TORINO OSPITA ANCI OFF

La Costa dei Trabocchi protagonista con i suoi nove comuni

Torino di Sangro, 21 novembre 2024. Dal 22 al 24 novembre, Torino si trasformerà nel palcoscenico di ANCI Off, un’iniziativa espositiva e culturale parallela alla 41ª Assemblea Annuale dell’ANCI. L’evento coinvolgerà cittadini, giornalisti e operatori attraverso la promozione turistica e culturale dei comuni italiani.

Tra i protagonisti di questa edizione, spicca la Costa dei Trabocchi, con la partecipazione di nove comuni: Francavilla al Mare, Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Casalbordino, Vasto e San Salvo. Gli stand verranno allestiti nel “Villaggio dei Comuni”, situato nel cuore di Torino, tra via Roma, piazza San Carlo e piazza Castello, per far conoscere le bellezze naturali, storiche, culturali e gastronomiche di questa affascinante area dell’Abruzzo.

L’iniziativa rappresenta una grande opportunità per promuovere il territorio, non solo attraverso le sue attrazioni turistiche, ma anche grazie ai prodotti tipici locali, come il famoso olio d’oliva, il pesce fresco, i vini pregiati ed altri prodotti della tradizione locale. Particolare attenzione sarà riservata alla pista ciclo-pedonale della Via Verde, che nel 2022 ha visto la grande partenza del Giro d’Italia da Fossacesia, un evento che ha messo in luce il potenziale del territorio per il turismo sostenibile e cicloturistico.

La partecipazione della Costa dei Trabocchi a ANCI Off segna solo l’inizio di una serie di iniziative di promozione turistica che coinvolgeranno anche eventi futuri, come la BIT di Milano e altre fiere. La presenza e l’organizzazione dell’evento a Torino sono curate per conto dei comuni della Costa dei Trabocchi dalla DMC Costa dei Trabocchi.

Un aspetto fondamentale di questa nuova stagione di promozione turistica è la collaborazione tra i comuni della Costa dei Trabocchi, la Regione, la Provincia, i FLAG, le DMC, le associazioni e la Camera di Commercio Chieti-Pescara. Questo lavoro di rete sarà essenziale per rafforzare il marchio turistico della Costa dei Trabocchi e lanciare il prodotto sul mercato internazionale.

Inoltre, durante ANCI Off, verrà assegnato il prestigioso Premio Cavallo, organizzato dall’Associazione Abruzzesi e Molisani in Piemonte,  giunto alla diciannovesima edizione. Il premio riconosce l’eccellenza nella promozione sociale, economica, turistica e culturale. Quest’anno sarà assegnato ad Andrea Aimola, originario di Fossacesia, per le sue eccezionali interazioni riportate attraverso la ceramica artigianale realizzata dai maestri ceramisti di Castelli.

La città di Torino, insieme agli amministratori locali, si prepara ad accogliere la Costa dei Trabocchi con entusiasmo, come parte di una nuova stagione di promozione mirata e collaborativa, volta a far conoscere le meraviglie di questo straordinario territorio.

“Siamo entusiasti di portare la Costa dei Trabocchi a Torino – hanno detto i sindaci e gli amministratori dei nove Comuni – per questa importante iniziativa, che rappresenta un passo fondamentale per la promozione del nostro territorio“.

Le Amministrazioni Comunali che partecipano a questa esposizione sono unite nella volontà di far conoscere le bellezze naturali, culturali e gastronomiche della nostra costa. “Siamo convinti- ha spiegato il sindaco Enrico Di Giuseppantonio, coordinatore  dell’evento torinese-che, attraverso un lavoro di rete e una promozione mirata, riusciremo a far crescere il nostro brand turistico e a portare sempre più visitatori nella nostra meravigliosa regione.”




MONTESILVANO VIRA VERSO I GIOVANI

Crea un vero e proprio sistema integrato fatto di progetti e politiche ad hoc

Montesilvano,  21 novembre 2024. Una conferenza stampa, quella che si è svolta stamattina nella sala consiliare del comune di Montesilvano, alla presenza dell’assessore alle Politiche giovanili Alessandro Pompei, del consigliere Luca Ametta e della presidente dell’Azienda Speciale Sandra Santavenere, della referente del comune per le Politiche sociali Francesca Lupo e della presidente dell’ Associazione Formula Debora Donatone, per illustrare il percorso che l’amministrazione intende proseguire, sulla base delle strategie vincenti già sperimentate e condivise con altre città, per ampliare la propria operatività nell’ambito delle politiche locali rivolte ai giovani.

Partendo dai servizi offerti dall’Azienda Speciale alle politiche giovanili sostenute direttamente dall’ufficio comunale gestito dalla Lupo, in sinergia con l’associazione Formula, tutto è partito tre anni fa, dalla scelta condivisa di mettere al centro le esigenze e le richieste dei giovani, con una visione proiettata al futuro.

In questi anni, i giovani di Montesilvano sono stati protagonisti di progetti e iniziative a carattere locale, nazionale e internazionale, tali da ampliare le opportunità in termini di occupabilità, inclusione e crescita, adottando una visione di lungo periodo, con l’intento di porre ogni intervento in un quadro unitario chiamato “Sistema Giovani Integrato”.

Tra gli obiettivi che si pone il Comune, c’è il chiaro intento di offrire ai giovani percorsi che consentano un confronto diretto con realtà socioculturali europee ed extraeuropee e la capacità di capitalizzare l’esperienza acquisita nella gestione dei progetti rivolta ai suoi giovani, raccogliendo il bisogno manifesto di essere coinvolti attivamente nella vita sociale.

“Un percorso culturale e sociale che la città di Montesilvano ha avviato tre anni fa quando è entrata a far parte della Rete Città del dialogo, programma città interculturale del Consiglio d’Europa” ha affermato la presidente Sandra Santavenere.

“Una grande opportunità che ha dato la possibilità di confrontarsi con realtà molto più grandi e anche internazionali su temi come inclusione, sostegno ai giovani e cittadinanza attiva. Grazie all’adesione al progetto della Rete, l’amministrazione è stata in grado di introdurre strategie condivise con altre città e con risultati inaspettati, addirittura la città di Montesilvano è stata presa ad esempio e modello di altre realtà territoriali di gran lunga maggiori per dimensioni e densità di popolazione”.

La strategia adottata e che l’amministrazione intende portare avanti, consiste nel cogliere tutte le iniziative a carattere locale, nazionale e internazionale, portando avanti progetti collegati da un filo conduttore, sostenuti da un metodo.  La fine di un progetto diventa lo spunto per iniziarne un altro migliore, ad esso collegato. L’osservazione parte dal bisogno dei giovani del territorio, attraverso un approccio bottom-up, passando per la decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi, per mettere a sistema i vari progetti, in una visione di lungo periodo.

“Nessun progetto è dunque fine a sé stesso ma nel sistema integrato, diventa propedeutico e integrativo del successivo” – dichiara Francesca Lupo. 

Dal progetto nazionale “Diversamente giovani contro le discriminazioni” a cui hanno aderito anche Milano, Torino Pontedera e Reggio Emilia, si è passati al progetto internazionale “Divercities” che con Montesilvano, ha visto le città di Modena e Pontedera unirsi a Spagna, Portogallo e Grecia. Grazie poi al progetto nazionale “Bridge” sono nate attività di scambio  e visit study tra i minori stranieri non accompagnati dal progetto Sai di Montesilvano e i giovani di Ravenna, a cui poi ha fatto seguito il progetto internazionale “Ponti d’arte per l’accoglienza”, uno scambio tra i ragazzi del Sai di Montesilvano e 13 ragazzi palestinesi dell’associazione Home-Awe.

Nell’ottica di creare un sistema integrato per i giovani sul territorio e in accordo con la Mission dell’assessorato alle politiche giovanili gestito da Alessandro Pompei, il Comune di Montesilvano ha concluso il 31 ottobre, il processo di accreditamento come ente di servizio civile con il coordinamento del CESC Project. Il servizio civile coinvolgerà 30 giovani sia in progetti su Montesilvano presso i servizi gestiti dall’Azienda, sia all’estero: Colombia, Spagna e Belgio, mentre nel mese di maggio verrà esteso anche alla città tedesca di Lansthein, con cui la città di Montesilvano è gemellata da tempo.

“Il Servizio Civile Universale è inteso come strumento attraverso cui l’Amministrazione intende offrire ai propri giovani, opportunità di servizio che siano originali ed innovative nei contenuti, nelle modalità e nelle metodologie di realizzazione, nonché nelle varietà delle sedi di attuazione in Italia e all’estero. Tra amministrazione, Azienda e Associazione Formula – afferma l’assessore Pompei – l’obiettivo è capitalizzare l’esperienza acquisita nella gestione dei progetti rivolti ai suoi giovani: un processo di crescita personale e professionale”.

Dopo Divercities e Geo, tra i progetti portati avanti con l’associazione Formula guidata dalla presidente Debora Donatone, si annovera “Young@Workup” che prevede l’attivazione di due corsi. “Il primo riguarda un corso di operatore dei servizi congressuali e fieristici, rivolto a 10 ragazze alle quali verrà rilasciato un certificato riconosciuto dalla Regione – ci illustra Debora Donatone – Il secondo è un progetto che verrà portato avanti con 20 ragazzi dell’Istituto Alessandrini di Montesilvano nell’ambito delle PCTO, i quali realizzeranno percorsi tematici per imparare ad agire responsabilmente sul territorio e da cui usciranno azioni che poi saranno esplicitate nel prossima edizione del Pulpa Festival. Tra le altre cose, non poteva mancare un progetto destinato all’inclusione di 10 ragazzi con disabilità lieve che intraprenderanno un percorso di tirocinio scolastico con mentoring, per aiutarli ad inserirsi successivamente, nel mondo del lavoro”.

 Un piccolo spoiler rivelatoci proprio dall’assessore alle Politiche giovanili del Comune di Montesilvano Alessandro Pompei,  riguarda la bella notizia che nel mese di gennaio, l’amministrazione partirà con il progetto “Youth Work Montesilvano”, per la valorizzazione delle attività socio educative, e che mira a coinvolgere un gruppo di giovani sul tema dell’operatore giovanile – “youth worker” , utile a creare giovani protagonisti ed animatori dello spazio multifunzionale che il  sindaco De Martinis e gli amministratori auspicano di poter regalare presto ai giovani della città, dal nome “Freezone Montesilvano” e che rappresenterà l’avverarsi di un sogno ormai inseguito da tempo: quello cioè di dotare la città di un centro di aggregazione, dedicato esclusivamente ai giovani.




DA SANREMO A INFINITAMENTE

Nuovo singolo di Giuseppe Maria Bità

Roma, 21 novembre 2024. Infinitamente uscito il 16 Novembre in tutti gli store digitali è il nuovo singolo del cantautore abruzzese Giuseppe Maria Bità, vincitore del Premio Sanremo Christian Music 2023 al Sanremo Festival della Canzone Cristiana con la canzone Sono solo un uomo. Infinitamente è un pezzo molto orecchiabile, che denuncia il malessere di questa società ormai allo sbando, senza più regole, riferimenti, certezze, modelli di vita da imitare e dove regna soltanto tanta confusione mentale.

“Il mondo procede a passi lenti verso l’autodistruzione” secondo Bità. “Non ci sono più regole, cancellati tutti i valori morali di un tempo. Ognuno è ormai libero di fare tutto quello che vuole… perché tanto non c’è niente di male. Infinitamente prova senza giri di parole a dire le cose in faccia ed a mostrarci che mentre noi continuiamo solo a farci del male, c’è un Padre che soffre per noi e ci chiama per nome. Si per nome, perché lui ci ha voluto sin dal principio…e ci ama infinitamente”.

La canzone stupisce già al primo ascolto perché coniuga e fonde abilmente insieme il significato sacro del testo con la musica che quotidianamente tutti siamo abituati ad ascoltare nelle radio e nei mainstream, rendendo il tutto molto fruibile e mai pesante anche per chi liberamente ha scelto di non abbracciare la fede religiosa. È insomma una canzone per tutti e che non esclude nessuno.




SUL CULTO DI SAN BIAGIO IN ABRUZZO

[Introduzione di Franco Cercone, Sul culto di San Biagio in Abruzzo, pubblicata nel volume-inchiesta “San Biagio in Abruzzo tra storia, arte e tradizioni”, del Ministero Beni Culturali. Soprintendenza per il Patrimonio Storico Etnoantropologico per l’Abruzzo; Carabba Editore, Lanciano 2007.]

Gli studiosi abruzzesi – e fra essi soprattutto quelli che si interessano di religiosità popolare – non saranno mai abbastanza riconoscenti alla Soprintendenza Regionale per il Patrimonio storico-artistico ed etno-antropologico, per aver promosso un’inchiesta capillare sul tema “San Biagio in Abruzzo. Storia, Arte, Tradizioni”, svolta da un team di ricercatori operanti in seno alla stessa Soprintendenza Regionale ed i cui nomi sono riportati nel “Sommario” accanto agli argomenti trattati.

Nella Presentazione dell’opera, a cura di A. Imponente e R. Di Paola, appaiono già evidenziate le finalità della ricerca, assai complessa, che assume particolare importanza per l’Abruzzo.

San Biagio si presenta infatti come depositario di patronati ambigui e talvolta contraddittori, di cui il Santo vescovo armeno si arricchisce allorché il suo culto si espande lungo la via per l’occidente, ma non senza incontrare “resistenze”. Ancora oggi, per esempio, la figura di Biagio è ignorata dalla Chiesa ortodossa greca, che festeggia il 3 febbraio “San Simeone” cui è estraneo qualsiasi rituale preposto alla protezione della gola.

I patronati esercitati da San Biagio sono innanzitutto molteplici ed appaiono talvolta stratificati e sovrapposti – come avevano già rilevato alcuni Bollandisti e soprattutto H. Delehaje ne “L’ancienne hagiographie bizantine” – a quello primigenio della “protezione della gola da generiche affezioni”, per aver Biagio sottratto a morte certa per soffocamento un bambino al quale – narra la nota leggenda – una lisca di pesce rimasta conficcata nella gola impediva di respirare.

A questa primigenia leggenda di fondazione si aggiunge verso la metà del XIV secolo e soprattutto in Italia un ulteriore e più significativo patronato esercitato non nei confronti dei pastori, ma a favore delle comunità addette alla lavorazione della lana nelle antiche balchedas o “gualchiere”, per via appunto dello scardasso – l’attrezzo usato per “pettinare” la lana – mediante il quale il Santo avrebbe subito il martirio, anche se altre fonti lo vogliono morto per decapitazione.

Per quanto concerne la diffusione del culto in Abruzzo, l’area appunto che in tale sede interessa, sono significative le Bolle Corografiche del XII e XIII secolo pubblicate da Nunzio F. Faraglia nel famoso Codice Diplomatico Sulmonese (Lanciano 1888). In quella emanata da Clemente III nel 1188 non v’è quasi nessun paese posto fra l’area del Sangro e le Valli dell’Aterno e Tritana che non annoveri una chiesa dedicata a San Nicola di Bari, mentre solo due appaiono sub titulo Sancti Blasii, e precisamente a Bussi ed a Furca (Forca Palena), da cui forse il culto si espande in seguito nella sottostante Valle dell’Aventino. In un documento del XIII secolo pubblicato dal Celidonio nel IV volume de “La Diocesi di Valva e Sulmona” vengono confermate al Monastero di Santa Maria de Letto (Palena) tutte le chiese della Valle dell’Aventino fino a Turricella. Tuttavia, nessuna di esse, eccetto quella esistente in Furca, risulta sub titulo sancti Blasii, particolarità questa che per quanto concerne Palena si protrae fino al 1356, anno della memorabile visita pastorale del vescovo Francesco de Silanis nella Diocesi di Valva. Sicché in territorio valvense la più antica chiesetta rurale dedicata a San Biagio sembra essere una grancia del monastero di San Pietro de Lacu, fondato come è noto da San Domenico di Cocullo.

Di un’altra chiesetta dedicata a San Biagio e sita presso Porta San Salvatore, si ha notizia a Sulmona da alcuni documenti risalenti ai primi decenni del XIII secolo segnalati da F. Sardi de Letto e di cui parleremo in seguito. Essa aveva forse fin dall’inizio curam animarum e perderà il titolo di “parrocchia” a seguito della sua distruzione avvenuta in occasione del terremoto del 1706.

I pastori abruzzesi avevano dunque in San Nicola di Bari il loro nume titolare ed in questo fenomeno vistoso, caratterizzato dall’erezione di numerose chiese in suo onore, si coglie – sottolinea F. Sabatini – “l’eco di quell’importantissimo fatto storico che fu il trafugamento e la traslazione a Bari delle reliquie di San Nicola di Mira, avvenuta nel 1087 ad opera di un manipolo di marinai baresi”.

Labili sono anche i riferimenti cultuali nei confronti di San Biagio nel Contado teatino, che diventa dal 1273 Abruzzo Citra dopo la storica divisione del territorio da parte di Carlo d’Angiò in due Giustizierati, Citra et Ultra flumen Piscarie.

Dal “Regesto delle pergamene della Curia Arcivescovile di Chieti” di A. Balducci(vol. I, 1006-1400), contenente l’Inventario dei beni della Mensa arcivescovile teatina, risulta che nel 1323 oltre a quella notissima di Lanciano solo altre due chiese sono registrate sub titulo Sancti Blasii.

Questo particolare, aggiunto alla medesima situazione esistente nella diocesi di Valva e nel Teramano, induce a ritenere che nella nostra regione il culto di San Biagio, almeno ai primi decenni del XIV secolo, non fosse né diffuso e né collegato al fenomeno della pastorizia transumante.

La devozione per il vescovo di Sebaste subirà invece un notevole impulso ad opera dei ceti mercantili che iniziano ad organizzarsi nelle varie Arti, soprattutto in quella della lana, ovunque in rapida ascesa nei primi decenni del Trecento. Come scrive R. Colapietra, per limitarci ad un solo ed illuminante esempio, la nuova città di Aquila viene murata all’inizio del Trecento; ma  in occasione della traslazione del corpo di San Pietro Celestino, avvenuta come riferisce Buccio nella sua Cronaca nel 1327, la popolazione partecipò  commossa al grandioso evento ed in particolare “tucte le Arti annarovi, ciascuna con gran gente”, a dimostrazione del ruolo che tali corporazioni artigianali svolgevano in seno alla Civitas e fra esse soprattutto quella della lana, che assume come protettore San Biagio fin dalla sua istituzione.

L’Antinori (Annali, XI, 112), sottolinea al riguardo che nel 1315 “si compilarono in Capitoli gli Statuti della Città dell’Aquila” ed in un articolo in particolare si stabilisce che nei giorni di domenica e nella ricorrenza del Natale, della Pasqua ed altre determinate festività, fra cui San Biagio, quasi nume tutelare della Città, “niuno faccia lavori, né mercimoni di qualunque genere, purché non sia giorno di mercato….

Grandi furono i privilegi accordati dai re Ladislao e Renato all’Arte della Lana di Aquila, città dalla cui Piazza Grande – sottolinea C. Felice nella sua fondamentale opera “Ascesa e declino di un distretto manifatturiero” – si dipartiva una via detta significativamente “degli scardassieri”.

L’Arte, come ritiene A. Clementi nei suoi “Statuta Civitatis Aquile”, era stata già costituita nel 1331 e se ne ha conferma da un documento riportato dall’Antinori (Annali, XI, 307). In data 24 settembre di tale anno un allevatore di Pacentro vende infatti ad un cittadino aquilano 2.800 “velleri”, da cui si otteneva la “lana cordesca” delle “pecore carfagnine” da lavorare nella stessa Aquila, il che lascia supporre l’assenza nello stesso periodo di ogni corporazione di settore nell’area della Maiella ed in particolare in quella peligna.    

Degno di nota è quanto riferisce ancora l’Antinori nei suoi Annali (XV, 39) e cioè che  i Consoli dell’Arte della lana duravano in carica quattro mesi ed agli atti e documenti da autenticare essi apponevano “il sigillo dell’Arte, nel quale era scolpito l’Agnus Dei..” e non – come era forse da aspettarsi – la figura di San Biagio, anche se l’Agnello di Dio costituiva una immagine che richiamava meglio sotto l’aspetto semantico l’origine di una Corporazione che fondava la propria ricchezza sul  valore della  pecus, da cui  il termine latino pecunia.

I mercanti della Patria di Ovidio, sottolinea G. Pansa nel noto saggio “Le relazioni commerciali di Sulmona con altre città d’Italia durante il secolo XIV”, si regolavano invece in materia di commercio “secondo gli usi e le consuetudini dei luoghi e questo lascia supporre che in Sulmona non esistessero, come in altri luoghi, corporazioni mercantili coi propri Statuti e propri Consoli”.

Gran commercio  e produzione di zafferano, di seta, di panni, specie quelli  sottoposti  “a tintura”: ciò attestano i numerosi documenti oggi conservati nell’ Archivio di Stato di Sulmona e non una corporazione attiva nell’ambito dell’Arte della Lana, la cui istituzione – ci dice il Faraglia nel prezioso Documento CCXCVII del suo Codice Diplomatico Sulmonese – viene raccomandata in data 24 maggio 1489, e dunque in tardo periodo, da un decreto della regina Giovanna d’Aragona:  “…volimo et ordinamo che debeate introducere lo exercitio de dicta Arte”, trasmesso al Capitano ed all’Universitas di Sulmona.

Tuttavia, questa attività, legata pur sempre all’industria armentizia, non sembra aver determinato dal XVI secolo in poi un incremento del culto di San Biagio, che resta comunque uno dei santi appartenenti al pantheon devozionale sulmonese e patrono dell’Accademia degli Agghiacciati, che si riunisce ogni anno il 3 febbraio. Nella Città di Ovidio, ricorda inoltre E. Mattiocco, è esistita solo una chiesa di modeste dimensioni sub titulo Sancti Blasii; era sita nei pressi del Palazzo dell’Annunziata (non, dunque, presso Porta San Salvatore, come scrive il Sardi de Letto) ed è documentata fin dai “primi decenni del Duecento”.

Nell’estendere lo sguardo alla straordinaria figura del Santo vescovo di Sebaste, occorre soffermare la nostra attenzione su alcuni aspetti già messi in luce da H. Delehaye ne L’ancienne hagiographie bizantine. Nella sua fase di passaggio – specie lungo la via Egnatia – dall’area balcanica a quella dell’Europa occidentale, i racconti agiografici su San Biagio ed altri santi “rivelano ben poche testimonianze autentiche e credibili, dal momento che la maggior parte di essi fu scritta molto tardi, quando dei martiri rimaneva soltanto il ricordo del nome”, mentre il loro culto, adattato ad esigenze locali, rivelava una religiosità spesso “ambigua” ed attinta addirittura, come l’episodio della lisca di pesce nel racconto agiografico di San Biagio, dal corpus dei “miracoli” operati da Esculapio.

Lo ha dimostrato di recente anche una illustre medievalista, A. Acconcia Longo, in “Vite, passioni, miracoli dei Santi”, un corposo saggio contenuto nella fondamentale opera dal titolo La cultura bizantina. È il caso per esempio – non abbastanza noto – del paralitico al quale i santi Cosma e Damiano prescrivono come cura di “violentare una donna muta, che si metterà ad urlare, facendo scappare di corsa il paralitico”. In tal modo i due Anargiri, al cui culto in area balcanica e soprattutto nel loro Cosmidion a Costantinopoli sono estranei sia il “sedano” che le disfunzioni sessuali, hanno conseguito ut mos erat una doppia guarigione.

Mancano inoltre in area bizantina riferimenti al patronato galattogeno di Sant’Eufemia mentre per quanto concerne San Biagio, aspetto questo decisamente rilevante, non risulta nelle aree montuose -in cui si esercitava in particolar modo la pastorizia e l’attività di trasformazione della lana – alcun riferimento protettivo nei confronti degli addetti alla scardassatura. E non solo nei territori balcanici e caucasici ma anche in altre aree, come si evince da quelle particolari ed importanti testimonianze devozionali che sono appunto i santini

Nell’Europa occidentale sia i santini stampati fin dalla prima metà del ‘500 dai fratelli fiamminghi Wierix che quelli tedeschi prodotti nella Germania meridionale, giungevano – come scrive V. Pranzini nella sua  Storia breve del Santino – fino alla Russia, grazie “a stuoli di venditori ambulanti provenienti da villaggi di povere valli alpine”, i quali avevano anche l’importante compito di  riferire al loro ritorno eventuali “varianti” su culti già conosciuti, oppure particolari e poco noti patronati esercitati in loco dai vari santi, al fine di aggiornare la produzione dei santini sotto l’aspetto protettivo e devozionale ed agevolarne la vendita.

Per quanto concerne San Biagio risultano predominanti nei Paesi dell’Europa orientale le immagini in cui il Santo vescovo è ritratto accanto a fanciulli con due candele incrociate sulla gola, mentre è assente ogni riferimento al martirio subìto secondo il racconto agiografico mediante lo scardasso.

L’assenza in area mitteleuropea di ogni riferimento iconografico allo scardasso è senz’altro illuminante e contrasta con quanto avviene di norma nel culto di molti Santi, raffigurati con lo strumento del loro martirio (per esempio S. Apollonia con le tenaglie con cui le furono strappati tutti i denti, S. Caterina con la ruota ecc.) oppure con gli organi del corpo che subirono il martirio, come per esempio Santa Lucia e Sant’ Agata, le cui immagini presentano rispettivamente, oltre alla “palma”, gli occhi e i seni  evidenziati di solito nei dipinti e negli stessi santini in un piccolo vassoio sorretto dalle stesse Martiri.

Ascritto in area bizantina alla categoria dei Santi anargiri ed in quella mitteleuropea fra i 14 Santi Ausiliatori (Vierzehn Nothelfer), San Biagio si arricchisce tuttavia con il trascorrere del tempo di particolari patronati che nel mondo protestante e soprattutto nella liturgia della chiesa evangelica appaiono non di rado sorprendenti e contraddittori. Nel X secolo, scrive per es. A. Di Nola, San Biagio risulta nel Manoscritto 111 di San Gallo “protettore dei porci” (dunque di animali indispensabili alla famiglia rurale ma pur sempre “voraci”) insieme a San Giovanni Battista e San Martino, godendo presso le popolazioni rurali che vivevano ai margini dei boschi e nutrivano i suini con le ghiande di una particolare devozione sostituita più tardi da quella per S. Antonio Abate e diffusa dagli Antoniani.

Ad un ambito mitteleuropeo e non armeno, come dimostrano anche i primi santini, sembra doversi ascrivere pertanto l’episodio agiografico del lupo, che su intercessione di San Biagio riconsegna ad una povera donna un maialino catturato dal famelico animale, “re della steppa e dei boschi”. L’episodio da un lato conferma l’importanza dell’allevamento dei maiali nel mondo rurale europeo, già evidenziata in particolar modo dal Duby e soprattutto da A. Di Nola ne “Gli aspetti magico-religiosi di una cultura subalterna italiana”, e dall’altro offre la possibilità di ascrivere San Biagio alla schiera dei Santi (soprattutto benedettini, come S. Domenico di Cocullo, S. Amico, S. Franco di Assergi, S. Guglielmo ecc.) definiti “domatori dei lupi e delle fiere”.

 Quest’ultimo aspetto, presente nei racconti agiografici sorti e diffusi in particolar modo in aree cattoliche mitteleuropee, sembra confermare un antico patrocinio di San Biagio sugli animali, specie quelli “da cortile” assai importanti per la vita dei ceti rurali, esercitato come si è detto prima della diffusione in Europa dell’ordine degli Antoniani.

Queste remote connessioni cultuali fra S. Antonio Abate e San Biagio, il quale aveva un proprio altare (il più antico forse in Abruzzo) nell’Abbazia di San Clemente a Casauria, residuano in alcune inchieste ed in particolare in quelle condotte nell’area del medio corso del Pescara, dove non a caso    San Biagio era ritenuto – ancora nei primi decenni del ‘900 – protettore degli animali domestici e da cortile.

Il valore apotropaico dei vari pani (sui quali ha indagato G. Di Matteo) mangiati a devozione di San Biagio e confezionati nelle varie forme e denominazioni locali, dalle panicelle di Taranta Peligna (citati da E. Stinziani), alle ortali della Marsica (descritte da G. Palma) fino alle diverse tipologie delle ciambelle o del ciambellone di Bussi sul Tirino, si proietta così – come nel caso dei pani di S. Antonio Abate e di altri Santi – anche nei confronti degli animali, soprattutto equini e bovini, che svolgevano un ruolo importante nell’ambito dell’economia contadina.

D’altro canto la destinazione dei pani di San Biagio agli animali ed in special modo alle mucche affinché producessero più latte, è assai documentata nei Sinodi Diocesani del XVII secolo ed in particolare due studiosi, C. Corrain e P. Zampini, hanno accertato in una importante ricerca dal titolo Documenti etnografici e folkloristici nei Sinodi Diocesani italiani anche l’uso di pani “in forma della placenta della Madonna”, che venivano confezionati e mangiati devotamente nella ricorrenza della Immacolata Concezione.  

Secondo una Passio del VI secolo Biagio, medico e vescovo di origine armena, subisce come sembra il martirio nel 316 con un grosso pettine di ferro, lo scardasso appunto, che diventa come si è detto una vera e propria leggenda di fondazione per i cardatori che operano nei Paesi cattolici nell’industria e nella trasformazione della lana. Essi appaiono liberamente riuniti in associazioni artigiane le quali – sottolinea C. Felice – “solo nei centri più grandi assurgevano al rango di corporazioni nel senso medievale del termine”.

Dai più antichi documenti etnografici ed agiografici risulta tuttavia che la figura di San Biagio si carica di patronati e “segnali” diversi nel corso della sua diffusione nei Paesi dell’Europa occidentale e che nell’ambito di ciascuna area geografica il culto si presenta fortemente storicizzato e frantumato in un mosaico devozionale, la cui lettura non sempre risulta agevole allorché si tenta una sua decodificazione ed interpretazione.

R. Beitl, che si è interessato del culto in area tedesca, conferma che già nel VI secolo il nostro Santo veniva invocato in area mitteleuropea contro il mal di gola, ma non si dilunga sull’origine di tale leggendario patronato, scaturito forse in ambienti curiali ed ecclesiastici che si sono ispirati al noto racconto agiografico, in base al quale è la madre che prega vivamente San Biagio affinché estragga dalla gola di un bimbo una spina di pesce che minacciava di soffocarlo.

Ciò che appare interessante nel fenomeno della diversificazione e localizzazione degli aspetti agiografici è quanto sottolinea il Wörterbuch der deutschen Volkskunde in merito al culto di San Biagio in Austria e nella Germania Meridionale, dove già nel XII secolo, come rileva anche H. Delehaye, emergono “motivi leggendari” del tutto estranei alla tradizione della Chiesa bizantina.

Nei Laender cattolici tedeschi, Biagio è considerato infatti protettore degli animali domestici (Haustiere) e tale patronato, esclusivo, si sarebbe protratto fino al XII secolo allorché si comincia a registrare in tutta l’Europa occidentale la diffusione dell’ordine degli Antoniani.

Tuttavia R. Beitl riferisce che gli animali da cortile, rituale questo estraneo agli Antoniani ed ancora diffuso in alcuni villaggi della Germania centro-meridionale nella prima metà del Novecento, venivano nella ricorrenza di San Biagio simbolicamente “strozzati” e guariti con la cera benedetta il 3 febbraio, la qualcosa è apparsa a F. Boehm “un rite de passage” applicato anche agli animali da cortile. Questa ipotesi viene ribadita anche da H. Delehaje ne Les légendes hagiographiques, allorché il grande Bollandista sottolinea la forte “localizzazione” degli Acta relativi sia al Santo vescovo armeno che ad altri determinati Santi.

In Tirolo San Biagio è per esempio il patrono degli agenti atmosferici e soprattutto del vento, perché al verbo blasen (soffiare) si riconnette la derivazione del nome Blasius e perciò il Santo, specie nell’Europa settentrionale, è assurto a patrono dei mulini a vento, dei mugnai nonché dei suonatori di strumenti a fiato (Blaeser).

Non meno interessante, nell’ambito del fenomeno della “localizzazione”, appare la derivazione del nome Biagio dall’aggettivo blasius, il quale – ricorda E. Giancristofaro – significa in latino “balbuziente” e pertanto San Biagio era per evidenti motivi anche il protettore degli avvocati.

La fine dei venti impetuosi è indice un po’ ovunque in Europa della fine dell’inverno, la quale – come si crede – è da ricollegarsi proprio al dies natalis di Biagio, cioè al 3 febbraio:

                                     “Der heilige Blasius (lett.: Il Santo Biagio)

                                     macht den Winter lus” (caccia l’inverno).

Questa credenza, collegata alla prima settimana di febbraio, è confermata d’altro canto in diverse aree italiane da un detto assai comune ed espresso con valore paremiologico nei vari dialetti:

                                     Alla Candelora

                                    dall’inverno siamo fuori.

Agli aspetti devozionali, comunque noti, fanno riscontro tuttavia alcune simbologie che s’impongono alla nostra attenzione per la loro peculiarità e lasciano insorgere il dubbio che esse costituiscano residui di miti antichissimi confluiti nel culto di San Biagio e caduti in disuso con il trascorrere del tempo. È quanto suppone a giusto titolo I. Di Nardo a proposito dell’unzione della gola mediante una penna di gallina o di colomba, rituale che le inchieste definiscono ormai “desueto” e quasi in via d’estinzione, perché oggi la sacra unzione viene effettuata per lo più con le dita da parte del sacerdote officiante.

Le “penne” hanno sempre costituito – come ricorda opportunamente P. Furia nel suo “Dizionario iconografico dei Santi” – il “simbolo d’elevazione dalla terra al cielo”. Sicché l’attributo iconografico ed “individuante” di molti santi, da Santa Colomba di Sens, la quale invece della palma ha per simbolo del suo martirio una penna di pavone, fino ai santi vescovi ravennati “colombini”, eletti da S. Apollinare in poi su indicazione di una miracolosa colomba, è stato per qualche tempo una penna di colomba. Per tacer poi del fatto che in molti quadri ed affreschi relativi al mistero della Trinità è presente una “colomba, che simboleggia la luce del Padre” oppure “lo Spirito Santo”.  

La ricerca promossa dalla Soprintendenza ed affidata ad un gruppo di studiosi, decisamente encomiabili per i risultati conseguiti, va considerata dunque un fondamentale lavoro di rilevamento sia degli aspetti cultuali, che residuano in un’epoca di desacralizzazione dell’uomo e dell’ambiente, che di sintesi fra le varie localizzazioni cultuali.

Attraverso un’indagine storico-documentaria ed una ricerca “sul campo” gli Autori dell’inchiesta sono riusciti a ficcar lo viso a fondo nella complessa devozione di San Biagio che si presenta ancora viva in Abruzzo non solo nei centri posti lungo le direttrici o i segmenti tratturali, ma anche nell’immediato entroterra della fascia adriatica. Il racconto su San Biagio registrato dal De Nino ad Ortona ed apparso nel IV volume degli Usi e costumi abruzzesi (1883) costituisce per esempio un episodio illuminante dello “sdoppiamento della figura del Santo”, il quale trasferisce tutti i suoi poteri taumaturgici su ogni persona umile, purché devota, dato che – ricorda il De Nino – “il divoto di San Biagio può fare da medico”.

Il “responsorio” di Ortona risulta inoltre di particolare interesse perché ascrivibile alla cosiddetta tipologia “a scalare”, in cui dal magico numero nove (tre volte tre) contenuto nel primo verso:

                                                 Sante Biasce, de nove fratelle,

si perviene all’ultimo in cui resta solo San Biagio, per intercessione del quale l’operatore produce l’eliminazione di grumi, nodi e comunque di qualsiasi sostanza che possa ostruire la gola ed impedire di respirare.

Il “responsorio”, che agisce in via preventiva ed in funzione apotropaica, è accompagnato da uno strofinamento votivo della gola mediante il pollice e l’indice, ma un tempo il rituale si svolgeva forse con una piuma di gallina o di colombo. Sono frequenti infatti i casi, come accertato per esempio a Vittorito (Aq.), in cui alla tradizionale unzione mediante la “piuma di gallina” (in mancanza di quella di colomba) si è sovrapposta su iniziativa del clero locale l’unzione della gola con le dita oppure con la candela intinta nell’olio benedetto, nel tentativo forse di ovviare ad un cerimoniale che si svolgeva nei secoli passati in un modo decisamente diverso e di cui non si riusciva a comprendere le complesse funzioni. Pregna com’è di sincretismi magico-religiosi e di riferimenti alle virtù curative dell’olio, l’unzione della gola mediante una piuma non sembra infatti scaturire da motivi igienici, preposti ad evitare durante il cerimoniale dell’unzione che tracce d’olio restino sulle dita del sacerdote celebrante. Ma v’è di più.

Il patronato di San Biagio contro il mal di gola viene ricondotto come si è detto ad un miracolo compiuto dal Santo nei confronti di un bambino che correva il pericolo di morire soffocato a causa di una lisca di pesce. Secondo H. Delehaje tale leggenda, che sarebbe stata diffusa in occidente soprattutto dai monaci basiliani, non trova riscontri se non in fonti agiografiche tarde che rivelano anche un aspetto “inedito”, cioè la ricerca affannosa di presunte reliquie del Santo, la quale ha dato luogo in seguito alla formazione di leggende diffuse a bella posta dai vari ordini religiosi e pregne anche di blasone popolare.

La più nota è certamente quella di Maratea, dove le reliquie di San Biagio – secondo uno schema agiografico tipico e ben messo in luce da G. Profeta – pervengono nel 732 a seguito del naufragio della nave che doveva trasportarle al porto di Ostia ed infine, attraverso il Tevere, a Roma. Come in casi analoghi, il naufragio viene interpretato un segno della volontà di San Biagio, il quale preferisce che le sue reliquie restino a Maratea e non siano trasportate a Roma.

Non meno interessante è la diffusione del culto di San Biagio a Penne (Pescara), città vestina di cui il Vescovo di Sebaste è Protettore insieme a San Massimo.

Qui il racconto agiografico è ben evidenziato da M. C. Semproni, ma la rappresentazione delle rivalità fra Domenicani e Minori conventuali trova in fra’ Serafino Razzi un osservatore eccezionale allorché il dotto Domenicano soggiorna a Penne nella primavera del 1586.

Il Razzi testimonia l’esistenza in loco di una confraternita, chiamata Compagnia di San Biagio, e soprattutto l’uso di confezionare da parte dei fedeli nella ricorrenza del 3 febbraio  una grande  “quantità di bucciatelli o vero Taralli o pane”, un pane che pur “conservato molti anni mai si corrompe, o muffa.” ;  la qual cosa – conclude il Razzi – “si dee a miracolo ascrivere”.

Sul generale potere apotropaico del pane, confezionato in onore di San Biagio e di altri determinati santi in occasione delle rispettive festività, il Razzi ci offre una delle prime testimonianze in area abruzzese della confezione di pani votivi, ma con qualche particolarità degna di rilievo. Questo “pane” infatti veniva mangiato devotamente, scrive il Razzi, da coloro che avevano “male alla gola o testa” e quest’ultimo patronato contro il mal di testa, esercitato in Abruzzo anche da santi “non decollati”, come per esempio S. Urbano a Bucchianico e S. Colomba ad Isola del Gran Sasso, si deve al fatto – sottolinea B. Carderi, il quale ha curato i Viaggi in Abruzzo del Razzi – che San Biagio “subì il martirio della decapitazione all’epoca di Licinio (307- 323)” e non – come affermano numerosi racconti agiografici – mediante lo scardasso, attrezzo che costituisce come è noto un costante riferimento iconografico del Santo nella religiosità popolare abruzzese.

A Penne, sottolinea ancora il Razzi, si conserva “la sacra Testa” del santo vescovo di Sebaste, che era stata sottratta a Ragusa – “la Repubblica di San Biagio”- da due monaci di Penne appartenenti “uno all’Ordine di San Domenico e l’altro ai Minori”.

Su tale episodio leggendario fra’ Serafino Razzi stila addirittura, mentre soggiornava nel 1586 a Penne, una “Relazione sincera della venuta nella Chiesa di San Domenico di Penna della venerabile Testa di San Blasio Martire”, la quale decisamente non reclama commenti…

La “guerra” fra i vari ordini religiosi e fra diversi santuari per il possesso di presunte reliquie autentiche (e con il conseguente richiamo di folle di pellegrini sempre generosi in fatto di offerte…) è un argomento troppo noto e sul quale non conviene soffermarsi, anche perché in passato questo fenomeno ha dato luogo a vicende grottesche su cui solo in rare occasioni la Curia Romana è stata costretta ad intervenire per dissipare dubbi e restaurare certezze.

Ricorderemo in proposito solo un episodio. Scrive G. Profeta che papa Pio VI, al secolo Giannangelo Braschi, dopo la sua elezione al Soglio di Pietro avvenuta nel 1775, restò impressionato dal grande numero di denti di Sant’Apollonia, venerati nelle chiese e nei vari santuari italiani ed europei per il loro supposto patronato antiodontalgico. Pertanto, egli ordinò che tutti questi denti fossero portati a Roma e dopo aver constatato che avevano raggiunto l’incredibile peso di 3 kg., ordinò che fossero messi in un “bauletto” e gettati nel Tevere!

A parte le incertezze sulle presunte reliquie, disseminate un po’ ovunque nelle nostre chiese e mai elevatesi – a differenza di quella di Ragusa – a livello di “santuario”, vi sono forti dubbi sulla vita di San Biagio, già evidenziati del resto dai Bollandisti, malgrado notevoli contributi scaturiti – specie per l’area abruzzese – da una mostra organizzata nel febbraio di quest’anno a Castiglione a Casauria da A. Varrasso sul tema San Biagio nella storia.

Una “storia” che a ben osservare sembra fortemente influenzata dai fantasiosi racconti di Jacopo da Varagine e dalle immagini contenute in un codice miniato del XIV secolo conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana, le quali tuttavia costituiscono solo alcuni tasselli del variegato mosaico cultuale che emerge dalle interessanti inchieste sul campo condotte in Abruzzo.

Fra le suddette immagini più che la tela seicentesca dell’Adorazione dei pastori, serbata nella chiesa di San Marco a Castel del Monte (Aq.), è il quadro ad olio settecentesco conservato a Scoppito (Aq.) nella chiesa di San Bartolomeo e dal titolo San Biagio e Sant’Antonio Abate, sul quale si vuol fortemente richiamare l’attenzione.

Non sono poche, infatti, le immagini che mostrano i due Santi venerati nella stessa chiesa e quasi soggetti ad identico culto soprattutto per la protezione assicurata agli animali, esposti durante le fiere che avevano luogo un po’ ovunque nei nostri paesi nella ricorrenza del 3 febbraio e nel corso delle quali – particolare questo assai significativo ed evidenziato nell’inchiesta di R. Carretta – venivano acquistati i maialini da allevare durante l’anno.

In tale giorno, tuttavia, v’era un aspetto particolare che contraddistingueva la festa di San Biagio da quella di Sant’Antonio Abate, assai temuti dai ceti rurali insieme a San Sebastiano in caso di violazione di norme rituali codificate, donde il detto assai comune in Abruzzo: Guàrdete da lu Varvùte (S. Antonio), da lu Furzùte (S. Sebastiano) e da lu Garzarùte (S. Biagio), protettore del “gargarozzo”, cioè della gola.

Dalla attenta ricerca di F. Balassone, condotta nei centri dell’Aquilano, si evince che la ricorrenza di San Biagio, in ricordo forse del miracolo della lisca di pesce sottratta alla gola di un fanciullo, era anche la festa  dei bambini cui si donavano vari dolciumi, fichi secchi ed arance, quest’ultime con valore primiziale come nella festività di S. Antonio Abate a Collelongo: una festa di Epifania posticipata dunque che veniva a coincidere con la rifondazione dell’anno agrario nei primi giorni di febbraio, quando appunto secondo il calendario del mondo rurale “dall’inverno siamo fore”.

Inoltre – e questa appare la particolarità più interessante – la Balassone ha rilevato a Vittorito l’esistenza di un tradizionale e pantagruelico banchetto familiare ancora in uso, secondo una anziana contadina del luogo, negli Anni Cinquanta del ‘900 e nel corso del quale i partecipanti recitavano una breve strofa votiva dal valore liberatorio, come se si trattasse – secondo il pensiero di M. Elide – di un rito di “rifondazione del tempo” per il Nuovo Anno agricolo, con riscatto delle  tensioni accumulate durante l’inverno:

                                               Sante Biasce scé rengraziate,

                                               ce facemme ‘na magnate

                                               de pane bianche e macccarune

                                               queste è la magnate de je cafiune.

Di rilevante interesse risulta nella strofa l’accenno al “pane bianco” ed ai “maccheroni”. Il primo è stato infatti e da sempre il simbolo della distinzione fra l’alimentazione dei poveri e dei ricchi, l’estremo desiderio di chi, in procinto di morire, voleva assaggiare – forse per la prima volta nella sua vita – il pane bianco dei “signori”, somministrato quale lugubre viatico prima del grande viaggio.

A tal riguardo vanno ricordate due espressioni che sopravvivono nei vari dialetti nella cultura popolare abruzzese per indicare chi è moribondo: l’hanne misse a pane bianche, oppure a pane de grane. Entrambe sono pregne di esistenziale drammaticità, documentata per le popolazioni del regno di Napoli nella famosa Statistica Murattiana del 1811. I redattori delle varie Province abruzzesi sottolineano nelle loro inchieste promosse da G. Murat anche la “preziosità” e la rarità dei maccheroni, i quali facevano la comparsa sul desco dei ceti rurali solo nei momenti più importanti del ciclo dell’uomo e dell’anno. Tant’è che ancora oggi a Cansano (Aq.) i maccheroni vengono chiamati la pasta delle nozze, a conferma della loro rarità documentata in periodo post-unitario anche dalla famosa Inchiesta Jacini.  

San Biagio appare dunque nella strofa rilevata a Vittorito come un santo dell’abbondanza. Questo aspetto non costituisce una novità, ma rappresenta invece la continuità di una tradizione, poco studiata in realtà, che si è mantenuta sempre viva nel mondo rurale, afflitto dal problema della fame e perennemente a contatto con “il tesoro della povertà”. Egli, per esempio, viene invocato in un antico documento da alcuni mandriani affinché le loro gole – come ci informa Vittorio Lanternari in Medio evo e campagna – non fossero mai esenti dal “passaggio del cibo”.

Una particolare gola è costituita anche dalla bocca del forno dove si cuoce il pane e dall’interessante indagine condotta da F. Giuliani, M. Grilli e A. Valerii  risulta pertanto che in molti centri del Teramano i forni vengono benedetti dal sacerdote officiante nelle prime ore del mattino del 3 febbraio e tale “benedizione” si estende  non solo a tutti i prodotti “sfornati” nella giornata, soprattutto ai taralli, ma anche ai negozi di generi alimentari dove essi vengono condotti per la vendita. Ma vi sono altre importanti “gole”, come appunto le “porte” delle città, che meritano una pur breve menzione.

Se infatti le immagini di S. Antonio da Padova (non quelle di S. Antonio Abate!) proteggevano dal fuoco i centri urbani ed erano affrescate in funzione protettiva nelle lunette o nelle edicole votive, le candele di san Biagio venivano poste alle porte delle cinte murarie affinché l’afflusso delle derrate alimentari, indispensabili per il nutrimento dei devoti abitanti, non venisse mai a cessare.

Nell’ambito della struttura urbanistica medievale le chiese dedicate a San Biagio – fenomeno questo tipicamente italiano – venivano edificate dunque per tradizione nei pressi delle porte cittadine. Queste assumevano pertanto lo stesso nome del Santo vescovo e venivano considerate le gole di ogni comunità, come le piazze e le strade ne erano rispettivamente il cuore e le arterie, nell’ambito di una concezione che equiparava la funzione degli organi del corpo umano a quella delle strade e delle piazze in seno al tessuto urbano.

Questa funzione apotropaica svolta dalle “candele di San Biagio” si arricchisce così di inquietanti e contraddittorie simbologie che hanno modo di manifestarsi soprattutto nella nostra epoca.

Al rito della protezione della gola, cui nel giorno di San Biagio si sottopongono devote comunità che, pur fra tanti problemi, non avvertono il dramma della fame, si contrappone infatti una umanità dolente fatta di extra-comunitari e comunque di poveri che vivono ai margini della nostra società e che non di rado notiamo accasciati davanti al sagrato delle chiese, mentre invano tendono verso di noi le loro mani in cerca se non di un aiuto materiale almeno di pietà cristiana.

Per questi derelitti, che indossano il perenne vestito della povertà, madre della fame, la benedizione della gola deve apparire un rituale decisamente incomprensibile, se non superfluo e grottesco.

Sicché non a caso nella preghiera contenuta in un santino, recentemente stampato a Cappadocia (Aq.), si invoca il patrocinio di San Biagio non solo “per tutti i mali di gola, ma specialmente per dominare il vizio della gola” ed effettuare così una ingenua e fittizia ridistribuzione del cibo fra ricchi e poveri. Ma de hoc satis. Quelle che abbiamo riferite sono infatti solo alcune fra le numerose considerazioni che suscita il Saggio-inchiesta promosso dalla Sovrintendenza Regionale per il Patrimonio etno-antropologico dell’Abruzzo. Per gli altri aspetti, assai interessanti, che fanno di Biagio un Santo latore di un messaggio decisamente attuale ed inquietante per la nostra società, si fa rimando alla lettura del volume, il quale costituisce – giova sottolinearlo – una indagine condotta con rigore scientifico ed un saggio etnografico pregno di stimoli, che non mancherà di affascinare il lettore.

Franco Cercone  




CONCORSO INTERNAZIONALE DI CANTO M. CANIGLIA

XXXVIII^ Edizione: Sulmona 21 – 24 novembre 2024

Sulmona, 21 novembre 2024. Da oggi, giovedì 21 novembre, presso il Teatro Comunale M. Caniglia, avranno inizio le selezioni per il Concorso Internazionale di Canto Lirico dedicato al soprano abruzzese e giunto alla sua 38ª Edizione. La giuria composta da personalità del mondo della lirica italiano ed europeo, sarà presieduta dal soprano Giovanna Casolla che ha accettato quest’anno l’incarico. Sostituisce Cecilia Gasdia che lo ha ricoperto per due edizioni e che, come veterana tra i giurati, con 12 edizioni alle spalle, mantiene la carica di Presidente Onorario. I componenti della giuria 2024 si riconfermano Mauro Gabrieli, Direttore Area Artistica, Casting e Programmazione al Teatro Comunale di Bologna, Daniel Serafin Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Steinbruck (Austria) , già presenti in giuria nella precedente edizione, mentre si aggiungono quest’anno due nuovi giurati: Elena Rizzo, Area Casting del Teatro Petruzzelli di Bari e Marc Clemeur, Amministratore  Gémeration Opéra di Parigi.

La nuova Presidente di Giuria, il soprano Giovanna Casolla napoletana doc, diplomata al Conservatorio San Pietro a Majella debutta al Festival dei Due Mondi diretta dal M° Nino Rota per la prima mondiale della sua opera “Napoli Milionaria” con la regia di Eduardo De Filippo. In proposito lei afferma: “Questa esperienza mi è rimasta nel cuore e  mi ha dato tutto. Quello che mi ha insegnato Eduardo nessun regista al mondo me l’ha più dato. Mi ha tirato fuori tutto quello che avevo”. Nella sua lunga e straordinaria carriera, da vera fuoriclasse, Giovanna Casolla è stata  Tosca per 560 volte e Turandot per altre 500. Il critico Giancarlo Landini l’ha definita“Turandot di riferimento degli ultimi decenni”. Non a caso Zubin Metha l’ha voluta protagonista nella fastosa edizione dell’opera di Puccini nella Città Proibita di Pechino con la regia di Zhang Yimou.

Quest’anno sono state 70  le domande di partecipazione arrivate alla Segreteria del Concorso Caniglia, 63 quelle accettate. I partecipanti, di  14 nazioni di origine, sono principalmente di Corea del Sud (20  iscritti), seguono Giappone, Cina, Russia e Ucraina, Slovacchia, Polonia, Georgia, Lituania, Kazakistan, Israele, Francia e Germania. L’Italia è rappresentata da 14 giovani cantanti, principalmente voci femminili (8 soprani e 2  mezzosoprani).

Le prove eliminatorie, suddivise in due giornate, porteranno alla semifinale di sabato con la scelta dei concorrenti che si sfideranno poi sul palcoscenico domenica 24 novembre, alle ore 17.30 alla presenza del pubblico e accompagnati al pianoforte, come di consueto, dal M°  Leonardo Angelini. La Giuria,  a conclusione delle esibizioni dei finalisti, e dopo una breve riunione, renderà nota la classifica dei vincitori della XXXVIII Edizione del Concorso Internazionale di Canto”Maria Caniglia”. 

La serata condotta dalla giovane pianista e influencer veneta Giulia Vazzoler, si concluderà con la consegna ufficiale dei premi ( 4.000, 2.500 e 1.500 euro ) alla terna vincente.

Fondato  nel 1984 il Concorso di Canto M.Caniglia è una realtà importante, una vetrina per tutti i giovani cantanti. Organizzato dall’Associazione Musicale Maria Caniglia, di cui è Presidente Vittorio Masci e Direttore Artistico  il M° Gaetano Di Bacco, rappresenta un fiore all’occhiello per la città ovidiana e, a 40 anni dalla fondazione, continua a svolgere un ruolo di trampolino per le voci nuove della lirica internazionale.

Personalità di spicco nel mondo della musica hanno fatto parte delle giurie delle passate edizioni: da Teresa Berganza a Donald Sulzen, Fiorenza Cossotto, Francesco Ernani, Gianni Raimondi, Giorgio Vidusso, Giulietta Simionato, June Anderson, Magda Olivero, Nagatake Yoshiyuky,  Renato Bruson, Enzo Dara, Luis Alva e Wilma Lipp.

I  concorrenti, provenienti da tutto il mondo, sanno di partecipare  ad una competizione seria e trasparente, ma anche ad una vera audizione, che consente loro di essere ascoltati o segnalati ai direttori artistici di importanti teatri italiani ed europei (come la vincitrice dello scorso anno, subito ingaggiata dall’Arena di Verona).Per molti dei vincitori ha segnato l’ inizio di  una luminosa carriera. Nell’albo d’oro del Premio si leggono nomi di  talenti, allora emergenti, divenuti poi protagonisti nei più grandi teatri lirici. Al concorso (inizialmente riservato alle voci femminili) sono ammessi da tempo tutti i registri di voce, di tutte le nazionalità.

La manifestazione  è promossa da Ministero della Cultura,  Regione Abruzzo, Comune di Sulmona, Fondazione Carispaq e BCC di Pratola Peligna, Lions e Rotary Club.

Brevi Note

Sono 133 (con 22 ex-aequo) i vincitori delle terne delle passate edizioni. Per molti di loro, entrati a far parte di importanti cast, si sono aperte le porte del successo. 

Alcuni nomi dall’Albo d’Oro

Desiree Rancatore , siciliana (1° premio 1996) riconosciuta tra le voci più brillanti della sua generazione,  una importante carriera da protagonista (La Scala, Salzburg Festival, Covent Garden di Londra, Wiener  Staatsoper, Opera National de Paris, Opernhaus di Zurigo, Teatro Real de Madrid con direttori come Chung, Maazel, Muti).

Teresa Iervolino, mezzosoprano irpino (1° premio 2012)  una ascesa verso una carriera da protagonista (Bayerische Staatsoper, La Fenice, Duch National Opera – Amsterdam, Teatro Real di Madrid, Arena di Verona, San Carlo di Napoli). 

Helena Prokina, russa (1° premio 1991),  una delle più straordinarie cantanti russe della sua generazione, successo in tutto il mondo nel repertorio russo e nei ruoli italiani e francesi (Verdi, Puccini, Gounod, Poulenc).

Valeria Esposito (2° premio 1989) ha avuto la fortuna di esibirsi sotto la direzione dei più grandi direttori (Claudio Abbado a Daniel Baremboim, Bruno Campanella, Riccardo Chailly, Spiros Argiris, Lù Ja, Gustav Kuhn, Peter Maag, Riccardo Muti, Daniel Oren).

Iride Martinez , costaricana (1°premio 1993)  dopo essersi esibita nei teatri più prestigiosi, oggi nel suo paese, è presidente di una fondazione che dà supporto a giovani  cantanti lirici.

E gli stessi vincitori dell’ultima edizione (2023)  sono stati scritturati per le produzioni della stagione all’Arena di Verona.




MISS ROMNÌ ITALIA

Una Miss contro le Discriminazioni

Teramo, 21 novembre 2024.  Il 15 Dicembre in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani  presso il parco della scienza a Teramo si terrà il primo Concorso Nazionale Miss Romnì Italia : Una Miss contro le Discriminazioni; organizzatrice dell’evento è Giulia Di Rocco che, in collaborazione con il Comune di  Teramo, ha ufficialmente aperto il Bando per l’iscrizione al concorso dove, per la prima volta nella storia in Italia, le donne cittadine italiane di etnia Rom sono protagoniste in un concorso nazionale a loro dedicate.

Tale iniziativa è realizzata per porre l’attenzione su un problema della  discriminazione di cui sono vittime le donne rom, soggette a stereotipi negativi che alimentano solo il pregiudizio facendo di fatto emarginarle.

“L’idea di questo concorso – spiega la Di Rocco – è nata sul modello del  concorso Miss Black America  negli anni 70  dove le  donne nere americane erano escluse dal concorso di Miss America e come risposta al razzismo hanno organizzato il concorso di Miss Black America  per sensibilizzare e contrastare la discriminazione.”

Giulia Di  Rocco  è una romni italiana abruzzese  assistente legale attivista per i diritti umani membro del Forum RSC  istituito dall’UNAR Ufficio Anti Discriminazione Razziale  presidente della “Commissione sull’Inclusione” presso la Provincia di Teramo ( la prima donna rom in Italia a ricoprire questo ruolo).




L’AQUILA FILM FESTIVAL

Le cerimonie di chiusura con i vincitori e i giurati Federico Ruffo e il calciatore Pablo Banegas

L’Aquila, 21 novembre 2024. Venerdì 22 e sabato 23 novembre 2024 conosceremo finalmente i nomi dei vincitori dei diversi concorsi del L’Aquila Film Festival, al termine di dieci mesi di incontri, proiezioni, escursioni, concorsi e degustazioni che ne hanno fatto il festival cinematografico più lungo del mondo.

Se sul nome dei film vincitori dei quattro concorsi (documentari, opere prime e seconde, cortometraggi e film internazionali) vige il riserbo assoluto, sono certi i nomi dei giurati che presenzieranno: il bomber de L’Aquila Calcio 1927 Pablo Banegas, il giornalista di Mi manda Rai Tre, Presa diretta e Report Federico Ruffo, il cantautore romano Flavio Giurato, i registi Luca Cococetta (fresco del recente succeso di Monte Corno), Lorenzo Pallotta, Rosario Minervini (anche programmer del Festival di Giffoni) e Francesco Paolucci, il responsabile del MAXXI L’Aquila Paolo Le Grazie e il caporedattore di Cabiria magazine Attilio Pietrantoni.

Entrambe le serate avranno una coda festosa con i party di chiusura: “vino e chitarra” venerdì presso la Bottiglieria lo Zio con il M° Fabrizio De Melis, “dj-set glamwoke” con le Indiesponenti sabato presso Liberiamia wine con accesso libero per tutti.




CONCERTO DEL CORO GIACOMO PUCCINI

Sala Consiliare del Comune  22 novembre ore 18:00

Pescara, 21 novembre 2024. In occasione della ricorrenza di Santa Cecilia, patrona della musica, il Coro Giacomo Puccini di Chieti offrirà alla città di Pescara un concerto gratuito, dedicato a tutti gli amanti della musica e dell’arte.

L’evento si svolgerà venerdì 22 novembre 2024, alle ore 18:00, nella sala consiliare del Comune di Pescara.

Sotto la direzione del Maestro Loris Medoro, il concerto vedrà la partecipazione di artisti di grande talento: il tenore Ennio Del Grosso, le soprano Maria Chiara Papale e Sabina Davide, accompagnati al pianoforte dai maestri Daria Coletti e Mimmo Speranza.

Il programma musicale, dicono gli organizzatori, “promette un viaggio emozionante tra le più belle melodie classiche, offrendo al pubblico un’esperienza indimenticabile”.

“Invitiamo tutti i cittadini a partecipare a questo appuntamento culturale – commentano l’Assessore alla Cultura e Vicesindaco Maria Rita Carota e il Presidente del Consiglio Comunale, Gianni Santilli – che rappresenta un’occasione per celebrare insieme la bellezza della musica e l’armonia dello spirito, in linea con l’importanza che Pescara attribuisce alla promozione dell’arte e della cultura”.




VISIONARIA: PROCLAMATI I VINCITORI

Il Super Contest dedicato a start up e idee innovative d’Abruzzo

Pescara, 21 novembre 2024. Si è conclusa la prima giornata del forum dell’Adriatico dedicato all’innovazione in programma al Marina di Pescara fino al 22 novembre. Proclamati i vincitori del premio Visionaria 2024.

Ad aggiudicarsi il primo premio di settemila euro per migliore start up di impresa Exo Lab Italia. Il premio come migliore idea di impresa, pari a tremila euro, va invece a Myconic. Ai vincitori anche i servizi messi in palio dall’Agenzia di sviluppo della Camera di commercio Chieti Pescara come la partecipazione al percorso di accompagnamento SPRINT  “Start up innovative” e la partecipazione al percorso “aspiranti imprenditori”.

Menzioni, poi, per miglior “Progetto di impresa” a Heart Beat test; “Innovazione Sociale” a Trusty; “Ambiente o Tecnologia 4.0” a Spin Life; Imprenditorialità femminile, Pan y Mar.

Dieci le caratteristiche dei progetti valutate da una giuria composta da professionisti, imprenditori e docenti universitari, capitanata dal componente di giunta camerale Enrico Marramiero: soddisfacimento di un bisogno; originalità dell’idea; valore del contenuto tecnologico; realizzabilità del progetto; potenzialità di sviluppo;  adeguatezza delle competenze del team; attrattività del mercato di riferimento; sostenibilità sociale; sostenibilità ambientale; qualità e completezza della documentazione.

La cerimonia di consegna del premio si è svolta nell’ambito del primo giorno di Visionaria, il forum dell’Adriatico dedicato ai temi dell’innovazione e della transizione energetica ed ambientale, organizzato da Camera di commercio Chieti Pescara ed Agenzia di sviluppo, in programma al  Porto turistico Marina di Pescara fino al 22 novembre.

Il premio Visionaria rappresenta <<il premio dei premi>> – dichiara il presidente Gennaro Strever in apertura – <<in quanto prevede che vi partecipino, di diritto, i vincitori dei contest di innovazione del territorio. <<Ringrazio le associazioni di categoria per il lavoro svolto – continua il presidente della Camera di commercio Chieti Pescara – È grazie alla loro capacità di scoprire e valorizzare le eccellenze che Visionaria riesce a mettere in luce ciò che di meglio il nostro sistema imprenditoriale è in grado di offrire>>.

Al premio hanno, quindi, partecipato di diritto i vincitori dei contest “InnovAzioni” (Confindustria Abruzzo Medio Adriatico), Oscar Green (Coldiretti), Cambiamenti (Cna), Startcup Abruzzo e, per la prima volta, le vincitrici dei premi “Impresa in rosa: che storia!” ed “Impresa in rosa: che idea!”, organizzati, da otto anni consecutivi, dal Comitato per l’imprenditoria femminile dell’ente camerale. A questi, si sono aggiunti ulteriori startupper ed aspiranti imprenditori proprio perché interessati al premio Visionaria.

In totale venti squadre di talenti che hanno avuto tre minuti ciascuno per presentare la propria idea. Il segreto per poter attrarre gli investitori sta nel preparare un buona presentazione che dovrebbe: <<Chiarire bene quale problema il progetto risolve, chi ha questo problema, che vantaggi dà risolverlo e perché è arrivato il momento di farlo>>. A dirlo, Augusto Coppola partner di Cloud accelerator, un veicolo di investimento per start up in fase iniziale.

Visionaria si è aperta, questa mattina, con la madrina della manifestazione, Antonella Santuccione Chada, neuropsichiatra e fondatrice di “Women’s brain” che studia l’impatto del genere sulle malattie mentali e desidera aprire un centro di medicina di precisione dedicata all’impatto che il genere ha sulle malattie legate alla mente in Abruzzo. E’ proseguita con due tavole rotonde sulla transizione energetica e la sostenibilità ambientale con illustri esperti del settore: Alberto Geri – professore ordinario di Sistemi Elettrici per l’energia presso l’Università “La Sapienza ”; Roberto Spezie – responsabile tecnologie Terna Spa; Stefano Cianciotta – AD Fira Spa ed esperto tecnico al comitato europeo delle regioni sulla transizione energetica; Claudia Canevari – Capo Unità DG Energia – Commissione europea; Paolo Arrigoni – Presidente GSE Gestore dei servizi energetici SpA; Edoardo Alesse – rettore dell’Università dell’Aquila; Ilaria Bertini – direttrice del dipartimento Unità per l’efficienza Energetica (DUEE) di ENEA; Antonio Romeo, direttore generale di Dintec.

Domani si continua con il premio Storie di alternanza che premia i migliori progetti di alternanza scuola lavoro delle scuole superiori di Chieti Pescara e con panel, il pomeriggio, dedicati all’impatto dell’intelligenza artificiale sulla pa e sulle imprese. Venerdì, invece, sarà il giorno di SMAU Abruzzo.

Per tutta la durata della manifestazione, sarà possibile immergersi in VisionArt, un’area esperienziale organizzata in collaborazione con il dipartimento attività produttive della Regione Abruzzo, nel quale attrezzature ed esperti sono a disposizione per mostrare come le nuove tecnologie possono essere applicate al settore dell’artigianato.




LE FERITE CHE CURANO

Un laboratorio per riflettere sulla violenza di genere promosso da Meta Aps e Parole in famiglia in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne

Sulmona, 21 novembre 2024. In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Meta APS, in collaborazione con il Comune di Sulmona e nell’ambito delle attività collaterali della stagione di prosa del Teatro Maria Caniglia, propone un evento speciale per sensibilizzare e approfondire il tema della violenza di genere.

Lunedì 25 novembre, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, presso Palazzo Tabassi in via Ercole Ciofano a Sulmona, si terrà il laboratorio esperienziale Le Ferite che Curano, un incontro dedicato alla riflessione e alla condivisione, guidato dagli psicologi e psicoterapeuti di Parole in Famiglia; il laboratorio è aperto a uomini e donne che desiderano confrontarsi su un tema così delicato e complesso.

L’attività prevede un momento iniziale espressivo, pensato per facilitare l’apertura e il coinvolgimento emotivo, seguito da una discussione di gruppo. Durante l’incontro, i partecipanti saranno invitati a condividere esperienze, opinioni e riflessioni, il tutto in un ambiente protetto e rispettoso. L’obiettivo è non solo approfondire le dinamiche legate alla violenza di genere, ma anche promuovere l’empatia e la costruzione di una comunità capace di ascoltare i vissuti emotivi di ognuno.

Un’occasione per riflettere, ascoltare e agire insieme contro la violenza, dando vita a una comunità più consapevole e solidale.

La partecipazione al laboratorio è gratuita, ma i posti sono limitati. Per iscriversi o ricevere maggiori informazioni è possibile scrivere all’indirizzo info@teatromariacaniglia.com




AGRICOLTURA E RISORSE IDRICHE

Come affrontare il cambiamento climatico tra innovazione, politiche sostenibili e consapevolezza collettiva

Pescara, 21 Novembre 2024. La gestione sostenibile delle risorse idriche, una sfida ormai imprescindibile per l’agricoltura, è stata al centro dell’incontro che si è tenuto ieri presso il Museo Michetti di Francavilla al Mare, organizzato da CIA Abruzzo in collaborazione con CREA. L’evento ha visto la partecipazione di esperti scientifici, rappresentanti istituzionali e giovani agricoltori, tutti impegnati in un confronto sul ruolo dell’innovazione e delle politiche pubbliche per mitigare l’impatto del cambiamento climatico su uno dei settori più vulnerabili.

Ad aprire i lavori, il presidente CIA Abruzzo, Nicola Sichetti, che ha sottolineato come l’’aumento della temperatura, la distribuzione delle precipitazioni e l’intensificazione di eventi estremi stanno alterando il ciclo naturale dell’acqua, rendendola una risorsa sempre più scarsa.

I cambiamenti climatici stanno colpendo duramente il nostro territorio, con danni economici che in Abruzzo superano già i 90 milioni di euro. La sicurezza alimentare globale è in pericolo, e l’acqua è al centro di questa crisi,” ha dichiarato il Presidente regionale. 

I consorzi di bonifica devono essere valorizzati e sostenuti, ha aggiunto, perché rappresentano uno strumento cruciale per ottimizzare le risorse idriche, anche attraverso il riutilizzo delle acque di depurazione.   La prima sessione, moderata da Cristina Giannetti, ha dato spazio agli esperti, che hanno analizzato il problema da una prospettiva scientifica. Andrea Rinaldo, Consigliere scientifico CREA, vincitore del Stockholm Water Prize 2023, ha affrontato il tema delle bombe d’acqua e degli eventi climatici estremi, come quelli recenti in Romagna e a Valencia.

“Non possiamo fermare il cambiamento climatico, ma possiamo adattarci. Dobbiamo investire in sistemi resilienti e pratiche che ci permettono di convivere con queste nuove realtà,” ha affermato.

Roberto Verardi, docente dell’Università D’Annunzio, ha evidenziato l’enorme importanza del settore agricolo, spiegando come i cambiamenti climatici incidano non solo sulla produzione, ma anche sulla stabilità socioeconomica delle aree rurali. Questo, ha aggiunto, rende urgente promuovere un “ecosistema favorevole” che includa non solo politiche di sostegno economico, ma anche un cambio di mentalità culturale, sia a livello locale che globale.

I rappresentanti del CREA, Veronica Manganiello e Domenico Ventrella, hanno invece presentato dati preoccupanti sull’insufficiente attenzione al fabbisogno irriguo nazionale. Secondo Manganiello, la mancanza di un piano nazionale strutturato espone molte aziende agricole, specialmente le più piccole, al rischio di non poter più sostenere la loro attività.

Nella tavola rotonda, rappresentanti istituzionali e agricoltori si confrontano sull’urgenza di intervenire con politiche pubbliche efficaci. Andrea Rocchi, presidente CREA, ha sottolineato l’importanza dei consorzi di bonifica come infrastrutture strategiche per la gestione delle risorse idriche. “La loro centralità è indiscutibile, ma serve una visione a lungo termine per garantire il loro ruolo in un contesto sempre più complesso”, ha dichiarato.

Stefano Calderoni, vicepresidente ANBI, ha fatto un’analisi critica: “In Italia, scopriamo l’importanza dell’acqua nel 2022, ma nel resto del mondo se ne parla da almeno trent’anni. Questo ritardo culturale e operativo è il principale ostacolo che dobbiamo superare.”

L’assessore all’Agricoltura della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, ha poi posto l’accento sulla necessità di cercare opere pubbliche di lungo respiro, capacità di rispondere alle sfide del cambiamento climatico. “I consorzi di bonifica sono una risorsa strategica, ma il Paese deve fare la sua parte, sia con finanziamenti che con una legislazione adeguata”, ha dichiarato.

Cristiano Fini, presidente di CIA Agricoltori Italiani, ha concluso l’evento con un messaggio di speranza e impegno. “Anche noi agricoltori possiamo fare la nostra parte, adottando pratiche che migliorino la fertilità dei suoli e valorizzino le risorse idriche. L’acqua non è solo un bene economico, ma un valore ambientale e sociale fondamentale,” ha affermato.




MOTORSPORT FOR PEOPLE OVVERO INCLUSION-È

Chieti ospita il progetto Aci per promuovere la disciplina sportiva del Simracing con innovativi simulatori di guida per Persone con disabilità

Chieti, 21 novembre 2024. “Motorsport for People”, ovvero “Inclusion-E”: si chiama così un bel progetto promosso dalla Federazione ACI e dalla Commissione ACI Esport Nazionale in collaborazione con l’Associazione Racesport ETS APS (partner ufficiale), per la progressiva diffusione, nei confronti delle persone con disabilità, della disciplina sportiva automobilistica ‘virtuale’ denominata SimRacing, riconosciuta, a livello nazionale, da CONI e ACI e, a livello internazionale, dalla F.I.A. (Federazione Internazionale dell’Automobilismo).

I simulatori di guida inclusivi saranno a disposizione, gratuitamente, presso il Centro Commerciale “CENTAURO” di Chieti, in Via Filippo Masci, nella giornata di sabato 23 novembre dalle ore 10,00 fino a tardo pomeriggio.

«La prima fase del progetto», finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Regione Abruzzo,  ha spiegato Michele Del Grosso, Presidente di Racesport «è stata quella di promuovere un simulatore di guida inclusivo, con uno specifico design zero barriere, ossia con un accesso facilitato per le persone con disabilità motoria paraplegia, oltreché un innovativo volante, la cui tecnologia consente di ottimizzare sia l’ergonomia che le funzionalità di guida, a vantaggio della performance sportiva durante l’utilizzo da parte di una persona con disabilità».

«Di lì a poco» ha proseguito Michele Del Grosso «è nata l’idea di programmare un “Inclusion-E Tour” nazionale, che avrebbe permesso di far conoscere meglio l’iniziativa e, soprattutto, di far provare ad un ampio pubblico questo nuovo simulatore di guida inclusivo, in piena ottica di riduzione delle disuguaglianze».

L’iniziativa ha immediatamente suscitato l’interesse di diversi organismi appartenenti al mondo istituzionale, scientifico e del terzo settore nazionale, primo fra tutti ACI ESport.

«E come rappresentanti dell’ACI sul territorio provinciale siamo orgogliosissimi di aver trovato l’appoggio del Centro Commerciale ‘CENTAURO’ di Chieti per poter accogliere questa importante iniziativa nella nostra città per la prima volta, dando la possibilità di testare questi innovativi simulatori di guida inclusivi che permettono alle persone con disabilità motoria-paraplegia di praticare la guida simulata, sullo stesso piano e con le stesse opportunità di una persona senza disabilità» ha affermato Roberto D’Antuono, Direttore dell’Automobile Club provinciale di Chieti.

«Dopo l’accordo siglato ad inizio anno con la Commissione Medica Locale della Asl per rendere più semplice, grazie al supporto fornito dalle nostre Delegazioni ACI presenti sul territorio provinciale, il disbrigo delle pratiche per il rilascio delle patenti di guida alle persone con disabilità e ai cittadini affetti da patologie importanti, ecco un’altra importante opportunità che l’Automobile Club Chieti offre ai soggetti più svantaggiati. Riteniamo, infatti, che lo sport non debba essere visto soltanto come semplice e sano agonismo, ma possa, anzi debba, costituire un fattore di inclusività e un collante per l’intera comunità, che, negli ultimi anni, ha sempre più bisogno di punti di riferimento. L’obiettivo ACI per il sociale è quello di far sì che sempre più persone con disabilità possano praticare sport, promuovendo le migliori tecnologie che possano agevolare la pratica della simulazione di guida, creare ambienti inclusivi favorevoli alla salute e sviluppare abilità personali; per questo motivo non abbiamo perso tempo a sostenere il progetto Inclusion-E di ACI Esport» è stato il commento finale di Mario Aloè, Presidente dell’Automobile Club Chieti.




VOCI DAL SILENZIO: le anime dimenticate dei manicomi

Un viaggio tra storie, immagini e memorie che svelano l’umanità nascosta nei luoghi dell’isolamento.

Ascoli Piceno, 21 novembre 2024. Un cuore intrappolato in un involucro trasparente, simbolo di vite bloccate, di anime “sigillate” nella solitudine e nell’incomprensione. Questo il messaggio evocativo della performance musicoteatrale “Anime Sigillate”, in scena il 21 novembre 2024 al Teatro dei Filarmonici di Ascoli Piceno. Ma questa rappresentazione va oltre il palcoscenico: riporta alla luce un capitolo oscuro della storia italiana, quello dei manicomi, attraverso racconti e immagini capaci di scuotere le coscienze.

Per decenni, i manicomi sono stati non solo luoghi di cura, ma anche spazi di emarginazione e repressione, dove la diversità veniva nascosta e le sofferenze amplificate. È in queste mura che migliaia di persone hanno trascorso vite dimenticate, lontane dallo sguardo della società, spesso senza una possibilità di riscatto.

Un percorso tra narrativa e memoria

“Anime Sigillate” non si limita alla rappresentazione teatrale. La performance si ispira a un progetto più ampio che intreccia narrazione e fotografia, restituendo voce a chi è stato relegato al silenzio. Attraverso racconti di vite spezzate e scatti originali di strutture manicomiali abbandonate, lo spettatore è invitato a riflettere su un passato che ha ancora molto da insegnare.

Tra le storie immaginate e ispirate alla realtà, emergono vicende struggenti: lettere mai spedite, diari nascosti, sguardi di pazienti e personale medico, oggetti dimenticati che parlano di umanità. Ogni fotografia racconta, con il linguaggio del visibile, l’invisibile mondo interiore di chi ha abitato quei luoghi.

La chiusura dei manicomi e la legge Basaglia

L’Italia è stata tra i primi paesi al mondo a riconoscere i diritti delle persone con disturbi mentali, con la chiusura dei manicomi decretata dalla legge Basaglia del 1978. Questo cambiamento epocale ha rappresentato una rivoluzione sociale e culturale, restituendo dignità e cittadinanza a chi era stato escluso. Tuttavia, il ricordo di quegli anni e delle vite spezzate rimane vivo, come monito per il futuro.

Un messaggio universale

L’iniziativa del Comune di Ascoli Piceno, realizzata dal gruppo teatrale “Attori Senza Sipario”, è un’occasione per sensibilizzare il pubblico su tematiche ancora attuali: la cura della salute mentale, l’importanza dell’inclusione e il valore della memoria storica. La serata del 21 novembre si presenta quindi non solo come un momento di arte e cultura, ma come un’opportunità per riscoprire e riflettere su una parte di storia che appartiene a tutti noi.

Ingresso a offerta libera

Lo spettacolo, con ingresso ad offerta libera, avrà luogo presso il Teatro dei Filarmonici di Ascoli Piceno alle ore 21:00. Gli attori Nancy Fazzini, Sara Palladini, Ilenia Molinis e Daniele Di Furia daranno vita ai testi scritti da Antonella Fortuna, mentre la serata sarà presentata da Enzo Delle Monache. Un appuntamento imperdibile per chi desidera immergersi in un viaggio emozionale fatto di parole, immagini e riflessioni. Un viaggio che ci ricorda che dietro ogni storia, anche la più dimenticata, c’è un’anima che merita di essere ascolt




I NOSTRI PINI … e gli impegni mancati della Giunta Comunale

Pescara, 21 novembre 2024. Il pino per Pescara è elemento identitario, oltre che asse portante del patrimonio arboreo più prezioso: circa 9000 sono i pini presenti, dei quali la metà domestici (Pinus pinea), quelli sotto attacco della cocciniglia che sta compromettendo centinaia e centinaia di esemplari.

La cocciniglia Toumeyella parvicornis è normata a livello nazionale dal Decreto Ministeriale

del 3 giugno 2021, contenente le misure fitosanitarie di emergenza ai fini del contrasto

dell’organismo nocivo.

Sul caso, a seguito della mia interrogazione, effettuata durante il consiglio comunale del 27 agosto, l’assessore Orta ha dato risposta che entro settembre sarebbero stati trattati con endoterapia circa 1230 esemplari, sui 4200 esistenti, con uno stanziamento di fondi pari a 175.000 euro.

Azione non sufficiente, ma comunque importante.

Ebbene tale impegno è stato totalmente mancato: in risposta a una mia ulteriore interrogazione di ottobre sul consuntivato degli interventi, oggi vengo messa a conoscenza che:

-Nel mese di settembre 2024 non sono stati effettuati trattamenti fitosanitari;

-Gli interventi fitosanitari sono stati eseguiti solo in via Luisa D’Annunzio e in via De Titta per un totale di n. 96 endoterapie e n. 35 potature fitosanitarie;

Agire in questo modo significa condannare l’intera popolazione dei pini, non avvenendo l’adeguato contenimento dell’infestazione.

Sono stati trattati nemmeno il 10% di quelli dichiarati ufficialmente dall’assessore. Perché?

Abbiamo sentito spesso dire dall’amministrazione che i valori ambientali e di sostenibilità sono al primo posto, eppure sentiamo parlare solo di betonelle fotocatalitiche mentre di cure agli alberi nemmeno un sussurro.

 Sentiamo dire che si farà il Piano del Verde, ma nessuna cura del suo asse portante, cioè le popolazioni dei nostri grandi alberi.

L’altissimo valore del patrimonio arboreo per la nostra comunità, sia dal punto di vista della salute, sia dal punto di vista storico, non è a quanto pare riconosciuto, o forse si pensa che il procrastinamento degli interventi non abbia rilevanza? Che si possa aspettare? E poi si parla di rischio arboreo.

 Probabilmente non ci si rende nemmeno conto che, continuando cosi, non si riuscirà neanche ad affrontare economicamente l’ecatombe dei pini che andrebbero abbattuti.

Tutto è sottovalutato.

Tra G7, panchine, betonelle e luci di Natale, è caduto nel dimenticatoio l’impegno preso.

Sarà per il prossimo anno, sempre che gli alberi resistano…

Simona Barba

Consigliera comunale

AVS-Radici in Comune




IN DIFESA DEI BEAGLE

Sit-in il 21 novembre davanti al Consiglio di Stato

Roma, 21 novembre 2024. Il 21 novembre, dalle ore 9:00 alle 12:30, davanti al Consiglio di Stato, in Piazza della Quercia, Roma, si terrà un sit-in organizzato in sinergia da Animalisti Italiani, Centopercentoanimalisti e Partito Animalista Italiano. L’iniziativa è aperta a tutte le associazioni e ai cittadini che vogliono unirsi per difendere i diritti degli animali.

La manifestazione è legata alla vicenda dei 1.600 beagle destinati a esperimenti di tossicologia presso i laboratori Aptuit, azienda farmaceutica veronese, acquisita dalla Evotec (multinazionale tedesca). Nonostante la sospensione temporanea concessa dal TAR Lazio su iniziativa animalista, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Aptuit, autorizzando in via provvisoria la ripresa delle sperimentazioni fino all’udienza cautelare del 21 novembre.

“Non possiamo accettare che esseri viventi siano sottoposti a sofferenze inimmaginabili per una scienza che oggi ha alternative valide e più affidabili,” ha dichiarato Walter Caporale, Presidente di Animalisti Italiani. “Chiediamo che le autorizzazioni alla vivisezione vengano sospese definitivamente e che questi animali abbiano una possibilità di vita dignitosa. È una battaglia di civiltà.”

Nel frattempo, l’azienda è obbligata a rispettare il Decreto Legislativo 26/2014, con misure minime di tutela come arricchimenti ambientali per gli animali e il divieto di riutilizzo nei test. Tuttavia, il monitoraggio delle condizioni degli animali è stato affidato ai Carabinieri Forestali, segno che i controlli precedenti erano insufficienti.

I promotori del sit-in invitano tutti a partecipare per fare pressione sul Consiglio di Stato affinché ponga fine a questi esperimenti. “Difendere chi non ha voce è un dovere morale,” conclude Caporale” Unisciti a noi il 21 novembre. Insieme possiamo cambiare il destino di questi animali.”