LA GIORNATA DEI POVERI SALE FINO A DIO
Papa Francesco, per l’ottava Giornata Mondiale, richiama l’importanza di una carità radicata nella preghiera e nella spiritualità, lontana dalla semplice filantropia. I poveri, maestri di vita, ci richiamano alla radicalità del Vangelo e alla costruzione di una pace tanto urgente in un mondo segnato da conflitti e povertà non solo materiali
di padre Emiliano Antenucci
FamigliaCristiana.it, 17 novembre 2024. Il tema dell’ottava Giornata Mondiale dei Poveri è: “La preghiera del povero sale fino a Dio (Sir 21,5)”. L’etimologia della parola preghiera (dal lat. prex precis), significa precario, mendicante, povero. Chi prega si sente piccolo davanti all’infinito, mendicante davanti al Cielo, ultimo davanti al Signore dell’universo. I poveri sono i nostri maestri di vita, perché non siamo noi che aiutiamo i poveri, ma loro ci richiamano alla radicalità del Vangelo.
San Francesco, il poverello d’Assisi, da borghese, sceglie di sposare Madonna Povertà, per avere come letto la nuda terra e come tetto il cielo stellato. Sceglie la povertà, ma anche di vivere con i lebbrosi. La povertà può essere una scelta evangelica oppure subita dalle sventure della vita. Papa Francesco nel suo messaggio scrive: “I poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio, a tal punto che, davanti alla loro sofferenza, Dio è impaziente fino a quando non ha reso loro giustizia: La preghiera del povero attraversa le nubi né si quieta finché non sia arrivata; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità. Il Signore certo non tarderà né si mostrerà paziente verso di loro (Sir 35,21-22). Dio conosce le sofferenze dei suoi figli, perché è un Padre attento e premuroso verso tutti. Come Padre, si prende cura di quelli che ne hanno più bisogno: i poveri, gli emarginati, i sofferenti, i dimenticati… Ma nessuno è escluso dal suo cuore, dal momento che, davanti a Lui, tutti siamo poveri e bisognosi”.
Il Pontefice dà un metodo evangelico per aiutare gli altri e scrive: “fermarsi, avvicinarsi, dare un po’ di attenzione, un sorriso, una carezza, una parola di conforto…”.
Il messaggio papale mette in guarda dalla semplice filantropia e dalla tentazione dell’attivismo: “Tuttavia, la carità senza preghiera rischia di diventare filantropia che presto si esaurisce… Dobbiamo evitare questa tentazione ed essere sempre vigili con la forza e la perseveranza che proviene dallo Spirito Santo che è datore di vita”. Il servo di Dio don Oreste Benzi diceva che “il povero non è chi non ha niente, ma chi non è niente”.
Oggi ci sono tantissime povertà, non sono materiali. C’è una grande povertà culturale, educativa, esistenziale, emotiva e spirituale. Forse al posto di consegnare solo “pacchi viveri della Caritas”, dovremmo donare libri per studiare, penne per scrivere, pennelli per disegnare, strumenti musicali per suonare, arnesi per lavorare, rosari per pregare e bibbie per meditare. Eviteremo tanta cronaca nera, baby gang e varie forme di violenze. In mezzo ai sessanta conflitti mondiali è urgente la pace, perché come dice il papa: “Siamo poveri di pace e tendiamo le mani per accoglierla come dono prezioso e nello stesso tempo ci impegniamo a ricucirla nel quotidiano”.
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