IL PANE DA LEGGERE

Tavola rotonda al FIET il pane come filo conduttore per un turismo esperienziale e sostenibile. Il pane può diventare un potente strumento di valorizzazione territoriale e culturale, promuovendo un turismo che non è solo esperienziale ma anche autentico e sostenibile

Venezia, 10 novembre 2024. Questa mattina, nella suggestiva Sala del Cuoio d’Oro all’interno del FIET (Italian Food and Tourism Exhibition) di Venezia, si è svolta la Tavola Rotonda promossa dal “Festival Il Pane da Leggere”, con il tema “Il Front And dell’Accoglienza, per un Turismo Esperienziale”. L’incontro ha offerto un ricco dibattito sulle potenzialità del turismo esperienziale come strumento per destagionalizzare il turismo in Puglia, proponendo una visione innovativa che segue le “strade del pane”.

L’onorevole Stefano Maria Benvenuti Gostoli, nel suo intervento di apertura, ha ribadito il forte legame con il FIET e ha espresso la volontà di portare le Marche a partecipare nella prossima edizione. Ha sottolineato inoltre l’impegno del governo nel sostenere iniziative che promuovono e valorizzano il patrimonio culturale e gastronomico, come il FIET e il Festival “Il Pane da Leggere”.

Il giornalista di Rai Due Sergio De Nicola ha lanciato una proposta suggestiva: la creazione di un itinerario turistico esperienziale che ruoti attorno al pane, consentendo ai visitatori di scoprire le bellezze storiche, culturali e naturali del territorio.

“Attraverso il pane si può entrare in contatto con le meraviglie del nostro Paese,” ha affermato, “come l’Abbazia di Pulsano, i parchi archeologici di Canosa e Trinitapoli, il Parco dell’Alta Murgia e il suo Geoparco”.

L’antropologa Angela Cicirelli ha esplorato il ruolo del pane come elemento chiave per leggere le culture e le storie umane legate al territorio. Ha fatto riferimento al ritrovamento di resti di pane risalenti a 33.000 anni fa nella Grotta Paglicci del Gargano, evidenziando come il pane rappresenti un collegamento storico e culturale unico e prezioso.

Giuseppe Scarlato, Presidente dell’Associazione di Promozione Real Academy, ha espresso la sua soddisfazione per il successo dell’iniziativa a Venezia. Ha ribadito l’obiettivo centrale del Festival: contribuire alla destagionalizzazione del turismo pugliese attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale e gastronomico, con il pane come simbolo e veicolo di narrazione del territorio.

L’artigiano del pane Giuseppe Di Gesù, titolare del Panificio F.lli Digesù fondato nel 1842, ha raccontato con passione l’arte della panificazione. Di Gesù ha sottolineato come l’artigianalità e il rispetto delle tradizioni siano i valori fondanti di un pane autentico, trasmessi di generazione in generazione. “La panificazione è un’arte che richiede competenza, pazienza e dedizione,” ha affermato, “e continua a rappresentare l’anima del pane artigianale italiano”.

L’incontro ha dimostrato ancora una volta come il cibo possa diventare un potente strumento di valorizzazione territoriale e culturale, promuovendo un turismo che non è solo esperienziale ma anche autentico e sostenibile.

Nel pomeriggio il Festival è proseguito con una nuova dimostrazione di utilizzo del pane e riduzione degli spechi in cucina a cura dello chef Nicola Russo.




RACCOLTI 1.250 EURO PER ANANKE

In 150 alla camminata energetica solidale per dire no alla violenza sulle donne

Pescara, 10 novembre 2024. Sono state 150 le persone che questa mattina si sono date appuntamento in Piazza Salotto, a Pescara, per partecipare alla Camminata Energetica Solidale organizzata in occasione della rassegna “365 giorni no alla violenza sulle donne”: un modo per affermare con forza, insieme, il “no” alla violenza sulle donne.

Guidato da Simona Bucciarelli, trainer e ideatrice di Camminata Energetica, il nutrito gruppo è partito da Piazza Salotto e si è snodato per le vie cittadine inondando il lungomare di energia, sorrisi, colori e solidarietà. Tra i partecipanti anche l’assessore alle Politiche sociali Adelchi Sulpizio, promotore della rassegna che il Comune ripropone da anni, per sensibilizzare la città coinvolgendo scuole e associazioni. E in piazza è arrivato anche il sindaco Carlo Masci, a sostenere il messaggio della non violenza.

L’iniziativa si è posta come obiettivo una raccolta fondi da destinare all’allestimento dello Spazio Sfera nel Centro Antiviolenza Ananke. Il risultato è stato sorprendente, dicono gli organizzatori: il ricavato, pari a 1.250 euro, sarà interamente devoluto al Centro, con la speranza che il futuro di parità, rispetto e giustizia sia sempre più vicino.

Daniela Gagliardone, presidente del Centro Ananke, commenta di aver “accolto subito la proposta di Camminata energetica come iniziativa di sensibilizzazione per lanciare un messaggio forte e chiaro: contrastare qualsiasi forma di maltrattamento (fisico, verbale e psicologico, stalking, sessuale ed economico) nella convinzione che sostenere le vittime è un dovere e una responsabilità di tutta la comunità”.

“Abbiamo voluto offrire un concreto supporto a donne vittime di violenza con una raccolta di fondi destinata al Centro antiviolenza Ananke”, dichiara Simona Bucciarelli. “Il 31,5% delle donne tra i 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale (dato ISTAT). È un numero allarmante che ci spinge tutti e tutte a dire basta. Lo abbiamo fatto attraverso lo sport inteso come metafora della vita. Camminare significa innanzitutto trovare la forza di compiere un primo passo, dare avvio ad un percorso a volte non facile. Significa superare con coraggio e sacrificio una situazione di immobilismo che troppo spesso si rivela dannosa e tossica per molte donne. E oggi abbiamo voluto simbolicamente prendere per mano tutte quelle donne che rimangono nell’ombra e in silenzio per dire loro che non sono sole. Insieme, con le istituzioni, con i Centri Antiviolenza, si può spezzare questa catena”.

Sulpizio sottolinea che “come ogni anno sono moltissime le iniziative, da qui a marzo, che compongono la rassegna e voglio ringraziare di cuore tutte e tutti coloro che con costanza si impegnano per tenere alta l’attenzione sul tema. La violenza contro le donne riguarda l’intera società, e si combatte costruendo una cultura dell’uguaglianza e del rispetto. Farlo attraverso le reti e le realtà del territorio, coinvolgendo quante più persone possibile anche attraverso lo sport, è un’opportunità preziosa per accendere scintille di riflessioni collettive”.




SICUREZZA E SALUTE IN AGRICOLTURA

Crescono infortuni e malattie professionali

Chieti, 10 Novembre 2024. Si è tenuta ieri ad Atessa, presso l’Hotel Ristorante La Masseria, una giornata di approfondimento organizzata da ANP e CIA Chieti-Pescara sul tema della sicurezza per i pensionati in agricoltura, con una particolare attenzione alla prevenzione degli infortuni e alla salute sui luoghi di lavoro. L’evento ha visto una partecipazione di esperti del settore, rappresentanti istituzionali e operatori agricoli.

Dai dati INAIL condivisi durante l’incontro, è emerso che nei primi sei mesi del 2024 in Abruzzo si sono verificati 8.669 infortuni sul lavoro in agricoltura, con una riduzione del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Tuttavia, i numeri restano significativi: nello specifico nella provincia di Chieti si denunciano 2.659 infortuni, 1.922 in provincia dell’Aquila, nella provincia di Pescara 1.674 e in provincia di Teramo 2.414 infortuni.

L’evento ha voluto sottolineare l’importanza di queste statistiche per promuovere una maggiore consapevolezza sulla sicurezza nei luoghi di lavoro agricoli e spingere verso politiche di prevenzione più efficaci.

Nel corso della mattinata, si sono susseguiti interventi di professionisti ed esperti della sicurezza sul lavoro.

Danilo Bolognese, esperto di sicurezza nei luoghi di lavoro, ha discusso degli obblighi normativi in agricoltura, con un focus particolare sui lavoratori pensionati, spiegando come garantire un ambiente sicuro anche per chi è esposto a rischi anche in età avanzata.

Alcide Massaro di SPSAL ASL Chieti ha illustrato il ruolo dell’ASL nel monitoraggio della sicurezza agricola, includendo le attività di controllo e i dati sugli infortuni, evidenziando la necessità di un sistema di monitoraggio più puntuale.

Lorenzo Fantini, esperto di sicurezza, ha fornito un’analisi dell’impatto economico degli infortuni agricoli sulla spesa pubblica, sottolineando come la prevenzione possa tradursi anche in un risparmio per il sistema sanitario e previdenziale.

L’incontro, moderato da Alfonso Ottaviano, direttore CIA Chieti-Pescara, si è concluso con l’intervento di Nicola Antonio Sichetti, Presidente CIA Abruzzo, che ha ribadito l’impegno dell’associazione a sostenere i lavoratori agricoli e a promuovere ulteriori iniziative per garantire sicurezza e salute sul lavoro.

La giornata è proseguita con la tradizionale festa intrattenuta dal comico Stellina e l’orchestra Rapsodia.




TRUMP, IGNORANZA, PAURA E VOGLIA DI UOMO FORTE

Così il populismo spinge la democrazia verso la dittatura il rischio di cadere in una degenerazione della democrazia, non una “copia” di dittature o totalitarismi del secolo scorso ma qualcosa che ad essi si avvicina molto

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 10 novembre 2024. Donald Trump, dal prossimo gennaio, presiederà gli Stati Uniti d’America, la più longeva democrazia moderna del mondo, che, con pregi e difetti, non ha mai vissuto pericoli destabilizzanti che la potessero portare a forme di tirannia o dittatura, nemmeno nei bruttissimi momenti della guerra civile (1861-1865) e dell’attentato delle Torri Gemelle (2001). Ora, forse, è alto il rischio di cadere in una degenerazione della democrazia, non una “copia” di dittature o totalitarismi del secolo scorso (socialcomunismo sovietico, nazismo, fascismo, franchismo e affini nel mondo) ma qualcosa che ad essi si avvicina molto. Questi nuovi sistemi vengono definiti dittature morbide, stati cesaristici, mostri miti (R. Simone). Si tratta di strutture politiche apparentemente democratiche, ma di fatto regni dittatoriali, che tradiscono i principi democratici fondamentali. L’inizio della degenerazione è segnato dall’emergere e affermarsi di politici populisti.

Donald Trump è un populista e, stando ad affermazioni e atti già visti nel suo primo mandato, potrebbe, insieme al suo staff e sostenitori politici e finanziari, traghettare gli USA in una dittatura morbida. A mio modesto parere è questo il primo problema che ha il Partito Democratico: il dovere sacrosanto di studiare, vigilare e operare perché ciò non avvenga. Questo non è solo un problema statunitense: Trump è in buona compagnia. Sono populisti, con diversi atteggiamenti, strategie e finalità, leader quali Erdogan, Salvini, Meloni, Le Pen, Grillo, Renzi, Chavez, Orban, Putin e via discorrendo. Non sono assolutamente uguali tra loro – per tratti umani, etici, storici e politici – ma hanno diverse cose in comune (The Guardian on line, The new populism).

Il populismo è una malattia democratica che ha due poli importanti: il popolo e il leader. Riguardo al popolo va detto che, in genere, si tratta di un popolo non ben definito, accomunato da bisogni o stato di crisi, in disagio culturale ed economico, che si sente orfano di reali rappresentanti dei suoi interessi, quasi in perenne stato di resistenza e assediato da alcuni nemici sociali storici (ebrei, immigrati, stranieri, neri e così via). A questo tipo di popolo il politico populista si presenta e chiede consenso, mostrando la pretesa di essere l’unico idoneo a rappresentare gli interessi fondamentali delle persone e a risolvere i loro problemi. Il populista è poco rispettoso di regole e procedure democratiche, in contatto costante con il suo popolo, specie sui social e qui, per Trump, va ricordato il sostegno del discutibile Elon Musk. I populisti normalmente sono anche caratterizzati da Ego grandi quanto metà degli USA e in egual misura da volgarità, mancanza di rispetto per persone e istituzioni e stupidità di ogni genere (in materia, riguardo a Trump, concordo con l’analisi di Gianni Cipriani, qui su Globalist.

Ma perché molti li votano e, avvolte, addirittura adorano i populisti? Perché i votanti (mancano ancora i dati affluenza) hanno preferito Trump (72.700 ml) a Kamala Harris (68.050 ml)? Perché il consenso per Trump è cresciuto in alcuni gruppi storici, come middle class, latinos ecc? A mio modesto avviso per un mix di ignoranza, paure economiche e sociali e ricerca del “salvatore della patria”. Esprimo qualche considerazione sintetica e limitata.

Ignoranza. I populisti vincono in Paesi che hanno scarsa formazione politica e, soprattutto, hanno seri problemi di tipo culturale, scolastico e universitario. Paesi dove: è alto l’analfabetismo (primo o di ritorno); esiste una crisi di larghi settori della scuola e dell’università; dominano saperi ridotti, monotematici e poco interdisciplinari, effimeri, estremamente dipendenti dalla superficialità di diverse fonti on line. Non manca solo la formazione civica, sociale e politica, manca la formazione tout court. Non è un caso che colto in inglese si dica educated. Questa è, dunque, la situazione in ampi strati di popolazione. Le cause del fenomeno sono tante. Ne sottolineo una. Il disimpegno di intellettuali e docenti, di sinistra come di destra nel formare non solo i propri studenti, ma anche gruppi e associazioni, specie in quartieri popolari e poveri culturalmente. È facile lamentarsi e giudicare negativamente chi segue i populisti del momento: ma, al di là delle responsabilità individuali, quante sono quelle del mondo politico, accademico, intellettuale, mediatico, ecclesiale? In particolare, il dato educativo è strettamente intrecciato con quello della comunicazione odierna (in materia la lettura di Infocrazia di B-C. Han è illuminante).

Paure. Meno si conosce e più si ha paura. Più ci si chiude in forme di individualismo, egoismo, razzismo e omofobia e più crescono le paure, spesso infondate. I populisti lo sanno bene, manipolano i dati per accrescere le paure e così si presentano come risolutori dei problemi. Ma più che a risolvere i problemi sono interessati a carpire il voto e ad essere eletti, a consolidare le posizioni di potere e, spesso, a favorire, anche in maniera corrotta e illegale, parenti e amici che li hanno sostenuti. Le paure e i problemi vanno risolti insieme, con una classe politica di alto profilo umano, etico e professionale e con la partecipazione dei cittadini nelle diverse forme.

I “salvatori della patria”. Il deficit di formazione politica, cristiana o laica che sia, fa emergere il profondo bisogno di credere in un personaggio che si proponga come onnisciente, potente, capace di proteggere e di prendersi cura del singolo. Si chiama politica gnostica. Mancando oggi forma di discernimento, si seguono uomini politici aventi come comune denominatore l’atteggiamento combattivo, assertivo, narcisistico, rassicurante, decisionista e onnipotente, come se si trattasse di semidei. L’ignoranza sembra essere il terreno su cui cresce questa passione idolatra. Non a caso Milani scrisse sul muro della sua aula: “l’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone”. È la conoscenza, prima di tutto, che ha reso qualcuno padrone e l’operaio spesso subisce proprio perché sa di meno. È l’ignoranza dei cittadini uno degli elementi che fortifica i nuovi leader demagogici. Pochi anni prima Bonhoeffer, a proposito, avrebbe detto che “la potenza dell’uno richiede la stupidità degli altri”.

Un’ultima nota. “Molte persone mi hanno detto che Dio mi ha salvato la vita (nell’attentato del 13 luglio in Pennsylvania ndr) per una ragione. E la ragione era salvare il nostro Paese e rifare grande l’America”, ha detto Trump durante il discorso della vittoria, in Florida. (Reuters, 6.11.24). Saranno queste frasi, sarà la promessa di combattere contro leggi permissive sull’aborto, sarà altro (promesse di sostegno economico?) ma Trump piace a diversi cattolici statunitensi (cardinali, vescovi, preti e fedeli laici). Niente di nuovo sotto il sole (Qoelet 1,9). Esistevano anche durante il fascismo, furono definiti clerico-fascisti e, come scriveva Sturzo, “per l’80% sono più clericali che cattolici”.

Guardando le immagini della vittoria di Trump e ripensando alla storia di questo grande Paese la memoria è andata a una pagina di Alexis de Tocqueville, che quasi due secoli fa, scriveva nel suo De la démocratie en Amérique: “Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel [nostro] mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte”.




L’IPOCRISIA È UNA BRUTTA BESTIA

L’ipocrisia, ossia burlarsi degli altri ed ergersi a censori senza dire la verità su sé stessi. È un male umano tipico e spesso inevitabile: ci sono ipocriti in tutti gli ambienti rigidi e chiusi, carenti dal punto di vista formativo

di don Rocco D’Ambrosio

Globalist.it, 10 novembre 2024. Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo.

Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». (Mc 12, 38-44 – XXXII TO/B).

L’ipocrisia è una brutta bestia. È un male umano tipico e spesso inevitabile: ci sono ipocriti in tutti gli ambienti rigidi e chiusi, carenti dal punto di vista formativo. Ci sono tra i cristiani, come tra ebrei e musulmani, tra gli atei e no, nelle gerarchie religiose come in quelle laiche. Ci sono in tutte le istituzioni.

Bernanos, in maniera sferzante, li addita così: “Quando vi vedo manipolare una verità con le vostre dita agili, le vostre dita di prestigiatori, le vostre dita sacrileghe, so quel che voi profanate – capite? Me l’avete insegnato voi stessi al catechismo, imbecilli! (…). Non smetterò mai di ripetere a questi ipocriti, i quali hanno in bocca soltanto la parola “prestigio”, che la verità non ha bisogno di prestigio; sono piuttosto loro che provano questo bisogno, che hanno questa smania, questo prurito; ma essi non hanno il diritto di soddisfarlo a spese della verità.

È burlarsi amaramente della povera gente parlare da incorruttibili censori ad avverarsi sospettati di tutti i mali di cui soffre la società moderna, e rispondere a coloro che t’interrogano sui tuoi errori: Sciagurato! Se dicessimo la verità su noi stessi rischieremmo di non poterla dire più agli altri, noi mentiamo dunque nell’interesse della verità stessa. Cosicché più siamo severi con gli altri; più è necessario mostrare indulgenza verso le nostre proprie persone. Buffoni!”.

Di persone con le dita agili e la menzogna in bocca ce ne sono tante nei nostri ambienti. Di gente che condannano gli altri, senza dire mai la verità su stessi, le istituzioni sono abbastanza affollate. Tuttavia, nel brano Gesù non si dilunga nel condannarli; li descrive solamente e si limita a stigmatizzare gli scribi ipocriti e a mettere in guardia i suoi discepoli con un Guardatevi! da loro. Ma all’ammonimento, segue, apparentemente slegato, l’indicare la vedova come esempio di generosità sincera e profonda.

La vedova è mille miglia lontana dall’ipocrisia. È una povera del Signore. Non ha bisogno di apparire, non frequenta piazze, tv e sociali. È sola con sé stessa e il suo buon Dio. Davanti a Lui sa che non può fingere, non vuole fingere. Vuole solo fare solo essere fedele alla sua fede ebraica e dare il contributo al tesoro del tempio. Forse Gesù l’ha indicata per dire anche come evitare ogni ipocrisia, a ogni latitudine: piena responsabilità riguardo a ciò che si deve a Dio, a sé stessi e agli altri. Gli ipocriti, in genere, sono chiassosi, irresponsabili e spocchiosi. La vedova, come tutti gli autentici giusti, è discreta, coscienziosa e umile.

La vedova, direbbe Bernanos, è colei che ha fatto “una volta per sempre, il giuramento di non mentire mai, nemmeno e soprattutto all’avversario, di non mai mentire, di non mentire con nessun pretesto e meno ancora, possibilmente, con il pretesto di servire prestigi che sono d’altronde compromessi soltanto con la menzogna”.




RIVIERA DEL GIGANTE

Azione: “Scelta vincente, primo passo di un lungo cammino”

Roma, 10 novembre 2024. “La nascita del marchio turistico Riviera del Gigante, che riunisce i sette Comuni della costa teramana, è certamente un primo passo positivo verso una gestione più integrata e capace di competere a livello nazionale e internazionale con le altre località turistiche.

Ora che abbiamo creato un marchio unico, è essenziale implementare una strategia definita che non solo includa materiali promozionali come cartelli, un sito web dedicato, pagine sui social media e fiere nazionali e internazionali, ma che veda anche un sostegno sostanziale da parte del Ministero del Turismo, che dovrebbe incentivare azioni di questo tipo, della regione Abruzzo e della Provincia di Teramo.” Queste le parole di Giulio Sottanelli, deputato di Azione e unico Parlamentare della Provincia di Teramo.

L’obiettivo – spiega Enio Pavone, Capogruppo di Azione in Consiglio regionale – ora dovrà essere quello di offrire un’esperienza completa al turista che spazi dal mare alla montagna, passando per il valore enogastronomico delle nostre colline teramane e valorizzando l’enorme patrimonio culturale e religioso della nostra Provincia. La valorizzazione del marchio Riviera del Gigante deve trasformarsi in un valore aggiunto capace di attirare flussi turistici e di aumentare la visibilità di tutta la Regione.”

“Questo è solo il primo passo di un lungo cammino – concludono – la regione e le amministrazioni locali devono ora lavorare insieme per garantire che il nostro magnifico litorale e l’entroterra diventino una destinazione imperdibile per i turisti di tutto il mondo”.




IN LIBRERIA TESTO SU GIUBILEO di Francesco Guarino e don Marcello Stanzione

Don Marcello Stanzione ed il professore Francesco Guarino sono gli autori del libro Il Giubileo. Storia, tradizioni indulgenze e significato di un rito millenario edito dall’editrice Segno

di Elia Lucchini

Dentrosalerno.it, 10 novembre 2024. Il termine “Giubileo” ha un significato profondo e antico, che trova le sue radici nell’ebraico Yobel (יובל), un termine che originariamente indicava il corno di montone. Questo corno veniva suonato per annunciare l’inizio di un anno speciale, noto come “anno giubilare”, un evento che, nell’antica tradizione ebraica, segnava un periodo di rinnovamento e restaurazione. Attraverso le epoche, il concetto di Giubileo ha assunto nuovi significati, entrando nella liturgia cristiana con una valenza spirituale e morale, pur conservando l’eco della sua origine ebraica.

Il concetto di “Giubileo” appare per la prima volta nella Bibbia, in particolare nel Levitico, uno dei libri della Torah, dove viene descritto come un evento straordinario che avveniva ogni 50 anni. Il Levitico 25:8-13 istruisce gli Israeliti a osservare un anno giubilare al termine di sette cicli di sette anni (49 anni in totale). L’anno successivo, il 50º anno, veniva consacrato come “Giubileo”, durante il quale il popolo doveva praticare la giustizia sociale e restaurare l’equità tra le persone. Il corno di montone, chiamato “Yobel”, giocava un ruolo simbolico e liturgico centrale in questa celebrazione. Il suono del corno segnava l’inizio dell’anno giubilare, un evento di grande portata sociale, economica e religiosa. Questo periodo era caratterizzato dal riposo della terra agricola (sabbatismo), la liberazione degli schiavi e il ritorno delle proprietà ai loro proprietari originali, un modo per riequilibrare le disuguaglianze accumulate durante i decenni. L’uso del termine “Yobel” per indicare il corno di montone è significativo poiché rappresenta sia l’idea di proclamazione che quella di ritorno. Il suono del corno non solo proclamava l’inizio dell’anno giubilare, ma richiamava anche il popolo ebraico alla restaurazione dei diritti, alla libertà e al rispetto della legge di Dio. In un certo senso, il “Giubileo” biblico era un richiamo al rispetto dei principi di equità e giustizia sociale sanciti dalla legge divina, un richiamo al popolo di Israele affinché si ricordasse delle proprie origini e della propria alleanza con Dio.

Il Giubileo cristiano rappresenta, dunque, una trasformazione spirituale del Giubileo biblico, mantenendo i temi della liberazione e della restaurazione, ma applicandoli principalmente alla dimensione dell’anima. Mentre nel Giubileo ebraico la terra tornava ai suoi proprietari e gli schiavi venivano liberati, nel Giubileo cristiano è l’anima che viene liberata dal peccato e il fedele che viene restaurato alla sua relazione originale con Dio. Il pellegrinaggio a Roma e la partecipazione ai riti giubilari offrono ai fedeli un’opportunità unica per riconciliarsi con Dio e con la Chiesa, rinnovando la propria fede e ricevendo il dono della misericordia divina. Il Giubileo cristiano diventa quindi un tempo di grazia, in cui i fedeli sono chiamati a riflettere sulla propria vita, a pentirsi dei propri peccati e a impegnarsi in opere di carità e giustizia. In definitiva, la trasformazione del concetto biblico di Giubileo in una celebrazione liturgica e spirituale rappresenta un adattamento creativo e teologicamente significativo, che continua a influenzare la vita della Chiesa e dei suoi fedeli. Mentre il Giubileo biblico mirava a ristabilire l’equità sociale ed economica, il Giubileo cristiano si concentra sul rinnovamento della vita spirituale e sulla riconciliazione con Dio, offrendo un’opportunità straordinaria di perdono e redenzione.

Differenze tra il Giubileo ordinario (ogni 25 anni) e quelli straordinari (indetti per eventi speciali).

Il Giubileo è una delle celebrazioni più solenni e significative della Chiesa cattolica, durante la quale si offre ai fedeli la possibilità di ottenere un’indulgenza plenaria, vivere un tempo di rinnovamento spirituale e riflettere sulla misericordia divina. Esistono due tipologie principali di Giubileo: il Giubileo ordinario, che si celebra ogni 25 anni, e i Giubilei straordinari, indetti dal Papa in occasioni speciali o di particolare rilevanza per la Chiesa e la società. Sebbene entrambi i tipi di Giubileo condividano l’obiettivo centrale di promuovere la conversione spirituale, il perdono e la riconciliazione con Dio, vi sono differenze sostanziali nel modo in cui sono concepiti, proclamati e celebrati. Queste differenze riguardano la loro periodicità, le motivazioni, il contesto storico e spirituale e la durata della celebrazione.

Il Giubileo ordinario: celebrazione ciclica e stabilita

Il Giubileo ordinario è una celebrazione che la Chiesa cattolica ha stabilito con una cadenza fissa, ogni 25 anni. Questa periodicità è stata determinata nel XV secolo e ha subito diverse modifiche nel corso della storia, ma la cadenza attuale riflette l’intenzione di offrire a ogni generazione di fedeli la possibilità di partecipare almeno una volta nella vita a un Giubileo. La scelta di 25 anni risponde al desiderio di mantenere un ciclo regolare e prevedibile, offrendo così a ogni nuova generazione l’opportunità di vivere un momento di profonda conversione e riconciliazione spirituale.

Storia e sviluppo del Giubileo ordinario

La tradizione del Giubileo ordinario inizia nel 1300, quando Papa Bonifacio VIII indisse il primo Anno Santo. Inizialmente, l’intervallo tra un Giubileo e l’altro doveva essere di 100 anni, ma già con Papa Clemente VI nel 1350 fu ridotto a 50 anni, e successivamente con Paolo II nel 1470 a 25 anni. Questa decisione rifletteva il desiderio di rendere l’evento accessibile a un numero maggiore di fedeli, considerata anche l’importanza della durata della vita media dell’epoca. Il Giubileo ordinario è quindi una celebrazione pianificata e prevista con largo anticipo. Viene annunciato solennemente dal Papa e inizia con l’apertura della Porta Santa nelle quattro principali basiliche di Roma (San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore). Questa porta, che viene murata tra un Giubileo e l’altro, viene aperta solo in occasione dell’Anno Santo, e attraversarla simboleggia l’entrata in un tempo di grazia e di perdono speciale. Il Giubileo ordinario dura generalmente un anno intero e offre ai pellegrini la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria partecipando a pellegrinaggi, confessandosi, ricevendo l’Eucaristia e compiendo opere di carità.

Il significato spirituale del Giubileo ordinario

L’obiettivo del Giubileo ordinario è quello di offrire ai fedeli un tempo di riflessione e penitenza. Attraverso i pellegrinaggi a Roma, l’attraversamento della Porta Santa e la partecipazione ai sacramenti, i fedeli sono chiamati a rinnovare la loro fede e a sperimentare la misericordia di Dio. Il Giubileo ordinario sottolinea il concetto di continuità nella fede, rappresentando un momento di unità per l’intera Chiesa, un’occasione per riconciliarsi con Dio e con gli altri, e per ristabilire un senso di appartenenza alla comunità cristiana globale.

Il Giubileo straordinario: indetto in momenti particolari

Al contrario del Giubileo ordinario, il Giubileo straordinario non segue una cadenza regolare, ma viene proclamato dal Papa in risposta a circostanze particolari o per commemorare eventi rilevanti per la vita della Chiesa o della società. La decisione di indire un Giubileo straordinario è legata a motivi specifici, come la necessità di richiamare l’attenzione dei fedeli su temi centrali della fede, o come risposta a crisi globali o eventi che richiedono un particolare tempo di riflessione e conversione.

Storia dei Giubilei straordinari

Il primo Giubileo straordinario venne indetto da Papa Innocenzo X nel 1650 per celebrare il 1600° anniversario del Concilio di Nicea, un evento cruciale nella storia della Chiesa, in quanto il concilio aveva stabilito le basi della fede cristiana e affrontato importanti questioni dottrinali come la divinità di Cristo. Da allora, i Giubilei straordinari sono stati proclamati in diverse occasioni, con motivazioni che riflettono le priorità spirituali e pastorali del momento. Ad esempio, nel 1933, Papa Pio XI indisse un Giubileo straordinario per commemorare i 1900 anni dalla morte di Gesù Cristo. Questo evento fu visto come un’opportunità per riflettere sul sacrificio di Cristo e sul messaggio della redenzione. Più recentemente, nel 1983, Papa Giovanni Paolo II indisse un Giubileo straordinario per commemorare i 1950 anni dalla redenzione, con un’enfasi particolare sulla necessità di perdono e riconciliazione in un mondo segnato da guerre e divisioni.

Il Giubileo straordinario della Misericordia

Uno degli esempi più significativi di Giubileo straordinario è stato il Giubileo della Misericordia, indetto da Papa Francesco nel 2015. Questo Anno Santo straordinario non fu proclamato per commemorare un evento storico specifico, ma per rispondere a una necessità spirituale e pastorale percepita dal Papa: l’urgenza di sottolineare il tema della misericordia nella vita della Chiesa e del mondo. In un’epoca segnata da conflitti, ingiustizie sociali e un senso crescente di alienazione, Papa Francesco volle richiamare l’attenzione dei fedeli sulla misericordia come fondamento del Vangelo, invitando la Chiesa e i cristiani a vivere questa virtù in modo concreto.

Il Giubileo straordinario della Misericordia durò un anno, dal 2015 al 2016, e vide un’ampia partecipazione globale. Oltre all’apertura della Porta Santa nelle basiliche di Roma, il Papa autorizzò l’apertura di Porte Sante anche in altre diocesi del mondo, rendendo l’evento più accessibile ai fedeli in tutto il mondo. Questo fu un gesto simbolico che rifletteva l’intenzione di Francesco di rendere la misericordia di Dio vicina e tangibile per tutti, indipendentemente dalla loro posizione geografica.

L’indulgenza, dono senza prezzo della misericordia divina, è uno dei “segni” peculiari degli Anni giubilari. Lunedì 13 maggio 2024 la Penitenzieria Apostolica ha reso note le Norme sulla concessione dell’Indulgenza durante il Giubileo 2025 (riportate nell’appendice alla fine di questa seconda parte). Questa, scrivono citando quanto affermato da Papa Francesco nella Bolla d’Indizione del Giubileo, Spes non confundit, è «una grazia giubilare» che «permette di scoprire quanto sia illimitata la misericordia di Dio». Anche in occasione del prossimo Giubileo, per volontà del Santo Padre, la Penitenzieria «intende spronare gli animi dei fedeli a desiderare e alimentare il pio desiderio di ottenere l’indulgenza» e per questo ha stabilito alcune prescrizioni e linee guida per i pellegrini. Potranno ricevere l’indulgenza, con la remissione e il perdono dei peccati, tutti i fedeli «veramente pentiti», «mossi da spirito di carità», «che, nel corso del Giubileo, purificati attraverso il sacramento della penitenza e ristorati dalla Santa Comunione – si legge nelle Norme – pregheranno secondo le intenzioni del Sommo Pontefice». Seguendo le disposizioni della Penitenzieria, a firma del Penitenziere maggiore, S.Em. il cardinale Angelo De Donatis, l’indulgenza potrà essere applicata «in forma di suffragio alle anime del Purgatorio».

I fedeli, “pellegrini di speranza”, potranno ottenere l’indulgenza intraprendendo un pellegrinaggio verso qualsiasi luogo sacro giubilare, verso almeno una delle quattro Basiliche Papali Maggiori di Roma, in Terra Santa o in altre circoscrizioni ecclesiastiche, e prendendo parte a un momento di preghiera, celebrazione o riconciliazione. Poi, ancora, «visitando devotamente qualsiasi luogo giubilare» e vivendo momenti di adorazione eucaristica o meditazione, concludendo con il Padre Nostro, la Professione di Fede e Invocazioni a Maria. In più, in occasione del Giubileo, si potrà conseguire l’indulgenza, alle stesse condizioni, mettendosi in cammino anche verso altri luoghi sacri nella città di Roma, come altre Basiliche e Santuari storici, le chiese dei cammini giubilari dedicati all’Iter Europaeum e le chiese dedicate alle Donne Patrone d’Europa e Dottori della Chiesa.

Lo stesso potrà avvenire anche visitando altri luoghi nel mondo, come, tra gli altri «le due Basiliche Papali minori di Assisi, di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, le Basiliche Pontificie della Madonna di Loreto, della Madonna di Pompei, di Sant’Antonio di Padova». In caso di gravi impedimenti, i fedeli «veramente pentiti che non potranno partecipare alle celebrazioni, ai pellegrinaggi o alle visite», potranno conseguire l’indulgenza giubilare alle stesse condizioni se «reciteranno nella propria casa o là dove l’impedimento li trattiene, il Padre Nostro, la Professione di Fede in qualsiasi forma legittima e altre preghiere conformi alle finalità dell’Anno Santo, offrendo le loro sofferenze o i disagi della propria vita».

Un’altra modalità per conseguire l’indulgenza saranno, certamente, le «opere di misericordia e di penitenza, con le quali si testimonia la conversione intrapresa». I fedeli «seguendo l’esempio e il mandato di Cristo», sono stimolati «a compiere più frequentemente opere di carità o misericordia, principalmente al servizio di quei fratelli che sono gravati da diverse necessità». Allo stesso modo se si recheranno a rendere visita «ai fratelli che si trovino in necessità o difficoltà (infermi, carcerati, anziani in solitudine, diversamente abili… ), quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro». Lo «spirito penitenziale», si legge ancora nelle Norme, «è come l’anima del Giubileo» e dunque l’indulgenza potrà essere ottenuta anche «astenendosi, in spirito di penitenza, almeno durante un giorno da futili distrazioni (reali ma anche virtuali) e da consumi superflui, nonché devolvendo una proporzionata somma di denaro ai poveri, o sostenendo opere di carattere religioso o sociale, in specie a favore della difesa e protezione della vita». E, anche, dedicando parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato.

In libreria testo su Giubileo di Francesco Guarino- Don Marcello Stanzione – Dentro Salerno




I BISOGNI IGNORATI DELLE PERSONE

Quando la legge scalza l’umanità

di Pasquale Pellegrini

PoliticaInsieme.com, 10 novembre 2024. È molto faticosa la riflessione sull’importanza dell’altro in questo momento storico. Una società ispirata da individualismo e autoreferenzialità tende ad espungerla, nonostante l’altro sia il focus ontologico che abbraccia il senso della vita, la natura stessa della comunità e il fine dell’azione politica.

In una visione corporativa della realtà sociale, il diritto della persona diventa valore assoluto e il bene pubblico, quello della comunità, per intenderci, è tale nella misura in cui corrisponde al bene personale. In quest’ottica, la risposta ad un bisogno umano non è quella che lo esaudisce al meglio, ma, più semplicemente, quella che prevede la norma. Ragion per cui valori come sacrificio, abnegazione, solidarietà, gratuità tendono a perdere di senso e di significato e chi tende a perseguirli rischia persino di essere demonizzato. Certo, è un discorso piuttosto cinico, ma quanto lontano dalla realtà?

Capita così che in una scuola dell’infanzia di Gallipoli, frequentata da bimbi dai tre ai cinque anni, non si trovi un operatore in grado di pulire un bimbo non ancora autosufficiente nei bisogni fisiologici. Si chiamano in causa i genitori i quali, magari lasciando un lavoro precario e mal pagato, sono costretti ad un soccorso immediato. La giustificazione della scuola è che non lo prevede la norma. Solo i bimbi disabili, infatti, hanno diritto ad essere accuditi. Non sarebbe stato buon senso, delicatezza, attenzione, aiutare quel bambino non autosufficiente, sia pur non disabile? Domanda inutile. Il senso di umanità ne avrebbe guadagnato.

Qualcosa del genere accade pure nel rapporto di cura, ossia in quella particolare relazione tra malato e personale sanitario. Al di là delle chiacchiere sull’umanizzazione dei luoghi di cura, si coglie sempre meno la capacità di porsi di fronte alla fragilità del malato con quella sensibilità che trasforma un atto tecnico in un gesto d’amore. Anche in questo caso la norma è salvaguardata, ma non l’umanità.

I diritti senza la consapevolezza dei doveri, ossia del valore del fine da perseguire, rischiano di alterare profondamente il servizio all’uomo e i valori della convivenza sociale. Il rispetto sic et simpliciter della norma, insomma, non garantisce una società solidale, perché la persona non ha portato il profumo della sua sapienza umana là dove erano richiesti. La qualità del proprio lavoro, anche se mal pagato, è un atto di dignità e di valore che trasforma nel profondo la società, rendendola migliore. Ogni persona dovrebbe rendersene conto, in particolare i sindacati e la politica.