[Pubblicazione di Franco Cercone “Fatti e personaggi della Terra di Quadri (sec. XII-XVI)” a c. Comune di Quadri – Tip. Arte della Stampa Sambuceto – Pescara 1994.]
Timida e quasi adagiata su un rilievo che assomiglia ad uno scrigno geloso di rilevare ciò che nasconde, Quadri si presenta avvolta in una atmosfera di sogno ed al viandante che le si avvicina sembra sussurrare: “Non disturbatemi. Sono già coricata!”. Nessun fatto d’armi, nessun episodio cruento, nel periodo storico preso in esame, ci è stato tramandato che abbia turbato la pace di questo bel paese situato sul medio corso del Sangro ed il verde che lo circonda, fatto di cerri avvolti dal morso soffocante dell’edera, conferisce all’intero paesaggio un aspetto esotico che attanaglia i sensi ed invita alla quiete. L’importanza strategica di questo sito emerge fin dall’epoca italica e si consolida nel periodo romano allorché, su un precedente insediamento, sorge il pagus di Trebula, attestato da una iscrizione pubblicata nel 1852 da Theodor Mommsen nel “Corpus Inscriptionum Latinarum” (IX, 262) ed in cui i Conscripti Trebulani fanno voti per la salute dell’Imperatore Adriano:
IMP. CAESARI – DIVI TRAIANI – PARTHICI F. DIVI NERVAE NEPOTI – HADRIANO – AUG. PONTIF. MAX. – TRIB.PO… – III P.P. – CQNSCRIPTI – TREBUI OB MERITA – IOVI TREBULANO.
Di un’altra lapide, sepolcrale, ci dà notizia il Verlengia : OFINIAE ARISTAE – PATRONAE – L. C. OFINI L.D.S.P.
Il Verlengia chiarisce al riguardo: “Questa lapide, ora a Chieti, era un tempo abbandonata presso una muraglia di recinto lungo la via che da Quadri mena a S. Maria dello Spineto ed era oggetto di scherno da parte delle donne di Quadri perché si vedeva in essi effigiata una donna pagana, cioè una donna del diavolo”.
Il Mommsen precisa, che si tratta di una Trebula Sannitica la quale, sottolinea il Verlengia nell’articolo citato, “nell’antichità dové accentrare tutta la vita che si svolgeva nel territorio di cui oggi è centro Quadri”. Le indagini archeologiche più recenti hanno evidenziato tuttavia come le popolazioni insediate lungo il corso iniziale e medio del Sangro, costituite dalle tribù di stirpe sannitica dei Pentri e dei Carecini, si trovassero costantemente a contatto con Frentani e Marrucini ed anche a nord non erano infrequenti i loro contatti con i Peligni.
Sicché tutta questa area si presentava come un complesso mosaico etnico e linguistico i cui tasselli non sempre erano facilmente individuabili. Ad accentuare tale promiscuità concorreva poi la principale attività economica dell’epoca, cioè l’allevamento ovino, che per mezzo della transumanza legava in modo proficuo tali gruppi etnici ad interessi comuni.
Va notato d’altro canto che la voce Trebula non appare come unicum nella toponomastica romana, la quale annovera per es. una Trebula Matusca nella Sabina, un’altra Trebula in Campania (odierna Treglia), nonché una Porta trebulana (Gubbio) da dove si usciva per recarsi ad un Trebulum, cioè ad una casa di campagna, villa, podere e, come sottolinea il Devoto che chiarisce così definitivamente il significato del toponimo Trebula in un casale, cioè gruppo di case sparse “derivanti da una radice treb- connessa al concetto di un insediamento sparso”[G. Devoto, Gli Antichi Italici, Firenze 1969.]
Una conferma in tal senso ci viene anche da recenti studi nel campo della glottologia comparata: “Trebula, identificata con Quadri, in provincia di Chieti, potrebbe avere una base nel termine treba, accostato dai glottologi all’umbro tremno che significa edificare e che ha il suo corrispondente nell’osco triibum, edificio, e probabilmente nell’italiano trave” .
Inoltre “alla stessa radice potrebbero risalire i nomi di un vecchio quartiere della Chieti medievale, Tribuliano o Trevigliano, località presso Scafa in provincia di Pescara” .
La fortuna di Trebula è legata all’importanza strategica del sito in cui sorgeva, costituendo quest’ultimo un punto di sosta ed a nostro avviso di “mercato” per le greggi transumanti in Apulia, che si raggiungeva seguendo il corso del Sangro e la costa adriatica.
Ciò spiega la presenza in loco dei resti di un teatro romano che, sottolinea il Verlengia nell’articolo citato, non doveva essere probabilmente “dissimile per ampiezza da quello della prossima Juvanum”. Gli stessi ruderi della Chiesa di Santa Maria dello Spineto, aggiunge ancora il Verlengia, rivelano nella parte basilare la presenza “di un antico tempio classico”, a riprova dunque dell’importanza cui era assurto tale pagus in quest’area del Sangro.
Nel periodo medievale sono frequenti i tentativi da parte dei Conti di Sangro, di San Vincenzo al Volturno e dei Vescovi di Trivento di estendere i loro domìni “materiali e spirituali” su questa Terra, posta sotto la giurisdizione della Badia benedettina di Santa Maria, detta vulgariter “dello Spineto”, e quindi di Montecassino.
La risposta di Quadri a tali tendenze egemoniche è stata nel corso dei primi secoli singolare. Pur non rinunciando ai rapporti con gli altri centri situati a sud (e quindi con il Contado di Molise) e lungo la direttrice ovest-est, costituita dal corso del Sangro, essa ha avuto modo di privilegiare anche i contatti con l’area peligna, soggetta ai vescovi di Valva.
La ratio insita in tale scelta ha un sapore politico ed economico; con essa Quadri ha cercato storicamente di salvaguardare sia i propri commerci che la sua indipendenza ed identità socioculturale, aumentando costantemente l’importanza strategica della sua posizione geografica.
Non è un caso, allora, che Alfonso, duca di Calabria e figlio del re Ferrante, lasciata Castel di Sangro in data 2 giugno 1485, alloggiasse proprio a Quadri nel recarsi in quest’area del Sangro con il suo seguito, segno che Quadri doveva costituire un imprescindibile punto di riferimento per il futuro sovrano, regnato anche se per un solo anno, nel 1494, con il nome di Alfonso II.
La storia di Quadri, dunque, almeno a giudicare dai documenti in nostro possesso, è tutta incentrata su quelle direttive politiche che in precedenza abbiamo delineato e preposte alla salvaguardia dei suoi interessi commerciali in questa vasta area del Sangro. Il presente saggio non ha alcuna pretesa ovviamente di costituire “la storia” di Quadri nel periodo preso in esame, ma vuol dare invece solo un’idea, soprattutto ai giovani, di come siano state interessanti in passato le vicende dei loro padri. Le notizie riportate risulteranno comunque di grande importanza a chi, in futuro, decidesse di cimentarsi nella stesura di una monografia storica su Quadri, da inviare a tutti i cittadini di questo bel centro i quali, in America, Canada, e Australia, rendono alto il nome del loro paese d’origine grazie alla loro tenacia ed operosità.
Non resta che sottolineare, come sia per me doveroso dedicare questo breve studio a due cari amici di Quadri e cioè al Dott. Donato Calabrese e ad Americo Casciato, con i quali sia in passato che in tempi più recenti ho trascorso ore lietissime e difficili da dimenticare.
In una auspicabile monografia storica, dovrebbe inoltre trovare largo spazio il cosiddetto ciclo dell’uomo e dell’anno, cioè il complesso delle manifestazioni folkloristiche ed etnografiche che contraddistinguono la vera storia di un gruppo sociale, la quale, certamente, non ha mai coinciso con il mero elenco di conti e baroni che si sono succeduti nel corso dei secoli al governo materiale della Terra di Quadri, da me scelta per ragioni affettive come Patria ideale.
Quadri: il toponimo.
Apprendiamo dal Chronicon Vulturnense che in seguito alle scorrerie dei Saraceni, particolarmente frequenti a partire dall’871, cominciano a sorgere nella nostra Regione castelli ed altre opere di fortificazione attorno a quei tipici insediamenti dell’epoca, denominati villae o casali, fenomeno questo che per quanto concerne Quadri costituisce una proiezione nel tempo della struttura del Trebulanum.
Si tratta, come sottolinea lo stesso cronista, cioè il monaco Giovanni, di un fatto nuovo ed estremamente importante anche sotto l’aspetto urbanistico, in quanto i castelli erano in precedenza assai rari nell’area centro-meridionale della Penisola .
Queste opere di incastellamento avvengono anche ad istanza di comunità benedettine dipendenti da S. Vincenzo al Volturno o direttamente da Montecassino e proprio ad opera di quest’ultimi, tra il X e XI secolo , sorgono i castelli siti in Villetta di Sant’Angelo di Barreggio (attuale Villetta Barrea) ed in Quadri: “il castello dei Quadri nella Badia di Santa Maria dei Quadri” .
I Saraceni effettuavano le loro terribili incursioni muovendo da una base allestita sul Garigliano e risalendo il corso dei fiumi sfocianti all’Adriatico. Nell’881 essi avevano distrutto persino San Vincenzo al Volturno ed uguale sorte toccò nel 916 al monastero di San Clemente a Casauria, raggiunto dalle orde saracene attraverso il fiume Pescara, allora in parte navigabile , e più tardi a quello di Sant’Angelo di Barreggio (Villetta Barrea).
Si comprende dunque la necessità avvertita dai monaci della Badia di Santa Maria dei Quadri, o de Quatris, (anche: de Quadris come risulta dai primi documenti) di erigere un castello a difesa della popolazione locale.
Siamo all’incirca intorno al Mille e questa è la prima notizia che possediamo del toponimo Quadri, che fa così il suo ingresso nella storia.
Si tratta di una grancia, cioè feudo dipendente probabilmente da Montecassino e non da San Vincenzo al Volturno, particolare questo che la vicinanza tra Quadri e quest’ultima località lascerebbe a ragione supporre.
Infatti, tra i possedimenti di San Vincenzo, elencati nel Chronicon, non è compresa la Badia di Santa Maria che, comunque, resta al di fuori della giurisdizione dei vescovi di Valva. Essa cioè, è nullius dioecesis, retta da un abate e questi risponde solo davanti all’autorità di Montecassino .
Di conseguenza, Santa Maria de Quatris non è menzionata nella Bolla Corografica emanata nel 1138 da papa Innocenzo II e contenente la descrizione delle chiese, terre e confini della Diocesi di Valva, che pur si spingeva lungo il Sanger fluvius, cioè Sangro, fino al fossatum Loparelli, in tenimento dell’odierna Civitaluparella [Cfr. N.F. Faraglia, op. cit., p. 43 sgg.]
Il fatto nuovo e storicamente rilevante è costituito dalla Bolla di papa Lucio III, emanata nel 1183, che attesta, rispetto a quella del 1138 – e quindi a distanza di 45 anni – l’appartenenza delle chiese della SS. Trinità e di Santa Maria alla Diocesi di Valva e quindi la loro sottrazione alla giurisdizione benedettina. Si legge infatti nella suddetta Bolla che a Quadri vi erano nel 1183 due chiese: “Ecc. S. Trinitatis et Sante Marie de Quadri cum omnibus pertinentiis suis” , e fra tali pertinenze, dipendenti da Santa Maria, deve essere annoverato un piccolo Cenobio, Sant’Angelo di Quadri, il cui preposito appare in una vertenza, come si vedrà di seguito, composta agli inizi del ‘300 .
La conferma di questo rilevante mutamento politico ed economico si evince da un’altra importante Bolla, quella di Clemente III, emanata in data 5 aprile 1188, in cui si conferma l’appartenenza della Ecclesiam sancte Trinitatis et sancte Marie de Quatri cum omnibus pertinentiis suis alla Diocesi di Valva [Cfr. N.F. Faraglia, op. cit., p. 53].
Donde deriva la specificazione de Quadris, de Quatris oppure in Quatris che si trova accanto alla chiesa di Santa Maria in questi primi documenti medievali?
La risposta non è facile. Il Prof. Ernesto Giammarco, glottologo di fama internazionale, mi comunicava tempo fa che il toponimo è “da ricollegarsi con il termine lombardo Quadra, Quadro, Quadre, forse appezzamento quadrato: cfr. Quadri vecchi (Piana dei Quadri vecchi) nei pressi di Atri”.
Occorrerebbero poi ricerche più approfondite per accertare come e quando accanto al titolo di Santa Maria si aggiunge la specificazione dello Spineto.
Nella visita pastorale compiuta a Quadri dal Vescovo di Valva e Sulmona, mons. Filippo Paini (siamo nel 1765), si apprende che il vescovo stesso: “se contulit ad ecclesiam matricem sub titulo S. Johannis Baptisti”, accolto dall’abate curato Don Giuseppe Sabatini che reggeva anche la chiesa di “Santa Maria vulgariter dicta dello Spineto” ed al quale il vescovo impartisce precise istruzioni per il mantenimento della ecclesia Sancti Sebastiani extra muros
Il documento si presta a qualche considerazione non priva di interesse. Il parroco conservava il titolo dignitario di abate per essere stata Santa Maria, fino alla seconda metà del XII secolo, badia e grancia benedettina.
All’epoca della visita pastorale del vescovo Filippo Paini, dunque all’incirca verso la prima metà del XVIII secolo, la chiesa madre di Quadri era intitolata come oggi a San Giovanni Battista, probabilmente all’epoca protettore del paese, mentre come è noto tale patronato spetta oggi a San Sebastiano, invocato storicamente, al pari di San Rocco, come protettore contro la peste. La chiesa
di San Sebastiano sorgeva, come specifica il verbale della visita pastorale, extra muros, fuori le mura, cioè al di là della cinta muraria che in base ad una tipica struttura urbanistica di tutti i paesi abruzzesi si completa nella seconda metà del ‘500. È probabile che questa chiesa sia sorta subito dopo la peste del 1656, che tante vittime mietè nella nostra regione, quale mirabile ex voto della popolazione di Quadri a ricordo del pericolo scampato per intercessione di San Sebastiano.
Fatta questa breve parentesi, torniamo ai primi documenti che in tale sede interessano.
Dal Catalogo dei Baroni, documento importante e dalla data incerta, ma comunque ascrivibile alla seconda metà del XII secolo, si apprende che “Odorisio di Idri tiene dal re Pizzoferrato, feudo di due soldati, e Quadri feudo di un soldato” [G. Celidonio, La Diocesi, ecc., cit. vol. III, p. 66]; ogni feudo che aveva annualmente venti once d’oro veniva tassato infatti per un soldato a cavallo, cioè un milite accompagnato da scudieri, fanti e servienti.
Poiché il servizio di due militi (come appunto a Pizzo-ferrato, citata nello stesso documento) spettava in ragione di 24 famiglie, si può ragionevolmente supporre che esse fossero a Quadri, in tale periodo, circa 12, con una popolazione oscillante intorno ai cento abitanti .
Da un altro documento risalente ai primi decenni del XIII secolo, in cui si parla delle prestazioni dovute da molte chiese della Diocesi alla Cattedrale di San Panfilo in Sulmona, si apprende che a Quadri era stata eretta un’altra chiesa (certamente di piccole dimensioni) intitolata a San Tommaso: Sanctus Thomas de Quadris, che doveva appunto alla Cattedrale sulmonese mezza libbra di cera all’anno. [ Cfr. G. Celidonio, La Diocesi, ecc., cit., vol. III, p. 175 sgg.]
Spunti sulla vita spirituale ed amministrativa dell’area geografica di Quadri ci vengono offerte dalle Decime pagate dal monastero di Santa Maria nei secoli XIII e XIV. Santa Maria vi appare come caput et mater da cui dipendono chiese e celle ad essa soggette:
– Decima degli anni 1308-1309: Monasterium sanctae Marie de Quadris valet unc. XIII, solvit unc. I et tar. VIII ;
– Monasterium S. Marie de Quatris, tar. XVIII, summa unc. XXIII, tar. XVI;
– Decima dell’anno 1323: tar. XVI;
– Decima dell’anno 1326: Eodem die prepositus S. Marie de Quatris solvit pro decima huius anni pro dicto monasterio et cellis sibi subiectis in carlenis argenti duobus per tarenum computatis, tar. viginti unum;
– Decima dell’anno 1328: il vicario Francesco, di Teramo, incaricato di riscuotere le decime, riceve da frate Nicolao abbate S. Marie de Quatris, pro se et conventu eiusdem cum omnibus ecclesiis sibi subiectis, 21 tareni.
Di difficile interpretazione appare un altro documento degli inizi del XIV secolo. In esso si legge che il vicario del vescovo di Chieti si pronuncia in una sentenza a favore di un tal Nicola di Berardo, di Archi, contro fra’ Antonio da Quadri, preposito del monastero di Sant’Angelo di Quadri .
Probabilmente alle origini del pìato doveva esservi una fornitura di derrate alimentari oppure la prestazione di qualche opera la cui natura resta per noi sconosciuta.
Giacomo, Signore di Quadri.
Dai documenti in nostro possesso, anche se non numerosi, si evince che nella lotta fra Svevi ed Angioini, culminata nella battaglia di Tagliacozzo (1268), Quadri parteggiasse per quest’ultimi.
Viene a rovesciarsi così la posizione di sudditanza rispetto a Pizzoferrato, fedele agli Svevi, il cui Signore, Odorisio di Idri, possedeva come si è visto la Terra di Quadri, feudo di un “soldato a cavallo”.
Infatti nella più importante rassegna dei Baroni e feudatari d’Abruzzo, svoltasi nel 1279 a Sulmona su ordine di Carlo I d’Angiò, Giacomo, Signore di Quadri, possedeva Quadri e dodici parti di Pizzoferrato.
La notizia, importante, è tratta dal Registro dei feudatari di Carlo d’Angiò, Archivio di Stato, Napoli, fasc. 8, foglio 140.
Cognomi ed abitanti di Quadri nel 1447.
Sulla Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte apparve nel secolo scorso un saggio dello storico sulmonese Nunzio Federico Faraglia dal titolo: La numerazione dei fuochi nelle terre della Valle del
Sangro fatta nel 1447. L’autore riporta anche i cognomi di Quadri disposti in ordine alfabetico. Esaminiamo da vicino l’importante documento:
Quadri: fuochi 70, anime 347
Deputati: Dominus Honufrius, archipresbiter; Cola Blasi Zaroli, Camerarius; Colacantandi, massarius, Cola Magistri Bucij, Gualterius Petrucii, Tomas Amici.
Cognomi: Andree, Antonij, Angeli, Amici, Amichilli, Bucij, Belli, Cerochi, Colelli, Ciorti, Cantonus, Canecchia, Cinque, Filippi, Fraynus, Ferranus, Grossi, Guillelmi, Innamorati, Joannucij, Lospignato, Maciera, Masiulli, Mangiaspito, Marcucij, Maruccie, Mathei, Mathucii, Misseri, Petrucij, Passucij, Paglioni, Raynaldi, Ricij, Spaciani, Symonis, Spito, Sclavus, Tucij, Testa, Virginolus, Vicaroli, Vetus, Zaroli.
Se confrontiamo i cognomi del 1447 rispetto a quelli di oggi, si deve ammettere per Quadri un forte movimento demografico che ha portato al rinnovo completo di interi gruppi familiari. Il cognome Amici, tipicamente patronimico, diventa successivamente D’Amico mentre Petrucij costituiva forse un diminutivo del nome Pietro, e quindi l’attuale famiglia Di Pietro potrebbe essere considerata, accanto ai D’Amico, originaria del periodo preso in esame.
Non sappiamo se il cognome attuale Di Biase, sia da ricollegarsi a quel Cola Blasi citato nel documento del 1447 ed in complesso tali mutamenti demografici, tenuto conto della posizione geografica di Quadri, rientrano nella normalità dei casi quando emergono in aree caratterizzate da spinte economiche pluridirezionali.
Quadro prospettico dei fuochi e degli abitanti di Quadri (sec. XII- XVIII)
Seconda metà del XII secolo . Fuochi 12, abitanti 100 circa
Anno 1447 Fuochi 70, abitanti 347
Anno 1596 Fuochi 108, abitanti 540
Anno 1654 abitanti 149
Anno 1670 Fuochi 22, abitanti 110
Anno 1794-96 anime 532
Le Chiese di Quadri
Si è visto in precedenza che sia le Bolle corografiche del XVII secolo che altri documenti di rilevante interesse, come per esempio, le Decime, ci rivelano i titoli delle chiese esistenti a Quadri a partire
da detto periodo.
Abbiamo così:
– la chiesa di Santa Maria che conserva il titolo abbaziale; nel 1577 era abate di Santa Maria Don Tarquinio Sciarame [cfr. A. Chiaverini, ivi, vol. VI, p. 206];
– la chiesa della SS. Trinità;
– la chiesa di San Tommaso;
– il monastero di Sant’Angelo, sicuramente cella della badia di Santa Maria.
Da alcuni documenti successivi al periodo storico preso in esame, apprendiamo che a Quadri esisteva anche “l’hospedale di S. Antonio, il quale ha alcuni terreni et sono abbandonati (sic) et incolti” . La notizia è tratta da un documento del 1696 in cui si legge ancora: “Vi è la chiesa di San Sebastiano ove si seppelliscono i morti et si ha l’entrata se non di mezzo tomolo di grano l’anno…
Il curato vi ha titolo di abbate e la chiesa abbatiale con cura d’anime è fuori la terra circa mezzo miglio lontana, però la cura è trasferita dentro la detta terra quale è annessa alla detta Abbatia” .
Si apprende ancora che la Compagnia del SS. Sacramento aveva “pochissima entrata d’elemosina con che si compra l’oglio (sic) per la lampada”.
In tale periodo (seconda metà del XVII secolo) Quadri era terra del conte Melocchi, bolognese.
Anche tale documento si presta a molte considerazioni. Innanzitutto, l’hospedale di S. Antonio deve intendersi come ospedale di S. Antonio Abate, in quanto fin dal XIII secolo è caratteristica dell’ordine antoniano quello di fondare in zone di traffici ospedali e ricoveri per i viandanti .
La chiesa di San Sebastiano, extra muros, risale come si è detto probabilmente ad un periodo immediatamente successivo alla peste del 1656 e sorge come ex voto in concomitanza della terribile peste che afflisse come in altri periodi le popolazioni della Diocesi di Valva e Sulmona [I. Di Pietro, op. cit., p. 281].
Circa l’ecclesiam matricem sub titulo S. Johannis Baptisti, menzionata nella visita pastorale del 1765 e di cui si è in precedenza parlato, occorre notare come il culto per il Battista affondi a Quadri profonde radici e costituisca la proiezione di una struttura economica imperniata – e non solo in passato – attorno al fenomeno dell’emigrazione stagionale. Sicché l’istituto del comparatico, che si concretizza nella figura del compare e della commare (lu San Giuànne), sorge come esigenza del lavoratore che nella sua assenza affida la propria famiglia ed i propri beni alla tutela di una persona fidata. Lu cumpare e la cummàre sono perciò importanti come i parenti. Ma poiché spesso, per questioni ereditarie o per interessi di varia natura, forti contrasti emergono proprio tra parenti, avviene che a Quadri – come in molte altre località abruzzesi – il compare (o lu San Giuànne) non sia mai un parente, ma una persona estranea o comunque una persona che si conosce da tempo ed alla quale si è legati da forti vincoli di amicizia, stretti per lo più fin dai tempi dell’adolescenza.
Nell’articolo citato, pubblicato su “La Rivista Abruzzese”, il Verlengia scrive che probabilmente la badia di Santa Maria dello Spineto è stata fondata da Pietro del Morrone, assurto alla dignità papale con il titolo di Celestino V, il papa del “gran rifiuto” dantesco. Sarebbe bello provare questa notizia con documenti storici, poiché essa costituirebbe la conferma dell’intensa spiritualità emanata dalla Terra di Quadri, pregna di testimonianze che aspettano la loro giusta valorizzazione. Quadri, insomma, merita una importante pagina di storia che finora non è stata ancora scritta.
F. Cercone
NOTE
1 Cfr. F. Verlengia, I resti dell’antica Trebula e la badia di Santa Maria dello Spineto presso Quadri, in “Rivista Abruzzese”, n. 3, 1958, p. 95.
2 V. Cianfarani – L. Franchi Dell’Orto – A. La Regina, Culture Adriatiche Antiche di Abruzzo e di Molise, p. 74, De Luca Ed., Roma 1978; cfr. anche T. Mommsen, Corpus Inscriptionum Latinarum, IX, p. 262; C. Battisti, Sostrati e parastrati nell’Italia preistorica, pp. 143-145, Firenze 1959.
3 V. Cianfarani, Note di antica e vecchia urbanistica teatina, in “Atti del VII Congresso di Archeologia Classica”, p. 298, Roma 1961.
4 Cfr. F. Sabatini, La Regione degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo, p. 45, Roccaraso 1960. Per castello si intende in tale periodo un “gruppo di più case cinto da mura di difesa”.
5 “Eo siquidem tempore rara in his regionibus castella habebantur, sed omnia villis et ecclesiis plena erant”; cfr. Chronicon Vulturnense, del monaco Giovanni, a cura di V. Federici, vol. I, p. 231, Roma 1925.
6 F. Sabatini, op. cit., p. 45.
7 Cfr. I. Di Pietro, Memorie storiche della Città di Sulmona, p. 94, Napoli 1804; G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. II, p. 48, Casalbordino 1910.
8 G. Pansa, Il Chronicon Casauriense e le vicende dell’insigne monastero benedettino di S. Clemente alla Pescara, p. 39 sgg., Lanciano 1893; I. Di Pietro, op. cit., p. 91 sgg.
9 Circa l’origine del toponimo Valva, è utile ricordare che esso deriva “dal latino valva, dapprima col significato di cavità e poi tratto di paese che si scorge da quell’apertura, o semplicemente regione”, Cfr. F. Sabatini, op. cit., p. 50, nota 6. I primi documenti del secolo XI relativi alla diocesi contengono spesso la specificazione: actum in Balba (o Valva), per indicare tutta l’area peligna e non solo una località, che spesso è tuttavia Corfinio, dove si forma la prima sede episcopale della Diocesi. L’ascesa economica e politica di Sulmona è all’origine della trasformazione della chiesa di San Panfilo da plebs, plebe, cioè pieve, a cattedrale, con un capitolo distinto da quello di San Pelino in Corfinio (Valva). I due Capitoli, quello di Valva e Sulmona, sottoscrissero nel febbraio del 1238 un “atto di concordia” per la elezione del vescovo e la divisione della Diocesi. In seguito, la sede del vescovo fu sempre Sulmona, ma la Diocesi conservò la designazione di “Valva e Sulmona”, come ai nostri giorni. Cfr. al riguardo N.F. Faraglia, Codice Diplomatico Sulmonese, p. 63, Lanciano 1888.
10 Cfr. G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. III, p. 50, Casalbordino 1911.
11 Il toponimo Sant’Angelo è indice sicuro della presenza, nell’area di Quadri, di insediamenti longobardi, al cui santo patrono, Sant’Arcangelo, trasformato in Sant’Angelo, si dedicavano ovunque chiese e persino grotte e colli (Grotta di Sant’Angelo, Colle Sant’Angelo ecc.). D’altro canto, il culto di Sant’Arcangelo è collegato anche a quello delle acque e non è improbabile nell’antica toponomastica locale una “fonte Sant’Angelo” la cui acqua salutare era parte integrante di importanti rituali recentemente analizzati dal Dini: Cfr. V. Dini, Il potere delle antiche Madri, p. 15 sgg., Torino 1984.
12 Chiaverini, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. VIII, Sulmona 1981. Non è da escludere l’ipotesi che la specificazione “dello Spineto” sia derivata alla chiesa di Santa Maria dal luogo in cui è situata e che all’epoca era forse incolto e cosparso di macchie di rovi, le quali rendevano inagibile il sentiero collegante il centro abitato con l’antica Abazia. Così il Santuario della Madonna di Loreto nelle Marche (ma tanti esempi potrebbero essere addotti al riguardo), trae la sua denominazione dal fatto che esso fu eretto sopra un colle pieno di Lauri (Lauretum). Occorrerebbero poi indagini più approfondite per scoprire come si sia arrivati alla trasformazione di S. Maria dello Spineto in Santa Fina, meta fino a qualche tempo fa di numerosi fedeli che vi si recavano in processione nella festa dell’Ascensione.
13 Si calcola infatti convenzionalmente che un fuoco, cioè una famiglia, corrisponda ad un nucleo composto da cinque persone. Cfr. al riguardo F. Sabatini, op. cit., p. 166.
14 Questi dati e gli altri citati si trovano nell’opera: Aprutium-Molisium. Le decime dei secoli XIII-XIV, a cura di P. Sella, Città del Vaticano, 1936.
15 Cfr. Abbazia di Montecassino. I Regesti dell’Archivio, vol. III, p. 281, a cura di T. Leccisotti, Roma 1966.
16 Cfr. Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte, n. 5-6, p. 208 sgg, Casalbordino 1898. La “Rassegna”, come è noto, era diretta dai due illustri storici sulmonesi G. Pansa e P. Piccirilli. Il documento ci dà anche una notizia per così dire …piccante. Infatti “Maria de Canezano (Cansano)” era concubina del priore della chiesa “Sancti Nicolai” di Quadri. Dall’unione era nata una bambina Galina, all’epoca di anni 6.
17 Il dato è desumibile, come si è visto, dalla circostanza che nel Catalogo dei Baroni (1170 circa) Quadri era feudo di un soldato a cavallo, con all’incirca 12 famiglie, o fuochi.
18 Per gli anni 1447 e 1596, cfr. N.F. Faraglia, La numerazione dei fuochi ecc. cit.
19 Chiaverini, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. VII, p. 140, Sulmona 1979. Il dato risulta dalla Relazione dello Stato della Diocesi alla Santa Sede, inviata nel 1654 a Roma dal vescovo di Valva e Sulmona, Francesco Carducci e che è utile riportare per intero: “Castrum Quadrorum: Abbas S. Mariae annuatim ducata 130; economia S. Caroli tumulos frumenti; Societas SS. Sacramenti annuatim ducata 8; clerus 2, anumae 149”. Il numero dei ducati si riferisce agli introiti annuali della chiesa. Vi erano in tale periodo la Confraternita (Societas) del SS. Sacramento e la Economia, forse anche con finalità assistenziali, di San Carlo Borromeo, il cui culto è largamente attestato in Abruzzo fin da tale periodo.
20 La drastica riduzione dei fuochi, a Quadri, nel 1670, va messa in relazione con la peste del 1656 che decimò la popolazione in Abruzzo. Il morbo, come si è detto, non risparmiò alcun centro ed i primi casi si registrarono a Castel Frentano. Dai Parlamenti Teatini si apprende inoltre che a Chieti le persone condannate a morte e rinchiuse presso le locali carceri in attesa dell’esecuzione, furono impiegate al trasporto ed al seppellimento dei cadaveri. Cfr. L. Del Vecchio, La peste del 1656-57 in Abruzzo, in “Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria”, annate 1976-78, L’Aquila 1978, p. 88. Cessata la moria, come si credette, per intercessione di San Rocco e San Sebastiano, furono eretti ai due santi, un po’ ovunque in Abruzzo, santuari e chiese, mete continue delle devote popolazioni del mare e della montagna a perenne ricordo dello scampato pericolo.
21 De Nino, Notizie ricavate dalle Mappe rimesse alla Curia Diocesana di Valva e Sulmona negli anni 1794 e 1796 d’ordine della Corte, in “Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria”, Puntata XXVI, pp. 80-81, L’Aquila 1901. Si legge in questa breve relazione del De Nino: «Quadri: … il duca di tal paese è Don Tomasso D’Ambrosio. Vi sono anime 352. L’Arciprete è Rocco Di Letto… Nelle sue vicinanze scorre il fiumetto Parello o Ruparello che dà nome a Civita Luparella. Questo ruscello dopo 18 Km, di corso, tra boscaglie e balze, si precipita nel Sangro facendo una notevole cascata»
22 Chiaverini, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. VI, p. 47, Sulmona 1978.
23 Chiaverini, ivi, vol. VI. Nel 1629 era Signore di Quadri il Conte Melocchi, bolognese.
24 Cfr. A. Di Nola, Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana, Boringhieri, Torino 1976.
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