[Contributo di Cercone Franco pubblicato in “Rivista Abruzzese”, Anno LXVIII – N.4, Lanciano 2015.]
Dei Fratelli Feneziani, Giovanni e Berardino, notissimi scultori e decoratori attivi a L’Aquila nel corso della prima metà del ‘900 [1] , abbiamo scarne notizie biografiche ed artistiche, arricchite tuttavia di recente da indagini compiute da Enrichetta Santilli, nota studiosa pratolana, dalla quale apprendiamo che Giulio Feneziani, che completa il “trittico” di questi famosi stuccatori, era nipote di Berardino e non suo fratello.
I tre Feneziani, cioè Giovanni, Berardino e Giulio, fanno la loro comparsa a Pratola Peligna “verso il 1910”. In questa attiva Cittadina peligna, come si apprende da una brochure dei Padri Maristi dal titolo “Il Santuario di Maria SS. della Libera”, ai tre Artisti furono affidate varie opere decorative, fra cui “la più importante e vistosa è il magnifico Tempietto sovrastante l’Altare Maggiore” [Brochure senza data (1988?) pag. 10].
L’opera, per quanto concerne gli stucchi in rilievo, è di Berardino Feneziani e di suo nipote Giulio, mentre Giovanni è artefice dei bassorilievi della tribuna dell’organo e delle due acquasantiere.
Giulio invece “ha lavorato – secondo i Padri Maristi – alla composizione degli Angeli Musicanti che decorano la tribuna dell’Organo”.
Infine, dei medesimi Artisti sono le figure angeliche che reggono le mensole ai lati del Presbiterio. Come si legge nella brochure dei Padri Maristi, i Fratelli Feneziani ed il loro nipote Giulio, “interpreti dello Stile Liberty in Abruzzo”, furono chiamati a Pratola dal costruttore locale Luigi Di Loreto, il quale insieme ai Feneziani realizzò diverse opere a partire dagli inizi del ‘900. È probabile, tuttavia, come ipotizza giustamente Cosimo Savastano, che si debba allo stesso Teofilo Patini l’invito rivolto a Giovanni Feneziani di operare con lui a Pratola, dato che Giovanni era stato a L’Aquila allievo del grande artista di Castel di Sangro.
Fra tali opere vanno menzionate le facciate dei Palazzi Colella-Santoro, Di Prospero, di Casa Di Loreto e del vecchio Cinema-Teatro D’Andrea, mentre “per il Santuario hanno eseguito il rilievo frontonale della Madonna degli Angeli, i gruppi statuari acqua-santiera e reggi-mensola (Giovanni), nonché il tempietto dell’Altare Maggiore e gli stucchi della Cantoria (Giulio, Giovanni, Berardino), che fungono da magnifica cornice nel Santuario Mariano alle opere di Teofilo Patini e del suo prediletto Allievo Amedeo Tedeschi”.
È assai probabile, tuttavia, che i Fratelli Feneziani abbiano esercitato la loro professione di decoratori stuccatori anche in altri centri peligni, specie nel corso del primo decennio del Novecento.
Ne costituisce una spia quella che può essere considerata l’opera più importante di questa famiglia di Artisti aquilani, la decorazione cioè in stucco del Soffitto della Chiesa rurale di San Nicola a Cansano, località distante 12 km da Sulmona e che reclama decisamente alcune importanti considerazioni di contenuto storico ed artistico.
Dell’antica chiesetta di San Nicola ci siamo occupati nel Saggio dal titolo “La chiesa ed il culto di San Nicola a Cansano” [Ed. Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq.) 2008], le cui prime notizie appaiono nella Bolla Corografica di Onorio III, emanata nel 1223 [2].
Questa chiesetta rurale, posta ad una altitudine di circa 900 metri presso la Stazione Ferroviaria di Cansano, si rinviene continuamente citata nelle Visite Pastorali dei vescovi di Valva, i quali sottolineano come essa reclamasse costanti lavori di restauro.
Lo storico sulmonese Guido Piccirilli scriveva in particolare nel 1926 che la chiesetta presentava “affreschi della fine del 1200 o dei primi anni del secolo successivo, raffiguranti forse i Dodici Apostoli”, ma essi furono ricoperti nel corso del XVII secolo “con stucco e bianco di calce, ad iniziativa di un troppo zelante Parroco, con l’intento di evitare che i fedeli, guardando le figure severe e suggestive, si distraessero dalle funzioni religiose” [3] .
Nella prima metà dell’800 la chiesetta di San Nicola presentava danni di tale entità da essere completamente interdetta alla celebrazione delle funzioni religiose. Tuttavia nell’ultimo decennio dell’Ottocento si formò negli USA un Comitato fra i Cansanesi emigrati, il quale provvide a raccogliere fondi per il restauro della chiesetta. Questa fu riaperta al culto nel 1909, come si evince dalla data affissa ad un piccolo campanile, costruito ex novo e che affianca l’attuale edificio. Tuttavia le strutture murarie dell’antica chiesetta furono notevolmente ampliate ed inglobarono quelle antiche, di cui si intravvedono tracce nell’attuale zona dell’abside.
Nell’ormai lontano 1965 il Parroco pro tempore di Cansano, Don Virgilio Orsini, passato più tardi a dirigere la Biblioteca Diocesana di Sulmona, ci segnalò la ‘ricevuta’ di un contratto stipulato dai Fratelli Feneziani con il Comitato Cittadino delegato dagli Emigrati di Cansano negli USA alla ristrutturazione del Sacro Edificio e che prevedeva l’ornamento del soffitto, da parte dei tre Artisti aquilani, appunto i Fratelli Feliziani, con stucchi policromi che si possono ancora oggi ammirare.
La decorazione del soffitto della Chiesa di San Nicola costituisce a nostro modesto avviso il capolavoro dei Fratelli Feneziani in area peligna. Se ne parliamo solo oggi, è dipeso dalla circostanza che malgrado le ricerche da noi condotte in precedenza, le notizie raccolte sulla famiglia degli Artisti aquilani restavano sempre scarne e comunque non esaustive. Ma parliamo pur se brevemente dei citati stucchi che ornano il soffitto della chiesetta.
Innanzitutto, il Santo Vescovo, le cui reliquie furono trafugate nel 1087 a Mira (Licya) e trasferite a Bari da un manipolo di ardimentosi marinai baresi, è raffigurato con mitra e pastorale su un fondo celeste, che mette in risalto il bianco degli stucchi racchiusi in uno scomparto rettangolare, i cui angoli risultano abbelliti da fregi floreali. Ai piedi di San Nicola sono raffigurati tre minatori di Cansano, riconoscibili per i loro attrezzi di scavo ed il berretto con lampada ad acetilene per l’indispensabile illuminazione nelle gallerie sotterranee, dato che gli emigrati cansanesi furono impiegati per lo più come minatori in Colorado.
Degna di nota ci sembra poi in basso al riquadro la raffigurazione di una ‘nave a vapore’ sulla quale si imbarcavano a Napoli i Cansanesi – e non solo essi – diretti negli USA.
A chiusura di queste brevi note ci piace segnalare che nel dies natalis del Santo, il 6 dicembre, si svolge nella chiesetta situata come si è detto a 900 metri di altitudine, la distribuzione del pane di San Nicola, che viene benedetto nel corso della messa in essa celebrata e che richiama anche i fedeli dei paesi vicini, soprattutto Campo di Giove. Nella tradizione di Cansano, San Nicola rappresenta infatti “il Santo che assicura il pane alla povera gente”, particolare questo che nei tempi attuali si riveste di profondi significati e non reclama decisamente ulteriori commenti.
Franco Cercone.
[1] Cfr. E. Santilli, Il Santuario della Madonna della Libera in Pratola Peligna, p. 52; Pratola Peligna 1995.
[2] Cfr. G. Celidonio, La Diocesi di Valva e Sulmona, vol. IV, p. 6, Sulmona 1912.
[3] G. Piccirilli, Un incensiere sulmonese del sec. XV; in “Rassegna di Storia ed Arte d’Abruzzo e Molise”, n° 1-2, p. 67; Roma 1926.