Il buco nero della violenza e delle armi
PoliticaInsieme.com, 16 luglio 2024. Sembra che il giovane attentatore di Trump avesse comperato la sua arma in un supermercato. Se non fosse così facile acquistare un tale oggetto di morte non ci si spiegherebbe perché con 330 milioni di abitanti ci sono più di 400 milioni armi da fuoco nelle case degli americani. Per non parlare poi di quelle che sono, in realtà, armi da guerra, vendute come se niente fosse. Così, gli Usa sono l’unico paese al mondo dove il numero delle armi in circolazione supera quello degli abitanti.
Finora non c’è stato niente da fare. Soprattutto i repubblicani, spalleggiati da una Corte suprema da loro controllata da decenni, hanno sempre alzato un muro contro ogni possibilità di giungere a regole più restrittive. L’amministrazione di Bush il giovane ha addirittura evitato di prorogare la moratoria decennale precedentemente introdotta sulla vendita delle armi che andrebbero destinate all’uso esclusivo da parte dei militari.
Secondo alcuni studi, ogni anno verrebbero uccise negli Stati Uniti circa 30mila persone. E oramai questo stillicidio non fa neppure notizia sulla grande stampa statunitense e mondiale. A meno che non si tratti di una delle tante ricorrenti stragi che, in molti casi, trovano la motivazione nella condizione psichiatrica del responsabile, come sembra essere pure nel caso dell’attentatore di Trump.
Altri studi hanno rilevato la crescita di queste azioni violente in relazione all’aumento del numero delle armi in circolazione. Si tratterebbe della conferma che l’eventuale capacità di dissuasione reclamata dai sostenitori della libertà di armarsi raggiunge proprio l’effetto opposto. Secondo una ricerca dell’Università di Boston, ad ogni aumento dell’1% delle armi in circolazione corrisponderebbe un uguale incremento delle vittime di episodi di violenza. E siccome, da quando si tengono statistiche precise, la vendita delle armi è salita del 32%, è facile fare il conto ed avere un’idea sul futuro.
Una delle prime cose espresse da Donald Trump subito dopo il suo ferimento è stata la meraviglia per quanto lo ha coinvolto perché accaduto proprio in America. In realtà, è un meravigliarsi condiviso da molto pochi sia nel suo paese, sia fuori.
La politica americana è caratterizzata da alcuni tempi dall’accento messo sui temi religiosi. In alcuni casi, caratterizzati da una particolare distorsione, questo elemento si salda con il suprematismo bianco e razzista. Ma anche senza giungere a tali estremi, a noi spettatori europei, permeati come siamo da un’idea della fede e della religiosità che tanta parte hanno nella nostra cultura, non sfugge quanto, molto spesso, sette e movimenti che si dicono cristiani, per quanto estranei alle grandi organizzazioni religiose che si rifanno al cattolicesimo e alle chiese ufficiali protestanti, riescano ad essere vigorosamente impegnati contro l’aborto, vogliano imporre l’educazione cristiana nelle scuole, o, almeno, l’esposizione del Crocifisso o dei Dieci Comandamenti nei luoghi pubblici, e sostengano allo stesso tempo la libera circolazione delle armi e la pena di morte.
Segni di contraddizione per chi crede, sempre e comunque, nella Vita. A meno che non debbano essere considerati elementi di una lettura delle cose del mondo esclusivamente autoreferenziale, nel senso di credere possibile una difesa dei propri valori, ma anche di quello che essi hanno consentito di raggiungere sul piano concreto, avviluppandosi in un coacervo di sentimenti ed auto sicurezze che, però, il mondo mette quotidianamente in discussione. Com’è inevitabile che accada.
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