[Articolo di Cercone Franco sul culto di S. Ippolito, pubblicato in “Rivista Abruzzese”, Anno LXIII – N 4, Lanciano 2010]
Fra i particolari culti idroterapici pervenuti a noi ab antiquo e mediati dal Cristianesimo fin dai bassi tempi del medioevo, va ricordato un singolare rituale costituito come ricorda il De Nino nel primo volume dei suoi scritti Inediti e rari curati dal Mosca, dalle abluzioni votive che si svolgevano (ed in parte ancora si svolgono) a Corfinio il 13 agosto alla sorgente di “Santo Puto”, cioè Sant’Ippolito, il quale – scrive il De Nino – “ridava l’udito ai sordi che volevano sentire, giacché purtroppo, ce n’è di quelli che non vogliono sentire” .
Secondo la mitologia classica Ippolito è fatto a pezzi perché collegato, sottolinea A. Seppilli in Mito e magia (Torino 1980) alle varie fasi della luna che “ogni giorno perde un poco di sé stessa per poi risorgere e rinascere”.
Tuttavia, di questo culto lunare si è perso in agro corfiniese ogni ricordo e si è tramandato invece solo il potere terapeutico attribuito all’acqua della sorgente (sita non lungi dal centro abitato), ritenuta per le sue caratteristiche intrinseche capace di guarire la sordità, un tempo assai diffusa nel mondo rurale e presso le comunità di minatori.
Va ricordato, sottolinea V. Dini nel saggio “Il potere delle antiche Madri” (Torino 1980) che i patronati attribuiti ad alcuni Santi e riconosciuti dalla Chiesa, come appunto quello di Sant’Ippolito, costituiscono spesso il risultato di una vera “inventio” della cultura subalterna per la risoluzione di crisi individuali, come appunto la sordità: “Nelle regioni dell’Europa contadina – scrive il Dini – sono state attribuite ad alcuni Santi delle virtù speciali derivate dai loro stessi nomi. Così in Francia il vescovo di Blois … ha riferito che durante una visita pastorale un contadino affetto da sordità gli ha chiesto una preghiera efficace da rivolgere a San Sordino”, un santo di cui egli supponeva la reale esistenza!
Tuttavia, fra sordo e San Sordino sussiste una affinità fonetica che non si rinviene invece fra il nome Ippolito e l’aggettivo surdus. Inoltre, secondo l’agiografia valvense (cfr. Officia in Dioecesi Valvensi et Sulmonensi recitanda, Napoli 1884) che si ricollega al Peristephanon di Prudenzio, Ippolito era un “romanus miles” che il 13 agosto subisce il martirio sotto Valeriano extra Tiburtinam Portam, legato a cavalli che ne straziano il corpo. Ciò lascia intuire secondo i Bollandisti che la Passio si sia diffusa lungo la Tiburtina-Valeria fino a Corfinium, entrando a far parte, come per esempio a Roccaraso di cui S. Ippolito è Protettore, del gruppo dei Santi che sono “puniti” dai fedeli in caso di mancato esaudimento delle loro preci. Nei primi decenni del secolo scorso, infatti, la statua di Sant’Ippolito, come abbiamo appreso da fonti orali anni addietro registrate, veniva condotta in processione capovolta se durante l’inverno non era scesa sufficiente neve per la pratica dello sci.
Nella sua monografia storica su “Pentima” (1856) il De Stephanis ignora completamente questo interessante capitolo di religiosità popolare peligna, ancora vivo alla metà degli Anni Settanta del secolo scorso per nostra diretta testimonianza, ed altrettanto dicasi del De Mattheis (Memorie istoriche de’ Peligni, XVII secolo).
Tace inoltre sull’argomento G. Pansa e soprattutto il De Nino, il quale al di fuori della scarna nota riferita in precedenza, ignora del tutto l’argomento nel quinto volume dei suoi Usi e costumi abruzzesi, dedicato proprio alle Malattie e rimedi!
Va ricordato che ancora oggi vi sono dei fedeli i quali si recano in pellegrinaggio il 13 agosto (dies natalis) alla sorgente di Sant’Ippolito, dove attingono l’acqua con un ditale e la versano nell’orecchio affetto da sordità. La sacralità di questa sorgente è confermata da molti bronzetti venuti alla luce a seguito di scavi, che attestano la presenza in loco di un altare dedicato ad Ercole, diventato forse volutamente ‘sordo’ a tutte le suppliche dei fedeli.
Egli non era riuscito infatti a far comprendere ai suoi fedeli che la sordità è un bene supremo e da salvaguardare, perché solo “chi non sente” (specie i cosiddetti “discorsi” dei nostri politici) mantiene la sua psiche integra e campa più di cent’anni.
A’ bon entendeur, salut !
Franco Cercone
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