L’UNIVERSALE E IL PARTICOLARE

 di Domenico Galbiati

PoliticaInsieme.com, 23 agosto 2024. Come ogni anno, poiché il ricordo della scomparsa di De Gasperi precede di un paio di settimane o poco più, la ripresa dell’attività politica, questa, di frequente, avviene, per i cattolici, nel solco di una riflessione che, nel nome di Alcide De Gasperi, affronta i nodi controversi del loro impegno politico. Nino Martinazzoli ricordava spesso che la religione è  universale e la politica particolare. Due versanti che non vanno malamente sovrapposti, a rischio di smarrire ciascuno dei due la propria specificità, preziosa per il primo e non meno per il secondo. Il crinale su cui entrano in contatto non è mai dato una volta per tutte e, per tutti, allo stesso modo.

Per quanto non possa prescindere da alcune categorie di riferimento – anzitutto da una schietta attestazione della laicità dell’azione politica – non è riconducibile ad una forma predefinita e non può essere decontestualizzato da quel puntuale e determinato tornante della storia. Anzi, la mediazione tra “universale” e “particolare” può avvenire solo nel foro interiore della coscienza di ognuno. Non è delegabile a nessuna istanza sovraordinata o di ordine generale. Ogni botte dà il vino che ha e, come non è concepibile un partito ispirato al valore della democrazia che non sia democratico nella sua articolazione interna, allo stesso modo non si può immaginare una forza che ponga la persona al centro del proprio programma politico, che non sia già, di per sé , costruita sulla responsabilità altrettanto personale e diretta di coloro che vi si riconoscono.

Siamo in una fase in cui il tema del ruolo politico, in Italia, dei cattolici è discusso molto vivacemente ed è , quindi, utile puntualizzare, a tale proposito, alcuni aspetti dirimenti, peraltro letti in controluce agli argomenti prevalenti nel discorso pubblico dei nostri giorni. La politica compete ai laici, non ai presuli. La laicità, dunque, come assunzione rigorosa di una responsabilità di cui si risponde in prima persona. Alla propria coscienza anzitutto. Una responsabilità preziosa perché consente d’introdurre nel discorso pubblico una proposta ispirata ad una visione cristiana della vita, senza che vi debba provvedere in proprio il mondo ecclesiale, a rischio di un equivoco neo-temporalismo.

Sia, a maggior ragione, preziosa in quanto pone i cristiani sullo stesso piano di piena legittimità dialettica con ogni altro interlocutore culturale o politico del contesto civile. E rinviando al mittente la pretesa di un certo mondo laicista che vorrebbe imporre ai credenti di confinare, coartare e trattenere la propria fede nell’interiorità della loro dimensione interiore, negandole a priori ogni diritto di cittadinanza sul piano pubblico. Sia, anche, accettando un confronto “alla pari” con chi proviene da altre culture. Senza che i cattolici, come talvolta è avvenuto, o ancora avviene, innalzino lo loro fede sui gagliardetti, vantandola come una conquista personale, o segno di predilezione invece che dono gratuito da accogliere secondo un sentimento di umiltà e di gratitudine, o addirittura brandendola come attestazione di una presunta superiorità.

In modo particolare nel clima di una secolarizzazione talmente compiuta, che, se mai, comincia a ripiegarsi criticamente su sé stessa – per i credenti e per la loro stessa fede è di vitale importanza farsi carico delle ragioni e delle domande di chi non crede. In secondo luogo, l’ “autonomia” di una proposta politica di ispirazione cristiana – concetto fondativo di INSIEME – che mai alluda ad una separatezza, ma rappresenti, al contrario, la condizione necessaria per interloquire con le altre forze in campo, purché nel segno della “consistenza”, cioè non-contraddittorietà intrinseca, del progetto avanzato. Tale coerenza, peraltro, non è un generico auspicio, bensì va asseverata, di volta in volta, a fronte dei “fondamentali” della politica.

In particolare, nel nostro caso, quei valori della democrazia – garante della libertà di ognuno – il cui disegno costituzionale viene messo gravemente in discussione dal Governo in carica che avanza la proposta di “premierato”. Anche i cattolici devono prendere atto che qui viene introdotto un discrimine, al quale non ci si può sottrarre, pena tradire la piena titolarità del proprio diritto di cittadinanza. Insomma,  devono decidere – ciascuno per sé, a fronte della propria coscienza, ben oltre la tecnicalità cui si vorrebbe ridurre l’argomento – chi sta da una parte e chi dall’altra.