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IL VOTO CATTOLICO TIRATO PER LA GIACCHETTA 

di Giancarlo Infante

PoliticaqInsieme.com, 28 agosto 2024.  Una delle banalità che si ascoltano più frequentemente è quella di parlare del voto cattolico inteso come un’entità definita. Mentre noi sappiamo bene che nel conto dev’essere messo il pluralismo acquisito da decenni. Così come il radicamento di taluni nella destra e di altri nella sinistra.

Mentre, ancora, molto ci dice come quel voto, da intendere però com’espressione di un diffuso sentimento, polverizzato e frutto di autonome determinazioni, resti nel grosso del serbatoio dell’astensionismo.

Di questi giorni è la litania che sembra riguardare Forza Italia: guarderebbe al voto “cattolico”. Cosa vuole dire?

Che taluni vertici del partito fondato da Silvio Berlusconi vanno un po’ più frequentemente a messa? Che parlano con qualche vescovo?

O cos’altro?

Magari, che intendono occuparsi della Sanità sempre più privatizzata e insufficiente?

Dell’aumento dei poveri di cui sempre più spesso ci parlano le rilevazioni ISTAT?

O s’impegnano per la piena attuazione della Legge 194?

Come sottolinea Nino Labate, c’è persino chi si diletta a rispolverare l’idea del “ritorno” della DC. E giustamente, Nino parla di una vera e propria “distrazione di massa”. E si potrebbe aggiungere che, con ciò scrivendo,  qualcuno dimostra la più assoluta ignoranza in materia. Non si è proprio digerito bene una delle più importanti esperienze di cultura politica e gestione della cosa pubblica del nostro passato.

Lo stanno a dimostrare le recenti vicende legate al coinvolgimento nel concepimento del Premierato e  dell’Autonomia differenziata che hanno snaturato la Costituzione voluta anche dai “cattolici”. Parliamo di leggi votate con convincimento da Forza Italia, non solo da Giorgia Meloni e dalla Lega. E non ci convincono proprio i ripensamenti dell’ultima ora, e solo perché si è di fronte alla rivolta del Meridione.

Comunque, altre ancora sarebbero le domande da aggiungere nel chiedere cosa s’intende quando si dice di guardare al voto cattolico. Tra l’altro, merita fare un inciso sottolineando  che, salvo lodevoli e limitatissime eccezioni, mai ci si riferisce alla Dottrina sociale della Chiesa e, meno che mai, si accenna alla possibilità di battersi per politiche solidali e popolari.

Viene da chiedersi, allora, se non ci si imbatta nelle solite modeste vicende che  la nostra politica sovente ci offre, con il tipo di informazione che l’accompagna. Cioè quelle quattro “chiacchiere” tra quelli che già fanno parte di questo sistema politico istituzionale e di potere, del tutto avulso e indifferente rispetto alle istanze avanzate da una società civile compressa e silenziata. Come confermano le ricorrenti dichiarazioni di maniera di un po’ tutti i dirigenti forzisti che prima dicono di pensare a “casa, privatizzazioni, ceto medio, pensioni minime”, ma per chiarire subito che non hanno alcuna intenzione di mettersi a distrarre il manovratore e correre a garantire che non ci sono frizioni in maggioranza: dal “vertice usciremo con l’armonia di sempre”. Già, la “maggioranza” che sembra, come ci ricorda Domenico Galbiati, un vero  e proprio “moloch” davanti cui mettersi in adorazione.

Comprese quelle parti che ne fanno parte e che potrebbero far parlare di un mondo “cattolico”, se solo ci si volesse davvero battere per una trasformazione solidale e popolare e modificare profondamente il quadro politico istituzionale, economico e sociale del Paese.

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