LA SACRA AMPOLLA

Si sono chiuse le celebrazioni solenni della sacra ampolla ad Ortona

Ortona, 29 giugno 2024. 458 anni sono trascorsi dal Miracolo del Sangue che sgorgò dal crocifisso presso l’Oratorio della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.

Un evento prodigioso che risale a quando i Turchi arrivarono ad Ortona nel 1566; per vendicarsi della disfatta di Lepanto attaccarono le coste adriatiche ed anche Ortona distruggendo quasi completamente la Basilica di San Tommaso ma inspiegabilmente non si avvicinarono alla Chiesa di S. Caterina né al Convento delle monache che pregando davanti al crocifisso assistettero al prodigio del sangue che sgorgò dalla ferita del Crocifisso.

Il Sangue fu raccolto da un prelato in due ampolle che nel 1570 portò con se a Venezia. Solo nel 1934, novant’anni fa, un’ampolla fu restituita alla città di Ortona.

Miracolo poco conosciuto alla massa ma molto profonda è la devozione di quel popolo che ogni venerdì pomeriggio è presente alle sante celebrazioni liturgiche presso l’Oratorio della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.

Ps. Sarebbe necessario e quanto meno doveroso che istituzioni preposte, devoti religiosi e studiosi del campo sia scientifico che spirituale iniziassero e portassero a termine analisi, studi e ricerche per accertamenti e per consegnare l’evento prodigioso nella sua bellezza ed autenticità, libero da ogni silenzioso ed oscuro mistero.

nm




SCENARIO FRUTTO SISTEMA MAGGIORITARIO

Con le ultime elezioni europee

Roma, 29 giugno 2024. “Con le ultime elezioni europee si è verificata la creazione naturale di uno scenario politico nazionale come se fosse il frutto di un sistema maggioritario, malgrado le elezioni si siano svolte attraverso il metodo proporzionale. Vedo positivamente questo scenario che da all’Italia solidità politica nazionale e che, speriamo, le consentirà di essere protagonista nella determinazione del futuro dell’Europa che verrà”. Lo ha affermato il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Alfonso Luzzi, commentando il recente voto europei e i prossimi scenari legati all’Unione Europa.

“Credo che molto merito lo abbiano le donne. Meloni e Schlein hanno condotto una campagna elettorale pugnace, ma hanno avuto la capacità di esprimere, nella diversità, con chiarezza le loro posizioni e catalizzare i rispettivi consensi, oltreché hanno dato prova di maturità nella conduzione della vis politica. Ora inizia per il presidente del Consiglio Meloni il confronto con un’altra donna, che non è Ursula Von der Leyen, bensì è la regina Europa. Una regina burocratica e con tendenze assolutiste e un po’ libertine, con una corte piena di principi ambiziosi ma senza autorevolezza e cortigiani assetati, ma che, non dobbiamo dimenticare, da 80 anni, come mai nella sua storia, riesce a garantire la pace ai suoi sudditi e che per farli guarire dall’ultima epidemia li ha curati con duemila miliardi di euro. Una regina che però non può intendere la democrazia come uno strumento contabile necessario solo per ripartire il potere tra coloro che comandano il gioco e che hanno come obiettivo reale la difesa dei loro interessi nazionali, ma come uno strumento politico da utilizzare per la costruzione di una comunità popolare europea che abbia al centro della propria azione il raggiungimento del bene comune rappresentato dalla valorizzazione della persona umana e, quindi, in primis, la pace, il lavoro e la salute delle donne e degli uomini, la famiglia”.




FINANZIATO L’INTERVENTO PER LA FRANA DI BORRANO

Agevolazioni per chi deve delocalizzare

Roma, 29 giugno 2024. La Cabina di Coordinamento sisma presieduta dal Commissario alla Riparazione e Ricostruzione sisma 2016 Guido Castelli ha raggiunto l’intesa su alcune modifiche all’Ordinanza speciale in deroga 66, dedicata alla ricostruzione di Borrano, frazione di Civitella del Tronto (Teramo).

È stato previsto un finanziamento di 5,5 milioni di euro per la mitigazione del movimento franoso di parte dell’area, oltre a una serie di misure per agevolare chi è sottoposto alla delocalizzazione obbligatoria. A Borrano il sisma, oltre ad aver reso inagibile una parte dell’abitato, ha anche accelerato un movimento franoso, all’esito degli studi sull’area, si è rivelata solo in parte mitigabile. Per questo motivo si è reso necessario delocalizzare una parte delle case, anche se agibili. Presente ai lavori della Cabina anche l’assessore della Regione Abruzzo Umberto D’Annuntiis.

Il Commissario Castelli ha inoltre incontrato i cittadini di Borrano ieri (28 giugno) insieme al sindaco Cristina Di Pietro, per illustrare le novità e il piano d’azione dei prossimi mesi. Il Commissario Castelli ha dichiarato: “La vicenda di Borrano ha da subito impegnato la Struttura commissariale, insieme alla Protezione Civile regionale, al Comune e all’Ufficio speciale ricostruzione, per impostare una strategia che desse certezze a questa popolazione.

Ad anni di distanza dal terremoto purtroppo gli studi hanno evidenziato la necessità di evacuare le case per gli effetti indotti dal sisma sulla tenuta idrogeologica dell’area. Un sacrificio necessario alla luce del principio di sicurezza che sta ispirando la ricostruzione. Una sicurezza che, per forza di cose, deve essere anche quella idrogeologica e statica dei versanti. Insieme al sindaco Di Pietro abbiamo ascoltato le preoccupazioni della comunità di Borrano, che ringrazio per il grande spirito di collaborazione e ribadisco che la Struttura commissariale continuerà ad assistere tutti i cittadini in questo momento difficile.

Ringrazio il Presidente Marsilio e il Direttore dell’Usr Vincenzo Rivera e il professor Sciarra dell’Università D’Annunzio, per aver lavorato insieme nel fornire risposte efficaci alla risoluzione di questa situazione, che teniamo costantemente monitorata”. Il sindaco Cristina Di Pietro dichiara: “Esprimo soddisfazione per i provvedimenti già adottati dal Commissario Castelli e dalla Struttura commissariale per affrontare la difficile situazione di Borrano. L’ordinanza speciale approvata nella cabina di coordinamento di mercoledì scorso tutela a pieno i diritti degli abitanti di Borrano, costretti ad abbandonare la loro abitazione riconoscendo loro il diritto alla costruzione di una nuova abitazione”.




SCUSA THOMAS la colpa è mia…

…ora ho capito! Quella voce che, sentivo nel sottofondo, quella che mi chiamava, che cercava la mia attenzione da tempo, forse era la tua?

Da qualche giorno è come scomparsa, all’inizio ho pensato che, finalmente, avevi capito che dovevi vedertela da solo, tu eri la tua causa e tu dovevi essere la tua soluzione, qualunque essa fosse stata! Diciamo sempre ai nostri figli che bisogna si responsabilizzino, mi sono convinta, per una mia egoistica comodità, che ti stavi responsabilizzando e mi sono quasi sentita fiera di aver tenuto duro e di non averti dato retta, di aver guardato dall’altra parte.

Pensare che mi è sempre apparsa fastidiosa, esagerata, chiassosa, immotivata e invadente, quella tua vocina. Non mi sono mai chiesta, realmente, cosa volesse, la sua insistenza bastava a farmi tornare in maniera lesta alle mie cose, le tue, secondo me, erano lacrime di coccodrillo!

Non mi sono curata neppure di quello strascico di inquietudine che, ogni tanto ai bordi delle strade sporche, buie e odoranti di fiele raffermo, me la faceva riemergere. La mia vita ha poco a che vedere con i luoghi chiassosi di povertà, bagnati di solitudine e denudati della dignità, io ho un’altra vita, la mia è una vita sana, incontaminata! Io ho saputo seminare meglio, mica come te! Il tuo peccato originale dovrà essere stato differente dal mio, sennò non si spiega perché tu ti sei incasinato in questo modo e hai fatto questa finaccia!

Forse io sono stata più brava di te?

Forse Io profumo di pulito, faccio le cose che si devono fare, vivo nei contesti giusti, mica bazzecole. Come puoi vedere, ancora, uso la “coperta sintetica” del forse! Mica sto per strada a procurami sostanze, io! Fin dove arriva il mio sguardo è tutto allineato, in ordine e coperto. Questo basta a farmi sentire in coscienza con me stessa e sicura.

È sempre bastata una doccia, in un bagno nuovo e riscaldato, una crema corpo alla fragranza di cocco per togliermi di dosso, quando mi ci imbattevo per sbaglio, il lercio del marcio che, per diritto acquisito e per norma comoda doveva essere tuo, perché alla fine, nel tuo marcio, seppur per sbaglio e per pochi minuti capita di imbattercisi.

Poi tu di punto in bianco, hai deciso di piangere e di urlare in solitudine, senza darmi una spiegazione, non mi hai più chiamata, e ora da qualche giorno il tuo lasciarmi in pace, mi sta torturando, mi chiedo quanti come me hanno disatteso la tua chiamata?

Quanti come me hanno programmato i loro aperitivi cenati, cullandosi del fatto che non sei un nostro figlio, quanti come me sanno, però si assolvono, pensando che, in certe strade, nelle strade che frequentavi tu, non possono esserci le panchine, non possono esserci i fiori, non possono esserci le risa, perché certe strade, una volta imboccate, non finiscono mai. La verità è che in certe strade mancano certe cose, perché ci è più facile non portarcele quelle certe cose!

Tu ti sei visto costretto a diventare muto, obbligato a farti scorrere e scaldare dal tuo sangue giovane, abbandonato e dileggiato da chi oltre ad essere sordo come me, è convinto di essere migliore di te e di quelli come te, ignorando che, se tutti continuiamo a rispondere ad un’altra chiamata, alla chiamata che ci fa comodo, quelli come te diventeranno di più di quelli come me, e quelli come me saranno i veri mandanti di ciò che accade in certe strade.

 Tu forse una strada migliore l’hai imboccata e te la sei sicuramente sudata sul campo. Noi? Noi continuiamo a restare, a restare qui e ad accumulare vittime, le accatastiamo l’una sull’altra e l’ultima ci aiuta a nascondere la precedente. Il nostro registro di carico e scarico è sempre più dinamico, mai fermo, come mai ferma può essere la nostra coscienza, non so da chi, non so quanto ma ci verrà chiesto conto, perché la verità è che, non si possono aspettare i lampeggianti per scoprire che tu non ci sei più, che tu non ci saresti stato più lo dovevamo mettere in conto e sbatterci affinché a te fosse garantito un ugual posto su questa terra ed un ugual diritto alla vita, lo stesso del mio e di quelli come me.

 Spero che, né tu né noi stessi, riusciremo ad assolverci da tanta indifferenza, da tanta distrazione, da tanta apatia, da tanta non curanza, da tanto distacco dal prossimo, ma anche in questo caso mi fido più di te che di me e di quelli come me.

Aiuta il prossimo tuo, ci disse qualcuno in tempi non così sospetti, uno dei tanti prossimi nostri eri tu e ti abbiamo lasciato solo nella notte, ti abbiamo fatto svuotare ogni arteria, forse pensavamo di ripulirti; invece, ti abbiamo ucciso e abbiamo anche atteso, comodamente nei nostri salotti, che qualcuno ci rendesse edotti sull’accaduto.

Un accaduto che, come i dieci comandamenti era inciso su pietra, stava solo scegliendo una notte più adatta di altre o forse si è catapultato sulla prima venuta, perché non ne poteva più di chiedere aiuto, di barcamenarsi, avrà creduto che il mondo fosse divenuto sordo, avrà pensato che il tuo problema fosse niente in confronto ai problemi degli altri; eppure, ti stavano aspettando lame, lame di coltello, che vista la tua giovane carne, non hanno avuto bisogno, neppure, di un’affilatura.

Il bello è che noi lo sappiamo che di lame ce ne sono troppe, le hanno in troppi; eppure, continuiamo a farle tagliare, perché ci siamo convinti che sanno tagliare solo la carne dei più poveri, di quelli come te, di quelli che non riescono a mettere insieme poche centinaia di euro. In verità, a valere poche centinaia di euro sono quelli che, come me, hanno fatto finta di non sentire la tua vocina. Siamo sulla scia del fogliame umano se, non capiamo che chi commette e chi subisce non è classificabile in un elenco, le parti, la vita le inverte in un istante e lo fa perché sa che noi siamo distratti, siamo superficiali, siamo vigliacchi, non siamo capillari fra le strade, fra la disperazione, fra la solitudine, fra i nostri figli, perché nella maggior parte dei casi a commettere e a subire sono i nostri figli, e quindi una fottuta colpa dobbiamo pur averla Noi. Basta raccontarci che non possiamo far nulla, che il mondo va così, che le cose sono cambiate.  È una bugia che ci somministriamo da troppo e più nulla può assolverci, siamo da condannare e dobbiamo auguraci di essere in tempo per una riabilitazione all’amore per il prossimo, poi i nostri figli saranno migliori e tu non dovrai più farti scaldare dal tuo sangue giovane!

Ciao Thomas, ti prego vienici in sogno a ricordarci cosa ci siamo persi perdendo te!

Cesira Donatelli




LA GUERRA FREDDA: DI NUOVO L’UNICA PACE POSSIBILE?

di Umberto Baldocchi

PoliticaInsiem.com, 29 giugno 2024. Tra le tracce della maturità 2024 non si è forse prestata la dovuta attenzione ( politica oltre che culturale e didattica) alla  interessante traccia sulla “guerra fredda” ( non sull’atomica, come si è scritto) dello storico  Giuseppe Galasso.  E’ il tema che hanno svolto il 17,3% dei maturandi , a testimonianza che forse l’interesse o il desiderio di una storia “fatta sul serio”  non è ancora  svanito nelle nuove generazioni.

Il contesto storico entro cui si svolge la vita pubblica italiana genera inevitabilmente però anche considerazioni di attualità politica che forse non sono sfuggite ai maturandi.   Il testo di Galasso non propone tanto un discorso di denuncia dei pericoli della guerra atomica e degli arsenali nucleari, quanto invece una interessantissima riflessione sulla “guerra fredda” letta  in prospettiva storica. Che cosa è stata la “guerra fredda”? Il testo si esprime in questi termini:

“La condizione così determinatasi nelle relazioni internazionali, e in particolare fra i grandi vincitori della guerra e in Europa, fu definita «guerra fredda». La definizione, volutamente antitetica, esprimeva bene la realtà delle cose. Lo stato di pace tra le due massime potenze dei rispettivi campi e tra i loro alleati non poteva ingannare sulla realtà di un conflitto ben più consistente…”(Giuseppe Galasso, Storia d’Europa, Vol. III, Età contemporanea, CDE, Milano, 1998, pp. 441- 442. ) 

Forse bisognerebbe precisare che la “guerra fredda” in realtà non è una “definizione antitetica” ( come definizione mancherebbe dei due elementi classici della definizione il genus e la species) È però un concetto rovesciato, che usa il termine antitetico per designare la pace, che è notoriamente, nell’uso corrente, un concetto debole, costruito per negationem vale a dire in relazione al suo opposto, alla guerra. Semplicemente nel linguaggio corrente  la PACE o è assenza di guerra oppure è un equilibrio precario tra forze ostili, cioè una “guerra” mascherata. Non ha alcuna consistenza autonoma, indipendente. Vale a dire   PACE può solo significare una SITUAZIONE, un RAPPORTO DI FORZE  non un  ORDINE delle cose.

Nessuno oggi sembra notare questa anomalia. Eppure, in piena “guerra fredda” vi è stato chi forse aveva avvertito il pericolo delle “parole tiranniche” ed aveva  usato un termine diverso. Poteva farlo  anche perché possedeva un diverso concetto di PACE. Si tratta di Papa Pio XII, che certamente non ignorava il termine “guerra fredda”, ma  usava per il medesimo  contenuto concettuale il termine PACE FREDDA. Un termine sicuramente più rigoroso e coerente, caratterizzato da  quel rigore che dovrebbe piacere anche agli storici e non soltanto a chi si deve attenere alla rigorosa logica evangelica che vuole un linguaggio umano dica sì al sì’ e no al no e non inverta mai la realtà. Così si esprimeva infatti Pio XII nel Radiomessaggio natalizio del 1954:

“ Che cosa si intende infatti  nel mondo della politica per pace fredda se non la mera  coesistenza di diversi popoli, sostenuta  dal vicendevole timore  e dal reciproco disinganno? ora è chiaro che la semplice coesistenza non merita il nome di pace quale la tradizione cristiana , formatasi alla scuola  dei sommi intelletti di Agostino e di Tommaso D’Aquino , ha appreso a definire tranquillitas ordinis. La pace fredda è soltanto una calma provvisoria, il cui durare è condizionato dalla sensazione mutevole del timore  dal calcolo oscillante delle forze presenti, mentre dell’ordine giusto , il quale suppone una serie di rapporti convergenti  in un comune scopo giusto e retto , non ha nulla”.

La pace fredda (guerra fredda) non è dunque mai un ordine , ma una situazione provvisoria anche se essa produce una pericolosa illusione così descritta da Galasso:

“Come non era mai accaduto prima, l’uomo restava, così, prigioniero della potenza che aveva voluto e saputo raggiungere. Uno strumento di guerra, di distruzione e di morte di inaudita efficacia si convertiva in una garanzia, del tutto impreveduta, di pace a scadenza indefinita”.

A prima vista pare essere la stessa straordinarietà della potenza umana  a garantire la pace . A prima vista un comodo meccanismo automatico, una sorta di pilota invisibile infallibile, in realtà una incredibilmente ingenua illusione. L’illusione di chi può pensare che l’uomo, essere naturale non rinchiuso entro confini prestabiliti, ma essere libero essenzialmente, non possa mai far saltare questa estrema misura, e non rechi in sé la possibilità della tragedia esistenziale, la possibilità di rivolgere questo potere contro sé stesso.

Ma c’è di più. La deterrenza nucleare può assicurare (precariamente, si è visto) la pace, ma  solo a certe condizioni. E qui Galasso è chiarissimo. 

“Che cosa sarebbe potuto accadere se essi fossero venuti nella disponibilità di un gran numero di paesi e, soprattutto, se si fossero ritrovati nelle mani di leader che non fossero quelli di grandi potenze aduse a una valutazione globale dei problemi politici mondiali e continentali e fossero, invece, fanatici o irresponsabili o disperati o troppo potenti in quanto non soggetti al controllo e alle limitazioni di un regime non personale e alle pressioni dell’opinione pubblica interna e internazionale?”.

In altri termini cosa potrebbe succedere oggi se il nucleare non fosse più monopolizzato dalle grandi potenze (un tempo solo due), le potenze  “aduse ad una valutazione globale dei problemi” ma se esso fosse in mano di leader “fanatici, o irresponsabili o disperati” ? Se cioè il nucleare fosse nelle mani di leader come quelli della Corea del Nord, del Pakistan, magari anche dell’ Iran, se non vogliamo aggiungerne altri e se per ora escludiamo ancora di porre i leader della ex potenza sovietica tra i “fanatici” e gli “irresponsabili”? E’ evidente, e l’alunno intelligente o con buone antenne, avrebbe dovuto scriverlo, che la guerra fredda e cioè la miserabile pace assicurata dalla deterrenza nucleare non può più funzionare e che la guerra deve tornare all’ordine del giorno per la nostra difesa. Cominciando dal riarmo e dall’educazione dei giovani. Sarà  certo una guerra diversa fatta coi droni e con l ‘ Intelligenza Artificiale, ma ancora uno strumento che lavora attraverso morti e massacri. 

E’ questa in effetti una conclusione logica, che non fa una grinza, a patto ovviamente che noi non conosciamo altri concetti di PACE se non quello debole prima citato costruito a partire dal concetto di GUERRA.  Possiamo solo notare  che non è così strano chiamare pace la guerra come si fa nel mondo orwelliano, non lontano dal nostro mondo della comunicazione vincolante e accecante del “pensiero unico”.

   Bisogna per avere questo risultato  però cancellare del tutto l’altra idea di pace quella che è stata la “pace europea”, la pace come “invenzione moderna” della civiltà europea dopo i due grandi cataclismi mondiali. Bisogna cancellare cioè la storia e la logica della intelligenza  umana.  E bisogna cancellare il compito storico dell’ Europa, vale a dire quello di dominare e criticare la potenza che solo essa è stata in grado di creare. Bisogna cioè travolgere queste che sono le vere frontiere che consentono di costruire la pace.

Le parole mediatiche e culturalmente deprivate e deprivanti-   che siamo indotti ad usare in realtà imprigionano il pensiero, lo rendono meno capace o del tutto incapace di pensare in modo difforme. Non possiamo difendere la PACE se non riusciamo nemmeno a pensarla. Il termine “guerra fredda” ci ostacola a farlo. La “guerra fredda” come termine storico è stato, credo, introdotto  da Walter Lippman nel 1947. Ma il termine era già esistente. Lo aveva usato un finanziere,  Bernard Baruch (1870-1965), un ex consigliere di Roosevelt.  Un termine di geopolitica coniato da un finanziere, Già, che strano! Un termine riguardante le vicende militari coniato da un finanziere. Chi  avrebbe mai potuto immaginarlo ? 

Umberto Baldocchi




DELLE STRANE IDEE SUL GIORNALISMO

A Giorgia Meloni è proprio andata di traverso la lunga inchiesta giornalistica su quale razza di “allevamento” è stato, anche da lei, messo in piedi nella sua organizzazione di partito, Gioventù Nazionale.

PoliticaInsiem.com, 29 giugno 2024. Non l’è andata giù per tanti motivi. Perché gliel’hanno buttata tra i piedi in un momento delicato nel pieno della definizione degli incarichi europei. Perché è costretta a vedere nello specchio riflesso di un reportage quel che motiva la “pancia” del suo mondo, fatto di modestia intellettuale ed intellettiva. Perché svela la “doppiezza” nel presentarsi diversi da chi si è. Una pratica che non le è del tutto sconosciuta, in particolare, in campo internazionale.

E c’è voluto l’antisemitismo dilagante tra i suoi giovani a svegliarla. Chissà se questo non fosse venuto fuori come avrebbe provato a continuare a fare finta di niente. L’imbarazzo verso ambienti che pure l’hanno sostenuta e la sostengono nonostante tutto, perché sulla questione della razza Giorgio Almirante, che ha formato quasi tutti i dirigenti di Fratelli d’Italia che contano, fa parte dei punti di riferimento suoi e di tanti altri.

Ma si sa, ognuno si cerca i compagni di strada. Salvo poi ritrovarsi di fronte a delle brutte sorprese. E magari qualcuno degli eletti è costretto a scoprire che quella ragazza o quel ragazzo tanto perbenini, e che t’hanno votato, t’hanno aiutato a raccogliere voti, sono in realtà tuoi nemici dentro.

Il punto vero, però, non è solo l’antisemitismo. E finalmente, dopo un lungo silenzio, e anche questa la dice lunga, Giorgia Meloni si è accorta di come stanno le cose. Ma ha pensato bene di rimarcare come il problema principale non fosse l’oggetto della sconvolgente inchiesta, bensì com’è stata realizzata.

È giunta persino a rivolgersi a Mattarella parlando di un metodo da regime. E che c’entra Mattarella?

Questa è un’altra cosa che Giorgia Meloni poteva risparmiarsi. O  cosa vuole insinuare?

E per di più sorvolando su come i suoi stanno gestendo la Rai: questa sì che appare sempre più irreggimentata.

Il giornalismo d’inchiesta, fortunatamente, c’è sempre stato e speriamo che aumenti in un Paese che ha sempre bisogno di trasparenza e di libertà di stampa. Oltre a dimenticare altre inchieste clamorose che hanno pure ricordato la sinistra, forse Giorgia Meloni è troppo giovane per ricordare cosa s’inventavano i giornalisti del passato per scoprire gli altarini dei politici della Prima repubblica.

Avrebbe saputo delle esilaranti gesta di che giunse persino a nascondersi nello studio del Segretario della Dc per carpirne i segreti o affermazioni imbarazzanti. Ma il tutto finì a risate perché nessuno era permaloso, o lo nascondeva bene, come invece sembrano esserlo un po’ tutti quelli di Fratelli d’Italia che ogni giorno annunciano due, tre querele. Certo, nel caso dei suoi giovani ragazzotti c’è un qualcosa che ammette poco umorismo giacché di mezzo ci sono cose tanto odiose come l’antisemitismo e il razzismo.

E allora che Giorgia Meloni spolveri davvero, ma con le grandi pulizie di fine stagione, in casa sua. Getti via, e faccia gettare via, i busti di Mussolini, leghi quelle mani sempre pronte ad alzarsi con il saluto romano e, soprattutto, faccia una scuola di partito vera dove non ci si appassioni solo di ingialliti ricordi di brutti personaggi e di brutte storie, come quelle legate al fascismo e al neofascismo.




TORNA ALESSANDRO DI TULLIO

Ad Ortona nel ruolo di schiacciatore

Ortona, 29 giugno 2024. Ancora un rientro in Casa Impavida, questa volta si tratta di Alessandro Di Tullio, nato a Lanciano il 9 luglio 2001 e cresciuto a Vasto. Con i suoi 194 cm di altezza, Alessandro ha già giocato in Serie A3 proprio con gli ortonesi nel ruolo di opposto.

Di Tullio ha mosso i suoi primi passi nella pallavolo indoor con l’Enjoy Volley Vasto, ma è nel Beach Volley che ha scoperto la sua vera passione. La svolta della sua carriera è arrivata quasi per caso, quando, ancora giovane opposto dell’Enjoy Volley, ha sfiorato l’ingresso nella selezione abruzzese per il Trofeo Delle Regioni. Tuttavia, il suo talento non è passato inosservato ai tecnici della Sieco Impavida Ortona, che lo hanno accolto nel loro settore giovanile.

Con i colori bianco-azzurri della Sieco, Alessandro ha ottenuto le sue prime grandi soddisfazioni, vincendo i campionati regionali under 18 e under 20. Questi successi gli hanno permesso di crescere e confrontarsi con altri giovani talenti nelle Finali Nazionali. Inoltre, è diventato un punto fermo nella squadra di Serie C della Sieco ed è stato spesso chiamato a supportare gli allenamenti della squadra di Serie A2.

Nonostante la sua giovane età, Alessandro ha già compiuto il salto di categoria, disputando due stagioni con la Virtus Paglieta in Serie B, dove al primo anno ha anche raggiunto i playoff promozione. Il trampolino di lancio arriva nella stagione 2022/2023 quando la Sieco lo sceglie come vice dell’opposto Bulfon.

Dopo la stagione ad Ortona, Alessandro accetta la proposta della Canottieri Ongina in Serie B dove gioca da schiacciatore terminando la stagione con un buon piazzamento al quinto posto.

Chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia, e non sa quel che trova, recita un vecchio adagio, ma quello che Alessandro Di Tullio trova nella sua nuova strada da giocatore di banda è una nuova e congeniale dimensione nella quale cresce rapidamente.

Il Di Tullio che giocherà per la Sieco la prossima stagione in A3 è un giocatore nuovo sotto ogni punto di vista: «Come mi sono trovato a giocare in posto quattro? Benissimo», risponde Alessandro. «Mi sono allenato tantissimo in questo ruolo e soprattutto ho vissuto il campo. Questo mi ha permesso di crescere tecnicamente come schiacciatore di mano. Sono pronto a dimostrare quello che valgo e quanto sono migliorato rispetto all’ultima stagione ad Ortona. Anche se consapevole di avere davanti giocatori di grande livello ed esperienza darò il massimo per continuare a migliorarmi e farmi conoscere ed apprezzare da Coach Denora sperando di riuscire a ripetere un’annata vincente come quella della promozione in Serie A2 nel 2022-2023»

Alessandro Di Tullio

Nascita: 9/07/01

Luogo: Lanciano

Nazionalità Sportiva: Italiana

Ruolo: Opposto

Altezza: 194cm

Carriera

2024 / 2025 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A3)

2023 / 2024 Canottieri Ongina Volley (Serie B)

2022 / 2023 Sieco Service Impavida Ortona (Serie A3)

2021 / 2022Virtus Paglieta (Serie B)

2020 / 2021 Virtus Paglieta (Serie B)

2019 / 2020 Sieco Service Impavida Ortona (Serie C)




STORIA DELLA MIA VITA

Incontri d’autore e musica nell’isola pedonale delle Vacanze luchesi. Protagonista dello spazio letterario, Alessandro Faonio

Luco dei Marsi, 29 giugno 2024.  Sarà un’opera toccante, un tratteggio di vita vissuta che intreccia radici antiche e lo sguardo vivido, tenace delle donne, capace di superare le tempeste e condurre verso ogni futuro possibile sé stesse e i mondi di cui si prendono cura, ad inaugurare il nuovo ciclo di appuntamenti a tema “Incontri d’Autore – Giardino letterario” a Luco dei Marsi, nell’ambito della rassegna estiva “Vacanze luchesi”, giunta alla settima edizione.

Protagonista dello spazio letterario, Alessandro Faonio presenterà questa sera, alle 21, in piazza Alfidi, nell’isola pedonale di viale Duca degli Abruzzi, il libro “Storia della mia Vita”, uno sfogliare epoche e personali epopee, celate tra le pieghe della quotidianità, che tracciano, con la storia della protagonista, Vita Mongelli, nonna dell’Autore, le linee dell’emancipazione e della libertà collettive che nel tempo saranno, conquistate per tutte attraverso percorsi costellati di lotte, dolori e sacrifici spesso consumati nella silenziosa “dignità dell’altruismo”.

Vita attraversa “Un’Italia perduta, bombardata… che rinasce, che cresce e che costruisce, un’Italia che man mano si assopisce e resta a guardare”, tessendo la propria storia, dal caos a un ordine nuovo e in perenne mutamento, senza mai perdere la capacità di sorridere e accelerare il passo negli snodi più critici della sua esistenza. Parteciperanno all’incontro Maria Gabriella Martignetti, docente; Angelo Rosati, avvocato e scrittore; Claudio Greco, scrittore; Gianni De Rosa, presidente dell’associazione culturale Lucus, organizzatrice dell’incontro. Reading e intermezzi musicali nell’interpretazione di Domenica Stornelli, con musiche a cura di Giovanni Stornelli.

“Alessandro Faonio è uno scrittore che non smette di stupirci”, sottolinea la sindaca Marivera De Rosa, “Abbiamo avuto la fortuna e il piacere di essere testimoni dei suoi esordi e di poter apprezzare il percorso, la crescita e il progressivo disvelarsi di un talento caleidoscopico, capace di toccare corde profonde nei lettori con ogni produzione, come certamente sarà con questa nuova opera, da leggere e custodire nel cuore insieme alla figura di Vita, potente ed emblematica. Invito tutti a non mancare”. La serata delle “Vacanze luchesi” continuerà con la musica del duo “Stornelli” nell’isola pedonale del viale Duca degli Abruzzi.




LA FABBRICA DI SAN PIETRO

Si inaugura  la mostra fotodocumentaria visitabile fino al 15 agosto. La storia della chiesa di San Pietro Apostolo raccontata in 14 pannelli per celebrare il cinquantesimo anniversario della dedicazione

Giulianova, 29 giugno 2024. Si inaugura domani, e sarà visitabile fino al 15 agosto,  “La Fabbrica di San Pietro”, mostra fotodocumentaria allestita nella chiesa di San Pietro Apostolo, nell’ambito delle iniziative organizzate per celebrare il cinquantesimo anniversario della dedicazione dell’edificio.

La mostra, curata da Giovanni Basilici, Marco Cappelletti e Marzia Tassoni, ripercorre in 14 pannelli la lunga storia della realizzazione della chiesa, iniziata nel 1951, come testimoniano i giornali dell’epoca, con la costituzione di un comitato promotore, ad opera del parroco don Raffaele Baldassarri. La prima battuta d’arresto, sul finire degli anni Cinquanta, fu superata, quando, nel 1961, don Ennio Lucantoni divenne titolare della parrocchia. Il 16 agosto 1964, la posa della prima pietra. Nel 1969, l’impresa Albani avviò  i lavori di realizzazione, per concluderli cinque anni dopo, nel 1974. Il 29 Giugno di quell’anno, con una Messa solenne, il Vescovo Abele Conigli celebrò la Messa di dedicazione e di intitolazione della chiesa a San Pietro Apostolo.

La mostra mette a disposizione lettere, fotografie, schede di progetto, documenti. Ricostruisce la storia dell’edificio, proponendo in sintesi una galleria testimoniale che racconta di un passato significativo, per la parrocchia e per l’intera città.

Le ultime due tavole, conclusa la ricostruzione diacronica, descrivono gli arredi sacri che, negli anni, sono stati collocati nella chiesa.

Il primo pannello reca invece una breve presentazione della mostra. “La vita di tanti – si spiega – è trascorsa dentro queste mura. Sacramenti, anniversari, festività,  momenti di preghiera e di riflessione, ricordi (…) “La Fabbrica di San Pietro”, al di là della ricostruzione temporale degli eventi,  intende assecondare e rendere visibile  il profondo attaccamento delle famiglie a questa chiesa, che da sempre testimonia il fraterno spirito di appartenenza, la devozione, la fede, della comunità parrocchiale.”




QUANDO IL GRANO MATURÒ

Festa di apertura dell’Estate dell’Aratro. Il Presidente Mattoscio “in questo spettacolo c’è la verità storica”

Pianella, 29 giugno 2024. In occasione dell’Estate dell’Aratro a Pianella, ci sarà lo spettacolo “Quando il grano maturò” di e con Marcello Sacerdote, della produzione CuntaTerra, per la regia di Laura Curino e le musiche originali di Vonric. L’appuntamento è per domenica 30 giugno alle 21:30 e rappresenta la conclusione della Festa di apertura della rassegna estiva della Compagnia dell’Aratro nelle Terre di Arotron con la direzione artistica di Franco Mannella.

Si tratta di uno spettacolo di narrazione teatrale sul tema della Resistenza Umanitaria durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale in Abruzzo: il punto di di vista è quello della gente comune, la “Storia” viene messa in scena insieme alle storie di donne e uomini che, con azioni tanto eroiche quanto silenziose, espresse il più delle volte in termini di solidarietà indiscriminata e umana fratellanza, hanno contribuito in maniera fondamentale alla lotta di Liberazione del Paese.

Una Resistenza che è donna: molti momenti del lavoro sono dedicati a figure femminili che in quel contesto storico furono attive su più fronti.

Lo spettacolo è un intreccio di memorie, racconti e musica contemporanea, risultato di un lungo lavoro di ricerca sul campo, tra l’analisi di fonti storiche e le interviste  realizzate con i testimoni del passato.

Il lavoro si colloca sul territorio abruzzese che in quegli anni fu un vero e proprio laboratorio della Resistenza, per molti versi unico, in Italia. L’Abruzzo infatti, oltre a essere la regione con il maggior numero di campi di prigionia per prigionieri di guerra e prigionieri politici, è stato anche attraversato in pieno dalla famosa Linea Gustav, nota per essere la principale linea difensiva tedesca sul fronte dell’Italia meridionale, divenendo quindi scenario di una delle fasi più drammatiche dello scontro bellico. Ma fu altresì il territorio in cui si accesero i primi moti resistenziali e dove nacque la celebre Brigata Maiella, unica formazione partigiana in tutta Italia decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera e tra le pochissime aggregate all’esercito alleato, con il quale combatte anche dopo la liberazione del territorio di origine.

Come spiega il Presidente della Fondazione Brigata Maiella/Pescarabruzzo, Nicola Mattoscio: «Lo spettacolo “Quando il grano maturò” è eccellente. Per raggiungere l’eccellenza abitualmente gli addetti ai lavori descrivono se c’è stata una buona scrittura, un buon soggetto, una buona impostazione scenica, una buona narrazione, le musiche appropriate e così via. Io invece desidero sottolineare tre aspetti che hanno reso questo spettacolo un grande successo: la verità storica, la grande passione civile che traspare da ogni passaggio scenico, la straordinaria bravura professionale dell’attore protagonista, Marcello Sacerdote.

La Fondazione Brigata Maiella, che mi onoro di presiedere, ha un debito morale in più di riconoscenza verso questo lavoro, poiché tutta la narrazione ha come filo conduttore gli anni tragici e gloriosi che la videro protagonista».

La prenotazione è obbligatoria al numero 3455411135, numero a disposizione per ulteriori informazioni e biglietti.




ARCHITETTURE E CITTÀ NEL CORNO D’AFRICA

Un patrimonio condiviso

L’Aquila, 29 giugno 2024. Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso, a cura del MAXXI Architettura con Andrea Mantovano, è una riflessione sul processo di decolonizzazione del patrimonio architettonico in Etiopia, Eritrea e Somalia attraverso lo sguardo contemporaneo di artisti, architetti e studiosi locali e internazionali.

Se da un lato i paesi del Corno d’Africa continuano a soffrire, in misura diversa, gli effetti di conflitti mai completamente estinti, dall’altro mostrano grandi energie per costruire il proprio futuro, nella consapevolezza di un passato che li accomuna. Dalla devastazione di Mogadiscio alla rapidissima trasformazione di Addis Abeba, fino alla consapevole conservazione di Asmara, emergono approcci differenti nei confronti di questo patrimonio architettonico e urbano che, a tutti gli effetti, può essere definito un patrimonio condiviso. La mostra inoltre racconta la corposa eredità dell’attività progettuale italiana, per rileggerla alla luce di nuove conoscenze e sensibilità.

Con il Patrocinio di: Presidenza del Consiglio dei ministri, Ambasciata d’Italia ad Addis Abeba, Ambasciata d’Italia ad Asmara, Ambasciata d’Italia a Mogadiscio, Comune dell’Aquila. Con il sostegno di CDP – Cassa Depositi e Prestiti. Sponsor tecnico Parco 1923.

Alessandro Giuli, Presidente Fondazione MAXXI: «Questa mostra si inserisce in una linea di ricerca molto importante per il MAXXI, che volge lo sguardo a Sud, verso il Mediterraneo e oltre fino ai paesi dell’Africa. L’intento è esplorare e approfondire le radici di un’identità comune, creando occasioni di confronto e scambio attraverso i linguaggi universali dell’arte e dell’architettura. Rappresenta inoltre il contributo del MAXXI al rafforzamento delle relazioni culturali nella cornice istituzionale del Piano Mattei. Grazie al rigoroso lavoro scientifico portato avanti dal Dipartimento Architettura, alla curatela di Andrea Mantovano e al prezioso apporto di architetti, studiosi e creativi locali, questo progetto restituisce un panorama complesso ed estremamente interessante, in cui protagonista è la capacità dei popoli africani di acquisire il lascito architettonico italiano e di riappropriarsene in quanto parte della propria storia».

Lorenza Baroncelli, Direttore MAXXI Architettura e Design contemporaneo: «Architetture e città nel Corno d’Africa è la prima vera mostra di architettura esposta al MAXXI L’Aquila. Ben radicata nella tradizione costruita in questi quindici anni nella sede romana e nella missione del museo nazionale di arte e architettura contemporanea, la mostra orienta il suo sguardo su un tema di estrema attualità concentrandosi sul destino del patrimonio architettonico italiano nel Corno d’Africa. Grazie al coinvolgimento di artisti, architetti e studiosi locali l’esposizione documenta i diversi modi e atteggiamenti che i tre paesi del Corno D’Africa mettono in atto nei confronti dell’heritage italiana».

Michael Tsegaye, fotografo etiope: «il mio lavoro incoraggia una riflessione sullo sviluppo urbano collegando esperienza umana e cambiamento fisico e ci invita a riconsiderare le città, non solo come paesaggi in evoluzione, ma come registri viventi di memoria e identità».

Nelle sale maggiori di Palazzo Ardinghelli si articola un percorso che documenta le differenti dinamiche di approccio all’eredità architettonica e urbana del Novecento.

Per l’Etiopia, a testimoniare il repentino processo di modernizzazione delle città di Addis Abeba e Jimma, sono le immagini del fotografo locale Michael Tsegaye che con il suo lavoro, realizzato su committenza del MAXXI, documenta le rapide trasformazioni di questo patrimonio. Parallelamente le voci di studiosi e architetti italiani e locali raccontano un processo spontaneo di appropriazione culturale che rappresenta uno strumento di resistenza alla cancellazione indiscriminata del passato attualmente in atto a favore di una “modernizzazione” considerata anonima e poco attenta alla salvaguardia dell’identità storica della città e delle comunità che la abitano.

Per la Somalia è invece il fotoreporter e giornalista Farah Omar Nur a documentare le poche tracce quasi irriconoscibili di ciò che resta della città di Mogadiscio dopo anni di conflitto. La mostra accoglie poi la testimonianza dell’encomiabile lavoro di documentazione e archivio delle architetture storiche che studiosi locali e giovani professionisti, come gli architetti del gruppo Somali Architecture, portano avanti, consapevoli dell’importanza di tramandare testimonianze del passato per costruire una coscienza futura.

Diametralmente oppostala situazione dell’Eritrea dove il lascito architettonico del Novecento è considerato un bene da curare e conservare. Ne è un esempio la città di Asmara, al centro del racconto del MAXXI, portato avanti con l’aiuto dell’Asmara Heritage Project, in particolare dell’Ingegnere Medhanie Teklemariam e del fotografo inglese Edward Denison. Qui passato, presente e futuro sono legati agli edifici realizzati dagli italiani nel secolo scorso, diventati luoghi simbolici e identitari per le comunità locali che, attraverso la candidatura e il riconoscimento quale Patrimonio Unesco nel 2017, sono riuscite a evitare il rischio di trasformazioni indiscriminate. In mostra è presentato anche l’esito del programma di ricerca Decolonizing Architecture Advanced Studies (DAAS) del Royal Institute of Art di Stoccolma, guidato da Alessandro Petti che, nel 2019, ha sollevato interrogativi sul controverso tema dell’eredità coloniale proprio a partire dalle conseguenze che la nomina di Asmara a Patrimonio dell’Umanità avrebbe comportato.

Architetture e città nel Corno d’Africa. Un patrimonio condiviso è anche un omaggio all’eredità dell’attività progettuale italiana, opera di architetti e urbanisti noti e meno noti. Nella sequenza di sale più piccole, attraverso materiali d’archivio, alcuni focus storici raccontano le città di Addis Abeba, Asmara e Mogadiscio e le storie, fatte di scambi e relazioni, di due professionisti italiani – Arturo Mezzedimi in Eritrea e Etiopia e Veglio Bertani in Somalia – che hanno avviato la propria attività negli anni Trenta del Novecento per poi continuare a lavorare intensamente che nei decenni successivi. 

Lungo il percorso, infine, tre monitor, uno per ogni Paese, offrono ai visitatori la possibilità di ascoltare il racconto diretto di ambasciatori, accademici e professionisti locali e italiani, che hanno collaborato con il MAXXI per la realizzazione della mostra.

Elisa Cerasoli




LA NOTTE BIANCA DEI BAMBINI

Torna il 6 luglio una festa dedicata alle famiglie, al divertimento e alla creatività

Roseto degli Abruzzi, 29 giugno 2024. Dopo il grande successo dello scorso anno torna, con la seconda imperdibile edizione, “La Notte Bianca dei Bambini – Roseto Junior Fest” organizzata dall’Amministrazione Comunale di Roseto degli Abruzzi in collaborazione con “Chronos Animazione”. Appuntamento sabato 6 luglio, a partire dalle ore 19 sul lungomare Celommi, con l’evento dedicato alle famiglie e ai più piccoli, che promette di essere anche quest’anno una serata indimenticabile caratterizzata da intrattenimento e attività creative.

I bambini potranno partecipare a laboratori artistici, spettacoli circensi e altre attività che stimolano l’immaginazione. Inoltre, sarà predisposto un angolo dedicato al “Truccabimbi” e allo zucchero filato e attività dedicate ai giochi di legno e al “Circo Ludobus”. Ad allietare la serata sarà la presenza di personaggi simpatici e colorati, come trampolieri e mascotte, che intratterranno i bambini durante tutta la manifestazione. Non mancheranno, ovviamente, la musica e gli show con esibizioni diffuse su tutto il lungomare che renderanno l’atmosfera ancora più festosa.

L’evento riflette l’impegno dell’Amministrazione Comunale e della comunità di Roseto nel promuovere momenti culturali e ricreativi per i più giovani.

La serata sarà arricchita dalla festa ufficiale per la consegna della Bandiera Blu, organizzata dall’Amministrazione Comunale per aver ricevuto anche quest’anno il prestigioso riconoscimento che certifica la qualità del mare di Roseto.

“Siamo entusiasti di presentare la seconda edizione de “La Notte Bianca dei Bambini” – affermano il Sindaco Mario Nugnes e l’Assessore al Turismo Annalisa D’Elpidio – Questo evento rappresenta un momento di aggregazione e divertimento per le famiglie di Roseto degli Abruzzi e per i tanti turisti che arrivano in città durante l’estate. Sarà una serata speciale, all’insegna della gioia e della spensieratezza. Organizzare eventi che coinvolgono sia i più giovani che le famiglie è di fondamentale importanza per la nostra Amministrazione perché questi momenti di condivisione e divertimento creano legami tra le diverse generazioni e promuovono uno spirito di amicizia. Ci piace rimarcare come si sia riusciti ad organizzare un cartellone delle manifestazioni ricco e variegato, dove grandi eventi dedicati ai bambini e alle famiglie si affiancano a importanti manifestazioni per i giovani e per gli adulti, garantendo un’esperienza completa per tutti”.




COAPI LANCIA LA SFIDA ALLA POLITICA

Agricoltori e pescatori in un’affollata sala del Parlamento Europeo  

Roma, 29 giugno 2024. Il Coapi a Roma ha sviluppato l’iniziativa ‘Per una Europa Giusta e della Sovranità Alimentare con gli agricoltori, i pescatori e gli artigiani’. Hanno partecipato anche i sindaci della Rete dei Municipi Rurali, CNA Agroalimentare e l’ANAPI (Associazione Nazionale Pescatori Italiani). È stata condivisa la piattaforma rivendicativa in vista della manifestazione del 14 luglio a Roma, quando sarà precisata e adottata

Comunicato Stampa – Roma 28 giugno 2024. Vedi e approfondisci (documenti, foto e video): https://coapi.sovranitalimentare.it/articoli/in-una-affollata-sala-del-parlamento-europeo-a-roma-agricoltori-e-pescatori-lanciano-la-sfida-alla-politica/

Il Coapi – Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani – che affilia non meno di 40 tra associazioni locali e nazionali di agricoltori, pescatori e cittadini, ha tenuto oggi a Roma nella sede italiana del Parlamento europeo, l’iniziativa “Per una Europa Giusta e della Sovranità Alimentare con gli Agricoltori, i pescatori e gli artigiani” nel quadro della campagna “#99 giorni per salvare l’agricoltura e la pesca, riaprendo alla speranza” e ha sviluppato il focus sul necessario cambiamento delle politiche europee su agricoltura e pesca.

Gianni Fabbris, portavoce del movimento ha ripercorso le tappe del Coapi, nato lo scorso febbraio, e ha confermato l’ampliamento in corso del Coordinamento che culminerà nella manifestazione del 14 luglio 2024 alla Città dell’Altra Economia a Roma (lo stesso luogo in cui il Coapi è nato a fine febbraio scorso). In quella occasione è attesa una larga partecipazione di realtà sociali e movimenti espressioni delle mobilitazioni dei trattori dei mesi scorsi.

Il 14 luglio verrà decisa nel dettaglio e ampliata la piattaforma rivendicativa del movimento, mentre nella giornata di oggi è stata condivisa con tutti i partecipanti mettendo a fuoco le 10 proposte di cambiamento delle politiche europee.

Nel dettaglio le proposte del Coapi sono a questi link:

https://coapi.sovranitalimentare.it/wp-content/uploads/2024/06/invito_e-proposte_28.6.24.pdf

Dagli interventi è uscito confermato l’impianto della piattaforma, nella quale verranno rafforzati alcuni punti, a cominciar da quello della tutela del lavoro nel mondo agricolo. In secondo luogo sono state confermate due iniziative operative: una delegazione del movimento sarà a Bruxelles per incontrare le rappresentative italiane di tutti i gruppi politici per aprire il confronto su tutte le proposte del Coapi; fra settembre e ottobre sarà messa in cantiere la due giorni di Ventotene per scrivere la Nuova Carta di Ventotene per un Mediterraneo della Sovranità Alimentare, con l’invito a partecipare a tutte le realtà associative dei pescatori e degli agricoltori del Mediterraneo.

Durante l’incontro di oggi è stata rilanciata l’idea di una sanatoria d’emergenza europea dei debiti delle imprese agricole e della pesca– già condivisa con il Governo Italiano – sottolineando come al centro delle scelte di politica comunitaria dovrà esservi la tutela dei redditi delle aziende agricole, insidiata dalla speculazione internazionale e dalla grande industria e l’agroecologia, per risolvere le contraddizioni tra produzione e ambiente.

Carmine Caputo, sindaco di Ventotene, che ha ospitato recentemente l’iniziativa del Coapi per un Nuovo manifesto di Ventotene, ha inteso essere presente e portare un saluto ed un augurio di buon lavoro

Francesca Petrini (imprenditrice produttrice di olio Evo a Monte San Vito, Marche – presidente CNA Agroalimentare) “Vedo con molto favore i contenuti espressi oggi in questa sala, perché contengono la forte domanda di una nuova rappresentanza.” Nel suo intervento, la Petrini ha parlato delle sfide poste all’Unione europea nell’ultimo mandato dell’Europarlamento e della necessità di un’Europa capace di semplificare innanzitutto la vita delle piccole imprese. “Vogliamo un’Europa che salvaguardi i diritti civili e in grado di tutelare l’ambiente e pesare nel mondo, un’Europa che finalmente torni a parlare di agricoltura e che faccia dell’agricoltura il suo fiore all’occhiello, promuovendo una concezione olistica del cibo”. “Occorre ridare dignità all’agricoltura e al cibo – ha sottolineato la Petrini.” A favore di un modello “agroartigianale” e ad un approccio agroecologico della produzione primaria.

Dario Dongo, candidato di Pace Terra e Dignità alle ultime elezioni europee, esperto di diritto agroalimentare. “Mi sono sempre occupato di tradurre in regolamenti e posizioni le istanze delle parti. Mi sento di raccomandare al movimento di darsi una stabile rappresentanza presso l’Unione europee, perché è impossibile avere ascolto in Europa senza una rappresentanza.” Dal mio punto di vista l’unica forma di rappresentanza europea è quella della Via Campesina europea.” “È urgente modificare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali, che è ancora troppo debole, è la priorità assoluta, perché bisogna ridare marginalità alle aziende agricole, che devono essere in grado di dare sostentamento delle famiglie degli imprenditori e dei dipendenti”.

Marco Giani, direttore Caa Canapa – Ha comunicato che Agea da oggi ha riammesso gli Agrotecnici a trattare le domande Pac e ha dato la disponibilità a partecipare delle iniziative della Campagna sulla libertà sindacale e contro la burocratizzazione del sistema.

Angelo Di Stefano, dell’Associazione Partite Iva, esportatore di ortofrutta “L’Agricoltura è stata svenduta dai tempi di Spadolini, quando fu deciso che l’Italia deve essere un paese industriale”. “Abbiamo gli accordi bilaterali che stanno favorendo l’ingresso in Italia di qualsiasi prodotto agricolo a prezzi bassi da parte di Paesi a basso livello di democrazia come Turchia ed Egitto”. Con il Piano Mattei, secondo Di Stefano “Non stanno portando sviluppo in Africa, fanno accordi con aziende agricole enormi, che hanno i dipendenti che vivono

Annamaria Mele, Associazione nazionale pescatori italiani “Il 41% della Sau italiana rappresenta una quota importante del territorio nazionale, mentre noi condividiamo il mare con i pescatori non professionali e le aziende di pesca sono più esposte alle problematiche climatiche che hanno impatto diretto sugli stock ittici. La Pcp è finalizzata allo sfruttamento sostenibilità delle risorse, per cui a cascata implica delle limitazioni, la programmazione del Feamp quotava appena 520 milioni di euro contro gli ingenti contributi pagati all’agricoltura. Le imprese di pesca sono 22mila appena. Serve uno spostamento dal basso, un approccio diverso al

Adriano Noviello, allevatore casertano della Rete Interregionale Allevamento di Territorio “Nella lettura del programma del Coapi trovo la strada per la salvezza del Made in Italy, occorre invertire così la rotta rispetto al modello industriale imposto dall’Europa.” Sull’allevamento “Sul prezzo di mercato, esiste un solo reddito, la vendita o di latte o di carne, mentre le voci di costo sono tante, per noi il reddito è il primo tema e va assolutamente garantito contro la concorrenza sleale.” Poi c’è il problema dei nitrati: “Chi ha detto che bisogna per forza realizzare denitrificatori e impianti a biogas? Non sarebbe meglio ottimizzare l’utilizzo del letame nella concimazione del terreno?” Sul piano sanitario Noviello ha ricordato come il mondo allevatoriale del Centro – Sud sia in attesa della nomina del commissario nazionale sulla brucellosi e la tubercolosi. Infine l’allarme per il prezzo di latte di bufala “A settembre i caseifici non pagheranno più di 1,40 euro al litro, ma abbiamo costi alla stalla di 1,48 euro al litro chiediamo ad Altragricoltura e Cna di intervenire prontamente perché c’è il rischio di chiudere molti allevamenti nel casertano”.

Stefano Di Gianmatteo, Associazione agricoltori e allevatori del Lazio, “Stiamo ancora pagando le conseguenze degli accordi bilaterali, poi con la pandemia e la guerra sono aumentati i costi, che hanno mandato al fallimento delle aziende.” “La madre di tutti i problemi è quello dei prezzi che non coprono i costi di produzione, i soldi stanziati dal Governo vanno solo in direzione delle Op e delle Aop, mentre le aziende agricole sono in sofferenza”. Di Gianmatteo ha inoltre sottolineato il problema del costo del lavoro, per il quale occorre chiedere la defiscalizzazione al Governo. Inoltre, ha concordato con la proposta Dongo sull’inasprimento della Direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Sul clima: “le ore di freddo mancanti hanno prodotto le gemme cieche e i danni sono ingenti nell’ortofrutta, occorre modificare il Piano assicurativo nazionale”.

Dino Rossi, candidato al Sud nelle ultime elezioni europee. “Siamo stati snobbati dai nostri amici agricoltori, non abbiamo unione per diventare una forza politica, adesso non siamo nessuno, rappresentiamo poche persone e stiamo qui a leccarci le ferite.” “Dobbiamo battere il Green Deal, contro il quale sono scesi in piazza i trattori, se abbiamo un pezzo di terra in un parco dobbiamo chiedere il permesso all’Ente parco per poterlo coltivare.” “Il mondo ambientalista ci sta mettendo il bastone tra le ruote!” “Il Coordinamento va bene e deve essere riconosciuto come le associazioni ambientaliste”. “Chi ha permesso la costituzione di società fantasma per i Pascoli.

Francesco Zizzo, pescatore palermitano marineria di Porticello “Siamo solo 230 barche, abbiamo dimezzato naviglio e forza lavoro dagli anni ’80 ad oggi, la responsabilità è delle politiche comunitarie, perché mentre noi subiamo le restrizioni dell’Unione europea, gli altri Paesi fanno quello che vogliono”. “L’agroalimentare e la pesca vanno inquadrati dentro una filiera per cambiare le politiche”. Per … occorre tornare alla pesca stagionale tipico degli areali del Mediterraneo “che consentiva ai pescatori di stare fermi 4 mesi all’anno, tra un cambio di tipo di pesca e l’altro senza bisogno di chiedere soldi per il fermo pesca, perché le catture e le vendite garantivano reddito e sostenibilità”.




CONCERTO CULTURALE

Parco Villanesi il prossimo 20 luglio, ore 19 e ss.gg.

Francavilla al Mare, 29 giugno 2024. La Confederazione Politica Insieme Liberi inaugura in Abruzzo, unitamente alla Associazione KFK Project KontrofabbriKa, il format Concerto Culturale, indirizzato a quanti, come i Fiori di Cactus, sono in grado di meravigliare.

Il primo Concerto Culturale si terrà il 20 luglio p.v., ore 19 e ss.gg., c/o il Parco Villanesi ,in compagnia del CantaUntore Rocco e con la partecipazione straordinaria dei Giornalisti indipendenti Franco Fracassi e Arnaldo Vitangeli. Approfondimenti e dibattito sulla tematica: Sotto Scacco!?

Nel contributo libero e consapevole è compresa l’Apericena.




L’ESTATE È INIZIATA GIÀ DA UN PO’

Al netto del lungomare sud non ancora terminato nonostante le rassicurazioni del sindaco De Nicolis del fine lavori prima dell’estate, San Salvo Marina come sempre pecca di scarsa o meglio assente manutenzione e programmazione.

A cura del Pd San Salvo

San Salvo, 29 giugno 2024. “Ad oggi, infatti, non è ancora dato sapere quando verrà fatta la manutenzione del verde pubblico. Erba alta e aiuole non curate regnano ovunque. Basta farsi un giro nelle arterie principali come via Magellano, via Caboto, via Andrea Doria e via Vespucci per rendersi conto di quanto indecorosa sia la nostra città. Per non parlare poi delle strade secondarie e dell’Icea”, afferma la consigliera comunale del Pd, Michela Torricella.

“Che San Salvo Marina fosse un quartiere abbandonato dalle amministrazioni di centrodestra in termini di cura del verde e di manutenzione ordinaria durante i mesi invernali era noto a tutti ma almeno una parvenza di attenzione nei tre mesi estivi “Giugno-Settembre” c’era. Ora neanche più quello. Uno schiaffo ai residenti e uno scenario non decoroso per turisti e vacanzieri”, incalza il Capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Emanuela Tascone.

“Per non parlare poi delle strisce blu a San Salvo Marina che tra gestione concessa tardivamente e novità delle aree di parcheggio a pagamento ha creato non poca confusione. Una gestione affidata tardivamente – aggiunge la consigliera Torricella – che non solo ha reso difficile il lavoro della cooperativa nell’ottemperare in “poche ore” agli adempimenti che erano chiamati a compiere, ma che ha mandato anche in confusione i cittadini in merito all’inizio delle strisce blu tra un iniziale 24 giugno ad un successivo 27 giugno, ed un ufficiale 28 giugno come comunicato stamane. Insomma, un gran caos dettato solo dall’evidente incapacità amministrativa di pianificazione e programmazione”.

“Altro punto, infine, sul quale invece dissentiamo nella maniera più netta e categorica – aggiunge la consigliera Tascone – è il parcheggio di piazza Arafat, che di fatto è un “terminal” degli autobus, e che da quest’anno invece è stato messo a pagamento. Una vergogna, un altro schiaffo a cittadini e non che parcheggiano lì perché “diretti” a lavoro nelle aziende a noi vicine quali la Sevel o perché “diretti” a lavoro o ancor peggio (per loro) a Roma per prendere l’aereo o per impegni nella capitale (e quindi con il progetto di restare più giorni nel medesimo parcheggio) con un incremento ancor più gravoso per le tasche dei cittadini. Chi non ha l’abbonamento perché non residente dove dovrebbe parcheggiare?”

“Un inizio stagione dunque pessimo, una pianificazione mancante, una programmazione assente. Nullo di nuovo rispetto agli altri anni, ma almeno San Salvo Marina veniva in qualche modo pulita e resa decorosa. Ora neanche più quello! E pensare che non abbiamo neanche avuto, purtroppo per altri aspetti, un inverno e una primavera piovosa”, concludono la Torricella e la Tascone.




NASCE IL PRIMO DOTTORATO NAZIONALE IN PEACE STUDIES

Progetto promosso dalla Rete delle università italiane per la pace al quale aderiscono 34 atenei tra cui l’Università de L’Aquila

L’Aquila, 29 giugno 2024. Su iniziativa della Rete delle università italiane per la pace (RUniPace) è stato istituito il dottorato di ricerca di interesse nazionale in Peace Studies. Le università italiane partner sono 34. Tra queste c’è anche l’Università dell’Aquila, nel curriculum 4 “Educazione alla pace e migrazioni”.

Il Dottorato in Peace Studies costituisce la principale, concreta risposta delle università italiane di fronte al dilagare delle guerre, ai rigurgiti di nazionalismo, alla crisi dello stato di diritto e dei principi democratici, all’aumento delle diseguaglianze e della violenza di genere.

Le Università aderenti si propongono di sviluppare in Italia, in una vivace interazione con progetti tematici già avviati a livello internazionale e in stretta collaborazione con le pertinenti organizzazioni internazionali intergovernative e non governative, una formazione superiore di alto livello a carattere genuinamente interdisciplinare sulle tematiche della pace, dei diritti umani, degli studi su conflitto e pace, del disarmo e della costruzione di società inclusive e sostenibili.

Ispirato ai valori universali e agli obiettivi di sviluppo sostenibile, il Dottorato si concentra sulle tematiche del conflitto e della pace contribuendo significativamente alla costruzione di una società più giusta e pacifica attraverso la ricerca avanzata e l’applicazione pratica delle competenze da acquisire attraverso 10 curricula formativi:

Curriculum 1 – Tecnologia, sostenibilità e pace

Curriculum 2 – Identità, Memorie, Religioni e Pace

Curriculum 3 – Costruzione della pace, diritti umani, diritti dei popoli

Curriculum 4 – Educazione alla pace e migrazioni

Curriculum 5 – Architetture e paesaggi di pace

Curriculum 6 – Spazio, territori, risorse e narrazioni nella prospettiva della pace

Curriculum 7 – Economia della pace

Curriculum 8 – Letterature, arti, filosofie e immaginari di pace

Curriculum 9 – Giustizia riparativa, giustizia di transizione e trasformazione nonviolenta dei conflitti

Curriculum 10 – Dinamiche, processi e attori nelle relazioni internazionali

La/Il candidata/o deve indicare nella domanda il curriculum che intende seguire.

Per informazioni relative esclusivamente al programma di ricerca del Curriculum 4 “Educazione alla pace e migrazioni” inviare una mail a: silvia.nanni@univaq.it

La presentazione, il bando e le modalità di candidatura del corso di Dottorato in Peace Studies sono disponibili su: https://phd.uniroma1.it/web/national-phd-in-peace-studies_nd4085.aspx

Per informazioni di carattere amministrativo scrivere a: phdpeacestudies.saras@uniroma1.it