PER ESERCITARE BENE UN POTERE BISOGNA ESSERE LIBERI

Liberi dal denaro e dall’idolatria di sé stessi

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 14 luglio 2024. Jung ha ricordato che ci si ammala di potere quando si inizia a non volerlo lasciare e ci si attacca con tutto se stessi, perdendo la propria libertà.

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.

E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».

Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano (Mc 6, 7-13 – XV TO/B).

Deve essere stato un momento molto difficile, per i Dodici, quando Gesù li manda ad annunziare il Regno, con la Parola e i segni concreti. Non finiremo mai, però, di riflettere su quelli che sono i requisiti fondamentali per essere inviati. “Ordinò loro – scrive il Vangelo – di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”.

L’invito di Gesù credo vada collegato a quanto dice immediatamente prima: “diede loro potere”. Ho sempre pensato che il potere che Gesù affida necessita di una condizione: essere liberi da qualsiasi vincolo materiale.

La necessità di essere liberi, per esercitare bene un potere, è uno dei temi più appassionanti della storia dell’umanità. L’avidità per i beni materiali, e anche non materiali, ha rovinato tanta gente, non solo semplici cittadini, ma soprattutto coloro che hanno responsabilità verso gli altri. Chi è troppo legato a guadagni, tornaconti, denaro e beni materiali; è legato alla propria immagine e idolatra di sé (con o senza i social), è facilmente esposto a trasformare il proprio potere in esercizio costante di corruzione e perversione. Per non parlare del nostro Governo che si schiera per l’abolizione di reati che dovrebbero contenere queste derive del potere.

Bisogna essere liberi, sempre e comunque. Non a caso Jung ha ricordato che ci si “ammala” di potere quando si inizia a non volerlo lasciare e ci si attacca con tutto se stessi, perdendo la propria libertà. Le dimissioni sono un atto nobile e raro, sempre più raro (a parte Benedetto XVI), visto che la gente è attaccata al potere come l’edera! Guai a distaccarsi, anche per pochi giorni! Abbiamo partiti politici, sindacati, istituzioni ecclesiali e via discorrendo dove la gente non va via neanche quando l’etica e la dignità lo impongono. Anzi fa di tutto per giustificare i loro atti inqualificabili, se non proprio illegali, e restare così al potere.

Non solo bisogna essere liberi dalle cose materiali ma anche da certe relazioni. Leggo in questa chiave il prosieguo del brano, quando Gesù dice: “Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro”.

È molto difficile – più o meno quanto la prima condizione – essere liberi da coloro che si oppongono, non tanto a noi, quanto al piano di Dio. Non si ha un potere per legare e portare le persone a sé stessi, ma per portarle a Dio. E se le persone non vogliono andare verso Dio, è un problema loro. Ciò non significa che gli altri hanno sempre torto e noi non sbagliamo mai nell’esercizio del nostro potere. Un sano e onesto discernimento aiuta tutti, dirigenti e diretti, responsabili e semplici membri di un’istituzione, a capire e verificare per quale finalità lavoriamo, con quali contenuti, mezzi e stile. A verificare, soprattutto, se operiamo per il bene dei singoli, dei gruppi e della comunità. Se fine, mezzi e stile si discostano dal Vangelo notevolmente, se la situazione è irrimediabilmente persa per volontà di chi resiste all’annuncio… è bene, doveroso e salutare “scuotere la polvere dai piedi” e andar via. Dio poi provvederà, indicando nuove strade, nuovi incontri, fini e mezzi.




I CATTOLICI A TRIESTE: LUCI ED OMBRE

di Domenico Galbiati

Trieste, 14 luglio 2024. I cattolici – ha sostenuto Papa Francesco a Trieste, parlando del loro necessario impegno politico – devono “non tanto pretendere di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”.

Si tratta, nella sua apparente semplicità, di un’affermazione densa ed importante, che, se ben compresa, indica un metodo, traccia un percorso e segnala una finalità di cui dobbiamo farci carico. Vorrei prendere da qui le mosse per tentare un ragionamento che, conclusivamente, riconduca poi a queste stesse illuminanti parole del Santo Padre.

La “Settimana Sociale dei cattolici in Italia” non ha fatto fino in fondo i conti con un dato di realtà da cui non si può prescindere: l’ormai affermato e consolidato pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici. Non si tratta della cosiddetta “diaspora” se, come tale, intendiamo il processo di frammentazione della rappresentanza politica dei cattolici che ha fatto seguito alla conclusione dell’ esperienza storica della Democrazia Cristiana. Si tratta, piuttosto, di un processo di maggior rilievo e di più antico corso che risale, almeno, agli anni del Concilio ed ha visto una riflessione ed un’articolazione interna al “mondo cattolico” di grande rilievo culturale, sociale e politico, il quale, non a caso, ha coinciso con il superamento del “collateralismo”. Come ci poniamo oggi di fronte ad un tale dato di fatto?

Ci vorrebbero, anzitutto – e non ci sono – luoghi, promossi dallo stesso mondo ecclesiale – che non li prevede – in cui fraternamente, nel segno superiore della fede condivisa, cattolici sinceri e praticanti che la pensano, su molti argomenti di capitale importanza, in modo diametralmente opposto, potessero confrontarsi e spiegarsi fra loro. In quello spirito di reciproca e fraterna correzione che anche il Vangelo raccomanda.

Non deve forse cominciare da qui, in questa dimensione di immediata prossimità, l’esercizio di quella “carità politica” che Papa Francesco ci invita poi ad ampliare all’intero contesto civile, senza barriere ideologiche od altre remore?  Senza la pretesa che nessuno convinca o converta nessun’altro al proprio orientamento elettorale, ma, se non altro, per una schietta chiarificazione di argomenti e contro-argomenti, che, tra l’altro e pur indirettamente, finirebbero per offrire un’opportunità di rasserenamento del complessivo confronto/scontro in atto nel Paese.

Solo così potremmo ancora parlare di “mondo cattolico”, cioè di una presenza – oggi di fatto dissolta – che abbia quei caratteri di organicità e, insieme, di reciprocità solidale, di articolazione interna plurale eppure unitariamente connotata, che i greci esprimevano con la parola “cosmo”, inteso come “ordine” la cui armonia rappresenti, di per sé , un valore che vada al di là della somma delle sue parti.

In caso contrario – ed è la condizione attuale – possiamo dire, tutt’al più, di un’ “area cattolica”, cioè di un perimetro ideale in cui convivono, più o meno consonanti oppure più o meno divergenti, esperienze ed indirizzi di pensiero, gruppi d’opinione diversi e differenti, i quali, tradotti sul piano dell’ opzione politica, è del tutto naturale ed ovvio che si attestino su posizioni alternative o addirittura antitetiche. Come interpretiamo questa situazione fattuale?

Il pluralismo politico dei cattolici è una dissipazione da superare, una condizione cui applicare processi di “reductio ad unum”, cioè tenendo pudicamente sullo sfondo, pur con la sottile ipocrisia di non ammetterlo, l’obiettivo illusorio di una sostanziale, mitica unità politica dei cattolici, sia pure espressa in forme adatte al tempo?  Magari immaginando – e qui l’ipocrisia è macroscopica, ma soprattutto l’assunto è smentito da una lunga, costante, mai interrotta esperienza da decenni a questa parte – che cattolici sparsi, da destra a sinistra, passando per tutte le sfumature di grigio di un “centro” sognato, possano davvero convergere e far causa comune, addirittura orientando il decorso del “discorso pubblico”, almeno quando si affrontino argomenti vitali per una concezione cristiana di cosa siano l’ uomo, la vita, la storia?

Pensiamo che basti l’ appello al “bene comune”, l’invito alla “formazione delle coscienze”, meno ancora l’invenzione di neologismi sghembi come “spartito” per ottenere o favorire un esito del genere? Oppure, pensiamo che non so quale accorta mediazione, tra cattolici di una parte e cattolici della parte avversa, consenta di codificare posizioni che siano compiutamente espressive di una corretta e coerente lettura del momento storico, rispettosa delle categorie interpretative che ci offre la Dottrina Sociale della Chiesa?

In altri termini, ammesso che sia possibile, una tale mediazione – o più probabilmente “compromesso” – gravata, su ambedue i fronti, dalla coabitazione politica con forze di diversa matrice, non risulterebbe addirittura controproducente e fuorviante rispetto all’obiettivo di restituire alla società italiana, in una fase talmente intricata, una voce schiettamente di ispirazione cristiana?

La quale, oggi soprattutto, richiede una giusta misura di apertura, inclusività ed accoglienza, ma, ad un tempo, franchezza, rigore e talvolta pure una serena intransigenza.

Ma – ed è il secondo corno del dilemma – non dobbiamo, piuttosto che un impoverimento, considerare il pluralismo politico-elettorale dei cattolici come una risorsa e, perfino una opportunità, una ricchezza, sia pure, in un certo senso, paradossale?

Non è fors’anche il portato di una libertà di spirito ancora viva, di una autonomia di giudizio e di una facoltà critica ancora non omologate e spente, frutto dell’ assunzione di responsabilità personale, anche quando giunge a valutazioni che non si condividono?

Non è, a suo modo e nel contempo, il rifiuto di una ideologizzazione della visione cristiana e l’affermazione piena della “laicità” dell’impegno politico, fondato sulla franca e libera assunzione di una personale responsabilità che, solo in forza di tale “singolarità” è componibile in un concerto collettivo?

Ma se tale è, il quadro complessivo in cui operiamo, non è forse legittimo o, meglio, necessario e finanche doveroso, che tra le varie opzioni che i cattolici esprimono, ve ne sia almeno una, la quale cerchi faticosamente di indicare la via che conduce ad una proposta “politica”, nel senso proprio del termine, che sia di “ispirazione cristiana”

Accetti, cioè , l’impegno e il rischio di cimentare una concezione cristiana della vita nella nuda concretezza dell’ accadere quotidiano, con lo spessore inedito del nostro straordinario momento storico?

Superando d’ un balzo – perché di questo si tratta – quel sottile eppure, fin qui, impenetrabile confine tra “pre-politico” (qualunque cosa voglia dire) ed impegno espressamente “politico”, che neppure a Trieste è stato attraversato.

Si tratta del passo che, emblematicamente e con tutte le insufficienze di cui siamo perfettamente consapevoli, INSIEME, accogliendo l’ispirazione di Monsignor Simoni, ha voluto compiere da ormai diversi anni a questa parte. Consapevoli – e questo carattere è dirimente – che oggi proporsi come “forza politica d’ispirazione cristiana” significa, prioritariamente, non rivolgersi ai propri correligionari, bensì cercare quegli argomenti e quelle parole nuove dello stesso lessico politico, che sappiano dar conto, anzitutto a chi proviene da altre culture, della ricchezza umana e civile intrinseca ai valori che noi abbiamo gratuitamente ricevuto in dono con la fede.

Dopo di che i cattolici votino come meglio credono. Ciascuno secondo l’ inclinazione della sua libera coscienza, meglio se verificando, almeno i cattolici tali non solo sociologicamente, l’effettiva rispondenza dei loro assunti con i capisaldi del Magistero e della Dottrina Sociale della Chiesa.

Ad ogni modo, i cattolici non hanno il diritto di trattenere per sé i talenti di cui dispongono in ordine alla vita civile e politica della “polis” che abitano, né di trafficarli malamente senza verificare l’ approdo, in quanto ad incremento di valore umano del tessuto civile, del loro spessore.

Si torna, a questo punto, alle parole iniziali di Papa Francesco. Per i cattolici, com’è successo in altri passaggi anche dolorosi della loro storia, non si tratta oggi di rincorrere il potere, una sorta di politica di potenza, ma piuttosto di esercitare, attraverso una raffinata intelligenza politica delle cose, una funzione che potremmo dire, a suo modo, pur laicamente, “profetica”, comprendere, cioè, quali siano le tendenziali linee di sviluppo del nostro tempo con quel po’ di anticipo che consenta, fin dove possibile – ed è il compito della politica – di guidarne l’ evoluzione, anziché osservarne passivamente gli sviluppi e patirne gli effetti.

I cattolici a Trieste: luci ed ombre – di Domenico Galbiati – Politica Insieme




REFERENDUM RISCHIA DI LEGITTIMARE PROVVEDIMENTO

Autonomia, la dichiarazione di Pavone [Azione]

Teramo, 14 luglio 2024. “Apprendo da notizie di stampa la costituzione del coordinamento abruzzese per il referendum contro l’Autonomia lanciato da Cgil, Uil, Ali, Anpi, Arci, Cdc, Demos, Pass e da tutte le forze di opposizione tranne Azione. Al referendum voterò e farò votare convintamente per l’abrogazione della riforma Calderoli ma ritengo lo strumento sbagliato. Infatti, il quorum, dato l’andamento storico dell’affluenza sempre più bassa, molto difficilmente verrà raggiunto e il Governo Meloni potrà legittimamente sostenere che tutte le forze sindacali e politiche di opposizione unite, sono minoranza nel paese”. Così Enio Pavone, Consigliere regionale e Capogruppo di Azione.




NO AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Costituito in Abruzzo il coordinamento per il referendum

Pescara, 14 luglio 2024. Dare vita ad una grande e diffusa mobilitazione per contrastare l’autonomia differenziata, con l’avvio immediato della raccolta firme per la promozione del referendum abrogativo della legge. Questi gli obiettivi del coordinamento “No autonomia differenziata”, che si è costituito ieri anche in Abruzzo.

L’iniziativa si è svolta nella sede regionale della Cgil Abruzzo Molise, a Pescara. Erano presenti rappresentanti di Cgil, Uil, Ali, Anpi, Arci, Cdc, Demos, Pass, Avs, Iv, M5s, Pd, Psi. C’era, tra gli altri, il consigliere regionale Luciano D’Amico.

A livello nazionale, nei giorni scorsi è stato depositato il quesito referendario e nei prossimi giorni partirà la raccolta delle firme. I proponenti sono stati Cgil, Uil, Ali, Demos, Anpi, Arci, Acli, Udu, Uds, Cdc, Wwf, Cnca, Legambiente, Libera, la Rete dei numeri pari e diversi giuristi. Per i partiti politici hanno aderito Pd, M5, Avs, +Europa, Iv, Rifondazione Comunista e Psi.

La legge sull’autonomia differenziata dà la possibilità di riconoscere livelli diversi di autonomia alle Regioni italiane. Le materie nelle quali gli enti regionali potranno chiedere un livello di autonomia differenziata rispetto alle altre sono ben 23. Tra queste spiccano la tutela della salute, l’istruzione, lo sport, l’ambiente, l’energia, i trasporti, la cultura e il commercio estero.

“La Legge approvata dal Parlamento – affermano i promotori del coordinamento – lede i diritti delle cittadine e dei cittadini, compromette l’unità del Paese e creerà danni allo sviluppo sociale ed economico dell’Italia. Per tali motivi, il coordinamento regionale istituito chiama alla mobilitazione i cittadini abruzzesi contro la legge e auspica che si formi un movimento sempre più ampio per sensibilizzare le persone e per raccogliere le firme necessarie per il referendum finalizzato all’abrogazione della legge Calderoli”.

“L’autonomia differenziata – aggiungono – incrementerà il divario tra le regioni nell’erogazione dei servizi, danneggiando l’Abruzzo e, più in generale, i territori del Mezzogiorno. Tra l’altro, uno spacchettamento dell’Italia non gioverà nel lungo termine neanche alle regioni del Nord. Con questa legge – concludono – sono a rischio il diritto alla sanità pubblica, all’istruzione, alla salvaguardia dell’ambiente, alla sicurezza sul lavoro, alla possibilità stessa di promuovere nuove politiche industriali e di sviluppo capaci di creare lavoro stabile e di qualità”.

 “Tra gli effetti collaterali dell’Autonomia differenziata potrebbe esserci un impatto diverso per uomini e donne. Le riforme del governo Meloni non solo rischiano di esasperare le fragilità esistenti nelle aree critiche tra Nord e Sud e tra centro e periferia, ma accentuare pure le disuguaglianze di genere. Tra le più colpite potrebbero essere proprio le donne, che già scontano su di sé la sperequazione di potere dovuta alla società patriarcale. E tra le donne, le più colpite saranno quelle del Sud, che già ora sono meno occupate e godono di meno servizi perché in realtà – concludono – non esistono Lep che corrispondono alle esigenze delle donne”.




GIORNATA NAZIONALE DELLE PRO LOCO

Sunset Edition di Spoltore Nascosta

Spoltore, 14 luglio 2024. In occasione della Giornata Nazionale delle Pro Loco d’Italia, la spoltorese Terra dei 5 borghi propone per oggi, domenica 14 luglio dalle 17:30 una versione speciale con ospiti ed aperitivo al tramonto di “Spoltore Nascosta“, una “Sunset edition” che prevede la visita nei luoghi simbolo del passato del borgo che saranno raccontati anche da coloro che vivono il territorio e durante il percorso “voci e memorie” saranno rievocati dall’attrice Antonella De Collibus ed il maestro amato da generazioni di spoltoresi, Giustino Pace impegnato nella realizzazione di un testo sulla Chiesa di San Panfilo e dunque darà delle anticipazioni.

Saranno visitati la Cripta, San Panfilo dentro le Mura, via del Pozzo con visita presso dimore private, residence degli artisti, Largo San Giovanni e via delle Rose, piazza D’Albenzio, poi si proseguirà verso Largo Fosse del Grano e dunque verso il Castello per l’aperitivo al tramonto. Il punto di ritrovo è la nuova sede dell’infopoint alle ore 17:30, presso la biblioteca comunale ‘Piero Angela’ (via Dietro le Mura, 10) con successivo avvio del tour.




LA CICLISTA ABRUZZESE GIULIANI ALLA SAN GABRIEL RACE

Giulia Giuliani del K2 Women Team è pronta a dare battaglia sulle strade venete

Corvara, 14 luglio 2024. Proseguono gli appuntamenti sul territorio italiano per la ciclista di Corvara tesserata per il K2 Women Team. Giulia Giuliani, passista e scalatrice della squadra con sede a Novara, sta dimostrando di crescere di condizione gara dopo gara e di essere pronta per regalare ai molti tifosi grandi risultati. Venerdì 5 luglio, in occasione del suo ventiduesimo compleanno, si è ritagliata un ruolo da protagonista al Gp Rancilio dove ha animato gran parte della gara con un attacco in solitaria.

Archiviata la bella prestazione a Parabiago, Giulia Giuliani sarà al via della San Gabriel Gold Race, gara open a Levada di Ponte di Piave in provincia di Treviso. La gara, adattissima alle ruote veloci propone alle atlete un circuito di 8,6 chilometri da ripetere 11 volte per un complessivo di 94,6 km.

La ciclista abruzzese sarà affiancata da altre 6 atlete del K2 Women Team a partire dalla conterranea Giada La Cioppa che gareggerà nella categoria Junior, l’ucraina e nuovo innesto nella squadra Viktoria Melnychuk, la piemontese Vittoria Ruffilli, la friulana Alice Papo, la toscana Rebekka Pigolotti, e la romana Sara Pellegrini

Di seguito le parole di Giulia Giuliani: «La gara di Parabiago non era per nulla adatta alle mie caratteristiche e quindi ho cercato di anticipare il plotone con un’azione da molto lontano. Volevo provare a mettere la testa fuori dal gruppo, ma anche onorare la competizione provando a mettermi alla prova. Lo ritengo un test importante e che mi fa ben sperare in vista dei prossimi appuntamenti stagionali ben più adatti alle mie caratteristiche. Ed ora è il momento di ritornare in gara alla ricerca di nuovi risultati »

La formazione completa del K2 Women Team per la San Gabriel Gold Race

–       Giulia Giuliani

–       Viktoria Melnychuk

–       Alice Papo

–       Sara Pellegrini

–       Rebekka Pigolotti

–       Vittoria Ruffilli

–       Giada la Cioppa (Junior)




ABRUZZOALL’OPERA OMAGGIA PUCCINI

Con la FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana il progetto AbruzzoAll’Opera ha presentato presso la Sala Consiliare del comune di Corropoli, l’evento musicale 2024

Corropoli, 14 luglio 2024. La grande novità di quest’anno è rappresentata dalla FORM – Orchestra Filarmonica Marchigiana, una delle 13 ICO Italiane, riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, per la prima volta presente in Val Vibrata. L’Orchestra residente del celebre Macerata Opera Festival, inoltre, ospiterà il cast per le prove dello spettacolo proprio nell’elegantissimo Sferisterio di Macerata, per poi salire sul palco in Piazza Unità d’Italia a Corropoli, il 12 agosto alle ore 21:00 per il Galà Lirico Pucciniano di AbruzzoAll’Opera, con ingresso libero. “È una realtà che merita di essere sostenuta!” – queste le parole nel videomessaggio del curatore dell’azione scenica, nonché noto basso internazionale M° Roberto Scandiuzzi, nominato Cavaliere per le Arti e le Le)ere dal Ministero francese – “è molto raro trovare persone con tale spirito di iniziativa e sono certo che AbruzzoAll’Opera avrà un grande futuro!”.

Durante la conferenza stampa hanno rinnovato il loro sostegno e supporto a favore del progetto il Sindaco di Corropoli Dantino Vallese, l’Assessore al Turismo Roberta Grilli, e l’Assessore alla Cultura Alessia Lupi. Quest’ultima, in particolare, ha dichiarato: “Siamo fieri ed orgogliosi di accogliere, per il terzo anno consecutivo, questo evento di altissimo livello musicale e culturale, che porta il grande teatro al grande pubblico, arricchendo la nostra comunità. Ringrazio tu)o il cast di AbruzzoAll’Opera, sopra)u)o la Direttrice Artistica Elita Cistola, per l’impegno, la sinergia che la contraddistinguono e per l’amore che nutre per il nostro territorio”.

Alla conferenza erano presenti anche il Presidente dell’Associazione Arte Viva Elio Giobbi, il Presidente della FORM Fabrizio del Gobbo, la Direttrice Artistica Elita Cistola e il Dire)ore d’Orchestra Alessandro Mazzocchetti: “Abbiamo pensato a questo programma con l’intento di dare una visione completa di quasi tutta la produzione pucciniana. Toccheremo, infatti, molte tra le opere principali del compositore: dalla Tosca a Turandot, dalla Bohème a Gianni Schicchi e Manon Lescaut.

Il programma si aprirà con un preludio sinfonico, partendo da un giovanissimo Giacomo Puccini, ancora studente, per poi terminare con l’ultima opera del compositore, lasciata interrotta nel 1924 a causa della morte: Turandot, con la celeberrima romanza ‘Nessun Dorma’. L’ obiettivo del concerto è quello di emozionare e stupire lo spettatore attraverso la ricca orchestrazione, cara)eristica principale del sinfonismo pucciniano: la FORM, composta da ben 50 elementi, occuperà uno spazio su tre livelli, creando un forte impatto non soltanto per quanto la dimensione uditiva, ma anche quella visiva”.

Le direttrici del progetto Elita Cistola e Serena Lo Cane ringraziano la Regione Abruzzo, il Comune di Corropoli e tutti gli Enti e sponsor privati che hanno rinnovato la collaborazione per rendere possibile questo straordinario evento: “Negli scorsi anni ci sono state più di 2000 presenze: il primo anno in Villa Cerulli-Sanità con Il Rigoletto di Verdi e lo scorso anno il Don Giovanni di Mozart in Piazza Piè di Corte. Portare l’opera lirica al pubblico è ciò che ci ha spinto a creare questa realtà con un riscontro davvero sorprendente e inaspettato.

Sono mesi di intensa preparazione, sia artistica che organizzativa, ma avere dei promotori validi che credano nel progetto tanto quanto noi, fa sperare in un futuro ambizioso e ricco di musica dal valore inestimabile”. Il cast sarà composto dal soprano Elita Cistola, il tenore italo-brasiliano Maecio Gomes e il baritono Luca Bruno.

A presentare l’evento, Elvezio Rosati e Claudia Persia.




L’ATTESO RISVEGLIO (3)

Rinnovati e rigenerati per ogni opera buona

Torrevecchia Teatina, 14 luglio 2024.  La storia del nostro Abruzzo che esce dalla guerra ci racconta della fame, dell’indigenza, delle rovine, dei bisogni ma soprattutto della dignità di un popolo dai profondi riferimenti caritatevoli. La storia di quella prima ricostruzione ci racconta di una umanità pressoché analfabeta e senza risorse che si trova d’improvviso a fare i conti con una devastazione subita e di una ricostruzione necessaria ed obbligata; ovvero la costruzione di una società vera e propria su una che viene da un mondo vecchio e superato.

In verità si tratta di tentare la trasformazione di un popolo rurale ed incontaminato in un altro popolo moderno, dinamico e carico di desideri.

Con lo sguardo che cerca di individuare qualche riferimento di quella comunità intenta solo ad arrivare al giorno dopo, fra la polvere ed i fumi di quelle dinamiche e dei successivi bombardamenti,  ecco l’apparire di uno stuolo di uomini nuovi, ecco venire fuori, dal nulla, una umanità determinata, una classe di decisori provetti, di belle persone e dalle buone intenzioni: politici sorridenti, autorevoli e decisi a caricarsi il fardello.

L’Abruzzo viene fuori da quelle immagini rigide e sbiadite del passato; il progetto per la costruzione di questa nuova comunità è in mani buone, così sembrerebbe. Il nuovo Abruzzo inizia il suo cammino; dai tratturi della transumanza alle autostrade del futuro.

Poche parole dette bene, pochi fatti ma concreti ed il potere si diffonde in ogni luogo; l’ambiente è quello giusto: tutti sognatori, carichi d’entusiasmo e con le proprie piccole e stellari ambizioni. Una comunità fertile per realizzare, in poco più d’un trentennio, l’Abruzzo dei miracoli ed un sistema organizzato, risoluto ed inflessibile.

Da miracolo a miracolo; appartenenza fatale ad un organismo che crolla e d’un colpo ogni  segno sistemico precipita nell’oblio. I grandi cambiamenti degli anni Novanta, la nostra triste storia ed il secondo crollo.

Non può svanire tutto, si deve continuare, la vita prosegue; bisogna ancora ricostruire, e la ricostruzione sembrerebbe più complessa che mai. La storia degli anni Novanta ci racconta però di una umanità pressoché acculturata, con tante risorse raccolte ed una intraprendenza molto decisa che guarda ad un progresso molto più alto. Riferimenti  nuovi, modelli più che nuovi, iniziative nuovissime: ecco l’Abruzzo moderno del benessere per tutti.

Fra le rovine del passato e dei crolli sistemici, i nuovi giovani rampanti si presentano e sono più che pronti con le loro formule, tutte nuove e con le giuste benedizioni. Una miscela esplosiva di irriverenza, saccenza ed incoscienza, il tutto amplificato da un’ambizione sfrenata; ed ecco la nuova classe politica subito all’opera.

Tanta voglia di potere e di dominio; tanta aspirazione al benessere, alla vita bella e alla vita facile; tanta necessità di riverenze e considerazioni ma un segno di buon riferimento di carità nemmeno l’ombra.

Senza buoni ideali tutto fallisce; anche i più giusti degli intendimenti si lasciano corrompere. Il potere, la sete di dominio riescono a prevaricare anche le capacità residue, annichilendo ogni forma di bellezza. L’anima è perduta, il delirio vince ogni battaglia per consegnare tutto il buono e bello possibile al signor inganno.  

Ecco il terzo inevitabile crollo. Dopo lo zolfo e le rovine della guerra, dopo il tracollo umano e sistemico democristiano, ecco una nuova disillusione ed il crollo per la vanagloria che si va completando con i suoi nuovi strumenti di demolizione, quelli dell’incompetenza, della prepotenza e dell’arroganza, tutto in abbondanza; l’autentica persecuzione del buon senso, dell’umiltà, del rispetto e della responsabilità.

Per questa nuova ricostruzione il risveglio è atteso, quantomeno auspicato, nella speranza di dare l’avvio ad un nuova e vera riorganizzazione delle cose; una rigenerazione ed un rinnovamento nell’impegno e nel servizio a preparare donne e uomini davvero pronti ed uniti per ogni opera buona.

NM