa risposta. Infatti, ogni indagi­ne al riguardo incontra le stesse difficoltà comuni ad altri problemi di carattere etnografico: monogenesi e diffusione o poligenesi ed evolu­zione, dando luogo comunque in entrambi i casi ad importanti “varianti”. 

Relegata al mondo delle amene curiosità la notizia secondo cui i primi confetti, costituiti da “mandorle ricoperte di miele”, siano stati fabbricati per la prima volta da un arabo, al Razi, vissuto all’incirca un secolo prima del Mille[2], o addirittura dai Longobardi, lo vedremo meglio in seguito, occorre sottolineare come le testimonianze in nostro possesso sembrano indicare un’ori­gine «poligenetica», in quanto mentre per Sulmona le prime notizie relati­ve a confetture risalgono al XIV secolo, per altre località della Penisola esse sono non solo anteriori ma si parla addirittura di “confetti”, come testimoniano alcune fonti letterarie italiane di estrema importanza al riguardo.

Ecco, per esempio, come si esprime Giovanni Villani (1274-1348) a proposito dei confetti nella sua Chronica (VI, 45): «Quegli con ricchi presenti gli feciono doni et reverenzia, intra i quali doni furono dei confetti di Puglia». Il Boccaccio nel Decamerone, composto come è noto fra il 1349 ed il 1353, dice (II Giornata, Nov. 5) che: «Essendo stati i ragionamenti lunghi e il caldo grande, ella fece venir greco e confetti». [“ella”, cioè Fiammetta, protagonista della Novella 5]

Franco Sacchetti (1332 – 1400) nella sua famosa raccolta dal titolo “Il Trecentonovelle” scrive che Bernardo, protagonista della Novella XXX, “fu mandato per la cerca de lo miglior vino de la terra e per li confetti”. Ancora, Matteo Bandello (1485 – 1561) riferisce alcune notizie che sono di grande importanza anche sotto l’aspetto linguistico, poiché conia il verbo “confettare” nel senso -decisamente innovativo – di mangiare confetture. Così nella Novella XLV (rigo 18) egli ci parla delle effusioni sentimentali di un vescovo, che amoreggia con una badessa “dopo che si fu confettato e bevuto vernaccia e malvasia”, vini che accompagnavano evidentemente nella Toscana dell’epoca la degustazione dei confetti. 

InfineVespasiano da Bisticci (1421-1498) ci offre nelle sue “Vite di uomini illustri del sec. XV” una vivace descrizione dell’usanza di gettare confetti in occasione di uno “sposalizio”, indice questo di una tradizione generalmente consolidata nel corso del ‘400 in diverse regioni d’Italia: “Confetti non solo n’ ave­va chi ne voleva, ma egli si gittavano via, d’ogni ispecie che si possono pensare».

Per Sulmona, al contrario di quanto scrive il Susi[3] (che utilizza, senza citarla, una fonte imprecisa del Pansa[4]), i primi documenti relativi ai con­fetti non risalgono al ‘400 ma al secolo precedente. Ciò costituisce una puntualizzazione non irrilevante, in quanto “l’industria dei confetti” trova probabilmente le condizioni necessarie al suo sviluppo grazie al fatto che nel Trecento Sulmona si munisce di una nuova cinta muraria, che se da un lato incorpora i nuovi borghi formatisi man mano a ridosso delle mura antiche, dall’altro presenta nel suo interno spazi vuoti ed idonei ad essere uti­lizzati non solo per scopi abitativi ma anche per una pur modesta attivi­tà artigianale[5].

Una spia in tal senso è costituita dal fatto che i baiuli di Sulmona, su espressa richiesta di Carlo d’Angiò, provvedono nel 1326 a fornire al mo­nastero di S. Maria della Vittoria, da lui fatto erigere presso Scurcola nella Marsica a ricordo della vittoria ottenuta su Corradino, ben 500 libbre di mandorle sgusciate (libras quingentas de amigdalis mundatis)[6].

È da supporsi pertanto che la rilevante produzione di mandorle, specie nel territorio di Sulmona e nell’Aquilano, fosse preposta a soddisfare le richieste della nascen­te industria delle «confetture», termine che indicava tuttavia qualcosa di diverso rispetto agli odierni “confetti”.

I primi documenti parlano infatti di “scatole intarsiate”, cofanetti, confecteria smaltati, che sembrano non lasciar dubbi sul loro contenuto, anche se con la parola confetture, che appare di frequente in documenti d’archivio, deve intender­si quasi certamente frutta sciroppata o nuclei di mandorle e noci ricoperte di miele, come avveniva specialmente nella Francia settentrionale, un’ area geografica questa, come sottolinea il Montanari, “quasi priva di zucchero” e dove “le confetture erano preparate prevalentemente con miele”. [7]

 Se ne ha una conferma, per quanto concerne l’Italia, da un’opera dal titolo  Libro per cuoco,  di un anonimo autore veneto, che contiene istruzioni per “chonfectare mandole fresche et  noci”,  anche se in un “banchetto tenutosi a Milano il 15 giugno 1368 presso la Corte di Galeazzo II Visconti, in occasione del matrimonio di sua figlia Violante, facevano bella mostra di sé sulla tavola nuziale “ 4 vassoi medi per confetti e 2 grandi”, senza specificare se questi confetti erano composti con zucchero o con miele.[8]

D’altro canto, occorre riflettere sulla circostanza, come sottolinea il Benporat, che canditi e confettioni erano “specialità degli speziali, medici ed alchimisti, in quanto fin dai tempi più remoti lo zucchero, alimento raro e prezioso, e dalle supposte virtù terapeutiche, veniva venduto nelle spezierie e farmacie”[ivi, p.107]. 

Invece (e torniamo così ai “fatti di casa nostra”) lo storico sulmonese Giovanni Pansa (1865-1929) sotto­linea che «l’industria dei confetti sorse a Sulmona nel sec. XV e i docu­menti non la mostrano anteriore alla fine di quel secolo»[9].

Sennonché proprio da un’altra opera del Pansa, il quale ai confetti – è egli stesso a dircelo – ha dedicato «semplici e casuali indagini», apprendiamo come di confecteria smaltati si parli già in alcune pergamene e carte bambagine del XIV secolo, giacenti presso l’Archivio della SS. Annunziata di Sulmona[10], particolare questo che conferma l’esistenza di una pur picco­la produzione di “confetture” nella Sulmona del ‘300.

Vero è tuttavia che nel ‘400 e ‘500 i documenti al riguardo sono più numerosi e lo stesso Pansa ci dice che «in un Quinterno d’introito ed esito dell’Uni­versità di Sulmona nelli anni 1492 e 1493 sono notate le scatole di con­fetti alla ragione di duc.4, tareni 2, grana 9» e che dal Catasto delle chiese e forastieri del sec. XVI, giacente presso l’Archivio Municipale di Sulmona, si apprende che il prezzo dei confetti ammontava in tale periodo «a carlini 3 la libbra»[11].

Ulteriori ed importanti notizie sui confetti sono contenute in un “Rendiconto” del Monastero di Santa Maria di Cinquemiglia, inviato nel 1482 al vescovo di Valva e Sulmona Bartolomeo de Scalis ed in cui si parla di zuccaro e di confecti de anisi [12], nonché in un “Inventario” dei beni posseduti dai conti Cantelmo, stilato verso la fine del XV secolo. In questo troviamo citate «una confettera senza pede…, una confettera ad coliandri…, una confettera picola senza pede…, unaltra (sic) confettera picola usata, lavo­rata a certj tronconi et fronde...»[13], che ci rivelano non solo il lussuoso arredamento del palazzo Cantelmo ma anche la preziosità degli artistici cofanetti destinati a contenere confetture, alcune delle quali ottenute forse con l’impiego di zucchero.

In alcuni banchetti descritti dal famoso scalco Cristoforo di Messisbugo, che opera nella prima metà del ‘500 a Ferrara presso la corte del duca Alfonso I, troviamo inseriti “pistacchi e pignoli confetti (cioè confettati) bianchi”, segno questo che la tecnica di “confettare” semi di frutta secca aveva fatto enormi progressi in Italia al pari dell’uso dello zucchero, come è dimostrato dal passo riportato[14] .

In area emiliana e soprattutto a Bologna, l’uso dei confetti è attestato da G. Straparola ne “Le piacevoli notti” Novella VI [Bompiani, Milano 1943], dove in occasione di un banchetto si parla di “una tavola apparecchiata con preziosi confetti e ottimi vini”.

I confetti di Sulmona nel XVII secolo.

Dopo questa rassegna necessariamente rapida, arriviamo così al Seicento, il secolo d’oro della produzione dei confetti, soprattutto a Sulmona.

Nel XVII secolo, sottolinea il Pansa[15], l’industria dei confetti comincia a raggiungere a Sulmona il massimo sviluppo, poiché si stabilisce nei confronti di mer­canti milanesi e veneziani, dimoranti nella Città di Ovidio, il cosiddetto diritto proibitivo per le confetture, probabilmente il divieto di fabbricare in loco o di esportare altrove i confetti.

La ratio di tale disposizione risiedeva forse nella necessità di di­fendere una specie di marchio di fabbrica, a testimonianza dell’ottima qua­lità raggiunta dai confetti di Sulmona. E che la loro fama avesse raggiunto ormai ogni angolo della Penisola si evince da molti documenti della fine del XVI e del XVII secolo.

Così in data 1° gennaio 1571 il vesco­vo di Valva[16] , Pompeo Zambeccari, ringrazia il Capitolo diocesano per le sette scatole di confetture inviategli in dono[17] ; il 29 novembre del 1605 il vescovo Cesare Del Pezzo esprime la propria gratitudine al Capitolo diocesano per i “confettoni” speditigli a Celano[18]; lo stesso apprezza­mento è espresso in tale periodo dal principe Antonio Borghese e dal car­dinale D’Aquino, che avevano ricevuto in dono dal medesimo Capitolo alcune scatole di confetti.

Infine – ma tanti esempi potrebbero ancora essere addotti – abbia­mo una «dichiarazione di consegna» relativa all’anno 1574, concernente alcune specie di confetti donati alla principessa di Sulmona, Antonia d’Avalos, al vescovo ed al Governatore della stessa città[19].

I confetti che si fanno a Sulmona, scriveva il De Nino nel 1874[20], sono stati sempre proverbiali ed hanno ispirato anche i poeti apparte­nenti ad una Accademia Letteraria. Uno di essi, restato anonimo, così ne decantava i pregi in «lingua napoletana»:

O protonobelissima Cetate,

Ch ‘al ‘abbondanza, hai puoste li cancielle

Dove li cannellini e li rosielle

So’ morzille squesite e sceruppate…

Comm ‘a pane lo zuccaro se magna:

Lo panunto de ccà so ‘li confiette[21].

Il De Nino fa risalire la fondazione della citata Accademia Lettera­ria, che è poi quella degli Agghiacciati, al 1689[22] ; il Di Pietro invece afferma che essa fiorisce agli inizi del ‘600[23], mentre il Sardi de Letto propone la data del 1663[24]. L’individuazione del periodo di fondazione dell’Accademia degli Agghiacciati e della probabile data della composi­zione del sonetto, di cui si sono riportati i versi che in tale sede interessano, non è dettata da futili motivi. Nel componimento, infatti, relativamente alle fonti storiche in nostro possesso, si parla per la prima volta dello zucchero come sostanza base per la preparazione dei confetti e tale circostanza merita a nostro avviso qualche riflessione.

Il Colonialismo e la diffusione dello zucchero nel Seicento in Europa. La Fiera di Salerno.

Va considerata innanzitutto una mera licenza poetica il verso “comm ‘a pane lo zuccaro se magna”, contenuto nel sonetto in precedenza riportato,in quanto lo zucchero, sottolinea lo Spini, «fon­damentale novità nella economia del Seicento», trova diffusione in Europa alla fine del ‘500 e soprattutto nel corso del XVII secolo, grazie alla coltivazione della canna da zucchero nell’America Centrale e nel Brasile, mentre nell’area del Medi­terraneo era praticata per lo più nelle Isole Canarie ed in altri piccoli arcipelaghi della costa occidentale africana, ma in modesta quantità [25], da parte delle Potenze europee dell’epoca. Fra esse va annoverata soprattutto la Francia, già produttrice alla fine del XVI secolo di zucchero e “confetti” che dovevano ricordare in parte quelli attuali.

Nel suo famoso Viaggio in Italia (1580-81) Michel de Montaigne scrive per esempio che la strada da Tivoli a Roma era attraversata da un “ruscello d’ac­qua solforosa”, a proposito del quale sottolinea che: «In questo ruscello si trovano alcuni corpuscoli formati dalla schiuma di quest’acqua, che gelando assomigliano tanto ai nostri confetti. Son pochi quegli che non si sbagliano e gli abitanti di Tivoli fanno con questa sostanza pasticche di ogni specie».

Più tardi, nel suo famoso Italienische Reise, il Goethe ci offre un altro esempio di confetti fatti però non “con schiuma d’acqua sulfurea”, ma con gesso. Leggiamo questo interessante brano del grande scrittore tedesco, che si riferisce al periodo di Carnevale del 1788, mentre egli si trovava a Roma. Il Goethe descrive in tale occasione la costumanza della nobiltà, che circolava nel centro di Roma su carrozze condotte da “cocchieri e lacchè”. Costoro a fatica si facevano largo tra la folla in maschera, che aveva a disposizione in ogni angolo di strada enormi cesti di “pastiglie di gesso che sembravano confetti e che venivano gettati contro le persone come si usa con i coriandoli “.

Commenta ancora a tal riguardo il Goethe, nel tentativo di scoprire l’origine di tale costumanza: “Forse una volta una fanciulla volle gettare dei confetti all’amante che passava, per farsi notare tra la folla, in maschera, perché il colpito volgendosi scoprisse l’amica[26].

È più probabile invece che per ovviare al costo dei confetti, si ricorresse a Roma in determinate circostanze e festività a “pastiglie di gesso”, oppure a corpuscoli di schiuma d’acqua solforosa congelata, che Michel de Montaigne osservò come si è visto in precedenza nei pressi di Tivoli e giudicò simili alla forma dei nostri confetti.[27]

Va ricordato tuttavia che lo zucchero costituiva, ancora agli ini­zi del ‘700, una delle voci fortemente passive dell’economia del Regno di Napoli, insieme al caffè ed al cacao. Tali prodotti venivano importati per lo più dalla Francia e dall’ In­ghilterra, anche se «il Regno di Napoli si riforniva generalmente da Livorno o Genova», città che fungevano da scalo marittimo e da deposito per tali pre­ziose derrate, destinate essenzialmente alla fiera di Salerno[28]. Ferdinand Braudel scrive per esempio in “Civiltà e Imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II” [29]  che “nel 1590 era pervenuta a Livorno dal Brasile una nave con 600 casse di zucchero”, destinate in parte con ogni probabilità alla Fiera di Salerno, diretta concorrente della Fiera di Lanciano.

Le testimonianze di Emilio De Matteis. I “cannellini” di Giacomo Leopardi.

Allo stato attuale della nostra documentazione, certamente lacunosa, sembra comunque che la produzione dei confetti – a differenza di quanto sostenuto nel sonetto auto-celebrativo in precedenza riportato – avvenisse nella Sulmona seicentesca su scala ridotta, proprio a causa dell’alto costo dello zucchero e delle difficoltà connesse al suo reperimento.

Che i confetti fossero considerati un prodot­to di lusso è dimostrato dal fatto che essi costituivano, come si è visto, un dono graditissimo a principi e vescovi, per cui l’unica classe sociale che poteva mangiare zucchero a volontà (“comm ‘a pane”, si legge nel sonetto)era ovviamente quella egemone e non certamente il ceto indigente. Inoltre, la presen­za del termine sceruppàte nel citato componimento non è, a no­stro avviso, casuale, ma indica invece come nel corso della prima metà del ‘600 accanto ad una limitata produzione di confetti, forse abbastanza simili per forma e sostanze impie­gate a quelli attuali, persistesse l’antica arte delle confetture sciroppate.

Ciò si evince da notizie dello storico sulmonese Emilio De Matteis (1631-1681), il quale nel Libro III (cap. 5°) delle sue Memorie storiche de’ Peligni, scrive che a Sulmona «nella festa dell’Assunzione della Beatissima Vergine è solito farsi un carro, dentro del quale il Magistrato della Città et altri nobili dispensano quantità dì confetture per le pubbliche strade»[30].

L’uso del termine “confetture” sembra indicare pertantoche queste si riferissero ancora nella seconda metà del ‘600 non ai confetti, prodotti con zucchero grezzamente elaborato, ma a confetture a base di miele. Se ne ha anche conferma dal famoso cuoco Antonio Latini, il quale nell’opera Lo scalco alla moderna. Overo (sic) l’Arte di ben disporre li Conviti, scrive nel 1692 che “Sulmona si rende ammirabile per la soave fabbrica di confetture” [31] .

L’ignoto poeta dell’Accademia degli Agghiacciati menziona tuttavia come si è visto anche il “cannellino”, un piccolo confetto, a base di zucchero, reso squisito dalla cannella che ne costituisce il nucleo e prodotto a Sulmona sicuramente nel corso del ‘600.

 Il Sardi de Letto ci dice che esso era partico­larmente gradito a Giacomo Leopardi, il quale nel 1837, a Napoli, «qualche ora prima di morire, volle appressarsi al labbro arido un cannellino dì Sulmona… che da allora prese come predicato nobiliare “di Leopardi”»[32].

 La barbabietola da zucchero e la produzione dei confetti a Sulmona nel ‘700.

Di notevole importanza appare la notizia che fin dai primi decenni del ‘700 i vetturini di Loreto Aprutino (Pescara) fungevano da intermediari con molte famiglie signorili di Napoli, per la consegna a domicilio del famoso olio d’oliva delle campagne di Loreto ed al ritorno, come scrive il Cianfarani, “sostavano a Sulmona per approvvigionarsi di confetti da portare ai rivenditori loretani[33].

È assai probabile, pertanto, che si debba agli stessi vetturini di Loreto Aprutino la diffusione a Napoli dei tanto rinomati “cannellini di Sulmona”, che riscuotono tuttora un grande successo.

Si intuisce dunque che dal nucleo dei confetti, non sempre costituito da man­dorle, dipende a seconda dei casi anche il loro sapore e nell’artico­lo in precedenza citato, il De Nino afferma a tal proposito che «in antico i frutti dei faggi delle nostre montagne si raccoglievano, se ne tra­evano fuori quelle graziose mandorline e si confettavano».

Se ne ha una conferma dal Torcia, il quale visitando nel 1792 Sulmona, osserva che nella conca peligna “i colli producon cumini, coriandri, anisi ed altri semi, che in questi paesi san superiormente confettare, anche le trigone mandorline del faggio[34].

Si tratta ad onor del vero di una consuetudine già segnalata nell’ Encyclopédie del Diderot e D’Alembert (1780-81) che si diffonde nel corso del XVIII secolo in modo capillare in Italia. Così nell’opera Il confettiere piemontese, stampata a Torino nel 1790, vengono fornite istruzioni sul modo di confettare frutta fresca e secca oppure di realizzare “pietanze” fatte di zucchero, come avveniva a Sulmona ancora negli ultimi decenni del Novecento, periodo in cui presso i negozi di confetti si potevano anche ammirare “tegamini con uova o salsicce” ed altre pietanze, come pure carote e patate, interamente confezionate a base di zucchero.

Questa moda si è potuta diffondere grazie alla notevole disponibilità di zucchero sul mercato, che si registra nella seconda metà del ‘700 a seguito della rivoluzionaria sco­perta dell’estrazione dello zucchero contenuto in una varietà di barbabietole. Essa avvenne come è noto nel 1747 da parte dello scienziato tedesco Marggraf e perfezionata dal suo discepolo Achard, cui si deve l’invenzione del metodo per effettuare, su basi industriali, la produzione dello zuc­chero ricavato dal tubero della preziosa pianta erbacea.

La coltivazione delle barbabietole da zucchero si diffonde così in tutta l’Europa ed a beneficiarne è soprattutto il settore dolciario.

L’incremento suddetto si evince da diversi documenti che testimonia­no, tra l’altro, l’espansione della produzione dei confetti anche in centri minori dell’area peligna. Il Torcia scrive per esempio nel 1792 che in occasione di matrimoni «si usa distri­buire a Scanno dolci e confetti lavorati» in questa nota località peligna[35].

 Inoltre, nel suo Ragguaglio Istorico della Terra di Roccaraso il medico Vincenzo Giuliani, qui nato nel 1733, ci infor­ma che i suoi concittadini, “trattenendo l’antico gusto longobardico, s’appigliano anche a far confetti, che soglion passarsi come confetti di Sulmona»[36].

L’espressione “soglion passarsi” allude come riteniamo a due situazio­ni differenti ed entrambe possibili: i confetti venivano forse smerciati a Roccaraso, con un pizzico di furberia e concorrenza sleale, come se fossero confetti prodotti a Sulmona; oppure (eventualità questa da non eliminare) essi venivano venduti in loco su licen­za dei fabbricanti della Città d’Ovidio, che non riuscivano a far fronte alla grande mole delle ordinazioni.

Mancano comunque elementi per vagliare l’affer­mazione del Giuliani relativa alla industria del­le confetture a Roccaraso, attività che andrebbe ricollegata come scrive lo storico roccolano – ad un “antico gusto longobardico”. Tuttavia, l’Autore non chiarisce da quale fonte abbia attinto tale sorprenden­te notizia.

 I confetti di Sulmona dall’800 fino ai nostri giorni

Più ricche sono le fonti dell’Ottocento e ad occuparsi dei confetti di Sulmona tro­viamo studiosi locali ed anche Viaggiatori Europei. Vediamo innanzitutto ciò che scrive lo storico sulmonese Panfilo Serafini nella sua nota Monografia di Sulmona, pubblicata nel 1853 ne “Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato”, il quale ci offre preziose notizie al riguardo.  

«Ne abbiamo – scrive il Patriota Sulmonese – dodici fabbriche, dove lavorano un quaranta confettari, che danno circa mille libbre di confetti al giorno, dì specie diverse: cannellini, pistacchio, cacao, cioccolato, cedro, limone, portogallo, mandorle, fragole, menta, pallette, anisi, così detti dal loro nucleo o senso. Per bontà va innanzitutto ad ogni altra specie il cannellino, ma in generale tutte le confetture sulmonesi hanno a tenersi per le migliori del Regno; e non sa­prei dire se tuttora se ne facciano nell’alta Italia che possano stare a con­fronto delle nostre».

II Lear (1846) conferma questi dati del Serafini sottolineando che «i confetti sono la grande ricchezza di Sulmona, che possiede dodici grandi fabbriche di queste delizie fatte di zucchero, tanto apprezzate da essere spedite in tutta Italia»[37].

 Di diverso avviso è un altro colto viaggiatore inglese, Keppel Craven, che nel 1837 scrive:

«Ai Sulmonesi non manca­no le industrie; hanno infatti alcune cartiere, alcune concerie e molte tin­torie, ma il loro prodotto più rinomato, benché indubbiamente il meno utile, è rappresentato dai fondenti e dai confetti che, anche se molto decaduti nella stima del pubblico, sono sempre i più buoni del Regno»[38].

Ed al Craven fa eco K. Hassert, che sottolinea come in Europa le confetture di Sulmona godessero di ottima fama[39].

Nella seconda metà dell’800, come ci informa il De Nino, la produzione annuale dei confetti era di “centomila Kg. all’anno”, particolare questo con­fermato non solo dal Serafini, che nella citata Monografia storica su Sulmona parla di «mille libbre di confetti al giorno» (equivalenti all’incirca a 300 Kg. al giorno), ma anche dal Colucci, che visita Sulmona nel 1856.

Anche quest’ultimo Autore conferma in particolare che:

 «le fabbriche di con­fetti in Sulmona sono dodici, e danno un mille libbre di confetti per dì; le specie ne sono: cannellini, cìoccolatte, cedro, limone, mandorle, fragole, arancio, menta, anisi, pistacchio, cacao ecc., così dette dal loro nucleo o senso, e la più stimata fra esse è il cannellino. In quanto alle cosi dette “palle”, o confettoni grandi tondi, altra volta erano di una reputazione europea; reputazione che per altro rifletteva su tutte le specie anzidette, prima che la Francia non fosse venuta con le sue delicatezze a far loro un’omicida concorrenza e strappa­re in pari tempo il modesto contadinesco alloro, tanti secoli sudato. Il che importa che queste fabbriche dovevano essere altra volta più numerose o più cospicue: particolare storico di cui ci dichiariamo affatto ignoranti. Noi domandiamo agli studiosi delle patrie memorie, agli amanti del deco­ro del proprio paese, una tale monografia; senza uscir dai nostri Abruzzi, essa occuperebbe un posto immediato accanto a quella delle maioliche di Castelli, tema delle dotte memorie di Gabriello Cherubini e Concezio Rosa. Gli è certo per altro, per concluderla con i confetti…, che se per caso ac­cennate che passate per Sulmona, non v’ha Signora che non vi chiegga, non pretendi imperiosamente il tributo dei confetti; e che quelle scattole (sic) a forma di poligono e dipinte a cifre di vari colori, si veggono in tutti i procacci per Napoli più di quanto non sarebbe mestieri»[40].

 Dal che si evince che le Messaggerie postali per Napoli, specie le Diligenze Fiocca che effettuavano il Servizio da Pescara a Napoli, trasportavano costantemente da Sulmona non solo passeggeri ma anche scatole di confetti, che i “procaccia” provvedevano poi a recapitare a Napoli ai vari destinatari. Un viaggio con tali “mercanzie” è compiuto da Theodor Mommsen, il quale provenendo da Chieti passa per Sulmona a “mezzanotte del 1° agosto” 1845 diretto a Napoli [41]

Presso la Sezione dell’Archivio di Stato di Sulmona abbiamo rinvenuto un importante documento qualificato Urgentissimo e datato: Firenze, 16 dicembre 1866. Con esso il De Vincenti, Presidente della Regia Commissione Italiana e responsabile della Esposizione Universale da tenersi nel 1867 a Firenze, scrive al Sindaco di Sulmona pro tempore per sapere quali industrie fossero presenti in Città e nel suo immediato territorio e quali prodotti potevano ben figurare nell’Esposizione di Firenze:

Signor Sindaco,

È urgentissimo che la S. V. risponda immediatamente alle dimande (sic) indicate in questa scheda, essendo ancora sospeso questo lavoro di tanta importanza per le industrie italiane per mancanza di alcune risposte.

Poiché questo lavoro sia compiuto non è meno necessario delle altre risposte, anche di quelle negative, ove non sia alcuna industria relativa a quello che si richieggono.

                                                                                                                               Il Presidente: De Vincenzi”  

Il Sindaco di Sulmona risponde al riguardo, comunicando il Genere dell’Industria che esisteva a Sulmona, dove in aziende di tipo familiare venivano realizzati i seguenti prodotti:

Corde Armoniche, graduate a minugie di animali lanuti. Tra gli altri mezzi di lavorazione si usano i telai volanti; Pergamene, a cuoi di animali lanuti; Confetture di ogni specie, sopraffine a tutto zuccaro, bianche e a tinte vegetali, racchiudenti cartellini a stampa con motti arguti (detti confetti parlanti) o liquori eccitanti, innestate in seta variopinta; rappresentano giardinetti, fruttiere, animaliecc.; Vini, per lo più cotti ed ora di ogni specie”.

La specificazione “a tutto zuccaro” relativa ai confetti assume grande rilevanza. Nel più volte citato articolo dal titolo Le confetture di Sulmona, apparso nella “Gazzetta di Sulmona” (n° 22, 1874), il De Nino già evidenziava il pericolo rappresentato dai confetti prodotti con amido che, a differenza di quelli ottenuti con solo zucchero, “si fanno di seguito e presto”.

L’impiego dell’amido assicurava dunque una maggior produzione, a discapito della qualità. Infatti, sottolinea lo storico peligno: “Chi vuol provare se le confetture che si dicono sulmonesi, sono veramente tali, metta un po’ d’acqua nel bicchiere e v’immerga un confetto. Dopo qualche tempo, se il confetto è di puro zucchero, in fondo al bicchiere non vi sarà deposito; se no, la posa sarà indizio che c’era l’amido”.

Di grande interesse sono le confezioni di confetti, chiamati “confetti parlanti”, di cui si parla nel documento trasmesso a Firenze e contenenti cartellini con motti arguti e forse anche proverbi, di cui non siamo riusciti tuttavia a reperire qualche esempio presso le aziende sulmonesi del settore. Ad essi allude probabilmente il Lear quando, durante il suo soggiorno a Sulmona, annota:

“Ammirammo le sue strade ben pavimentate e i numerosi negozi, metà dei quali erano confettieri, perché i confetti di Sulmona sono famosi in tutt’ Italia […] Tutte le vetrine dei negozi per il Corso principale sono piene di enormi bouquets, fitte ghirlande e croci, tutte composte con confetti colorati in modo vistoso. E questi prodotti non sono per la delizia dei bambini; infatti, essi costituiscono gli omaggi presenti ad ogni compleanno, cresima, matrimonio e qualsiasi anniversario. Un bouquet formato da fiori di zucchero gialli e scarlatti, adornati con foglie verdi ed aguzze, costituisce un regalo elegante per una signora, specialmente se è accompagnato da un sonetto”.[42]

Una conferma di tale usanza, vigente agli inizi del Novecento, si ha dalla viaggiatrice inglese Anne Macdonell, la quale soggiornando a Sulmona sottolinea nel suo libro dal titolo Negli Abruzzi quanto segue:

“Durante la maggior parte dei ricevimenti serali è usanza offrire a tutti rosolio e confetti […] i quali sono la grande ricchezza di Sulmona, che possiede 12 grandi fabbriche di queste delizie fatte di zucchero e spedite in tutta l’Italia”.[43]

A partire all’incirca dal 1870, la produzione dei confetti subisce a Sulmona, secondo alcune fonti, un forte calo, dovuto come sottolinea il De Nino nell’articolo citato «alle molte fabbri­che dì confetture aperte anche altrove» oppure, come sostiene il Colucci[44], alla concorrenza dell’industria dolciaria francese. Ed oggi?

Vi sono a Sulmona circa dieci aziende di diverse dimensioni, di cui alcune a carattere familiare, con una produzione di confetti difficile da determinare ma che ammonta all‘incirca a 15 quintali al giorno, come sostengono alcuni imprenditori del settore intervistati.

Da alcuni anni è stato realizza­to presso la fabbrica Pelino un importante Museo dell’arte e della tecnologia confettiera, nel quale sono espo­sti antichi macchinari ed attrezzi che attestano l’evoluzione nel tempo del­la tecnica di fabbricazione dei confetti.

La citata (ed approssimativa) quantità di confetti prodotti giornalmente a Sulmona è soggetta, tuttavia, a rilevanti incrementi a seconda della domanda stagionale, che raggiunge di solito alte percentuali nel periodo primaverile.

Venduti in tutta l’Italia ed anche all’estero, soprattutto in America ed in Canada dove sono sempre richiesti dai nostri corregionali, i Confetti di Sulmona attendono ancora uno storico riconoscimento, un vero e proprio marchio D.O.P. che contenga – lo pro­poniamo in tale sede – il motto: “Etenim non potuerunt mihi”,  lo stesso che Santo Di Rocco, famoso artista del ferro vissuto a Pescocostanzo verso la fine del ‘600, fece scolpire sull’architrave della sua bottega e che ancora oggi si può leggere, per ricordare ai posteri che malgrado tutti i tentativi fatti in Italia ed altrove, i confetti di Sulmona restano insuperabili [45].

Per raggiungere questa lodevole finalità occorre tuttavia quella unità di intenti che manca oggi ad onor del vero alle aziende locali, spesso “l’una contro l’altra armata”[46] . Né ci sembra che le varie Amministrazioni Comunali succedutesi negli ultimi tempi al governo della Città d’Ovidio abbiano svolto a tal fine un’azione diretta a coordinare iniziative per lo sviluppo di questo tipico prodotto sulmonese, destinato a rallegrare i momenti più lieti del ciclo dell’uomo e dell’anno. Ma di quest’ importante aspetto parleremo nel capitolo che segue.

IL CONFETTO NEL FOLKLORE

I confetti nel ciclo dell’uomo e dell’anno

I confetti occupano un posto rilevante nel folklore, perché associati come si è detto ai momenti più lieti e significativi del ciclo dell’anno e della vita dell’uomo.

Essi vengono offerti in piccoli sacchetti o bomboniere soprattutto in occasione di matrimoni, donde le locuzioni figurate, con valore talvolta paremiologico: mangiare i confetti (partecipare alle nozze), a quando i confetti? (a quando le nozze?), “dopo i confetti, i difetti” (dopo il matrimonio si scoprono i difetti della moglie o del marito) e via dicendo.

Paolo Toschi scrive che «nell’alta Val Tiberina, durante il pranzo di noz­ze, si usa lanciare con violenza confetti, sì da rompere qualche bicchiere, ed il rompersi di qualche stoviglia è chiaramente allusivo»[47].

In molti cen­tri dell’area peligna il pranzo di nozze, costituito da innumerevoli portate, aveva luogo fino a tempi recenti per lo più in casa della sposa, la quale all’uscita di casa nel giorno del suo matrimonio intonava un simbolico canto di partenza.

Fino alla metà dell’Ottocento questo interminabile pranzo di nozze (sottolinea G. Tanturri nella sua nota Monografia storica su Scanno [48]) veniva chiamato a Villalago “panarda”, termine che si è esteso in seguito ad ogni manifestazione similare e soprattutto al pranzo organizzato nei centri della Marsica e nell’Aquilano in occasione della uccisione del maiale.

Tornando ora al pranzo di nozze, va ricordato che appena ultimato spettava agli sposi dare inizio alle danze, mentre una delle suocere rompeva per terra un piatto colmo di confetti.

Assai viva è tuttora l’usanza di gettare per strada confetti da parte degli invitati alle nozze, allorché il corteo nuziale muove verso la chiesa o esce da questa a cerimonia ultimata.

Il rito è ripetuto nei nostri paesi ad un balcone della casa dove andrà a vivere la coppia oppure alla casa paterna della sposa, in cui per atavica tradizione il corteo compie sempre una sosta.

Il colore dei confetti, in occasione di un matrimonio, è bianco, perché richiama al pari del vestito nuziale la castità della sposa.

Come è noto, il numero dei confetti contenuto nelle bomboniere è sempre dispari ma non tutti gli studiosi sono d’accordo sulle origini di questa antica consuetudine. «Nelle credenze popolari – scrive l’Albergamo – il numero dispari è apparso come qualcosa di singolare; in parecchi paesi si ritiene che il numero dei con­fetti della sposa dev’essere dispari»[49].

Ogni spiegazione di tale diffusissima superstizione è stata ricollegata dagli studiosi, ma con risultati non sempre convincenti, al potere posseduto dai numeri di­spari: si pensi per esempio al valore magico del “tre” presente in quasi tutte le religioni (nel cristianesimo, la SS. Trinità, nella Trimurti del bramanesimo, ecc.) oppure nel co­siddetto «misticismo dei numeri», che tanta importanza ha nell’ analisi prelogica del Lévy-Bruhl.

 Il numero pari dei confetti, essendo sempre divisibile per due, simbolo della coppia, costituisce invece nella credenza popolare un cattivo augurio per gli sposi, destinati in tal modo a restare senza prole. Il numero dispari dei confetti rappresenta dunque secondo alcune teorie un atto di magia simpatica diretto a favorire la nascita di un figlio e ad assicurare così la continuità della famiglia e della vita.

Non mancano tuttavia teorie diverse, desunte dalla cultura classica. Secondo Jean N. Robert, per esempio, nell’antica Roma “bisognava evitare in ogni caso che il numero dei commensali fosse pari. Il numero pari è dunque un cattivo presagio […] L’intero pasto nel mondo romano si basava infatti sulla cifra simbolica del tre: antipasto, portate forti e dessert[50].

Negli ultimi tempi si è consolidata anche la tradizione di confezionare bomboniere con confetti sui quali è scritto il nome della sposa e dello sposo oppure che imitano alla perfezione due fedi nuziali, simbolici anelli della catena della vita.

In occasione delle nozze d’argento (25 anni di matrimonio) o d’oro (50 anni)vengono offerte bomboniere i cui confetti sono rispettivamente argentati o dorati, mentre nelle feste di laurea la «bomboniera» è costituita di solito da un piccolo berretto goliardico, la cui stoffa è di colore diverso a seconda della facoltà univer­sitaria frequentata dal neodottore.

Un cenno particolare merita il colore dei confetti che si offrono in occasione del battesimo, comunione e cresima. Innanzitutto, un nastro rosa affisso ad una porta significa che tale abitazione è stata rallegrata dalla nascita di una bambina e di color rosa saranno pertanto anche i confetti che si offriranno in occasione del Bat­tesimo, della Comunione e della Cresima. Il color rosa è associato al rosso e quindi al sangue, simbolo perenne di vita. Nelle antiche cosmogonie il rosa, come anche l’aurora, è simbolo di fertilità e dunque attributo primigenio della donna[51].

Per la nascita di un maschietto viene esposto invece un nastro azzurro e di conseguenza sono azzurri i confetti offerti in occasione del Battesimo, Comu­nione e Cresima. L’azzurro, sottolinea l’Albergamo, è associato al concetto di cielo ed esprime l’augurio che il ragazzo raggiunga elevatezza sociale e morale.

Di color rosa o azzurro risultano anche le candeline accese sulle torte in occasione dei primi compleanni di una bambina o di un bambino.

 Il frettoloso uomo moderno, che non lascia tra sé ed il mondo che lo circonda quella intercapedine necessaria ad ogni riflessione, sembra aver perso dunque i riferimenti insiti nella semantica dei colori e ricalca meccanicamente schemi comportamentali di cui ha perso i significati originari.

E ciò accade pro­prio in un periodo in cui a Sulmona si vanno consolidando altre tradizioni legate ai confetti. Così, da qualche anno, il classico «Babbo Natale», tanto caro ai bambini, distribuisce per le strade della Città di Ovidio a bambini ed adulti sacchetti di confetti, suscitando una piacevole sorpresa soprattutto nei turisti, che dalle località montane limitrofe si riversano a Sulmona per acquisti o per respirare una boccata di genuina atmosfera natalizia.

Non v’è poi un convegno, una manifestazione culturale o una riunione a carattere conviviale in cui non si distribuiscano confetti alle gentili signore presenti, sicché in tali circostanze i confetti sembrano aver sostituito completamente l’atavico omaggio floreale.

Non mancano tuttavia altre importanti tradizioni legate ai confetti.

Per esempio, vige ancora in qualche centro dell’area peligna l’antica usanza della sciarra, cioè il lancio di confetti e monete sulla bara che trasporta una bimba o una fanciulla, allorché il corteo funebre si reca in chiesa oppure al cimitero, alla fine delle esequie. La ratio di questa usanza, radicata in area peligna, poggia sulla credenza che le fanciulle morte prematuramente reclamano i confetti che sarebbero stati lanciati in occasione del loro matrimonio.  

L’antica consuetudine della “sciarra” è tuttavia vigente e diffusa ancora oggi nella Conca peligna in occasione dei matrimoni, dove si assiste al lancio di confetti e monete sui cortei nuziali. Il Colarossi-Mancini sottolinea in proposito che a Scanno «entrato il corteo nella casa maritale, la madre dello sposo gittava dalla finestra una gran quantità di confetti, noci e denaro, il che si diceva fare la sciarra»[52].   

Sciarra” significa rissa violenta[53] e dunque baccano o rissa che esplode soprattutto fra ragazzi allorché da una finestra o da parte degli invitati al corteo nuziale vengono lanciati soldi e confetti in occasione di un matrimonio. Si tratta di un’usanza ricordata anche dal poeta scannese Romualdo Parente nel suo poemetto “Zu matremonio a z’uso”(1765), ventesima strofa.[54]

Un’altra antica ed importante costumanza, ancora in uso a Sulmona verso la metà del secolo scor­so, era quella di inviare il primo maggio un piatto di granati e confetti ad amici e parenti, «il qual dono, chiarisce il De Nino, si usa anche quando si fanno comparatici tra giovanette»[55].

Le composizioni floreali con confetti

 Non meno inte­ressante risulta l’utilizzazione dei confetti in una tipica attività artigianale che rag­giunge a Sulmona il suo apice nel corso del Novecento.

Avvolgendo confetti di diversa grandezza e forma con veline colorate, si ottengono infatti vivaci composizioni floreali che imitano alla perfezio­ne rami di pesco in fiore, ciclamini, spighe di grano, ecc. destinati ad ab­bellire vasi di ceramica o piccole conche di rame usati come graziosi soprammobili. La stessa funzione svolgono i classici cestini, confezionati con confetti dipinti con tinte vegetali diverse ed assai richiesti soprattutto dai turisti che visitano Sulmona nei vari periodi dell’anno.

Fino ad alcuni decenni fa si potevano ancora ammirare delle grosse corone, chiamate in molti paesi dell’area peligna corone del rosario, da appendere devotamente nella camera da letto o sulle pareti di un santuario come ex voto. La folklorista e scrittrice inglese Estella Canziani ci ha lasciato come si è già detto in precedenza alcune preziose testimonianze sull’uso di tali corone agli inizi del secolo scorso[56]. Le donne peligne portavano sempre con sé queste pie testimonianze della loro devozione, anche quando erano costrette ad emigrare nelle Americhe o in Australia per ricongiungersi ai loro familiari.

Inoltre, e ciò appare ancora più rilevante, dalla Canziani apprendiamo come i confetti fossero entrati anche nella narrativa popolare peligna, arricchen­done tipologie e motivi. Così nella fiaba dal titolo Le tre sorelle, dalla scrittrice raccolta a Sulmona e pubblicata nel citato volume, l’uomo lupo, che nasconde­va nel suo palazzo la più bella fra tre sorelle, di nome Carofiore, non può impe­dire il matrimonio tra quest’ultima e il figlio del re. La fiaba finisce allora con queste parole: «L’uomo lupo rimase ancora solo e si consolò con una buona mangiata di confetti». Erano, ovviamen­te, “confetti di Sulmona” e la loro straordinaria storia – di cui abbiamo ricordato gli aspetti più significativi – ha contribuito a rendere più famosa la Città di Ovidio nel mondo.

Giornali e confetti

Avviene spesso che sfogliando i quotidiani si venga a conoscenza di importanti notizie concernenti modifiche apportate alla tecnica di produzione dei confetti oppure varianti relative ai classici gusti, da tempo codificati nel settore dolciario.

Così sul quotidiano Il Centro, in data 4 agosto 2013, è apparso nella cronaca di Sulmona un articolo a cura di Annalisa Civitareale, dal titolo “E la gelateria Di Silvio propone il gusto al confetto”, in cui l’Autrice sottolinea quanto segue:

 “E dove si può cercare (e trovare) un gelato al confetto, se non nella Città che del dolce a base di mandorle e zucchero ha fatto il proprio segno distintivo? I titolari della gelateria precisano al riguardo che il gelato al confetto è nato una decina d’anni fa ed è uno dei gusti più venduti, apprezzato non solo dai turisti ma anche dai Sulmonesi…Quelli che vanno nel gelato sono i classici confetti alla mandorla sulmonesi”.

Una importante ed intelligente iniziativa è stata adottata due anni fa dall’Associazione Ars di Sulmona, presieduta dal Dr. Franco Iezzi, in occasione delle fauste nozze fra il Principe William d’Inghilterra e Kate Middleton, celebrate nell’Abbazia di Westminster. In data 26 aprile 2011 è apparso così nella cronaca di Sulmona un articolo a firma di P. Iavarone, dal titolo “Per William & Kate i confetti made in Sulmona”, in cui si precisa che i confetti, insieme ad un bouquet floreale, sono stati offerti ai Reali Sposi tramite l’Ambasciata d’Italia a Londra. Il giornalista definisce giustamente l’iniziativa dell’Associazione Ars “un’ottima trovata pubblicitaria” che contribuirà non poco, come riteniamo, alla ulteriore diffusione in Europa e nel mondo dei famosi confetti di Sulmona.

Tuttavia, la nostra società si evolve, nel bene e nel male, ed a risentirne è anche l’Istituto del matrimonio. E così una nota Casa sulmonese ha ideato, come si apprende dal quotidiano “Il Messaggero” in data 30 maggio 2006, il confetto Gay Bride per la sposa gay, “una specialità destinata alle coppie non eterosessuali, che sarà di colore lilla, un colore che nasce dall’unione del celeste e del rosa, tipici colori della tradizione maschile e femminile, con mandorle di San Francisco, zucchero di canna del Brasile e vaniglia naturale dei Caraibi”…, quasi “a ribadire la naturalità di una scelta di vita come quella delle coppie omosessuali”.

Si tratta come sottolinea l’Articolista di “un’idea originale che non mancherà di creare approvazione o sconcerto, come tutte le novità di un certo tipo”. Un dato è indiscutibile, si legge a conclusione dell’articolo: “Sulmona in tema di confetti si riconferma capitale assoluta sia per la qualità che per innovazione di idee e tradizionale genuinità delle materie prime, e ovviamente, dei prodotti”.

Le “mandorle di San Francisco”impiegate nella confezione del confetto Gay Bride suggeriscono alcune riflessioni legate ai territori di produzione. Un tempo, come si è visto, la Conca peligna era un magnifico “giardino” ancora ornato agli inizi del Novecento da fiori di mandorlo. La coltura – si legge in una brochure sulla Mandorla di Avola – è stata introdotta in Florida e California “solo dalla metà del secolo scorso”. Molte Case produttrici di confetti, utilizzano tuttavia a Sulmona ed altrove soprattutto le mandorle siciliane di Avola o di altre rinomate località del Siracusano. Esse sono state esposte circa dieci anni fa a Sulmona in Piazza XX Settembre, nel corso di una manifestazione che ha riscosso un buon successo commerciale e richiamato folle di visitatori. Le mandorle siciliane, hanno sottolineato per l’occasione gli intenditori, si sposano divinamente – è il caso di dire – con i confetti di Sulmona, che finché “il sole brillerà sulle sciagure umane”, resterà per sempre la “Città degli Amores e dei confetti”.    


[1] Va ricordato che oltre ad essere Patria di Ovidio e dei Confetti, la nostra Città è anche Patria del Montepulciano, segnalato per la prima volta in Abruzzo nell’agro sulmonese nell’opera di Michele Torcia “Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni fatto nel 1792”, Napoli 1793. Cfr. F. Cercone, “La meravigliosa storia del Montepulciano d’Abruzzo”, Amalthea Ed., Corfinio 2000. Tuttavia, Sulmona non ha saputo valorizzare questo importante primato storico e solo oggi si avvertono nella Conca Peligna segni di ripresa nel settore della viticoltura, fondamentale anche per la salvaguardia dell’ambiente.

[2] Cfr. La bomboniera dalla nascita ai giorni nostri; Catalogo della Mostra della Bomboniera, Milano 1983. Un altro Viaggiatore arabo, Idrisi, vivente alla corte normanna di Ruggero II, scrive nel 1154 nel suo Libro di Ruggero (Flaccovio, Palermo 1994), che “fra Campo Marino, presso Vieste, ed Ancona, vivevano “individui che trovavano rifugio nelle foreste per dedicarsi alla caccia ed alla ricerca in quelle zone disabitate di miele”, che veniva forse commercializzato anche per la preparazione di confetture.   

[3] G. Susi, Il Casato Pelino e la storia dei confetti di Sulmona, Sulmona 1962. Mancano documenti a sostegno dell’affermazione del compianto storico introdacquese, secondo cui la lavorazione dei confetti sarebbe stata «ideata nel monastero di S. Chiara di Sulmona» (ivi, p. 27). Vero è tuttavia che nel Seicento a Napoli «in tutte le comunità religiose si fabbricano marmellate, chicche, confetti, cose di zuccaro, tavolette dolci e profumate…». Cfr. A. Cirillo Mastrocinque, Usi e costumi a Napoli nel Seicento, p. 36, Napoli 1978.

[4] Cfr. G. Pansa, Le relazioni commerciali di Sulmona con altre Città d’Italia durante il sec. XIV, p. 22; Simeone Ed. L’Aquila 1902 (estratto Bullettino DASP, n° 1, 1902).

[5] Cfr. E. Mattiocco, Struttura urbana e società della Sulmona medievale, p. 79 sgg., Sulmona 1978.

[6] G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. IV, p. 205, Sulmona 1912. Secondo alcuni storici “Una libbra” equivaleva a circa 320 grammi: cfr. N. Fiorentino, Parole e cose dei nostri avi (Abruzzo meridionale) s. v. libbra; Edigrafital, S. Atto di Teramo 2004.

[7] M. Montanari, Il mondo in cucina. Storia, identità, scambi, p. 50; Laterza Ed., Roma Bari 2002.

[8] C. Benporat, Storia della gastronomia italiana, p. 50; Mursia Ed., Milano 1990.

[9] G. Pansa, Le relazioni commerciali, ecc., op. cit., p. 22.

[10] Cfr. G. Pansa-P. Piccirilli, Elenco cronologico delle pergamene e carte bambagine pertinenti all’Archivio della Pia Casa della SS. Annunziata di Sulmona, Lanciano 1891. Di “confecteria” si parla in alcuni atti dotali (del 18-6-1359, a favore di una certa Nicolasia; del 3-7-1362 a favore di Petruccia, figlia di Giovanni di Penne; del 2-12-1369 a favore di tal Maria de Rege) ed anche in un testamento, quello di Masio de Rogerio, redatto il 29-9-1388. Cfr. anche G. Pansa, Giovanni Quatrario di Sulmona (1336-1402). Contributo alla storia dell’Umanesimo p. 51, Sulmona 1912. Questi “confecteria”, cioè cofanetti smaltati e de­stinati a contenere confetture, rappresentano dunque le antenate delle nostre bomboniere e non va esclusa l’ipotesi che esse provenissero, insieme a tanti altri capolavori, dalle botteghe degli orafi ed argentieri sulmonesi.

[11] G. Pansa, Le relazioni commerciali, ecc., cit., p. 22 sgg.

[12] G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. III, p. 118, De Arcangelis Ed., Casalbordino 1911.

[13] N.F. Faraglia, La casa dei conti Cantelmo in Popoli ed il suo arredamento secondo un inventario del 1494, in «Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte», n. 10, p. 23, Casalbordino 1900.

[14] Il Torcia scrive nel suo Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni (op. cit. p. 68) che a Sulmona si confettavano alla fine del ‘700 anche le “trigone mandorline del faggio”.  

[15] G. Pansa, Le relazioni commerciali, ecc., cit., p. 23.

[16] Giova ricordare che la Diocesi di Valva assume ufficialmente la designazione di Valva e Sulmona sotto l’episcopato di Francesco Cavalieri (1621- 1637).

[17] A. Chiaverini, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. VI, p. 129, Sulmona 1978.

[18] A. Chiaverini, ivi, p. 264. 1 confetti di Sulmona erano molto apprezzati da influenti personalità ecclesiastiche della curia romana. Si veda in proposito E. Mattiocco, L’insegnamento pubblico aSulmonanel XVI e XVII Secolo, in «Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria», 1982, p. 291 sgg., L’Aquila 1982.

[19] F. Sardi de Letto, La Città di Sulmona, voll. 3-4, p. 226, Sulmona 1979. In tale documento si parla anche di coliantri, presenti in alcuni documenti del ‘500. Essi corrispondevano secondo l’A. a «con­fetti di varia misura e forma». Qualche perplessità suscita il racconto «poetico» (ivi, p. 225) sul modo in cui “alla fine del XV secolo” sarebbe nato, secondo il Sardi de Letto, il confetto cannellino, di cui si parlerà in seguito.

[20] A. De Nino, Le confetture di Sulmona, ne «La Gazzetta di Sulmona», n. 22, 8 agosto 1874. L’articolo è stato di nuovo pubblicato in A. De Nino, Tradizioni popo­lari abruzzesi, Scritti inediti e rari a cura di B. Mosca, vol. I, p. 195 sgg., L’Aquila 1970. Sottolinea al riguardo il Mosca: «Riporto questo articolo perché esso contie­ne una minuta documentazione su un ‘arte che potrebbe definirsi, per quanto ri­guarda la città di Sulmona, “popolare”, tanto il popolo sulmonese sente ab antico quella della confettura, come arte sua propria, sorta nel ‘400 e forse prima…».

[21] A. De Nino, Le confetture, ecc., cit., p. 198.

[22] A. De Nino, Le confetture, ecc., cit., p. 198.

[23] 1. Di Pietro, Memorie istoriche della Città di Sulmona, p. 337, Napoli 1804.

[24] F. Sardi de Letto, ivi, p. 204. Si tratta dell‘Accademia degli Erranti, trasformatasi poi, verso la metà del ‘600, in quella degli Agghiacciati.

[25] G. Spini, Documenti e profilo storico, vol. II, p. 139, Roma 1974.

[26] W. Goethe, Viaggio in Italia, p. 99 sgg., a cura di G. Perticone e M. De Vincolis; Carabba Ed., Lanciano 1933.

[27] M. de Montaigne, Viaggio in Italia. 1580-1581, p. 221; Bompiani, Milano 1942.

[28] A. Di Vittorio, Gli Austriaci e il Regno di Napoli (1707-1734). Ideologia e politica dì sviluppo, p. 244 sgg., Napoli 1973

[29] Vol. I, p. 688; Einaudi Ed., Torino 1982.

[30] E. De Matteis, Memorie storiche dei Peligni, p. 264; a cura di E. Mattiocco e G. Papponetti, Deputazione Abruzzese di Storia Patria, Colacchi Ed., L’Aquila 2006.

[31] Parte I, p. 606, Napoli 1692.

[32] F. Sardi de Letto, op. cit., p. 226; cfr. anche L. Braccili, Folk-Abruzzo, p. 158. L’Aquila 1979.

[33] V. Cianfarani, La processione di San Zopito; in ‘Lares’, XVIII, 1952, p. 88 sgg.; A. Di Nola, Gli aspetti magico- religiosi di una cultura subalterna italiana, II Ediz., p. 285, Boringhieri Ed. Torino 2000.

[34] M. Torcia, Saggio Itinerario Nazionale pel Paese de’ Peligni fatto nei 1792, p. 68, Napoli 1793.

[35] M. Torcia, op. cit., p. 130.

[36] Cfr. V. Giuliani, Ragguaglio Istorico della Terra di Roccaraso e del Piano delle Cinquemiglia, acura di E. de Panfilis, p. 53; A. Ausilio Ed. Padova 1991. Verso il 1720, il colto viaggiatore tedesco Adam Ebert, di passaggio per Sulmona, resta meravigliato nel vedere «al mercato» la statua di Ovidio «circondata da una fila di negozi di merceria…tra cui anche delicate confetture». Cfr. A. Ebert, Auli Apronii Reisebeschreibung… ecc.», p. 243, Frankfurt zur Oder, 1723

[37] E. Lear, Viaggio Illustrato nei Tre Abruzzi, p. 109, Sulmona 1974. Si tratta della traduzione italiana, a cura di B. Di Benedetto-Avallone, di un capitolo dell’opera del Lear dal titolo Illustrated Excursìons in Italy, London 1846. Il Lear parla di «grandi fabbriche», mentre il Serafini, più vicino forse alla verità, ci dice che nelle 12 fabbriche erano occupati «quaranta confettari», con una media dunque di circa quattro addetti per ogni fabbrica, il che denota la struttura familiare di tali aziende nella prima metà dell’Ottocento

[38] Cfr. R. Keppel Craven, Viaggio attraverso l’Abruzzo e le Province settentrionali del Regno Napoletano, p. 22, trad. di Ilio Dì Iorio, Sulmona 1982. Id.: Escursioni negli Abruzzi, trad. a cura di D. Lepore, Sulmona 1981.  Si tratta del II vol. del Craven, dal titolo Excursions in the Abruzzi and northern Provinces of Naples, pubblicato a Londra nel 1837. È significativo al riguardo che fra le «arti e manifatture» caratteristiche del Regno di Napoli (settore delle confetture) vengano menzionate, nel 1820, quelle di Sulmona, Chieti, Agnone, Lanciano e Casoli», il che sembra indicare che la concorrenza, nel settore delle “confetture”, era ancora forte in Abruzzo nel primo ventennio dell’800. Cfr. G. Del Re, Calendario per l’anno bisestile 1820, p. 128, Napoli 1820.

[39] K. Hassert, Gli Abruzzi, in «Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti», fasc. IX, p. 421, Teramo 1897; trad. dal tedesco di F. De Magistris.

[40] R. Colucci, Viaggio negli Abruzzi nell’anno 1856, p. 123 sgg., Napoli, Stamperia dei Classici Italiani, 1861.

[41] T. Mommsen, Viaggio in Italia. 1844-1845, p.175; a cura di A. Verrecchia, Fogola Ed., Torino 1980.

[42] E. Lear, op. cit. p. 34. Un bel disegno relativo ad una “corona di zucchero” è riportato da E. Canziani nel suo libro di viaggio (agosto 1914) dal titolo Attraverso gli Appennini e le terre degli Abruzzi. Paesaggi e vita paesana, p. 9; trad. a cura di D. Grilli; Sinapsi Edizioni, Sulmona 2009. Per la II Edizione dell’opera, a cura solo di D. Grilli, vedasi oltre.

[43] A. Macdonell, Negli Abruzzi, p. 243, Sulmona 1991; Traduzione di G. Taurisani, Introduzione e note a cura di F. Cercone.

[44] R. Colucci, op. cit. p. 123.

[45] In occasione della manifestazione Sulmona Sposi si è svolto il 10 gennaio 1998 un Convegno sul tema: Un marchio DOC per il Confetto di Sulmona. Nel corso dei vari interventi è stata prospettata anche la possibilità di ottenere il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta).

[46] Vedasi l’articolo apparso su “Il Messaggero”, venerdì 7 marzo 2003, p. 45, a proposito della “guerra dei confetti” fra due Aziende produttrici cittadine.

[47] P, Toschi, Il Folklore, p. 37, Milano 1967.

[48] Cfr. Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato, Napoli 1853.

[49] F. Albergamo, Mito e magia, p. 282, Napoli 1970.

[50] Cfr. Jean Noel Robert, I piaceri a Roma, p. 137; Rizzoli Ed., Milano 1985.

[51] Cfr. F. Albergamo, op. cit., p. 222 sgg.

[52] A. Colarossi-Mancini, Storia di Scanno e guida della Valle del Sagittario, p. 194, L’Aquila 1921; cfr. anche D. V. Fucinese, Raiano. Notizie storiche e vita tradizio­nale, p. 108, L’Aquila 1971. Scrive in proposito il De Nino, «A Barrea… il corteo nuziale si dirige verso la casa dello sposo. Non parlo delle confetture e dei quattrini che si gettano in mezzo al follame (sic) dei curiosi…»; cfr. A. De Nino, Usi Abruzzesi, I, p. 84, Firenze 1879.

[53] Cfr G. Devoto- G.C. Oli, Dizionario della lingua italiana, s. v. sciarra, Firenze 1975. In alcuni paesi della conca peligna esiste anche il verbo dialettale “sciarrare”, che equivale a “rompere rapporti” e specialmente il fidanzamento. In tal caso esplo­devano, come è facile immaginare, furiosi piati tra le famiglie interessate – e non solo nei tempi passati! –  a causa del matrimonio “andato in fumo”.

[54]  Edizione Scanno 1971, a cura di E. Giammarco; Cfr. anche M. Notarmuzi, L’Arcadia di Romualdo Parente, Prefazione di U. Vignuzzi, Sulmona 2013.

[55] A. De Nino, Tradizioni popolari abruzzesi, Inediti e rari,a cura di B. Mosca, op cit., p. 274.Il dono dei granati, cioè del granturco lesso, assumeva in tale giorno un particola­re valore propiziatorio, poiché iniziava con esso quella che i nostri contadini e la povera gente in genere chiamavano la costa dì maggio. Si trattava diun periodo assai criti­co per l’alimentazione della famiglia rurale, prossima ormai a veder esaurite tutte le scor­te alimentari durante il lungo periodo invernale e nei primi mesi primaverili. I granati venivano offerti anche nella ricorrenza della festività di S. Antonio Abate.

[56] E. Canziani, Through the Apennnes and the lands of the Abruzzi. Landscape and peasant life, Cambridge 1928; trad. Ital. A cura di Diego Grilli, Synapsi Ed., Sulmona 2009.




LA VALUTAZIONE INCIDENZA AMBIENTALE

Regione Abruzzo ignora richiamo del Ministero dell’Ambiente e mantiene delega ai Comuni. UNITEL: stralciare modifica alla legge sul governo del territorio o rischio procedura di infrazione.

L’Aquila, 25 giugno 2024. La valutazione di Incidenza (VINCA) è il procedimento, di carattere preventivo, al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano, programma, progetto, intervento od attività che possa avere incidenze significative su un sito, o proposto sito, della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso.

Il punto 1.9 della Linee Guida nazionali per la VIncA,  sul tema dell’individuazione delle autorità competenti per la VIncA, riportano che “ Seppure tali deleghe non possono essere normate a livello statale, è  necessario che le Amministrazioni regionali provvedano ad una verifica sulle competenze attribuite a Strutture non adeguate, come alcuni Comuni, e individuino specifici Uffici regionali, territoriali o, preferibilmente, gli Enti Gestori dei siti o delle aree protette, che possono disporre di maggiori conoscenze specifiche e tecnico-scientifiche”.

La Regione Abruzzo, con L.R. 12 dicembre 2003, n. 26, ha trasferito ai Comuni le competenze relative alla VINCA per tutti i piani non ricompresi tra quelli indicati nel comma 1 dell’art. 1 della L.R. 13 febbraio 2003, n. 2 oltre ai piani agricoli e faunistico-venatori, senza alcuna verifica, delle effettive capacità degli enti comunali di poter gestire procedure complesse e specialistiche, che richiedono figure professionali che spesso, se non sempre, i Comuni non hanno nei loro organici.

Tale situazione, insieme ad altre inadempienze sull’applicazione da parte del Governo italiano e delle Regioni, delle direttive europee 3/92/CE e 147/09/CE, ha portato, nel 2014, all’aertura di una procedura di pre-infraszione epr il nostro Paese da parte dell’Unione Europea. L’Italia, con le linee guida nazionali sopra citate, nel 2019 ha cercato di porre rimedio alle pesanti carenze normative nazionali e regionali  e la Regione Abruzzo, con la LR 7/2020, entrata in vigore il 12 marzo 2020, ha dovuto, suo malgrado, fa ritornare alla competenza regionale la procedura di VINCA, subordinando però tale fatto all’effettivo adeguamento della dotazione di personale del dipartimento competente (da operare secondo la legge entro 90 giorni dall’entrata in vigore).

I 90 giorni sono abbondantemente passati e della riorganizzazione degli uffici regionali non si è avuta notizia, tant’è che, su sollecitazione della “Stazione Ornitologica Abruzzese” il Ministero dell’Ambiente, con nota del 8 agosto 2023, ha aspramente rimproverato la Regione Abruzzo, intimando alla stessa di dare “completa attuazione all’art. 1 della L.r. 7/2020 con il completo previsto trasferimento delle competenze sulla VIncA alla struttura regionale dedicata”, pena il possibile avvio della procedura di infrazione da parte dellUnione Europea.

Il richiamo del Ministero sembrava aver dato i suo frutti quando, con l’approvazione della L.R. 58 del dicembre 2023, la Regione, all’art. 23, stabiliva la sua competenza per la valutazione di incidenza sugli atti di pianificazione e programmazione territoriale, urbanistica e di settore e loro varianti, e sugli interventi o progetti, di rilevanza regionale, provinciale o comunale, che interessino siti di importanza comunitaria, istituiti o proposti, zone speciali di conservazione e zone di protezione speciale, lasciando facoltà ai soli Comuni capoluogo di provincia di esercitare le competenze in merito alla VINCA su interventi, progetti e attività di rispettiva competenza.

Ma, improvvisamente, spunta una proposta di legge regionale, che verrà discussa dalle Commissioni Bilancio, Territorio e Sanità, dove si cambiano le carte in tavola e si ribadisce che “Rimangono ferme ed efficaci le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale 2 marzo 2020, n. 7 (Disposizioni in materia di valutazione di incidenza e modifiche alla legge regionale 3 marzo 1999, n. 11 (Attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112: Individuazione delle funzioni amministrative che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale e conferimento di funzioni e compiti amministrativi agli enti locali ed alle autonomie funzionali)) nonché gli atti di attuazione eventualmente assunti dalla Giunta regionale”, tornando, quindi, all’antico, e cioè alla competenza dei Comuni, piccoli e grandi, in attesa che la Regione “adegui la dotazione organica della struttura regionale di supporto all’Autorita’ regionale competente per la valutazione d’incidenza al fine di assicurare lo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge”.

Un’attesa che, visto che la norma originaria è entrata in vigore a giugno 2020, dura ormai da quattro anni!!!

Assistiamo, purtroppo, da anni – dichiara l’UNITEL, Unione Nazionale Italia dei Tecnici degli Enti Locali, sezione Abruzzo – qualunque sia il “colore” politico delle Giunte Regionali, ad un proliferare di leggi che, in nome di una presunta leale collaborazione tra Enti, scaricano sui Comuni competenze a non finire, incuranti del fatto che le strutture tecniche e amministrative comunali sono ormai al collasso, con personale ridotto all’osso e carenza di comptenze e professionalità specifiche”.

“Il caso VINCA – continua l’Unione dei tecnici degli Enti Locali – è l’ennesimo episodio che conferma come la Regione Abruzzo consideri i Comuni come Enti subordinati, e non come strutture amministrative con una loro autonomia, come previsto dalla Carta costituzionale. Sulla VINCA ben due sentenze TAR hanno evidenziato come le strutture comunali non abbiano competenze specialistiche in grado di portare avanti valutazioni, come quella di incidenza, che necessitano di studi ambientali, biologici, agronomici, forestali, chimico-fisici, che un Comune non può eseguire se non avvalendosi di personale esterno, con gravi ripercusioni organizzative ed economiche sulle strutture comunali, già in crisi per il costante aggravio di compiti e compentenze riversato su di essi da norme statali e regionali”.

“Chiediamo quindi – sottolinea UNITEL – che sia stralciata la modifica prevista e che la Regione mantenga le competenze in materia di VINCA, come correttamente previsto dall’art. 23 della LR 58/2023, eliminando anche la possibilità che i Comuni capoluogo possano effettuare tali valutazioni, che devono rimanere esclusivamente in capo alle strutture regionali. Se in quattro anni la Regione Abruzzo, che ha al suo attivo quasi 1.500 dipendenti, non è riuscita ad organizzare gli Uffici competenti in materia, come può un Comune medio abruzzese, con al suo attivo uno o due tecnici, spesso dipolomati, portare avanti una materia così complessa?”

Ricordiamo alla Regione – conclude l’associazione – che la leale collaborazione presuppone reciprocità, e non norme calate dall’alto, spesso neanche comunicate agli Enti interessati, che devono quotidianamente spulciare circolari e norme per trovare novità legislative che assegnano nuove competenze o cambiano le carte in tavola. I Comuni e le Province sono disponibili al confronto, a patto che sia realmente leale, e alla pari”.

UNITEL sezione Abruzzo




LA PRIMA EDIZIONE DEL CONVIVIO

Il 5 luglio lungo Corso Marrucino. Amministrazione e organizzatori: “Una tavolata che mette insieme intrattenimento, socialità e solidarietà”.

Chieti, 25 giugno 2024. Tutto pronto per la prima edizione del “Convivio, il gusto di cenare nel cuore della città”, evento che si svolgerà venerdì 5 luglio nel centro storico cittadino, promossa da Lusso Live Experience e Chieti Welcome, a sostegno dell’associazione Solidarity Couriers Onlus e con il patrocinio del Comune di Chieti. Oggi la conferenza di presentazione con il sindaco Diego Ferrara, il vicesindaco e assessore agli eventi Paolo De Cesare, l’assessore al Commercio Manuel Pantalone, il consigliere Valerio Giannini, Matteo Marinozzi e Nico Di Benedetto, motori dell’evento.

“Voglio evidenziare il lato umano e sociale di un evento simile, mettere insieme la comunità cittadina – così il sindaco Diego Ferrara – far sedere uno accanto all’altro persone che si conoscono poco o non si conoscono, è un atto fondamentale per rinsaldare il senso di appartenenza, amicizia e collaborazione della cittadinanza. Le idee migliori prendono forma durante una conviviale aperta e identitaria ed è possibile anche che attraverso questo evento si riesca a stare insieme in modo armonico fra cittadini. Sarà un appuntamento non solo turisticamente, ma anche socialmente utile e importante”.

“Ringrazio i ragazzi che hanno organizzato l’evento pieni di entusiasmo ed energie positive e che con questa iniziativa certificano quanto questo spirito sia utile alla città – così il vicesindaco Paolo De Cesare – . Il Convivio può diventare un riferimento sia per ravvivare il centro storico, sia per rinfocolare il senso di appartenenza alla nostra città. Gli esempi che arrivano da altri centri ci fanno ben sperare, dunque ringrazio gli organizzatori e il consigliere Valerio Giannini per aver contribuito a costruirla”.

“Un appuntamento veramente importante e ci teniamo a ringraziare gli organizzatori e il consigliere Giannini che si sono adoperati per far nascere questa iniziativa – aggiunge l’assessore al Commercio Manuel Pantalone – . L’idea è fare vivere il Corso con un appuntamento di natura enogastronomica, ma a 360 gradi, con una lunghissima tavolata che culminerà a piazza Vico, con servizi come baby club e intrattenimento. Certo è che come Amministrazione abbiamo subito detto di sì, perché il potenziale dell’evento è grande e stiamo pensando con gli organizzatori di replicarlo a breve anche in altri punti della città, così come chiediamo alle attività del centro storico di stare aperti, perché porterà tantissime persone sul Corso, animerà e darà una spinta all’indotto per l’originalità”.

“La tavolata è resa possibile dall’agenzia Lusso, nata perché il centro di Chieti richiede la necessità di eventi speciali, che nella loro complessità siano in linea con la qualità e il potenziale cittadino – aggiunge Valerio Giannini – Confidiamo nella competenza dell’organizzazione per i dettagli logistici e tecnici. L’iter burocratico è definito, invitiamo tutti a partecipare anche lasciando aperti i negozi che ci auguriamo siano parte attiva”.

“La cena si svolgerà dalle 20.30 in poi intorno a un tavolo imbandito lungo Corso Marrucino – spiegano Matteo Marinozzi e Nico Di Benedetto, motori dell’evento – La proposta è quella di un menu tipico abruzzese a cura del Gran Caffè Vittoria con vini locali. Sarà una cena spettacolo concepita per l’intrattenimento con Antonio Monaco e Alberto Marano, l’idea è quella di coinvolgere tutti talenti cittadini. La promozione è già iniziata, abbiamo un bel riscontro, a partire dall’Amministrazione comunale che ci ha dato il supporto possibile perché potesse realizzarsi. L’evento ha anche un importante contenuto solidale, perché è a sostegno dell’associazione Solidarity Couriers e, nello specifico, di “Take me back”, il bellissimo progetto ideato dagli abruzzesi Antonio Di Leonardo e Andrea Mariani, che unisce viaggio e solidarietà attraverso la creazione di una rete mondiale di corrieri solidali. Un sodalizio, il buon cibo e i buoni intenti, che si sposa benissimo e che viene promossa dall’associazione anche a fini umanitari”.




SCIOPERO!

Di fronte a due licenziamenti non può esserci che una risposta

Atessa, 25 giugno 2025. Negli ultimi mesi L’USB, in M.A. di Atessa, ha più volte protestato e scioperato contro le modalità di gestione da parte aziendale e contro le contestazioni disciplinari pretestuose. Con licenziamento di due lavoratrici nella scorsa settimana, che avrebbero avuto un diverbio in costanza di lavoro, riteniamo che si sia varcato un limite ingiustificabile. Per quanto a nostra conoscenza, la situazione è stata gestita in modo grossolano e anche in violazione dei diritti dei lavoratori stabiliti da leggi e contratti.

Nella giornata di giovedì avevamo già proclamato due ore di sciopero chiedendo all’azienda di non procedere al licenziamento ma la stessa è stata inflessibile procedendo come un elefante in una cristalleria. Gradiremmo tanta puntigliosità aziendale anche nel rispetto delle norme sulla sicurezza, sulle condizioni microclimatiche insostenibili o sulla contrattazione di secondo livello che si protrae da anni. In questi casi i lavoratori devono rispondere con unione e decisione perché ciò che è accaduto alle due colleghe può accadere ad ognuno di loro.

Non può essere sufficiente esprimere una semplice e scontata solidarietà, bisogna agire costringendo l’azienda a tornare sui propri passi rivalutando i provvedimenti che appaiono semplicemente sproporzionati.

L’USB non ha mai fatto distinzioni tra lavoratori, e anche in questo caso non lo farà, e convintamente proclama sciopero su tutti i turni lavorativi nella giornata di martedì 25 giugno chiedendo l’immediato RITIRO DEI LICENZIAMENTI.

L’USB dichiara in M.A. Atessa 2 8 ore di sciopero su tutti i turni di lavoro nella giornata di martedì 25/06/2024




UNA PIETANZA DA LAUREA

 Al Convento di San Patrignano con l’Università di Teramo

Collecorvino, 25 giugno 2024. È previsto per oggi 25 giugno alle ore 19 presso il Convento di San Patrignano a Collecorvino l’appuntamento con “Una pietanza da laurea”, appuntamento che anticipa l’estiva sagra di “Pipindune e ove” l’immancabile evento dedicato al piatto abruzzese tanto amato anche dai turisti.

Interverrà il Sindaco Paolo D’Amico con il Professore, Magnifico Rettore Dino Mastrocola dell’Università di Teramo (Te), insieme a Flavio D’Aviera, Presidente della Pro Loco Corbino.

Tra i relatori si annoverano: i Professori di Teramo Mauro Serafini, Docente di Bioscienze e Donato Angelino che farà un intervento dal titolo “Etichette nutrizionali: come e perchè leggerle?”; inoltre ci sarà Antonio Di Giovacchino, Chef esperto in piatti tradizionali della cultura contadina, il Vicesindaco di Collecorvino Antonio Zaffiri, e Donatella Alquati e Giorgio Minillo con il libro “Sagre d’Italia”.

“Lo scorso anno su L’Eco di San Gabriele, in un articolo in cui si citava anche la nostra sagra, veniva riportato che questo tipico piatto d’Abruzzo ‘pipindune e ove’ appunto, è un piatto semplice, gustoso ma completo, anche facile da realizzare: ed ecco che noi in vista della nostra sagra, fiore all’occhiello per il nostro paese che si terrà i primi di agosto, vogliamo proprio parlarne con degli esperti” – annuncia il Sindaco D’Amico.

“Voglio ringraziare l’Università di Teramo per la presenza – prosegue, – il Consigliere Simone Orlando che ha organizzato questo convegno, e la Pro Loco che da anni gestisce la sagra e permette di far conoscere le nostre eccellenze culinarie in tutto il territorio regionale” – conclude il Primo cittadino.

Al termine del convegno ci sarà una degustazione di piatti tipici.




IL 40° CICLO DI DOTTORATO DI RICERCA

La Scuola Superiore Gabriele d’Annunzio ha pubblicato il bando

Chieti, 25 giugno 2024. È stato appena pubblicato dalla Scuola Superiore “Gabriele d’Annunzio” il bando relativo al 40° Ciclo di Dottorato, che scadrà il 21 luglio prossimo. Sono 21 i Corsi di Dottorato con ben 150 posizioni. Di queste, 60 borse sono completamente a carico dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara; 57 sono a carico del PNRR; 3 a carico di importanti Istituzioni, quali l’Istituto Superiore di Sanità, la Regione Abruzzo e l’Agenzia Spaziale Italiana. Ben 28 borse sono riservate a dipendenti di impresa. Oltre alle borse che coinvolgono tutti i 21 Dottorati di Ateneo, merita una speciale attenzione la partecipazione della “Gabriele d’Annunzio” a 9 dottorati nazionali: “Intelligenza artificiale” con il Campus Bio-Medico di Roma, “Gender Studies” con l’Ateneo di Bari,  “Design per il Made in Italy” con l’Università “Vanvitelli” della Campania, “Difesa di rischi naturali e Transizione ecologica del costruito” con l’Ateneo di Catania, “Studi Europei” con l’Università di Genova, “Teaching & Learning Science” con l’Ateneo di Macerata, “Space Science and Technology” con l’Università di Trento, “Scienze motorie e sportive” con l’Ateneo di Verona e “Peace Studies” con l’Università “La Sapienza” di Roma. Molto importanti sono poi le due borse attivate in collaborazione con l’Università di Ferrara sulle tematiche attinenti alle ricerche condotte dall’ICRANet (International Center for Relativistic Astrophysics Network) che ha sede nella Stazione vecchia di Pescara. 

“L’investimento dell’Ateneo sul piano della formazione dottorale – spiega il Direttore della Scuola Superiore “G. d’Annunzio”, professor Angelo Cichelli – mira a formare i futuri ricercatori del comparto pubblico e privato, anche con l’obiettivo di incentivare l’internazionalizzazione della ricerca e di preparare al meglio le future classi dirigenti sotto la spinta del PNRR cui si affianca l’importante investimento del nostro Ateneo pienamente consapevole di questa missione strategica. Da qui – conclude il professor Angelo Cichelli – scaturisce l’impegno della “d’Annunzio” nel sostenere la ricerca in quelli che sono i settori di maggiore ricaduta tecnologica, formativa e sociale, in una fase storica, quel quella attuale, caratterizzata dall’accelerazione produttiva e dall’innovazione tecnologica globalizzata”.

“Il grande sforzo dell’Università degli Studi Gabriele d’Annunzio per l’alta formazione – spiega il Rettore della “d’Annunzio”, professor Liborio Stuppia – riflette una strategia complessiva di attenzione alla qualità della ricerca e della didattica, che costituiscono i pilastri dell’attività universitaria. La nostra Scuola Superiore continua, con crescente successo, a garantire scelte sempre più efficaci e moderne per il futuro del territorio e dell’intero Paese”.

Maurizio Adezio




L’ACQUA DI SAN GIOVANNI

Un successo nei luoghi meravigliosi fra natura storia e tradizioni. Continuano eventi nella Riserva Borsacchio per salvarla dalla cancellazione

Roseto degli Abruzzi, 25 giugno 2024. Con grande emozione annunciamo che l’iniziativa per valorizzare la Riserva Borsacchio e le tradizioni locali, denominata “L’Acqua di San Giovanni con escursione all’Accolle”, tenutasi domenica scorsa, è stata un successo. Nonostante la pioggia, un centinaio di partecipanti si sono uniti all’escursione per raccogliere fiori ed erbe tradizionali utilizzati nella preparazione dell’Acqua di San Giovanni, nota per le sue proprietà benauguranti.

L’Acqua di San Giovanni è una tradizione popolare che prevede la raccolta di fiori ed erbe durante la notte tra il 23 e il 24 giugno. Questi elementi vengono poi immersi in acqua e lasciati esposti alla rugiada notturna,  acquisendo proprietà benefiche e protettive.

Il giorno prima i volontari delle guide del Borsacchio hanno rimesso a nuovo il piazzale pulendo a mano tutta l’immondizia , sfalciando e pulendo le cavate di scolo con la rimozione delle erbe dalle murature dell’antica fonte a mano. Partita l’escursione dall’antico percorso di Via Accolle è iniziato il rito dell’Acqua di San Giovanni, con momenti di raccoglimento e preparazione. Al termine, tutti i presenti hanno riportato l’acqua della fonte con i fiori di San Giovanni.

Questa tradizione è un’importante iniziativa che, da anni, stiamo promuovendo con sempre maggiore successo all’interno della Riserva Borsacchio. Proprio in quei luoghi collinari, tra cui la splendida Fontana d’Accolle, che alcuni vorrebbero inspiegabilmente escludere dalla riserva. Ancora una volta, con tantissime persone, difendiamo e rivendichiamo che rimanga nella Riserva Borsacchio, insieme a tutti i bellissimi tratti che attraggono ogni anno visitatori e custodiscono la natura.

Ringraziamo tutti i partecipanti e i volontari che hanno reso possibile questa straordinaria giornata, contribuendo a mantenere vive le nostre tradizioni e a valorizzare la bellezza della nostra riserva.

*Marco Borgatti presidente Associazione Guide del Borsacchio*




RIMESSO A NUOVO CAMPO DA TENNIS

Aperte le prenotazioni e pronto all’uso

Luco dei Marsi, 25 giugno 2024. Un’estate a tutto sport, quella in programma a Luco dei Marsi, dove continuano i lavori di ripristino e rinnovamento dei diversi impianti sportivi. Mentre proseguono le attività di rigenerazione del manto erboso del comunale, sono stati ultimati i lavori di manutenzione straordinaria del campo da tennis, una struttura che chiama a raccolta ogni anno numerosi appassionati di tutte le età. Il campo sarà disponibile nella fascia oraria 9/19 tutti i giorni, dal 1° luglio al 31 agosto, previa prenotazione e pagamento della tariffa oraria vigente, pari a 5 euro a giocatore, per partite occasionali a due; 4 euro a giocatore, per le partite occasionali in doppio; 3 euro a partecipante in caso di torneo.

Le prenotazioni possono essere effettuate tramite whatsapp al numero: 339 1360642 o direttamente al punto informativo del Comune. I pagamenti possono essere effettuati tramite PagoPA, accedendo direttamente alla piattaforma dal sito web del Comune o tramite QR Code in tutti gli esercizi abilitati (tabaccherie, ricevitorie, bar, esercizi diversi convenzionati), attraverso il proprio servizio home banking, allo sportello bancario o tramite ATM abilitati e negli uffici postali.

A breve, informa l’Amministrazione comunale, prenderanno il via i lavori di manutenzione e implementazione delle dotazioni al campo di calcetto di piazza Gramsci, il Campetto, sede del parco giochi per l’infanzia, di un’attrezzata e nuovissima palestra all’aperto e luogo di ritrovo estivo prediletto dai giovani e giovanissimi luchesi.

“I nostri impianti sportivi sono sempre più funzionali, curati e fruibili”, sottolinea con soddisfazione la sindaca Marivera De Rosa, “Abbiamo condotto in porto numerosi lavori, dai terreni di gioco alle recinzioni, dall’efficientamento energetico alla dotazione di servizi fino al riordino degli accessi. Molto abbiamo fatto, e molto vi è ancora da fare, ma il progetto per la rigenerazione delle strutture sportive, per far sì che siano pienamente e al meglio a disposizione della cittadinanza, procede spedito. Abbiamo a disposizione, nel nostro territorio, impianti e opportunità per vivere una stagione estiva ricca di sport all’aria aperta e socialità, invito tutti a beneficiarne al massimo. Ringrazio l’Ufficio tecnico e quanti collaborano quotidianamente alla costante cura delle aree”.




FIRA: BILANCIO 2023 IN ATTIVO

In 3 anni finanziati oltre 7.300 imprese e professionisti con circa 110mln di euro investiti

Pescara, 25 giugno 2024. L’Assemblea dei Soci di FiRA – Finanziaria regionale abruzzese, presieduta dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, alla presenza dell’assessore alle attività produttive, Tiziana Magnacca, ha approvato il Bilancio d’esercizio 2023 della Società, con un utile netto di 52.052 euro e la relazione degli amministratori sulla gestione, che sancisce la sostanziale solidità della in house di Regione Abruzzo.

La Finanziaria regionale guidata dal Presidente Giacomo D’Ignazio anche nel 2023 prosegue la strada del risanamento, lavorando per svolgere un ruolo sempre più centrale nell’economia abruzzese, affiancando l’Ufficio di Presidenza, i Dipartimenti e tutti gli Uffici regionali nella messa in campo di misure e strategie a supporto del comparto produttivo regionale.

I dati – oltre 7.300 imprese e professionisti finanziati con circa 110 milioni di euro investiti negli ultimi 3 anni – certificano il lavoro svolto dall’intero Consiglio di Amministrazione di FiRA, composto dalla vicepresidente Consuelo Di Martino e dai consiglieri Antonio Paraninfi, Stefano Cianciotta e Nicoletta Salvatore.

“C’è voluto coraggio e visione per avviare il processo di fusione tra FiRA e Abruzzo Sviluppo – dichiara il presidente Marsilio – ma il buon lavoro svolto in questo ultimo anno dal CdA di FiRA dimostra che abbiamo avuto ragione a voler dare un’unica e ben definita identità a due enti regionali che spesso si sovrapponevano. Quindi è con particolare soddisfazione che approviamo il Bilancio della finanziaria regionale. Oggi abbiamo un unico ente, sano, forte e veramente strumentale a quelle che sono le esigenze della Regione. Penso, ad esempio, alla gestione delle Naidi, in cui FiRA ha saputo sopperire all’assenza di una specifica in house regionale che potesse fronteggiare, nel minor tempo possibile, tutti gli adempimenti per la riapertura, in breve tempo, degli impianti. Faccio i miei complimenti al CdA e ringrazio tutta la struttura per l’impegno e la professionalità dimostrate. Adesso si va verso la definizione della Finanziaria regionale come organismo intermedio, che sia direttamente responsabile delle attività di programmazione, gestione, controllo e pagamento dei fondi europei”.

“Poter contare sul supporto tecnico e professionale di FiRA – commenta l’assessore Magnacca – ci permette di affrontare al meglio le sfide che il nostro mondo produttivo, in continua evoluzione, è chiamato a intraprendere per tenere il passo delle Regioni più sviluppate e per essere competitivi sui mercati internazionali, ma anche di massimizzare le risorse che l’Europa e il Governo nazionale ci assegnano. La Finanziaria regionale ha dimostrato, nel tempo, di poter coadiuvare Regione Abruzzo non solo nella gestione dei bandi e dei Programmi Operativi, ma anche, ad esempio, di saper lavorare per lo sviluppo del territorio su più fronti: sociale, turismo, istruzione, lavoro, oltre che per il comparto produttivo nella sua accezione più ampia”.

Per Giacomo D’Ignazio: “Anche nel 2023 FiRA ha proseguito la sua opera di risanamento e, al contempo, ha fatto molto per le imprese e i professionisti, come certificano i numeri degli investimenti sull’economia abruzzese. Ma ha anche dato prova di saper diversificare le proprie attività rispetto a quella che è la sua mission, non solo per coadiuvare al meglio la Regione Abruzzo, ma per una precisa scelta di questo CdA: aver intrapreso un percorso di crescita, improntato sull’ascolto del territorio e su una visione di medio-lungo periodo, ci sta permettendo di interpretare i cambiamenti in atto, per migliorare la nostra capacità di adeguamento, mettendo a segno le opportunità offerteci dal Socio unico con l’affidamento di importanti commesse”.

Diversi gli asset su cui FIRA si è concentra in questo ultimo anno: accesso al credito, con la gestione dei bandi per prestiti alle imprese di tutti i settori, compresa la linea dedicata all’agricoltura e a imprese e professionisti che operano in area cratere, nonché con la concessione di garanzie, attraverso i Confidi, a tutto il comparto produttivo e professionale abruzzese; sostegno agli investimenti, con gli incentivi diretti per l’attuazione dei progetti delle imprese e con gli aiuti mirati per il comparto turistico; assistenza tecnica, grazie all’impiego di oltre 150 unità tra personale interno e professionisti esterni per supportare la Regione nel raggiungimento dei target di spesa dei Programmi Operativi e attuare interventi per la crescita del tessuto economico e sociale; attrattività del territorio, con il supporto all’organizzazione dei grandi eventi, dalle Esposizioni universali al Giro d’Italia, con l’obiettivo di incrementare la visibilità e l’afflusso turistico in Abruzzo, in ogni stagione. E infine, partnership strategiche, come il Patto per il Centro, l’accordo sottoscritto con le Finanziarie di Lazio, Umbria e Marche per la messa in campo di azioni di sistema per lo sviluppo territoriale, che segue l’adesione al circuito ANFIR, l’Associazione che riunisce 18 Finanziarie Regionali italiane e l’accordo che domani FiRA sottoscriverà a Roma, con ANCI, per avviare una collaborazione strategica a sostegno dell’imprenditorialità giovanile.

Dopo l’emozionante Grande Partenza del Giro d’Italia dall’Abruzzo lo scorso anno, anche nel 2024 la Finanziaria regionale ha coadiuvato Regione Abruzzo nell’organizzazione delle quattro tappe abruzzesi della corsa rosa, che si conferma una formidabile vetrina per far conoscere al mondo la nostra regione. Da quest’anno, inoltre, in capo a FiRA c’è anche la gestione delle “Naiadi”: dopo anni di chiusura e disagi, dovuti alle precedenti gestioni, con il grande impegno della Finanziaria regionale si è restituito il complesso sportivo alla collettività.

LE MISURE E I NUMERI DEGLI ULTIMI 3 ANNI IN SINTESI

Piccolo Prestito Agrario, prestito diretto a tasso zero alle imprese vitivinicole e relative società di trasformazione che hanno subìto un danno di produzione in seguito all’eccesso di pioggia verificato in Abruzzo da aprile a giugno 2023. Finanziate 231 imprese per oltre 2 milioni di euro.

Piccolo Prestito, concessione di contributi in conto interessi a tasso zero alle imprese abruzzesi, per prestiti da 10 mila a 15 mila euro. Finanziate 308 imprese per un totale di quasi 5 milioni di euro.

Restart Fare Impresa, sostegno all’accesso al credito delle Micro Piccole Imprese e dei professionisti ricadenti nel territorio del cratere sismico 2009. Finanziati 168 progetti (più 6 domande in valutazione) per un totale complessivo di circa 9,5 milioni di euro impegnati.

Abruzzo FRI Start, finanziati 105 nuovi progetti d’impresa per un totale di fondi gestiti di 12 milioni di euro.

Sostegno alle imprese operanti nel settore Turismo (LR 77/2000), per il miglioramento della ricettività e degli standard di qualità delle strutture ricettive. Finanziati 142 progetti d’investimento con 15 milioni di euro.

Aiuti alla ricettività delle imprese turistiche, per miglioramento della ricettività e degli standard di qualità delle strutture ricettive (sostenibilità e promozione, sicurezza e prevenzione sanitaria, miglioramento dell’offerta per turisti con disabilità, ammodernamento macchinari, attrezzature e arredamento, miglioramento dell’offerta turistica). Finanziati 110 progetti di investimento con un fondo di 7 milioni di euro.

Fondo di garanzia PMI (L.R. 10/2017), sostegno alle piccole e medie imprese e ai liberi professionisti abruzzesi con difficoltà di accesso al credito bancario per l’attuazione di piani di impresa, finalizzati allo sviluppo aziendale e/o al capitale circolante. Con le garanzie concesse da FiRA sono stati erogati finanziamenti per oltre 37 milioni di euro a 691 imprese.

Una Tantum, sostegno alle ditte individuali, ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti con un fondo perduto a compensazione della perdita di reddito subita a causa della pandemia da Covid 19. Oltre 4.700 beneficiari per un totale di oltre 10 milioni di euro.

Microcredito – Avviso Liquidità per il sostegno alla liquidità aziendale. Finanziate 693 imprese per un importo totale di 9.491.769 euro.

Caro energia impianti sportivi al chiuso, contributi a favore di gestori di impianti sportivi accessibili al pubblico, al chiuso, per combattere il caro energia nelle strutture fortemente energivore. Finanziate 162 imprese con 1 milione di euro.

Assistenza Tecnica – Supporto alla Regione Abruzzo nella programmazione, gestione, controllo, monitoraggio e certificazione della spesa, a valere su Programmi europei, nazionali e regionali per lo Sviluppo Rurale, Economia del Mare, Sociale, Terzo Settore, Centri per l’Impiego, Investimenti Pubblici. FiRA impiega circa 150 unità, tra personale interno e professionisti esterni per supportare la Regione nel raggiungimento dei target di spesa dei Programmi Operativi e attuare interventi strategici per la crescita e la competitività del tessuto economico-sociale regionale.

Nel 2024 importante spazio anche al comparto agricolo: con il Fondo di Rotazione gestito da FiRA, le imprese agricole, che sono anche beneficiarie del sostegno a fondo perduto concesso per gli investimenti produttivi per la competitività e per ambiente, clima e benessere animale o quelli per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, possono accedere al Fondo gestito dalla Finanziaria regionale per richiedere un prestito a tasso zero a copertura della parte di cofinanziamento privato non finanziabile con la sovvenzione a fondo perduto.