ABISSI DELL’ANIMA
Viaggio nella follia e nell’oscurità. Personale di Maurizio Romani a cura di Rosalba Rossi Palazzo dell’Emiciclo, 7 Settembre – 20 settembre 2024. Inaugurazione: Sabato 7 Settembre 2024 ore 18:00
L’Aquila, 1° settembre 2024. Il Palazzo dell’Emiciclo dell’Aquila, uno dei luoghi simbolici della città aquilana, ospita dal 7 settembre al 20 settembre 2024 l’esposizione Abissi Dell’anima. Viaggio Nella Follia E Nell’oscurità. Personale del pittore e incisore Maurizio Romani, artista nato in Emilia-Romagna ma di origini abruzzesi, che vive e lavora in Abruzzo.
La mostra, promossa dall’Associazione Endeca Agitatore Culturale (la stessa associazione organizzatrice della mostra di Michelangelo Pistoletto a San Benedetto del Tronto, ancora visitabile fino al 29 Settembre), si avvale dell’Alto Patrocinio della Regione Abruzzo e del patrocinio di Provincia e Comune dell’Aquila ed è a cura di Rosalba Rossi. L’inaugurazione sarà Sabato 7 Settembre alle ore 18:00.
Le eleganti sale neoclassiche del complesso monumentale del Palazzo dell’Emiciclo, sede del Consiglio Regionale dell’Abruzzo, ospiteranno inedite opere del maestro Maurizio Romani, facenti parte di tre nuovi cicli di pittura che, come suggerisce il titolo della mostra, si interrogano e vogliono stimolare una riflessione sull’oblio della condizione umana, tra follia, solitudine e malvagità.
Come, per pungolare il pensiero, si chiede Maddalena Apuzzo, psichiatra che interviene alla mostra con un proprio contributo scientifico, la follia è la pericolosa devianza dalla normalità o la “sorella sfortunata della poesia” (E. Borgna)?
È l’altro volto della ragione o il rifiuto del volto dell’altro? È diversità o è terrore della diversità?
“Nell’impossibilità di vederci chiaro, almeno vediamo chiaramente l’oscurità” scriveva Freud.
A sottolineare l’importanza della mostra Abissi Dell’anima. Viaggio Nella Follia E Nell’oscurità anche le parole del noto critico dell’arte Gabriele Simongini: “con i tre nuovi cicli di opere presentati a L’Aquila e profondamente intrecciati l’uno all’altro, Maurizio Romani mette in campo tutto il suo coraggio ed impegno etico, avendo ben chiaro che oggi gli artisti dovrebbero testimoniare, a beneficio di una nostra consapevolezza reattiva, quell’inesorabile perdita dell’umano che sempre più connota l’epoca del cosiddetto capitalismo della sorveglianza. Dotato di una tecnica sopraffina e di una visione poetica del mondo, come dimostrano le sue opere precedenti, ora Romani ha scelto di eliminare radicalmente qualsiasi facilità e piacevolezza, per tenersi al difficile sotto il segno di una necessità morale e dell’autenticità”.
La Mostra
L’esposizione Abissi Dell’anima. Viaggio Nella Follia E Nell’oscurità di Maurizio Romani si sviluppa in tre distinti cicli di opere inedite.
Come illustrato dallo stesso critico Gabriele Simongini, nella serie dedicata alle donne del male Romani fissa lo sguardo su quelle tedesche che, soprattutto nell’ambito dei campi di concentramento nazisti, svolsero il ruolo di carceriere e sadiche aguzzine, pur portando avanti una doppia vita che gli permetteva di essere al tempo stesso mogli e madri amorevoli. La normalità convive senza problemi con l’abiezione e la violenza più spietate.
Così la sensibilità di Romani lo ha portato proprio, come un acrobata, a muoversi sul filo che separa l’apparenza normale e quasi banale dei volti, alcuni dei quali peraltro quasi “belli”, da una sorta di oscura alterazione comportamentale dietro la quale si aprono abissi senza fondo, che in qualche modo riusciamo a percepire, come se quei visi recassero un’ombra luciferina e, in fondo, una maschera che nasconde la loro vera natura. E nelle espressioni di queste donne dalla doppia anima l’artista è riuscito a rendere quella freddezza glaciale, quel vuoto interiore e quella mancanza d’empatia che molti testimoni ravvisarono nei volti dei nazisti sottoposti al primo processo di Norimberga.
Una seconda serie di opere propone volti di donne e uomini colpiti dal disagio mentale che l’artista ha sorprendentemente dipinto con una intensità e una misura stilistica e cromatica che hanno pochi paragoni nella storia dell’arte. È una fisiognomica del dolore e del disagio che troppo spesso nella nostra società viene evitata e nascosta con fastidio e vergogna. Maurizio Romani, per questo ciclo di opere, utilizza la nomenclatura adottata all’interno degli ospedali psichiatrici italiani, specialmente durante il periodo fascista e nel dopoguerra, ovvero il sistema di classificazione che veniva utilizzato per schedare le persone affette da disturbi mentali, sistema legato alle “cartelle cliniche” degli ospedali psichiatrici, dove i pazienti venivano identificati con un codice, composto dalla lettera “T” seguita da un numero, che indicava il tipo di disturbo o la condizione psichiatrica del paziente. Questo metodo di catalogazione aveva lo scopo di standardizzare e semplificare la gestione amministrativa e clinica dei malati di mente nelle strutture ospedaliere. Ma ne azzerava l’identità amplificando in maniera disumana l’indifferenza in cui i soggetti malati venivano abbandonati.
Questa scomparsa dell’umano è ben evidente anche nella terza serie di opere esposte in mostra, quelle città della desolazione e dell’alienazione in cui le case, perlopiù senza finestre, si accatastano in modi claustrofobici rivelando spesso la loro inabitabilità, quando l’artista scoperchia i tetti e svela scatole vuote. Non ci sono esseri umani come se un evento apocalittico li avesse cancellati dalla faccia della terra, lasciando quasi intatte le loro abitazioni collocate in città disumane, inquinate e soffocanti, in una condizione che oggi rispecchia completamente quella di tante metropoli internazionali. In qualche modo molti disagi mentali oggi nascono anche dal fatto di vivere in ambienti insalubri e alienanti, magari in periferie abbandonate a sé stesse, nel degrado e nell’assenza di ogni speranza. La città può diventare una prigione e un incubo, come nelle peggiori distopie.
La curatrice della mostra, Rosalba Rossi, sottolinea come “In questo viaggio, che Maurizio Romani ci porta ad intraprendere, scansando ogni pudore e pregiudizio, emerge forte l’incomunicabilità del nostro tempo, ancor prima che la follia, che seppur la segue prontamente, come un arcipelago sconfinato, metafora magnetica ed ambigua, contiene emozioni disparate e disperate, angoscia, oblio, tristezza.
Tanto più in queste opere, scorgo dettagli agghiaccianti o assenze impenetrabili, tanto più mi accorgo che incomunicabilità e follia sono le due facce della stessa medaglia. Volgere l’attenzione all’una, inevitabilmente, coinvolge l’altra e rivolgere loro attenzione significa, sostanzialmente, affrontare un’esperienza umana, mettersi sulle spalle, ciascuno, un bagaglio di Humana Materia, che ha segnato progressivamente la storia della civiltà. E interconnettendosi alla cura, alla comunità, alla sofferenza ed alla ragione.”
E ancora “Queste opere ci generano un’inquietudine, simile a quella che ci ha pervaso quando abbiamo visto gli ultimi film di Pasolini, dove la dissacrazione era la denuncia della perdita della dimensione tragica dell’uomo, colto nel conflitto tra la radice antica del suo abitare e lo sradicamento di cui non è neanche consapevole. Maurizio Romani ci suggerisce di guardare e di esserci, perché nel giorno successivo a quell’abisso, come ogni giorno, quello stesso giorno sorge dall’insolito e ci avverte che nessuno, acquietato fra le solite cose, non può, su quell’insolito, non gettare almeno uno sguardo.” (R. Rossi).
Note biografiche di Maurizio Romani
Maurizio Romani è pittore e incisore. Tiene la sua prima personale nel 1986 presso la Galleria Il Voltone di Reggio Emilia, a cura di Alfredo Gianolio e Angela Nascimbene Cucchi. Negli anni Novanta la frequentazione del mondo artistico si alterna al ritiro produttivo a Roteglia (RE) dove Maurizio è nato (1955). Dagli anni degli esordi, l’artista ha la possibilità di evolversi in diverse direzioni, attraverso diversi generi pittorici e valendosi di varie tecniche.
Viene molto apprezzato per le sue nature morte, caratterizzate da una superba perfezione tecnica e da un intenso lirismo, alle quali sono state dedicate numerose mostre; per esempio, quella curata da Pietro Zampetti del 1991 ad Ancona, o quella di Giulianova (TE) del 2003, presentata da Carlo Fabrizio Carli.
Anche la pittura sacra ha rappresentato uno degli indirizzi percorsi dall’artista, sia con la pittura ad olio, ma più recentemente con uno studio comprendente una trentina di disegni di rara bellezza a grafite su carta dedicati al Cantico dei Cantici, presentati con una mostra itinerante approdata anche a Urbino alla Bottega Giovanni Santi, casa natale di Raffaello.
Lo studio dell’arte figurativa dal dopoguerra fino ad oggi, in ambito europeo e non solo, incentivano il maestro a flettere il suo linguaggio nel genere del paesaggio, dove già da tempo si è cimentato con l’incisione, una delle tecniche, assieme al disegno, più amate dall’artista, che ora vi si dedica anche con la pittura ad olio, quasi traducendovi le stesse sfumature che il disegno offre.
Al paesaggio è infatti dedicata la mostra della Galleria L’Ottagono: un paesaggio che non è una veduta, ma un soggetto di invenzione dove la luce tersa arriva quasi a smaterializzare quanto rappresentato: una gamma vastissima di sfumature. Non ci sono presenze umane, solo materia e luce, rarefatta e tuttavia capace di costruire spazio e volumi sfruttando l’assenza più che la presenza. Luce e ombra.
Tra le ultime personali si segnala Al di là del reale, promossa dal Comune di Casalgrande (RE), con presentazione di Massimo Mussini.
In occasione dei festeggiamenti per il 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, progetto Padiglione Italia della 54 Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, a cura di Vittorio Sgarbi, l’artista espone una tela di grande formato, Apparizione nella mia stanza, nei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia.
Sempre nel 2011, viene premiato al XXXVIII Premio Sulmona con la Medaglia del Presidente della Camera. Attualmente le sue opere sono in permanenza in diversi importanti musei, tra cui ricordiamo la Fondazione Umberto Mastroianni e il Museo dello Splendore di Giulianova.
Nel 2020 alcuni dei suoi lavori sono entrati nel circuito dell’Art in Embassies, un ufficio all’interno del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che promuove la diplomazia culturale attraverso mostre, collezioni permanenti, commissioni site-specific e scambi di artisti a due vie in più di duecento ambasciate e consolati statunitensi in tutto il mondo.
Nel 2020 è a Teramo con una personale presentata da Gabriele Simongini e Paola Di Felice. Nel 2021 espone un nuovo ciclo di opere alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto (AP) con la mostra Xlorisonia. Il respiro dei fiori, a cura di Rosalba Rossi. Nel mese di Aprile 2022 tiene una personale presso il Museo Crocetti di Roma.
Il catalogo, curato e realizzato dall’Arch. Franco Mercuri, è corredato dal testo della curatrice Rosalba Rossi insieme a quelli di Gabriele Simongini e della psichiatra Maddalena Apuzzo, ed è arricchito da una bellissima poesia di Gianni Marcantoni intitolata “Il folle”.