Un libro che spinge a riflettere sulle fragilità della vita
Torino, 1° luglio 2024. È uscito il libro “Nuvole nell’anima” di Lina Colacillo, scrittrice torinese, pubblicato da Buckfast Edizioni (2024). Un libro introspettivo che, senza giudizi, vuole far riflettere il lettore sulla vita e su come si può cercare di migliorarla.
I protagonisti del libro sono Alessio, Angela e Divina. Alessio è un giovane ventenne che soffre della sindrome di hikikomori: da tempo ormai ha cominciato a chiudersi in sé stesso, a non voler vedere nessuno e a vivere una vita vuota e priva di significato. Nulla più lo entusiasma, nulla gli crea interesse. Dorme di giorno, tenta di vivacchiare nella notte, incollato a videogames e computer, rinchiuso nella sua camera buia, trascurando sé stesso e tutto ciò che gli sta intorno. Con il passare del tempo, inizia a fare gesti ossessivi, quando – all’apice della crisi – un mattino all’alba si butta dal sesto piano. Miracolosamente si salva, nonostante le gravi fratture riportate nel corpo e nell’anima.
Comincia così un percorso di recupero fisico e psicologico che viene raccontato dal punto di vista della madre, Angela, che è disperata. Si chiede dove ha sbagliato, cosa poteva fare e cosa non ha fatto. Dove, lei e il marito, hanno fallito. Un giorno come tanti, in palestra, Angela incontra Divina e presto tra le due donne nasce una bella amicizia. Cominciano a frequentarsi, a uscire insieme e a raccontarsi a vicenda, con le loro domande e le loro preoccupazioni, facendo lunghe chiacchierate tra le vie della città di Torino e le sale dei caffè storici.
Le due donne si confidano reciprocamente: Angela racconta della sofferenza del figlio, che lei non ha saputo comprendere, e delle fragilità del marito Felice, padre assente e poco responsabile, seppur uomo in carriera. Divina, a sua volta, confida ad Angela la delusione che vive con il marito Dylan, un imprenditore faccendiere abituato a frequentare altre donne e a sminuire la moglie.
Molte nuvole offuscano le loro anime, ma alla fine, ogni destino avrà il suo compimento.
Una scrittura snella e asciutta, a volte cruda, racconta con lucidità le debolezze e le fragilità di due donne e di un ragazzo che non vogliono darla vinta al destino, e che percorrono con coraggio un difficile sentiero di rinascita.
“Ho voluto raccontare una storia reale, come tante se ne sentono parlando con le persone – spiega l’autrice. – La sindrome dell’hikikomori è una piaga sociale che si sta velocemente diffondendo anche in Italia e colpisce i ragazzi molto più di quanto si possa pensare. Ho parlato con insegnanti di scuola superiore che mi hanno raccontato quanto questo sia un fenomeno diffuso tra i ragazzi d’oggi. Gradualmente, si chiudono in sé stessi, si isolano, cominciano a non uscire di casa e a vivere una vita che non può essere definita tale. Manifestano, con il tempo, gesti nervosi e scatti violenti. Gli stessi genitori, anche se attenti, possono non comprendere subito la gravità di questo atteggiamento: pensano che sia una crisi adolescenziale, che prima o poi passerà, e non intervengono. Quando se ne accorgono, è troppo tardi. Difficile è riuscire a riprendere in mano la vita di questi giovani che non hanno più stimoli, ne interessi. Nulla più li entusiasma”.
“Mi sono immedesimata nella madre. Una madre “normale”, che lavora, e che affronta la vita con le sue debolezze e le sue fragilità. All’inizio non comprende la gravità e la sofferenza del figlio. Quando poi Alessio compie il gesto più grave, lei si mette in discussione, si pone delle domande, ma percorre questo viaggio da sola. Accanto a lei, un marito inesistente, dedito al lavoro ma non interessato alle dinamiche della famiglia – ruolo a cui è relegata la moglie. È una figura totalmente assente: pensaci tu, risponde alla moglie quando ci sono discorsi delicati da affrontare. Sei pazza, le dice quando lei prova a lamentarsi, salvo poi colpevolizzarla quando le cose vanno male”.
“Un giorno Angela conosce Divina e le due donne diventano amiche – aggiunge ancora Lina Colacillo. – Si raccontano le loro rispettive vita, senza omettere le difficoltà e le fragilità dei loro rispettivi rapporti famigliari. Ho voluto ambientare queste lunghe chiacchierate tra le vie più note della città di Torino e all’interno dei caffè storici della città, come Baratti & Milano, Pepino, Platti, il Bicerin e altri. Un modo per raccontare anche la città che mi ha adottata ormai da molti anni”.
“La figura maschile, nel mio libro, ne esce sminuita: non è volutamente un attacco generalizzato agli uomini, ma è il frutto di tanti racconti veri di amiche e conoscenti. Ho semplicemente raccontato figure maschili che, a mia volta, mi sono state tratteggiate con queste caratteristiche da molte donne. Uomini anche colti e istruiti, con un bel lavoro, affermati nella loro carriera, ma totalmente assenti nelle dinamiche famigliari e convinti che la gestione della famiglia e l’educazione dei figli sia un ruolo che compete solo alle mogli/madri e, marginalmente, alla scuola”.
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