Uomini vivi o uomini polli: il vero dilemma
Torrevecchia Teatina, 24 luglio 2024. Nel mondo gli eventi si succedono rapidamente ed in modo imprevedibile quando si dorme; intanto le milionarie elezioni americane calamitano ogni attenzione, ma anche nel nostro continente, tutti gli interessi sembrano concentrati su questa redditizia Commissione europea.
In Italia tutto si svolge, come sempre, lungo la direttrice economica Milano, Roma, Napoli; oramai la storia racconta, solo ed esclusivamente, i fatti del ricco popolo tirrenico e padano; sull’Adriatico il solito sguardo indifferente, a volte anche meravigliato, per qualche piccola dinamica. In Italia, però, ci siamo anche noi.
L’Abruzzo e gli abruzzesi. Pare che questa presenza, proprio inerte negli ultimi tempi, si rende utile solo come oggetto di dominio nei tavoli dei poteri lontani. I grandi decisori oramai scelgono tutto per noi: dai governi agli amministratori, dalle direttive economie alle questioni sanitarie; dagli indirizzi culturali alle problematiche ambientali fino all’acqua da bere e all’aria da respirare; manca poco che decidono anche come chiamarci, cosa fare e dove andare.
Siamo diventati proprio un popolo silente, docile e sottomesso; forse lo siamo sempre stati? Proprio no. Gli abruzzesi vantano storia antica, imponente, addirittura, leggendaria. Carattere, cultura e capacità emergono in ogni epoca; popolo coraggioso e uomini illustri nella cultura, nell’economia, nelle scienze, nella politica, in ogni settore.
Cosa succede allora ?
Come mai da guerrieri indomabili ch’eravamo ci siamo trasformati negli uomini arrendevoli di oggi? Come mai dalle impavide guide d’un tempo, che davano i natali all’Italia, agli odierni servi sciocchi? Come mai dagli uomini illuminati e colti del passato ci siamo trasformati in quegli uomini ottusi ed arroganti che colorano le recenti e tristi dinamiche sociali? C’è poco da raccontare; siamo in lenta e inesorabile decadenza, se non addirittura involuzione. Da questa parte adriatica oramai i capitoli del progresso, della cultura, della scienza, della politica e dell’economia sono chiusi: tutto asservito al dominio dei grandi e lontani potentati. Società ai margini e stuolo di operatori sottomessi e riverenti; non sembra ci sia da salvare “cosa”.
Ecco il risultato: conquistati e sottomessi in poco più di un trentennio. Protocollo classico: individuazione dell’ambizione, foraggiamento nei limiti ed assoggettamento per realizzare utili strumenti per il dominio. L’Abruzzo è conquistato. Oramai si risponde solo agli ordini delle sale di comando esterne; non ci vuole tanto per capirlo, basta una semplice indagine superficiale per svelare l’inquietante nullità delle nostre capacità. Attività ridotte alle sole dispute sui luoghi lautamente remunerati. Tutto concentrato in quella direzione; il resto è solo parvenza di presenza.
L’Abruzzo, però, non può essere questo; non può ridursi allo squallore che stiamo vivendo; non può degenerare nel quadro sempre più triste che si apre ogni giorno nelle pagine scoraggianti dei nostri giornali. Inutile e patetico registrare l’attività degli ultimi tempi.
Quadro pietoso in ogni direzione d’indagine, ma nella politica infantile e nella miserabile propaganda sono stati superati tutti i limiti. È tempo di agire, è tempo di politica vera con la P maiuscola; è tempo d’incontro e confronto: tempo di riprendere coscienza del proprio ruolo e delle proprie facoltà.
L’Abruzzo popolare delle genti operose e sincere non ha molto tempo a disposizione; se non si sveglia e non ha la forza di reagire potrà almeno dare inizio al suo definitivo de profundis. Le scelte non vanno subite e vissute passivamente, vanno invece discusse, condivise e vissute insieme, quale popolo vivo. Ecco, popolo di uomini vivi e non popolo di uomini polli.
nm
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