GIORNATA MONDIALE PER LA CONSAPEVOLEZZA SULL’AUTISMO

2 aprile. Autismo Abruzzo Onlus insieme ad Amazon per un nuovo programma di avvio al lavoro di persone autistiche nel centro di distribuzione di San Salvo. Grazie alla collaborazione con Autismo Abruzzo, il centro di distribuzione Amazon di San Salvo è il primo sito in cui sono stati implementati processi volti all’inclusione lavorativa, in piena sicurezza e autonomia, di persone con disturbi dello spettro autistico

San Salvo, 2 aprile 2024. In occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, Autismo Abruzzo Onlus ha il piacere di annunciare l’accordo siglato con Amazon per supportare l’avvio al lavoro di persone autistiche. Il primo sito logistico da cui parte questo progetto è il centro di distribuzione di San Salvo, in provincia di Chieti, dove, da inizio anno, è iniziato il percorso lavorativo della prima persona autistica coinvolta nel progetto.

Lo spettro autistico non è una malattia ma una condizione, un insieme di caratteristiche, un modo di essere: una forma di neurodiversità come differenza individuale e non come patologia.

“Le persone autistiche sono molto talentuose in diversi ambiti, dotate di poderose capacità mnemoniche, amano il rispetto delle regole e prestano grande attenzione ai dettagli; i team di lavoro possono trarre forte beneficio da una maggiore neuro-diversità e l’autismo dona talvolta punti di vista sorprendenti. Autismo Abruzzo Onlus esprime tutta la sua gratitudine a Amazon Italia, che apprezza e valorizza i punti di forza delle persone autistiche” sottolinea il Presidente di Autismo Abruzzo Dario Verzulli.

Un concetto condiviso con i referenti di Amazon, con cui è iniziato un processo di reciproca conoscenza e adattamento, arricchito dal supporto costante delle famiglie dei ragazzi che saranno coinvolti nel progetto. L’azienda ha attentamente pianificato l’accoglienza e la condivisione di conoscenza dei processi tecnologici che caratterizzano il flusso di lavoro del centro di distribuzione di San Salvo. Dopo il primo inserimento, l’obiettivo è proseguire nel solco di questa collaborazione per lavorare a nuove inclusioni lavorative di altri ragazzi seguiti dall’Associazione.

L’iniziativa nasce su impulso di Amazon, che, circa un anno fa, si è rivolta all’Associazione Autismo Abruzzo con l’obiettivo di impegnarsi nell’integrazione lavorativa di giovani autistici. Grazie alla presenza sul territorio della referente dell’Associazione, Dott.ssa Rachele Giammario, e al Presidente di Autismo Abruzzo Dario Verzulli, il primo passo è stato comprendere le necessità aziendali e individuare le giuste modalità di lavoro. In concerto con i referenti aziendali, la dott.ssa Giammario, psicologa e docente presso l’Università degli Studi dell’Aquila, ha individuato le migliori soluzioni di inserimento e predisposto un percorso formativo ad hoc, non solo per i ragazzi coinvolti, ma anche per la famiglia e per gli operatori dello stabilimento che più da vicino si rapporteranno a loro.

“Siamo davvero orgogliosi di essere parte integrante di un progetto così lungimirante. Conoscere, imparare ed essere sempre aperti al punto di vista degli altri è ciò che contraddistingue il nostro modo di guardare al futuro, di lavorare e innovare. Crediamo che la diversità in tutte le sue molteplici sfaccettature sia un valore aggiunto e una ricchezza da cui trarre nuovi spunti e idee. Questo nuovo e bellissimo viaggio intrapreso a San Salvo insieme ad Autismo Abruzzo Onlus ci sta insegnando molto e continueremo a impegnarci per creare un luogo di lavoro sempre più inclusivo“, dichiara Salvatore Iorio, Responsabile risorse umane delle Operations di Amazon in Italia.

Il Progetto

Il progetto curato dalla dott.ssa Giammario prevede una serie di passaggi fondamentali. Dal primo incontro con le famiglie per l’individuazione dei ragazzi da inserire nel percorso, alla formazione del personale di Amazon, sia sulle caratteristiche delle persone autistiche, sia sulla corretta comunicazione da adottare. L’azienda, nel corso di una delle visite preliminari, ha operato un’attenta valutazione delle reazioni dei ragazzi agli spazi e ai suoni delle diverse aree del centro di distribuzione, a cui è seguita una prova di lavoro nel processo individuato all’interno del sito per definire il miglior inserimento possibile.

La figura della psicologa ha agevolato il collegamento tra il giovane autistico, la famiglia e l’azienda: una sorta di interprete delle esigenze di mondi distinti, ognuno con le sue particolari caratteristiche e il comune obiettivo di rendere l’esperienza lavorativa sicura e inclusiva.

L’aspetto innovativo del progetto è costituito dalla promozione di una cultura dell’inclusione lavorativa, attraverso la valorizzazione della rete di relazioni tra i vari attori coinvolti e la creazione di un percorso che permetta ai ragazzi di raggiungere il massimo livello di partecipazione attiva alla vita sociale, con un miglioramento della qualità della vita dei giovani e delle loro famiglie.

Nella foto: (da sx Angelo Chiodi, Dario Verzulli, Giovanni Cappelli, Rachele Giammario e Franca Masciulli)




BENE COMUNE: LE SFIDE DEL NOSTRO TEMPO

di Rosapia Farese

Politicainiseme.com, 2 aprile 2024. In una stagione di trasformazione, dove le economie vacillano e le certezze sociali si offuscano, l’Associazione FareRete InnovAzione BeneComune APS rappresenta un faro di umanità, riallineandosi ai principi ispiratori di un umanesimo rinnovato: il primato della persona, la sussidiarietà e la partecipazione.

Illuminata dall’eredità intellettuale e spirituale del filosofo Tommaso Demaria, l’associazione si impegna a personalizzare il welfare, mettendo la dignità umana al centro del suo mandato, e facilitando l’auto-aiuto attraverso l’interdipendenza – un’eco del pensiero Demariano che vede il denaro non come un fine, ma come uno strumento al servizio dell’umanità.

Il Prof. Mauro Mantovani, nella sua introduzione al convegno tenutosi presso l’Università Pontificia Salesiana, ha esplorato la potenza trasformativa del pensiero Demariano, che sfida, l’ortodossia capitalista e propone un nuovo ordine basato sull’amore e la sapienza filosofica. La visione di Demaria, enfatizzando l’interconnessione e il mutuo sostegno, rispecchia le tre colonne portanti di FareRete InnovAzione BeneComune, promuovendo un modello di sviluppo che abbraccia equità e inclusione.

Dr. Piergiorgio Roggero e Dr. Nicola Mele hanno portato avanti la discussione, illustrando come la metafisica realistico-integrale possa essere uno strumento per la scoperta di una sapienza unificante, una ‘verità’ che possa liberare dalla tirannia dell’economia monodimensionale. La soluzione proposta da FareRete InnovAzione BeneComune, non si ferma alla critica del capitalismo o del comunismo, ma punta a un dialogo costruttivo che valorizza la diversità e il pluralismo ideologico.

Questi principi si sono manifestati nel convegno tenuto il 20 marzo nella Università Pontificia Salesiana sul tema Tommaso Demaria: Uno Sguardo Organico-Dinamico Sulla Storia E Sulla Società,  come un antidoto alle ideologie che, nel tentativo di monopolizzare la verità, finiscono per negare la dignità umana.

Il rifiuto di Demaria e di FareRete InnovAzione BeneComune, di una tale monocultura ideologica è un appello alla riscoperta del logos nella realtà storica, un lavoro metafisico che si confronta con la verità e la carità nel senso più ampio. Alla luce della Caritas in Veritate, l’associazione invita a un impegno attivo per la giustizia e la pace, ispirandosi all’esempio di Cristo. L’amore diventa una vocazione ad amare i fratelli nella verità del progetto di Dio, a difendere la verità e a testimoniare con la vita.

L’evento del 12 aprile 2024 presso il Parlamento Europeo sarà un ulteriore passo verso il dialogo e l’azione per il Bene Comune, con la presentazione del Libro Bianco e del Manifesto dei Diritti e dei Doveri del Bene Comune. La visione di FareRete InnovAzione BeneComune, come quella di Tommaso Demaria, non è un’utopia irraggiungibile, ma una chiamata alla costruzione di una società dove l’individuo, nel suo incontro con l’altro, possa riscoprire il proprio scopo e realizzare una vita di piena partecipazione al Bene Comune. Siamo di fronte a un invito non solo a pensare ma anche a agire: un impegno che chiama ciascuno di noi a rispondere, con generosità e dedizione, alle sfide del nostro tempo.

Rosapia Farese

Ps) In breve chi è Tommaso Demaria (*) e qual è il suo pensiero: Tommaso Demaria proseguì il lavoro di san Tommaso d’Aquino e affermava l’incompletezza del tomismo, incapace di cogliere l’organismo come categoria ontologica a sé stante. L’integrazione della metafisica realista con l’organismo alla metafisica realistica integrale, strumento di straordinaria importanza per la vita quotidiana. Lo studio dell’organismo in quanto tale, in particolare nella sua dimensione di “struttura organica funzionale”, si rivelerà infatti importantissimo per lo studio e lo sviluppo della società in generale, ma in particolare per quella prassi economica, nota col nome di “Sistemi di Qualità” che fa appunto dell’organicità il proprio fondamento. La possibilità di percepire l’organismo in quanto tale entità diversa dall’organismo fisico, specifica Demaria, passa attraverso la percezione dell’ente dinamico. Grande importanza assume l’organicità nella gestione del sociale perché esso consente di definire con precisione il bisogno di razionalità dell’umanità che supera le possibilità dell’essenza della persona. Questa necessaria unità dell’agire della persona nell’umanità che ne perpetua la presenza, in campo politico/ideoprassico egli stesso la definisce come comunitarismo all’interno del suo testo “La società alternativa”.

L’indagine sui dinamismi profondi della società industriale e l’osservazione con metodo realistico oggettivo della realtà storica globale nella sua consistenza ontologica portano Demaria a sviluppare una metafisica per molti aspetti nuova ed originale[11].

(*)Tommaso Demaria,  Frequentato il seminario di Alba, entrò come aspirante presso i salesiani di Penango Monferrato. Dal 1926 continuò gli studi nel liceo di Valsalice (Torino) Dal 1931 al 1935 compì studi teologici presso l’Università Gregoriana di Roma. Fu ordinato sacerdote il 28 ottobre 1934. Continuò gli studi presso l’Istituto Missionario Scientifico della Pontificia Università Urbaniana (1935-1940). Fu insegnante dal 1940 al 1979 presso la Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Salesiano a Torino e a Roma. Nel corso della sua carriera fu docente di: storia delle religioni, missionologia, filosofia dell’educazione, teologia fondamentale, teologia dogmatica, dottrina sociale della Chiesa, sociologia dell’educazione[1].

Negli anni Cinquanta avviò una feconda condivisione spirituale, teologica[2] e filosofica con don Paolo Arnaboldi, fondatore del Fraterno Aiuto Cristiano FAC con l’attivo incoraggiamento di San Giovanni Calabria[3]. Frequentò assiduamente le sedi del FAC sia a Vezza D’Alba sia a Roma. Strutturò la sua metafisica realistico-organico-dinamica.

Negli anni Sessanta fondò con Giacomino Costa il Movimento Ideoprassico Dinontorganico M.I.D., oggi divenuto l’associazione Nuova Costruttività. Insieme con Paolo Arnaboldi fecero opera di formazione e divulgazione del realismo organico dinamico presso ambienti imprenditoriali collegati all’U.C.I.D.[4]. Giacomino Costa nel 1963 strutturò volutamente la grande e innovativa[5] impresa dell’Interporto di Rivalta Scrivia (il cosiddetto “porto secco” di Genova) come applicazione dell’”organico dinamico” differenziandola dalle imprese tipicamente liberiste[6].

Negli anni Settanta fu il referente culturale delle “Libere Acli”[7] movimento dei lavoratori cattolici fuoriusciti dalle Acli a seguito della “ipotesi socialista” che portò nel 1971 alla “sconfessione di Paolo VI” e alla frattura del movimento. Continuò nell’ambiente dei lavoratori cattolici con la formazione e la diffusione della “ideoprassi” (modello di sviluppo) “organico dinamica”, una vera ideologia cristiana alternativa[8] a quella liberal capitalista e a quella marxista comunista.

Tommaso Demaria tiene un seminario sul realismo Dinamico a Verona presso il Centro Toniolo nel 1980.

Negli anni Ottanta fu intensamente attivo nella formazione alla nuova cultura cristiana organico dinamica a Torino[9][10], Verona, Vicenza, Roma con corsi, seminari e numerose pubblicazioni. Tra tutti i corsi tenuti merita una specifica menzione per la testimonianza documentale completa tramite registrazione video, quello del 1980 presso il Centro Toniolo di Verona su invito di don Gino Oliosi.

Morì a Torino il 12 luglio 1996

Bene comune: le sfide del nostro tempo – di Rosapia Farese – Politica Insieme




PROVE APERTE. Nessun segreto per l’artista

L’appuntamento con Mannella ed Arotron

Pianella, 2 aprile 2024. Dopo il sold out dello scorso appuntamento, anche ad Aprile domenica 7 alle ore 18.00, tornano le “Prove aperte” con Franco Mannella e la Compagnia dell’Aratro: Arotron di Pianella (PE), apre le sue porte, presso l’ex asilo Sabucchi in Vico delle Dee 10, per permettere agli spettatori di assistere alle prove di uno spettacolo in via di allestimento, dal titolo provvisorio: “Tingeltangel Varietà”, si tratta di uno spettacolo che combina testi originali a testi tratti da “Tingeltangel”, raccolta di testi teatrali degli anni ’20-’30 del’900 del geniale Karl Valentin, commediografo e attore che ha ispirato il “teatro dell’assurdo”.

Cos’è che incuriosisce delle ‘prove aperte’? A rispondere è lo stesso Mannella, noto attore e doppiatore, voce del candidato all’Oscar Paul Giamatti in “The Holdovers” e medico di Rocco Siffredi interpretato da Alessandro Borghi, nella chiacchieratissima serie Netflix, “Supersex” che vede la partecipazione di un altro volto di Arotron, Riccardo Pellegrini: “in occasione di questo appuntamento gli spettatori possono scoprire quella fase del lavoro degli attori e del regista che solitamente resta segreta; è una fase particolare perché è fatta anche di errori, di improvvisazioni oltre che di esperimenti da proporre al pubblico poi in via definitiva. In questa fase vengono fuori anche fragilità e vengono messi a nudo sentimenti contrastanti, e perché no? anche quelle paure che spesso gli artisti non mostrano in pubblico ed in questa fase però escono fuori dal guscio: in ‘Prove aperte’ non c’è nulla di segreto”.

La comicità paradossale dei testi estremamente attuali combinata al carattere sperimentale della fase delle prove garantisce risate e sorprese.

Inoltre, la prova aperta al pubblico risulta essere anche un’occasione unica per scoprire il dietro le quinte del lavoro del regista e padre dell’Arotron, Franco Mannella.

L’ingresso è libero a donazione volontaria, ma la prenotazione è obbligatoria perché i posti sono limitati. Per Informazioni e prenotazioni contattare il 345.5411135.




IL VESCOVO FUSCO CELEBRA LA PASQUA CON I DETENUTI

Mons. Fusco: “Sono venuto a portarvi la Parola di vita eterna”

Sulmona, 2 aprile 2024. Una celebrazione semplice, ma ricca di commozione e significato quella celebrata ieri mattina da Mons. Michele Fusco, vescovo di Sulmona-Valva, nella Casa circondariale di Sulmona.

“Qualcuno tra voi mi ha chiesto «che cosa ci ha portato Padre vescovo?»”, ha esordito mons. Fusco durante l’omelia, “sono venuto a portarvi qualcosa che non perisce, che non termina nel giro di una festa: sono venuto a portarvi la Parola di vita eterna, Cristo Gesù nostro Signore, l’unico che può rendere liberi realmente, al di là delle contingenze; è difficile parlare di libertà qui dentro, ma è la libertà che solo Dio può donare al cuore di ogni uomo aldilà di ogni situazione”.

Nei giorni scorsi è stata consegnata a Mons. Fusco, per mano del Cappellano di Sulmona, padre Lorenzo Marcucci, la “Croce della Speranza”, progetto, promosso dall’Ispettorato Generale dei Cappellani, nella persona di don Raffaele Grimaldi, in collaborazione con l’Associazione dei Cappellani delle Carceri “San Giuseppe Cafasso”, con la Caritas Regina Pacis e con l’Associazione “Liberi nell’Arte”, grazie al supporto dell’Accademia Internazionale Arti e Restauro.

In quella occasione il vescovo di Sulmona-Valva espresse la sua piena gratitudine per quel dono, segno di speranza e riconciliazione.

“Vorrei poter ringraziare”, conclude Mons. Fusco, “la Direzione della Casa circondariale, nella persona del dott. Stefano Liberatore, sempre attenta nella gestione dei servizi, che mette sempre al centro dell’azione di recupero la persona con i suoi bisogni primari”.




MAUD HOWE ALLO ZAMBRA

Prima presentazione al pubblico del “Diario di una Viaggiatrice” per il progetto Comete

Ortona, 2 aprile 2024.  Chi è Maud Howe? È una donna estremamente attuale.  Nasce a Boston il 9 novembre 1854: è giornalista, scrittrice e rivoluzionaria, è autrice di numerose opere che spaziano dalla saggistica alla narrativa di viaggio, passando per la biografia e il romanzo ed affronta tematiche di grande modernità con sentimento ed emozione.

Maud Howe, però, è anche la prima protagonista femminile del vasto progetto “Comete – Scie d’Abruzzo” di Ianieri edizioni e diretta dallo scrittore e sceneggiatore abruzzese Peppe Millanta: il titolo del quarto volume della serie blu dedicata alla narrativa di viaggio è “Diario di una viaggiatrice, tra luoghi e identità d’Abruzzo”.

Grazie alla collaborazione tra Unaltroteatro di Arturo Scognamiglio e Lorenza Sorino e la Libreria Moderna Fabulinus & Minerva di Ortona di Micaela Ortolano, il Cinema Auditorium Zambra di Ortona ospita l’11 aprile alle ore 18.00, la prima presentazione di questo nuovo volume tutto al femminile.

Dopo i saluti della Sorino, racconteranno il viaggio della scrittrice americana, la Professoressa Emanuela Ettorre; la Professoressa Martina Russo che ha curato introduzione, traduzione e note, e la scrittrice Kristine Maria Rapino che ha scritto la prefazione del volume. Modera la giornalista pescarese Alessandra Renzetti.

Howe vuole offrire ai lettori una visione realistica dei luoghi, delle persone, dei loro costumi e delle loro tradizioni, anche a costo di apparire sconveniente e a tratti rude ed infatti la sua è una narrazione fortemente antropologica: esplora la cultura, le pratiche sociali, le credenze dei personaggi e dei luoghi rappresentati. Ciò comporta, appunto, un’attenzione particolare ai dettagli culturali, ai valori e ai comportamenti sociali che influenzano il modo in cui gli individui interagiscono tra loro e con l’ambiente circostante. Con il suo linguaggio lineare e spontaneo, indubbiamente, non omette anche critiche.

Il  volume raccoglie la traduzione di un estratto dell’edizione del 1909 di Roma Beata: Let ters from the Eternal City, pubblicata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1903: si tratta di un epistolario, una serie di lettere che idealmente Maud Howe indirizza alla sorella Laura ed è una narrazione che ripercorre alcune delle tappe della sua lunga permanenza in Italia, dal gennaio del 1894 all’agosto del 1900. La scrittura di Maud Howe offre immagini ricche di dettagli, e ci sono continui rimandi pittorici, sembra di vedere tutto ciò che lei descrive, e le sue parole sono accompagnate ad una serie di disegni del suo uomo, John Elliott, presente come personaggio all’interno del testo con il diminutivo di J. 

In Appendice I treni di Flaiano di Lucilla Sergiacomo riportano indietro nel tempo: la lettura dà la possibilità al pubblico di conoscere un altro interessante personaggio quello di Don Oreste De Amicis, proclamatosi dio ed originario del comune vestino di Cappelle sul Tavo (PE).

“Comete” si avvale del lavoro di un comitato scientifico di docenti dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti – Pescara, Dipartimento di Lingue e Letterature Moderne con il Direttore Carlo Martinez, che ha collaborato con Millanta per la scelta dei testi, traduzioni, introduzioni critiche e storiche: tra i docenti si annoverano Barbara Delli Castelli, Emanuela Ettorre, Antonio Gurrieri, Maria Chiara Ferro, Lorella Martinelli, Fabrizio Ferrari, lo stesso Martinez, Ugo Perolino e Michele Sisto.

Il progetto di 36 volumi di Comete diviso in tre serie da 12 uscite (narrativa di viaggio, Abruzzo immateriale, Abruzzo letterario) vanta i seguenti partner: Borghi Autentici, I Borghi più Belli d’Abruzzo, I Parchi Letterari ed Il Parco Nazionale della Maiella.




GIORNATE NAZIONALI DEI PERSONAGGI ILLUSTRI ITALIANI

Villa de Lollis aderisce all’evento in programma per il 6 e il 7 aprile 2024

Casalincontrada, 2 aprile 2024. Il Centro Culturale Cesare de Lollis aps accoglie in Villa de Lollis tutti i visitatori che hanno voglia di conoscere la storia del grande filologo Cesare De Lollis con la prima opera filmica “Cesare de Lollis,  uomo di Casalincontrada e del mondo” e con la prima esposizione di opere, oggetti e manoscritti del grande letterato.

Il programma delle due giornate:

Sabato 6 aprile ore 11 – 13/ 14 – 19 visione del documentario e visita guidata gratuita solo su prenotazione

Domenica 7 aprile ore 11- 13/ 14 – 19 visione del documentario e visita guidata gratuita solo su prenotazione

Patrocinio del Ministero della Cultura e di ICOM Italia.




LA LEZIONE DI TOMMASO MORO (PROTETTORE DEI POLITICI) NON TRAMONTA

Politcainsieme.com, 1° aprile 2024. Il 26 luglio 1991, Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica, in occasione del conferimento della laurea “honoris causa” in filosofia, da parte dell’ Accademia Internazionale di Filosofia del Liechtenstein, tenne un discorso – “Il potere e la coscienza” – che, di questi tempi, merita di essere ripreso e da cui è tratta questa citazione, di cui dovrebbe far tesoro, se mai ne fosse capace, la nostra attuale classe politica: “Anche se non bisogna sottovalutare la funzione educativa della legge, non bisogna neppure dimenticare che il legislatore deve forse stare un passo, ma solo un piccolo passo, davanti alla collettività, se davvero vuole governarla.

Se si limita a stare in mezzo alla collettività e a registrare la coscienza che essa già ha, allora non governa, ma piuttosto è governato. Se sta due passi davanti alla collettività, invece di uno, e cerca di forzarla a camminare a un ritmo che la gente comune non comprende e non accetta, egualmente non governa, perché la gente non è in grado di seguire. Il politico, dunque, media tra l’ideale e le condizioni concrete della vita del suo popolo. Per fare questo, non è superfluo dirlo, deve amare il suo popolo; deve sentire la grandezza della dignità e della vocazione umana di ciascuno dei suoi membri nonostante i limiti e i difetti che deve conoscere, e riconoscere, anzitutto in sé e poi con realismo, ma senza presunzioni, nei suoi concittadini. Il più piccolo frammento di valore incarnato nella vita di uomini reali vale assai più della più bella delle utopie contenute solo nei libri.

In secondo luogo, il politico deve possedere il dono della pazienza, dell’ironia e soprattutto della autoironia. Pazienza perché una vita basta appena – e solo se si ha fortuna ! – ad accompagnare il proprio popolo per un passo del cammino verso il bene; ironia per vedere con chiarezza e compatire le umane debolezze, soprattutto misurando le proprie e misurare serenamente e senza scoraggiarsi la distanza tra l’ideale e la realtà; autoironia, per non sopravvalutare né le proprie intenzioni ( anche i politici, anzi i politici più di ogni altro, sono esposti a tutte le umane tentazioni, anzi a queste in modo specifico!) né il proprio ruolo né i propri meriti: anzi, questi, sempreché li abbia, farà meglio a non considerarli affatto.

Se pur riesce a fare qualcosa di buono, ciò dipende in genere dal concordo di circostanza favorevoli, dall’opera di tanti, amici ed avversari e, in ultima istanza, dall’ opera misteriosa della Grazia di Dio”.

La lezione di Tommaso Moro (protettore dei politici) non tramonta – Politica Insieme




OMELIA DEL LUNEDÌ DELL’ANGELO

don Marcello Stanzione

Ma è più esatto parlare dell’Angelo oppure degli Angeli della Resurrezione? San Matteo e San Marco parlano di un solo messaggero angelico; San Luca e San Giovanni invece narrano di due spiriti celesti. Questa contraddizione si spiega senza dubbio dallo stupore angosciato e l’incredulità che si impadronì del gruppo dei discepoli. Infatti, essi, già sconvolti dagli eventi della antivigilia, temendo le persecuzioni delle autorità del sinedrio e forse non troppo fieri della fragile e vigliacca unanimità con la quale tutti, eccetto Giovanni, avevano preso la fuga nel momento cruciale. Fu una mattinata sconvolgente, le donne da un lato, gli uomini dall’altro. E gli Angeli, qui, se testimoniano l’incredibile, spariscono dietro l’essenziale: la presenza impossibile e comunque reale di un uomo morto l’antivigilia nelle atroci sofferenze della crocifissione e che riappare vivente. Occorrevano almeno delle apparizioni angeliche per preparare gli spiriti dei discepoli a qualcosa di così enorme. Perché i Dodici erano certo delle persone di un robusto buonsenso popolare totalmente inadatti ad immaginare una storia simile…

Tutto comincia nella notte con un’apparizione delle più classiche: “Ed ecco che si fece un grande terremoto: l’Angelo del Signore discese dal cielo e venne a rotolare la pietra sulla quale si sedette. Egli aveva l’aspetto del lampo, e la sua veste era bianca come la neve. Alla sua vista, le guardie trasalirono di spavento e divennero come morti”.

La vista degli Angeli è temibile quando essi non velano la loro gloria e, qui, essi la manifestano senza scrupoli, atterrando i soldati posti davanti alla tomba dal Sinedrio al fine di impedire il più improbabile prelievo del cadavere da parte dei suoi discepoli, i quali, a quell’ora, sono nascosti, terrorizzati, a casa di amici sicuri.

Secondo l’usanza ebraica, la tomba era sigillata con una pietra molto pesante. Che una forza estranea l’abbia fatta ondeggiare fuori dall’entrata sarà il primo segno che è accaduto un evento inatteso.

Venute di buon’ora la domenica mattina al fine di rendere al morto le cure funebri che esse non avevano potuto compiere il venerdì sera perché il sabato cominciava, le donne si chiedevano giustamente come avrebbero fatto per spostare quella pietra. Forse contavano sull’aiuto pietoso delle guardie in questione poiché non avevano potuto convincere nessuno degli uomini del gruppo di accompagnarle… Impresa troppo pericolosa secondo essi che temevano di fare la stessa fine di Gesù…

Ora la pietra era stata tolta ed il sepolcro era aperto. Né Maria Maddalena né alcuna delle sue compagne immaginarono un secondo che un miracolo senza precedenti avesse avuto luogo; esse credettero, costernate, che il Sinedrio avesse profanato la tomba.

“Esse trovarono la pietra rotolata davanti alla tomba, ma, essendo entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù”.

E l’Evangelista aggiunge che “esse restarono perplesse”; lo si sarebbe stato anche con meno.

Confusa, indignata, Maria Maddalena corse ad avvertire Pietro e Giovanni di quello che era accaduto e chiedere loro soccorso. Durante questo tempo, le altre donne, rimaste sul posto, indecise, “videro un giovane seduto a destra, vestito di un abito bianco, ed esse furono prese da stupore. Ma egli disse loro: “Non temete, E’Gesù il Nazareno che voi cercate, il Crocifisso: Egli è risuscitato, non è qui”.

Secondo San Luca, gli Angeli sono dunque due che hanno dei propositi quasi identici: “Perché cercate tra i morti Colui che è vivente? Egli non è qui; è risuscitato. Ricordatevi come vi ha parlato, quando era ancora in Galilea: bisogna, egli diceva, che il figlio dell’Uomo sia consegnato nelle mani dei peccatori, che sia crocifisso, e che resusciti il terzo giorno”.

Beninteso, le donne, quando entrarono a Gerusalemme e raccontarono la loro storia ai discepoli, si urtarono alla loro incredulità sprezzante (San Luca impiega anche un verbo greco che significa “sparlare”, avere propositi da ubriaco…).

Comunque, inquieti, Pietro e Giovanni si decisero ad andare a vedere, nella speranza di trovare una risposta coerente a questa sparizione di un cadavere. Essi non videro l’ombra di un Angelo; è vero che vederli richiede una certa disposizione di spirito nella quale i due apostoli non dovevano proprio trovarsi quel mattino. Ma, degli Angeli, Pietro e Giovanni avrebbero avuto altre occasioni nella loro vita di incontrarne.

Da parte sua, Maria Maddalena era ritornata anch’essa alla tomba, desiderosa di comprendere. Precisamente, la giovane non comprendeva niente, se non che il corpo dell’uomo che ella aveva tanto amato era stato portato via e che ella era privata da quest’ultima consolazione. Ella restava là, così accasciata di rimpianto che si era messa a piangere a calde lacrime.

 “Ora, piangendo, ella si chinò verso l’interno della tomba e vide due Angeli, in vesti bianche, seduti là dove aveva riposato il corpo di Gesù, uno alla testa e l’altro ai piedi. Questi gli dicono: “Donna, perché piangi?”: Ella dice loro : “Perché hanno portato via il mio Signore ed io non so dove l’hanno messo”. “Avendo detto questo, ella si voltò, e vide Gesù che stava là, ma lei non sapeva che era Lui. Gesù le disse: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Prendendolo per il giardiniere, ella le disse: “Signore, se sei tu che l’hai preso, dimmi dove l’hai messo, ed io andrò a cercarlo!”. Gesù le disse: “Maria!”.

In questo nuovo giardino dell’Eden, dove Dio in persona ha preso il posto di Adamo e dove, attraverso la peccatrice pentita, è Eva che sta per essere perdonata per sempre, dove la donna, strumento della morte e del peccato, sarà trasformata in messaggera della Vita e della Redenzione, che importa degli Angeli a Maria? A differenza di tutti i personaggi biblici, eccezion fatta della Vergine, ella non cade di terrore alla vista dei due giovani in bianco. Quello che la preoccupa, è Gesù e solo Gesù. Chi sono gli Angeli al suo fianco?

Questo atteggiamento di Santa Maria Maddalena che, nella sua ricerca ostinata ed angosciata del suo Benamato sparito, gira le spalle ai messaggeri porta in germe tutto l’atteggiamento cristiano verso gli Angeli: essi sono là ma non devono sotto nessun pretesto velare od eclissare la presenza di Cristo. E gli Angeli, al momento, non sognano ad offuscarsi per il suo atteggiamento; è evidente per essi che Maddalena reagisce come occorre. Ella non si sbaglia di amore né di oggetto della sua adorazione, cosa che le vale di essere la prima onorata dall’apparizione del Risuscitato. Ad ella il posto d’onore, perché ha molto amato.




LA CORSA DI PASQUA

[Pubblicato in “D’Abruzzo”, A. VII, n° 25, Ortona (CH), 1994.]

di Franco Cercone

Sulmona è famosa non solo per aver dato i natali ad Ovidio Nasone, oppure per i suoi insuperabili confetti, ma anche per la Madonna che scappa in Piazza, sacra rappresentazione che si svolge la mattina di Pasqua e che rappresenta l’epilogo solenne di un complesso ed articolato rituale drammatico gestito dalle confraternite della Trinità e di Santa Maria di Loreto.

Tutto inizia il Giovedì Santo a sera e prosegue il venerdì con la processione di Cristo morto e il sabato con la mesta cerimonia del trasporto della Madonna in lutto alla chiesa di San Filippo.

Le origini della confraternita della Trinità a cui aderirono i casati cittadini più prestigiosi, come i Mazara, i Sanità, i Corvi, appaiono strettamente legate alla Congrega dei nobili, istituita dai Gesuiti alla fine del Seicento; questa mantenne inalterato il carattere egemone almeno fino all’Unità d’Italia,

quando la nobiltà cittadina scoprì le nuove vie politico-amministrative da seguire lasciando l’atavica

eredità a forze sociali emergenti nella classe artigianale e imprenditoriale.

Il sodalizio di Santa Maria di Loreto sembra invece presentare origini diverse alle quali bisogna rifarsi per tentare di comprenderne il costume di gruppo. Il borgo che si forma attorno a Santa Maria

della Tomba, al di fuori della cinta muraria di cui la città si munisce agli inizi del Trecento, raccoglie

non solo nuclei familiari appartenenti a strati sociali non egemoni, ma anche forenses dei castelli vicini attratti dalle possibilità di lavoro offerte dai nuovi mezzi tecnici per il dissodamento dei terreni e per la tessitura.

Tra il nucleo storico urbano e i nuovi borghi extramoenia, si instaura una comprensibile diffidenza che sembra coinvolgere anche il clero delle chiese qualificate de fore, rispetto al Capitolo e mette in

atto una serie di procedure cerimoniali spesso contrapposte.

Oggi i compiti delle due confraternite sono ben distinti: quella della Trinità esegue la processione del Cristo Morto e quella della Madonna di Loreto la Madonna che scappa in piazza. Inoltre, a ricordo forse di più complesse manifestazioni religiose dei tempi passati, la confraternita di Santa Maria di Loreto esegue nel pomeriggio del Venerdì Santo anche una processione che, pur svolgendosi entro uno spazio cittadino limitato, non di rado ha ingenerato nei turisti, che per l’occasione affollano Sulmona, l’impressione che si tratti della ormai famosa processione della Trinità.

Ma il punto centrale della manifestazione vive e si consuma nella mattina di Pasqua. L’orgoglio di appartenere al sodalizio della Madonna di Loreto, al quale spetta il compito di provvedere alla rappresentazione di Pasqua, è un sentimento che si scopre da bambini nel lungo e costante apprendistato fatto di rispetto ed ammirazione per i confrati adulti.

Nel grandioso scenario di Piazza Garibaldi, a cui fa da cornice una folla impressionante di spettatori provenienti da ogni parte d’Italia e d’Europa, si avverte la sensazione di trovarsi in mezzo al teatro più bello del mondo.

Non è dettata solo da una curiosità turistica per uno spettacolo singolare, la presenza che spinge i sulmonesi ad assiepare i lati della piazza e le arcate dell’acquedotto medioevale. Per tutti, ogni anno, l’evento rappresenta il segno tangibile del tempo che, in una logica che supera gli angusti confini del quotidiano, rinasce e ritorna nuovo e perfetto. Una percepibile emozione è sospesa tra un lato e l ‘altro della piazza: l’attesa collettiva si consumerà solo nell’attimo della corsa.

Verso mezzogiorno, terminata la messa solenne nella chiesa di Santa Maria della Tomba, la scorta d’onore spalanca l’antico portone della trecentesca chiesa della Tomba da cui esce la processione delle statue che si snoda con in testa il gonfalone della Confraternita di Santa Maria di Loreto.

I portatori della Confraternita di Santa Maria di Loreto infatti aprono il corteo con la statua di Cristo Salvatore a cui fanno seguito quelle di San Pietro e San Giovanni; l’imponente apparato processionale della Confraternita della Madonna di Loreto dà avvio dunque alla prima parte della rappresentazione; i confratelli in abito di gala, con il caratteristico mozzetto di seta verde, reggono i ceri votivi nel passaggio sotto l’acquedotto medioevale, i giovani portatori di torce votive, entro la perfetta cornice ogivale, sono una immagine che richiama alla memoria la suggestione di situazioni festive e mitiche, oltre la scansione definita del tempo.

Una immagine che ogni anno si ripete sempre uguale a sé stessa e sempre nuova.

Alcuni confrati, con il caratteristico mozzetto verde, sorreggono la statua del Cristo risorto, altri quelle di San Giovanni e San Pietro, le uniche rimaste di un ben più numeroso gruppo di personaggi che animavano un tempo la sacra rappresentazione. Scriveva infatti il De Nino, nella seconda metà del secolo scorso: “Verso le dieci del mattino, esce la processione dalla chiesa di Santa Maria della Tomba. Si vede una filatessa di statue: San Pietro apostolo, San Giovanni Battista, San Giuseppe d’Arimatea, San Pier Celestino, San Tommaso, San Nicodemo, San Giovanni Evangelista, Sant’Andrea pescatore e altri; e poi statue di femmine: Sant’Anna, Santa Maria Maddalena, Maria Salome, Maria Cleofe. Da ultimo la statua di Gesù risorto. E la Madonna? La Madonna si è nascosta in una casa in fondo alla piazza”

Mentre in prossimità dell’acquedotto medioevale la statua del Cristo risorto si ferma, quelle di San Pietro e San Giovanni, ciascuna portata da quattro confratelli lauretani, proseguono verso la chiesa seicentesca di San Filippo Neri, dove la sera del Sabato Santo, con una mesta quanto toccante cerimonia, la Confraternita di Santa Maria di Loreto ha accompagnato la statua della Madonna vestita a lutto. Le statue si fermano sul sagrato. Si reca per primo San Giovanni ad annunciare alla Madonna che Cristo è risorto, ma il portale resta chiuso. Il secondo tentativo è compiuto allora da San Pietro, ma con lo stesso risultato, poiché per i fedeli egli è na ‘nzegne fauzóne (un po’falso), con evidente allusione all’episodio del Vangelo in cui Gesù predice a Pietro: prima che il gallo canti mi rinnegheraitre volte.

È notevole in tale circostanza l’atteggiamento negativo che traspare dal volto di molti fedeli nei confronti del Principe degli Apostoli. Sradicata dal contesto evangelico, l’immagine di San Pietro si carica di segni umani e, secondo precisi schemi antropologici, viene inserito, come molti altri santi, in un quadro religioso contadino, decisamente collegato ai problemi più corposi e concreti della vita quotidiana.

Fallito il tentativo di San Pietro, tocca ancora a San Giovanni annunciare alla Madonna che Gesù è risorto. La Madre, questa volta, non può non credere all’apostolo prediletto dal Figlio: un brusio intenso si alza così dalla folla, mentre pian piano si apre il portale della chiesa di San Filippo.

Per qualche attimo la Vergine, fra il silenzio più assoluto della folla assiepata in piazza, sosta sulla

soglia e il portale assume l’aspetto di una singolare cornice di un quadro in cui spicca il colore nero

del manto che Lei indossa.

Seguita a distanza da San Pietro e San Giovanni, che hanno ormai esaurito il loro compito, la Madre

si incammina lentamente verso la parte opposta della piazza, dove è in attesa il Cristo risorto.

A una distanza stabilita, e corrispondente all’incirca alla metà dell’intero percorso, i portatori sollevano la statua, segno questo che la Madonna ha riconosciuto il Figlio, e danno vita ad una frenetica corsa. Fra un assordante sparo di mortaretti il mantello nero cade e la Madonna riappare nella consueta veste verde.

Sulla mano destra, al posto del fazzoletto bianco che fa parte del corredo da lutto, la Madre regge una rosa rossa, sbocciata quasi d’incanto durante la corsa. Nello stesso istante in cui Le viene fatto cadere il mantello nero, grazie a una cordicella nascosta all’interno della statua, si liberano nell’aria dodici Colombi sistemati in precedenza sotto il piedistallo con accorgimenti circondati dal più assoluto segreto. Dalla direzione che essi prendono, i fedeli traggono auspici per l’annata agricola: sarà eccellente se i colombi, appena liberati, puntano in alto, mentre sono ritenuti segni nefasti il volo radente e l’eventualità che alla Madonna non cada bene il velo.

Non minore attenzione viene rivolta ad episodi di cui si rende protagonista la Madonna stessa. Durante la processione di Pasqua nel 1980, la statua della Madonna corse il rischio di rovinare di fronte al palazzo dell’Annunziata. Non pochi interpretarono l’incidente come malaugurio, tanto più che esso era stato preceduto da altri segnali negativi, come per esempio il manto non caduto bene durante la corsa. Furono fatti allora presagi infausti per il 1980, confermati purtroppo dal terribile terremoto che a novembre di quell’anno, colpì il Meridione.

Più grave apparve l’incidente accaduto nell’edizione della Pasqua del 1987 allorché, durante la corsa, la statua della Madonna si inclinò indietro, a causa di una stanga sfuggita dalle mani di un anziano lauretano. L’episodio gettò nel più amaro sconforto l’enorme folla che assisteva in piazza Garibaldi alla sacra rappresentazione. Gli eventi sociali e politici verificatisi dal 1987 in poi, generalmente positivi su scala mondiale, hanno affievolito per fortuna questa suggestione così radicata nel popolo sulmonese.

Appena ultimata la corsa la Madre può riabbracciare il Figlio creduto morto. Si forma così una grande

processione a cui partecipano le Autorità cittadine e religiose, nonché le confraternite della Madonna

di Loreto e della Trinità, che per l’occasione sfilano insieme in un rinnovato clima di concordia e di pace.

[La manifestazione si svolge a mezzogiorno della domenica di Pasqua in Piazza del mercato. A chi volesse seguire la manifestazione nelle sue varie fasi si consiglia di attendere l’uscita della processione da Santa Maria della tomba. Chi invece predilige una visione della fase conclusiva è opportuno che si sistemi per tempo dalle parti dell’acquedotto medioevale.]

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PANE E BELLEZZA IN MONTAGNA

In Montagna c’è il Cai …

L’impegno del Cai è costante e positivo. In questa fase dai tanti turbamenti la Montagna è una certezza e con il Cai la si scopre passo dopo passo, giornata dopo giornata.

Non tutti sono consapevoli di quante opportunità offra la Montagna e di come il Cai le metta a disposizione di ogni appassionato.

Accompagnati dai soci Cai si svelano luoghi e si incontrano persone. Da curiosi si impara a osservare e gustare quello che si vede e si tocca.

Tutto l’anno

La Montagna la si vive in ogni stagione. Il bel tempo è il miglior compagno di escursione, ma ben equipaggiati ogni situazione meteo è sostenibile. Ascoltate le previsioni, è sempre meglio essere previdenti con uno zaino adeguato a circostanze ed esigenze, da indumenti leggeri a qualcosa di pesante.

Leggere sempre…

Ci sono nuovi traguardi tra consapevolezza e partecipazione, da giovanissimi a meno giovani. È sufficiente sfogliare gli ultimi due documenti nel sito Cai Teramo, sulle 2 uscite svolte domenica 24 marzo sul tema della Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo e della tutela dell’ambiente: IL GIRO DEL PUZZILLO PANE E BELLEZZA (link1) e SENTIERI D’ACQUA – FAMILY CAI (link2).

In quota la ricerca della neve (o di ciò che ne resta) sul Monte Puzzillo nel Parco Regionale Sirente Velino. Con i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale, tutto diventa più relativo e localmente imprevedibile, ma l’orientamento è per inverni meno innevati indicando diverse forme di frequentazione della Montagna che superino la matura e costosa realizzazione e mantenimento di impianti di risalita per lo sci.

Lungo il Fiume Vomano seguendo le forme d’acqua.

L’affaccio sulla valle dal paese di Poggio Umbricchio e poi il corso del fiume con il mulino San Giorgio. Letture, racconti e storie per i tanti giovanissimi e le famiglie in cammino e in ascolto. L’acqua narrata si è anche realmente affacciata dal cielo, ma è stata ben accolta.

Il futuro è dei giovani per i quali siamo impegnati a lasciare il miglior mondo possibile.

Da Giacinto Urbani del Gruppo Seniores un chiaro invito: …Il 2023 è stato l’anno più caldo della terra, i profili delle montagne si sono ridisegnati, stanno mutando anche i territori montani e per questo devono cambiare le regole del gioco. Il ruolo del CAI in questo contesto è di promuovere e far conoscere ai propri vecchi e neosoci le nuove regole del gioco (Tutela della Biodiversità, Cultura civile, Salvaguardia ambientale, Riscoperta del paesaggio) …

Lara Pezzoli, insegnante della Scuola dell’infanzia segue con noi il Progetto “acqua fonte di vita” del Cea “gli aquilotti”. I piccolissimi in uscita o nei laboratori seguono sempre con occhi sgranati, mani tese in alto, sorrisi con tutti i denti che hanno. Un continuo inno alla vita. L’immersione corporea e narrativa nell’ambiente fluviale del Vomano ci ha ricordato che tutte le civiltà antiche si sono sviluppate attorno a corsi d’acqua e di come l’acqua è vita….auguriamo a tutti ma soprattutto ai piccoli partecipanti dell’evento di oggi di poter sempre percorrere lunghi sentieri d’acqua e di imparare ad averne cura

Rifugio Enrico Faiani: Cai Castelli e Cai Isola del Gran Sasso

– sabato 6 aprile 2024

I Programmi delle Sezioni Cai sono un’accattivante sommatoria di appuntamenti e segnalo l’invito delle Sezioni Cai Castelli e Cai Isola del Gran Sasso.

Il prossimo sabato 6 aprile, lasciati i giorni pasquali ci ritroveremo a Castelli, alle ore 18.30, accolti dal Rifugio Enrico Faiani, per incontrare Luca Mazzoleni, gestore del Rifugio Carlo Franchetti con il filmato “Chi apre serra, 40 anni nei rifugi del Gran Sasso” (link). Seguirà un piacevole conviviale garantito nella qualità.

Chi apre serra

Chi apre serra racchiude comportamenti essenziali. La corretta frequentazione del rifugio è metafora in ambiente, da lasciare nelle stesse condizioni trovate e se necessario migliorate. Rispetto, consapevolezza e futuro.

Consiglio di venire a Castelli e incontrare questa Sezione Cai di montagna aggregata attorno a un piccolo paese e a un altrettanto piccolo rifugio, posto ai piedi della Parete Nord del Monte Camicia.

Nido ospitale intitolato all’indimenticabile ed eclettico socio Enrico Faiani.

Nuove regole

In una Montagna che cambia le cosiddette “nuove regole” sono pratiche, di buon senso, elogio della bellezza, bene di qualità superiore. 

La frequentazione escursionistica della Montagna ha ricadute positive sul benessere degli escursionisti e sullo stato di salute fisico e/o psichico.

BUONA PASQUA 2024

Gli AUGURI di PASQUA li sento e li voglio carichi di buone speranze.

AUGURI di pace in questo mondo dilaniato dalle guerre e dalla ricerca di armi vecchie e nuove per continuare su questo insensato gorgo di violenze e morti. Sono i civili, con tanti bambine e bambini, a pagare il prezzo di queste situazioni, determinate da una politica incapace, ma ben radicata sulle poltrone del comando, succube di economia e distorta società che negano guerre e crisi climatica.

Meravigliosa Montagna che sai accogliere i giovani e riconoscere loro libertà e ascolto che meritano.




I MACIGNI E LA FORZA DEL RISORTO

Il Vangelo odierno. Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.

Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande.

Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”»  (Mc 16, 1-7 – Pasqua B).

Quando abbiamo problemi seri nella vita, spesso, parliamo di “macigni”, che ci sovrastano o incombono su di noi, o che pesano così tanto da distruggerci. Il macigno delle donne al sepolcro non era metaforico era reale: la porta dell’ingresso del sepolcro. Tra il metaforico e il reale, il macigno della porta ci divide da quel Gesù riposto in un sepolcro nuovo dopo la sua passione crocifissione. I macigni sono tali perché sono enormi, troppo grandi per le nostre fragili e deboli vite e, pertanto, non si possono muovere da soli. Eppure, vanno rimossi: e come? Non certo da soli. Superbia, spocchia, divismo e autoreferenzialità riempiono la scena di questo mondo civile, politico ed ecclesiale di persone (fatte salve le rare e nobilissime eccezioni) che mostrano muscoli e credono di spostare macigni come le guerre, le crisi sociali, ambientali ed economiche con la bacchetta magica. Sono solo “squallide figure che attraversano il Paese” – cantava Battiato – e ci riempiono di chiacchiere così stucchevoli e logore che appesantiscono i macigni. Ma torniamo a Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme, di tutt’altra pasta e saggezza.

La mattina della Resurrezione è una lezione per loro e per noi. I macigni si spostano insieme o, il buon Dio, alcune volte ci viene incontro e li “sposta” lui. Come e quando non lo so. Ma il perché è Lui a dirlo: È Risorto! Affermare che il Signore è risorto non è semplicemente dire che il Signore è risorto e risorge ogniqualvolta il bene vince il male, la vita vince la morte e così via. Devo essere sincero: per quanto questa risposta sia vera, essa non convince molto, dal punto di vista cristiano. Se la resurrezione è la sintesi dell’eterna lotta tra bene e male, il tutto mi sembra ridotto a un gioco di forze, di una lotta continua tra bene e male e di un progresso che segna, a suo favore, le vittorie del bene. Ma qui, nei Vangeli, non si parla di forze, ma di persone: Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salòme e, soprattutto, Gesù. È Lui il Risorto, non la “forza” del bene, ma una persona: Lui crocifisso e risorto.

La resurrezione è un evento fuori della nostra portata, è metastorico, apre la storia umana a prospettive non umane: in essa è vinta la morte, quella morte che chiude la storia di ogni persona. Quella che viviamo come “il” macigno per eccellenza. La resurrezione avviene perché il Cristo, con la potenza del Padre, torna a vivere in una dimensione diversa. Bisogna credere ciò o non crederlo. Altrimenti laicizziamo la resurrezione fino a far scomparire la centralità del Cristo.

Il senso della resurrezione è che noi cerchiamo un crocifisso, mentre è Risorto, noi pensiamo a forze in lotta tra loro e, invece, il Signore Risorto si presenta a noi in vesti diverse. Non è una forza, E’ una persona. E ci precede sulla nostra strada, quella su cui ci sono macigni piccoli e grandi. Se crediamo che è così lo vedremo, nei modi e nei tempi che Lui stabilirà. Infatti, non è risorto solo per sé. È risorto per noi, per guidarci, attraverso sentieri di morte, su sentieri di vita. Dove non c’è macigno che tenga.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]




AL VIA IL NUOVO APPALTO TEKNEKO

Obiettivo raggiungere l’84% della differenziata in sette anni

Avezzano, 30 marzo 2024. Raggiungere l’84% della raccolta differenziata in sette anni. È questo l’obiettivo che si sono posti Tekneko e Comune di Avezzano che ieri hanno sottoscritto il nuovo contratto per la gestione del servizio di igiene urbana fino al 2031. Cento fototrappole per contrastare l’abbandono dei rifiuti, dieci isole informatizzate a servizio dei commercianti del centro e di alcuni condomini della zona nord della città e poi squadre di qualità per controllare e migliorare lo spazzamento delle strade e poi più tecnologia grazie all’app che permetterà di prenotare i servizi a domicilio direttamente dal proprio smart-phone ma anche di essere sempre aggiornati su tutto ciò che fa Tekneko in città.

Ci sarà un costante controllo del territorio per contrastare l’abbandono dei rifiuti sia attraverso le fototrappole che verranno installate di volta in volta nelle aree più a rischio, sia con l’utilizzo dei droni che trimestralmente sorvoleranno la città con l’intento di scovare le eventuali micro – discariche. E poi ci saranno un eco sportello sempre più vicino ai cittadini che sarà aperto in municipio, una promozione costante del compostaggio domestico e la gestione del centro del riuso che non sarà solo reale, nella sede che sta per essere terminata in via Generale Rubeo, ma diventerà anche virtuale.

“Abbiamo offerto il meglio per la città di Avezzano”, ha commentato il Presidente di Tekneko, Umberto Di Carlo, “le ultime tecnologie, più attenzione per le criticità e maggiori controlli per garantire un servizio eccellente. Arrivare all’84% di raccolta differenziata è una sfida importante, ma siamo certi che insieme riusciremo a vincere questa sfida e a scrivere insieme una pagina importante della storia di questa nostra Terra”. Nel nuovo appalto, che partirà lunedì primo aprile, sono previste anche dieci isole informatizzate. Cinque saranno sistemate in centro e permetteranno ai commercianti, che le potranno utilizzare tramite la green card consegnata da Tekneko, di eliminare i carrellati lungo i marciapiedi. Altre cinque isole, invece, saranno sistemate nella zona nord della città a servizio di quindici popolosi condomini per migliorare la qualità della raccolta differenziata.

“Puntiamo a migliorare ancora il servizio”, ha spiegato l’assessore all’Ambiente del Comune di Avezzano, Maria Antonietta Dominici, “Avezzano è già da tempo in testa alle classifiche abruzzesi per percentuale di raccolta differenziata; tuttavia, abbiamo voluto alzare l’asticella prevedendo un ulteriore incremento degli attuali livelli di raccolta. Possiamo arrivare alla percentuale dell’84% e ad una maggiore e migliore efficienza sia del sistema di raccolta sia dei servizi di pulizia. Due aspetti determinanti per definire il decoro della città e la qualità della vita”. Un capitolo importante del nuovo contrattato tra il Comune di Avezzano e Tekneko riguarderà proprio il potenziamento dello spazzamento delle strade. Oltre ai mezzi ci saranno più operatori a terra, che faranno un lavoro dettagliato, e poi saranno attivate delle “squadre di qualità” per il mantenimento del decoro della città.




UN ABBRACCIO ALLA CITTÀ

Sindaco e vicesindaco De Cesare su processione: “Rito antico e partecipato che ieri è tornato a fare grandi numeri. Una giornata straordinaria grazie a volontari e forze dell’ordine

Chieti, 30 marzo 2024.La città nella giornata di ieri ha accolto oltre 40.000 persone venute ad assistere alla nostra processione, che per la prima volta dopo tantissimo tempo si è svolta su tutta la piazza centrale e che con il suo passaggio ha consacrato la nuova veste di piazza San Giustino, riqualificata e rigenerata dopo i lavori. Un giorno davvero indimenticabile”, così il sindaco Diego Ferrara e il vicesindaco e assessore alla Cultura Paolo De Cesare.

“La presenza di massa di persone venute anche da fuori l’Abruzzo, ha certificato la vocazione della città ad essere uno dei poli turistici, più importanti della regione, grazie alla sua storia, alla bellezza dei suoi monumenti, ai riti come quello della processione che è uno dei più antichi non solo d’Abruzzo, ma d’Italia e di cui in questi giorni abbiamo sentito parlare sui media nazionali – riprendono sindaco e assessore – A questo abbiamo lavorato in questi anni, mettendo insieme milioni di euro che ci consentiranno di avviare il recupero e la riqualificazione di tutti i suoi edifici più belli e importanti che per anni sono rimasti abbandonati come l’Eden, palazzo Massangioli, gli ipogei della Chieti sotterranea, le chiese e i luoghi che rientrano nella rigenerazione della via dei conventi da piazza Garibaldi in su. Una rinascita che Chieti merita, perché torni ad essere vissuta e frequentata come merita, come è successo ieri e com’è accaduto anche nelle ultime tre stagioni di intrattenimento estivo, all’Arena della Civitella e invernale al Marrucino, coronate da grandi eventi di musica, lirica e teatro e da artisti internazionali. Vogliamo ringraziare tutta la cordata che ha consentito alla processione di svolgersi senza alcun tipo di problema, le forze dell’ordine, i volontari della protezione civile e la Polizia Municipale, anche gli agenti che erano mobilitati, ai quali abbiamo fatto capire quanto l’incolumità pubblica e l’immagine della città siano importanti e prioritari sempre quando l’ordine pubblico deve essere assicurato e tutelato come sappiamo fare bene e da anni. E, infine, grazie alla comunità teatina che ha vissuto e protetto la sua processione, aprendo le braccia come la nostra storia ci ha insegnato a fare e augurando una Buona Pasqua a quanti si sono aggiunti per assistere. Alla città arrivi anche la nostra Buona Pasqua e la speranza di una rinascita piena per cui ci stiamo impegnando con tutte le nostre forze nonostante mille problemi e incredibili difficoltà”.




NEL SUO GREMBO IL CUORE DEL MONDO

Mostra sacra di Eleonora Rinaldi 

don Marcello Stanzione

Campagna, 30 marzo 2024. Dal 23 marzo, inizio della Settimana Santa, fino al 10 aprile nella Chiesa di santa Maria La Nova a Campagna in Provincia di Salerno è esposta l’opera “Nel suo grembo il Cuore del Mondo” realizzata dall’artista Eleonora Rinaldi. Dio, per potersi avvicinare alla nostra umanità e manifestare il suo grande amore, ci ha offerto il dono del suo unico Figlio, il quale si è fatto “carne” in Gesù Cristo”. Gli a sua volta ha dato tutto sé stesso per noi attraverso l’offerta del proprio cuore.

L’artista Eleonora Rinaldi ha voluto rappresentare la Vergine Maria con un nido che accoglie in sé il mistero dell’incarnazione: il cuore vivo e pulsante di Cristo che ha iniziato il suo battito in Maria e nel Suo grembo ha compiuto i primi momenti del cammino di amore e sacrificio che è stato tutta la sua vita.

La natura divina di Gesù e dei Santi è segnata e figurata nell’iconografia cristiana dall’aureola che è un attributo sacro, prevalentemente rappresentata in colo oro. L’opera Eleonora Rinaldi “Nel suo grembo il Cuore del mondo” dà corpo al mistero dell’incarnazione in una sintesi di simboli e rimedi che affondano in una cultura profondamente cristiana. Cuore in terracotta, nido e corona di rovi dei quali si compone, richiama l’idea degli “ex voto” nella sua locuzione latina di ex voto suscepto, secondo la promessa fatta. Quel cuore “incistato” nel nido/grembo è il cuore del Salvatore, il miracolo della salvezza non riguarda un singolo uomo, ma l’umanità intera.

Se la Vergine si fa nido, fa vuoto (Kenosisi) dentro di sé per accogliere nel suo grembo il cuore del Figlio, Egli stesso in una logia Kenotica offrirà tutto di sé, il suo cuore. La regalità della Vergine e di suo Figlio è stata enfatizzata dall’artista con la rappresentazione di un’aureola/corona d’oro simbolo di magnificenza, in realtà corona di spine di quanto simbolo del martirio del Cristo. Se da una parte la soluzione installativa dell’opera richiama l’idea dell’ex voto, la sua preziosità e verosimiglianza del cuore rappresentano, le dà aspetto di “reliquia”. Qui abbiamo un cuore “reliquia” intesa come ciò che rimane del sacrificio di un corpo, il copro di Cristo che ci chiama in causa per un’opera di restituzione del dono enorme che abbiamo ricevuto. Ed è una chiamata al “viaggio” perché questa installazione su teca è un’opera peregrina che intende primariamente transitare per santuari a devozione mariana.

La devozione al Sacro Cuore s’è espressa, nella pietà cattolica, a seguito della predicazione d’un San Giovanni Eudes, del messaggio delle apparizioni e rivelazioni di Santa Margherita Maria Alacocque. La Chiesa ratifica quest’omaggio all’amore fervente, troppo spesso sconosciuto, di Cristo per gli uomini. Ma essa non è andata a cercare altrove se non nella Scrittura i testi scelti per la liturgia di questa festa, talmente l’idea dell’amore di Dio, di Cristo è parte integrante della Rivelazione, della fede tradizionale dei cristiani, del contenuto della Sacra Scrittura.

La novità di questa devozione risiede nell’immagine del cuore di carne, simbolo di quest’amore di Gesù e proposto come tale ai nostri omaggi. In Nostro Signore il corpo e l’anima sono uniti alla divinità. Così la forma popolare ed espressiva della pietà al Sacro Cuore riposa su di una sana teologia e la sua espressione a nessuna altra fonte che a quella della Scrittura per dare al suo culto pubblico l’insegnamento di verità e l’attrattiva suscettibile di eccitare, in noi uomini, il nostro amore.

Il testo della Lettera agli Efesini ne è la prova. La liturgia, dopo San Paolo, ci invita a conoscere l’amore di Cristo. In una precedente frase, tutte le misure di dimensioni, lunghezza, profondità, altezza, larghezza, sono evocate per dire l’immensità fuori d’ogni limite d’un simile amore. Invitando gli Efesini e, con essi, tutti i fedeli a prenderne coscienza, ad averne una scienza esatta, San Paolo aggiunge che simile conoscenza non è totalmente possibile. Alcune cose sorpassano, interamente o parzialmente, la comprensione dell’intelligenza umana. Questo è vero non dell’esistenza, ma della natura intima di Dio, della percezione integrale nella loro realtà profonda delle sue perfezioni, delle loro intime attività. Noi arriviamo a cogliere l’amore di Dio, di Cristo per noi: tante prove ci sono state date! Tante note pervengono al nostro spirito ed al nostro cuore! E questa conoscenza, anche imperfetta, ci fa sentire, secondo la parola stessa di San Paolo, “questa pienezza di Dio”, Sovrana Intelligenza, Sovrana Bontà, Sovrana Bellezza, Sovrano Amore.

L’Amore dei nostri cuori umani sembra avere delle ali. Ci fa salire quando si porta verso Dio e ci riempie di quest’impressione di pienezza, di ricchezza spirituale, di riempimento quando ci permette di scoprire maggiormente Dio, troppo poco conosciuto e profondamente desiderato da degli esseri fatti da Lui e per Lui. Di fronte all’opera dell’artista Eleonora Rinaldi mi sgorga dall’animo questa preghiera spontanea:

“Signore Gesù, dammi, con le tue ispirazioni e per l’azione della tua grazia in me, il senso del divino, la percezione d’amore del tuo cuore così buono, così pieno di pietà, di condiscendenza, come d’affezione fraterna per noi uomini, per ognuno di noi, per me. Io voglio amarti. Ma perché il mio amore sia più vivo, più ardente, dammi di conoscerti meglio, di comprenderti meglio, di penetrare più avanti nella tua santa anima umana, così ricca d’amore per me.

È allora che avrò veramente la scienza del tuo cuore “che ha tanto amato gli uomini”.

Campagna: Mostra sacra di Eleonora Rinaldi   – Dentro Salerno




CARI GIOVANI,

la mia lettera di aprile vi giunge a poche ore dall’annuncio della risurrezione di Gesù.

La tomba è vuota!

A differenza di Lazzaro, anche lui miracolosamente ritornato in vita, Gesù è e resta nella storia. Non ritornerà più nella tomba.

È importante questa differenza. La risurrezione di Gesù non è un miracolo. Lazzaro morirà di nuovo. Gesù vivrà per sempre da Risorto!

È la scelta di Dio di restare sempre in mezzo a noi.

Un fastidio? Un’intrusione? Se fosse un miracolo sì! Ma se è stata la scelta di amarci non più dall’alto, come avrebbe potuto, ma di donarci una nuova possibilità di vivere la nostra esistenza, forse sarebbe opportuno verificare.

Cari amici,

io vi consiglio di verificare questa opportunità.

In passato, forse, poteva apparire ininfluente.

Oggi le proposte di vita sono tante e accattivanti.

Nel mondo moderno la verifica è decisiva!

Siamo di fronte ad un amore incondizionato, come vi ricordavo nel cammino quaresimale.

Il salire sulla croce e fare l’esperienza della morte sono il segno che tutta la mia esistenza è stata vissuta da Gesù.

Con la Sua resurrezione è la tua vita che ha la possibilità di superare l’esperienza della morte, anche nel tempo e nello spazio.

Sei qualcuno e non qualcosa!

Ciò è possibile perché Gesù è risorto.

Molti non lo sanno. Se lo sapessero la società moderna sarebbe davvero un’esperienza bellissima, magnifica come diceva San Paolo VI.

Cari giovani,

non abbiate paura di rendere la vostra vita affascinante.

Il mondo moderno affascina quando ti aiuta ad essere costruttore.

È il motivo per cui Gesù è risorto. Con Lui puoi scoprire e vivere la vera modernità.

Cammina con te perché tu sia coinvolto nelle vicende umane, ma mai travolto.

“Perché cercate tra i morti Colui che è vivo? Non è qui, è risorto!” (Lc 24,5).

Anche tu non cercare Gesù tra i morti, ricordando di Lui solo qualche messaggio o qualche miracolo.

Il vero miracolo è che tu sei importante per Lui: non lo vedi fisicamente, ma ti è vicino, anzi è dentro di te.

Domenica prossima lasciati guidare da Tommaso: era incredulo, voleva verificare. Anche tu non aver paura.

Verifica e vedrai che incontrerai Gesù che ti aspetta per dirti: non essere incredulo, ma credente!

È l’augurio che rinnovo a tutti voi.

Il mondo ha bisogno di testimoni del Risorto per costruire un mondo di pace e di progresso per tutti.

Insieme scopriamo la vera modernità.

Con la mia benedizione.

Vostro,

+ Lorenzo, vescovo

Appuntamenti:

Incontro con i giovani della Forania di San Nicolò a Tordino

Giovedì 18 aprile ore 20:30

Parrocchia S. Maria in Herulis – Chiesa Maria Ss.ma Regina della Famiglia – Bellante Stazione

Incontro con i Giovani della Forania di Montorio al Vomano   

Sabato 27 aprile ore 16:00

Parrocchia S. Paolo Apostolo – Torricella Sicura




IL BUON LADRONE E LA SPERANZA

di Mons. Michele Pennisi

Politicainiseme.com, 30 marzo 2024. Soltanto il Vangelo di Luca parla di un buon ladrone, come viene normalmente chiamato nella tradizione cristiana. Il malfattore pentito crocifisso alla destra di Gesù ne difende l’innocenza, lascia spazio al riconoscimento del proprio male, ha la fede e il coraggio di affidarsi totalmente a Lui, che per tutta la vita ha perdonato i peccatori.

Il buon ladrone si rivolge i direttamente a Gesù con confidenza, chiamandolo per nome invocando il suo aiuto. “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” è il grido accorato della sua preghiera. E la risposta di Gesù non tarda a farsi sentire, preceduta dalla formula caratteristica delle sentenze più importanti: «In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso».

Mentre il buon ladrone parla al futuro, la risposta di Gesù non si fa aspettare; parla al presente. È un’assicurazione solenne di una salvezza già per “l’oggi”, che è un intreccio tra il presente e l’eternità, perché il futuro escatologico della salvezza è già qui in Cristo Crocifisso. Gesù non gli dice: sarai accolto in paradiso, ma “con me sarai in paradiso”. Il Regno, il Paradiso, è stare con Gesù, è la sua compagnia.

La salvezza del ‘buon ladrone’ è la sintesi e il primo frutto della “buona notizia” del Vangelo della misericordia, che consiste nella comunione con Gesù nel suo Regno. Nell’ora della croce, la salvezza di Cristo raggiunge il suo culmine; e la sua promessa al buon ladrone rivela il compimento della sua missione: è il dono gratuito del regno a chi non ha fatto nulla per meritarselo, è la parola scandalosa della croce che dice che Gesù muore per i peccatori.

Nelle parole di Gesù al ladrone pentito, che ribaltano qualunque nostro criterio di giustizia retributiva, si sottolinea che ogni uomo, anche il più colpevole, può salvarsi fino all’ultimo istante della sua vita, se si apre alla fede in Gesù.

Il “buon ladrone” e la speranza – di mons Michele Pennisi – Politica Insieme




IL SILENZIO

Non assenza di suono, ma scoperta del Risorto

di fra Emiliano Antenucci

Avezzano, 30 Marzo 2024. Risuonano le parole sul silenzio di papa Francesco nella Via Crucis di quest’anno: “Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri. Gesù, mi accorgo che ti conosco poco perché non conosco abbastanza il tuo silenzio; perché nella frenesia di correre e fare, assorbito dalle cose, preso dalla paura di non stare a galla o dalla smania di mettermi al centro, non trovo il tempo per fermarmi e rimanere con te: per lasciare agire te, Parola del Padre che operi nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote: m’insegna che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza”.

Il silenzio non è assenza di suono o di parole, ma è la scoperta della presenza del Risorto. Il silenzio è il seme della speranza e della resurrezione, caduto nel sepolcro della morte, per esplodere della luce della Pasqua. È importante in questo giorno meditare sul valore del tempo e quindi bisogna fermare un po’ il tempo.

In un mondo super veloce, di “tutto e subito” e di gratificazioni istantanee è fondamentale imparare l’arte del silenzio e della pazienza. Le cose belle hanno bisogno di silenzio, di tempo, perseveranza e speranza.

Oggi è il giorno della speranza in cui nel sepolcro finiscono tutte le nostre lacrime, i nostri lutti, le nostre separazioni, le nostre invidie, i nostri litigi, i nostri odii e le nostre guerre. La speranza, la pace e il perdono diventano esperienze terrene di resurrezione.

Le parole del servo di Dio e vescovo Don Tonino Bello sono illuminanti per questo santo giorno: Santa Maria, donna del Sabato Santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com’ è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare. Ripetici, insomma, che non c’è croce che non abbia le sue deposizioni. Non c’è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. Non c’è peccato che non trovi redenzione. Non c’è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.

Foto di congerdesign da Pixabay

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TAGLIO DELLA RISERVA BORSACCHIO CONGELATO

Proposta di Adozione del Piano di Assetto Naturalistico per Risolvere la Situazione

Roseto degli Abruzzi, 30 marzo 2024. Ora resta una solo opzione per evitare altri decenni di stallo che penalizzano ambiente, agricoltori e turismo sostenibile.

Come è noto il taglio della riserva Borsacchio è stato congelato, i confini ripristinati a 1100 ettari e sono tornate le famose o famigerate norme transitorie di salvaguardia .

La regione ha congelato per evitare la bocciatura in Corte costituzionale di una operazione svolta senza seguire i parametri delle leggi quadro nazionali.

La regione apre a un percorso partecipativo per ridiscutere della riserva come le norme prevedono. Ma c’è un aspetto, che nemmeno i detrattori hanno considerato. La riserva ora è tornata a 1100 ettari con norme transitorie. Le stesse che hanno creato i problemi (non ovviamente all’agricoltura sempre permessa come di consuetudine per stesse definizioni delle norme transitorie) agli interventi abitativi e di sviluppo turistico sostenibile. Ricordiamo che una riserva nasce con tre strumenti: Un comitato di gestione (una sorta di arbitro che valuta i singoli interventi in base alle norme), un Piano di Assetto Naturalistico ,(le norme specifiche) ed un Piano di attuazione (le linee guida dello sviluppo ambientale, abitativo e turistico futuro).

In attesa di questi strumenti le norme transitorie bloccano molti aspetti per tutelare l’area.

Ora esiste una sola possibilità per chiudere velocemente la situazione e sbloccare la zona e dar vita a una vera riserva che sia una opportunità per la natura , per i residenti, agricoltori e turisti.

La soluzione è adottare in regione il PAN già pronto a cui manca solo un breve passaggio di pochi giorni per far cadere quei vincoli delle norme transitorie che hanno causato le tensioni e le incomprensioni.

Ricordiamo che una riserva creata , ricordiamolo, su basi scientifiche, non ha un parametro di dimensione per essere valutata ma di come viene gestita e di come le norme specifiche creano armonia fra uomini, natura ed economia sostenibile.

Senza gestione e regole anche 1 ettaro è troppo, con una buona gestione e buone norme 1000 ettari sono pochi, come sempre succede nei casi virtuosi dove anche chi è fuori riserva chiede di entrare.

Ora la regione apre a un confronto ma quel che, anche i detrattori, non hanno considerato è che se si deve fare un nuovo perimetro, diverso, anche solo di una manciata di terreni, bisogna ripartire con tutto l’iter che è durato quasi vent’anni e i terreni nei precedenti confini rimarranno sotto norme transitorie fino alla nuova riserva.

Bisogna rifare gli studi , rifare le norme , consultazioni preventive di enti locali e portatori d’interesse, ingaggiare tecnici , portare norme nella cittadinanza, in consiglio comunale, poi aprire le osservazioni , esaminare, emendare, accettarle o rifiutarle e poi tornare in regione per adozione.

Nei casi più virtuosi ci sono voluti dai 7 ai 10 anni, nei casi meno virtuosi, vedi riserva Borsacchio , quasi 20 anni. In questo periodo fra confini a 1100 ettari e un nuovo eventuale perimetro però rimarrebbero, in tutti i 1100 ettari, le norme transitorie che hanno causato i problemi.

Se va bene per altri dieci anni.

Ora l’unica soluzione rapida ed efficiente è adottare il PAN con i confini stabiliti per cui il pan contro dedotto di tutte le osservazioni è pronto. Basta solo un passaggio in regione di poche settimane per liberare finalmente l’area dai vincoli e dar vita a una riserva vera. Ricordiamo che un PAN è uno strumento che può essere modificato, anzi è già stato fatto con le osservazioni. I portatori di interessi privati hanno lamentato al primo punto l’aumento di cubatura per i casolari storici (circa una decina) che nel pan era del 15% e chiedevano il 50% di ampliamento. Una osservazione ha ad esempio portato questo limite al 30% . Una quota di compromesso. Un pan può essere variato se ci sono esigenze ed errori, come sempre succede in modi più rapidi che tenere tutto ancora sotto scacco delle norme transitorie.

Quindi ora la regione ed il comune hanno una sola scelta. Adottare il PAN e dar vita alla riserva con l’impegno delle parti, tutte di sedersi per valutare revisioni future se ci sono criticità. Senza questo perdono tutti. Perde la natura , perdono i residenti e si perdono le opportunità di sviluppo in uno stallo che inevitabilmente durerà , senza questa soluzione, almeno un altro decennio.

Marco Borgatti

Presidente Guide Del Borsacchio -Guardia Ambientale – Direttivo WWF Teramo – Presidente FIAB Roseto




ALTRESCRITTURE

Festival laboratorio letteratura per le nuove generazioni

Pescara, 30 marzo 2024. Dal 5 al 19 aprile presso l’Istituto Comprensivo Pescara 4, diretto dalla dott.ssa Daniela Morgione, si terrà “AltreScritture – festival laboratorio”. Abbiamo immaginato una programmazione letteraria che si propone come festival laboratorio: ovvero laboratori-esperienze creative con Autori e Autrici portatori di valori coscienziali. Pensiamo alla Letteratura come possibilità di coinvolgere e sensibilizzare i bambini e i ragazzi – in questo caso della Primaria – dentro una riflessione sociale partendo dal loro sguardo e punto di vista.

Direzione artistica e progetto di Beniamino Cardines (“Autore dell’ Anno 2023″ per LFA Publisher Italia-Spagna, Premiato al Salone Internazionale del Libro di Torino 2023 – Premio eccellenza FIGEC 2023 – Premio Cultura Inclusiva e Arte 2023 dall’Agape dei Caffè Letterari d’Italia e d’Europa).

Beniamino Cardines, scrittore: “Scrivo per i cittadini di domani. Mi servo dei libri per provare a dire qualcosa, anche divertendo. La mia letteratura è presa di coscienza, scrivo per i bambini, per i ragazzi e per gli adulti con la stessa passione e lo stesso entusiasmo. Ognuno di noi può fare qualcosa per promuovere valori, dialogo e costruire una società migliore. Tutto parte da ogni singolo cittadino. Credo nel potere delle parole e della letteratura, si possono mettere in evidenza questioni e problematiche altrimenti difficili da affrontare. Infine, esprimo gratitudine a tutti i lettori e a tutte le lettrici che sono il cuore pulsante della letteratura.”

Programma:

●            Scuola Primaria “I.Silone”

-con le classi prime: il 5 aprile/fiaba/ “Le fragole di Sofia” di Alessandra Puca e Marianna Como (Ti dipingo una storia, Pescara) – Guardiamo e ascoltiamo la fiaba, laboratorio di caviardage ecologico.

-con le classi seconde: il 12 aprile/narrazione ecologica/ “La principessa Tiamat cerca aiuto” di Nicolina Galassi, con la collaborazione di Maurizia D’Alberto (Drakon Edizioni, Pescara) – Lettura creativa e dialogo aperto (problem solving) per sensibilizzare i bambini alle tematiche ecologiche.

-con le classi terze: il 5 aprile e il 3 maggio/ i ragazzi illustrano / “Storia di Poros, gigante dell’universo” di Beniamino Cardines e Raffaella Bonazzoli – Lettura espressiva, dialogo, laboratorio di illustrazione del libro, i ragazzi saranno stimolati a illustrare il narrato (opera che sarà pubblicata con il loro contributo grafico).

-con le classi quarte: il 19 aprile/narrativa ecosistemica/ “Sirena Bambina” di Beniamino Cardines (Es/Edizioni Sanpino, Torino) – Letture espressive coinvolgendo i ragazzi, tematiche valoriali sull’amicizia, la collaborazione, il lavoro d’équipe.

-con le classi quinte: il 12 aprile/narrativa ecologica/ “Le avventure di Plastica 3 – le cose dell’amore” di Beniamino Cardines (LFA Publisher, Italia-Spagna) – Dialogo aperto, letture espressive, costruzione di mappe concettuali valoriali, storyliving.

●            Scuola Primaria S.G.Bosco

-con le classi terza e quarta: il 17 aprile/narrativa ecosistemica/ “Sirena Bambina” di Beniamino Cardines (Es/Edizioni Sanpino, Torino) – Letture espressive coinvolgendo i ragazzi, tematiche valoriali sull’amicizia, la collaborazione, il lavoro d’équipe.




PREVENZIONE DISASTRI

Il 5 aprile evento finale progetto Territori Aperti con segretari nazionali sindacati confederali e Stefano Massini

L’Aquila, 30 marzo 2024. Venerdì 5 aprile 2024, alle ore 10:00, nel Centro Congressi “Luigi Zordan”, in piazza San Basilio, a L’Aquila, saranno presentati i risultati di oltre cinque anni di attività realizzate nell’ambito del progetto “Territori Aperti”.

Il progetto, condiviso con il Comune dell’Aquila e finanziato dal Fondo Territori Lavoro Conoscenza di CGIL, CISL e UIL, ha consentito la creazione di un Centro interdisciplinare di documentazione, formazione e ricerca sulla prevenzione e sulla gestione dei disastri e sui processi di ricostruzione materiale e immateriale delle aree colpite, con particolare attenzione alle questioni economiche e sociali, alla pianificazione territoriale e alle questioni sanitarie, basato sui principi della Open Science e su un’infrastruttura tecnologica innovativa per la raccolta, il trattamento e l’analisi dei dati.

Nell’ambito del progetto è stato realizzato un Master in management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali, giunto alla quarta edizione, che ha dato vita al Toolkit Disaster Preparedness, una raccolta di buone e cattive pratiche nella gestione dei disastri, a disposizione di cittadini e istituzioni.

L’incontro pubblico sarà l’occasione per discutere sulle prospettive future del centro e sul suo ruolo nei processi di ricostruzione delle aree colpite da disastri naturali e antropogenici.

Saranno presenti: il segretario generale della CGIL Maurizio Landini; Andrea Cuccello, segreteria nazionale CISL; Ivana Veronese, segreteria nazionale UIL; il rettore UnivAQ Edoardo Alesse; i professori UnivAQ Lelio Iapadre, Antinisca Di Marco e Donato Di Ludovico; il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi; Salvatore Provenzano e Raffaello Fico, titolari degli Uffici speciali della ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del Cratere; Stefano Massini, attore, drammaturgo, scrittore e narratore.

Qui il programma completo




ACCOUNTING E MANAGEMENT DELL’ENTE LOCALE

Presentazione del Master di primo livello. Campus di Pescara – Aula 3 – 2 aprile 2024 – ore 9:00 

Chieti, 30 marzo 2024.  Il 2 aprile 2024, a partire alle ore 09:00, presso l’aula 3 del Dipartimento di Scienze Filosofiche, Pedagogiche ed Economico-Quantitative sita in viale Pindaro 42 a Pescara, si terrà la presentazione del Master di primo livello in “Accounting e Management dell’Ente locale”. Il Master, attivato su proposta del Centro di ateneo di ricerca e formazione sulle amministrazioni pubbliche Silvio Spaventata (CEPASS), è rivolto a liberi professionisti (commercialisti e consulenti) e a tutti gli operatori della pubblica amministrazione (personale dipendente anche di aziende che operano con e per la PA, amministratori pubblici e studenti universitari con laurea di I livello).

Il percorso formativo proposto ha lo scopo di formare figure professionali altamente specializzate sui temi della contabilità e del management della pubblica amministrazione attraverso un percorso interdisciplinare che punta all’acquisizione di competenze distintive gestionali in materia di responsabilità di servizio, di tenuta della contabilità, di pianificazione e di direzione e controllo aziendale. La figura professionale formata dal Master acquisirà elevate skills per ricoprire le funzioni prevalentemente finanziarie e apicali concernenti la gestione di una Pubblica Amministrazione. Il personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni ha diritto alla riduzione del 50% del costo di iscrizione a seguito del protocollo d’intesa “PA 110 e Lode” sottoscritto tra il Ministero della Pubblica Amministrazione e l’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara. Il master annovera i seguenti partner aziendali: Comune di Pescara, GIES SRL – Gruppo Informatica e Servizi GIES S.r.l, GIP – The Healthcare Partner SpA.

“Il master in Accounting e Management dell’Ente locale – spiega il professore Andrea Ziruolo, docente di Economia Aziendale presso il Dipartimento di Scienze Filosofiche, Pedagogiche ed Economico -quantitative della “d’Annunzio” nonché Direttore del Master – è rivolto a laureati, liberi professionisti e dipendenti delle aziende operanti con la PA territoriale e risponde a un’esigenza che proviene dal mondo della Pubblica Amministrazione in cui si richiede la figura del responsabile dei servizi finanziari. Figura che può essere ricoperta o supportata anche da liberi professionisti. Il master avrà necessariamente un taglio molto operativo così da creare figure pronte per iniziare a lavorare. A tal riguardo – conclude il prof. Ziruolo – siamo supportati da due delle principali società informatiche operanti nel mondo della PA locale, quali GIES SPA e GPI SPA, oltre che dal Comune di Pescara”.




OLEA ET LABORA

Arotron attraversa il Mediterraneo per raccontare l’Ulivo a CuntaTerra

Pianella, 30 marzo 2024. Cinque attori, tre leggii, letteratura, poesia, canti della tradizione popolare: questi gli ingredienti necessari per raccontare le gesta del longevo Ulivo, ossia l’elemento naturale che appartiene da sempre alla tradizione più remota e profonda dell’area Mediterranea.

Ed ecco che lo spettacolo teatrale “Olea et labora” a cura della Compagnia dell’Aratro di Pianella (Pe), con la regia di Franco Mannella prende forma e diventa un inno all’ulivo, sincero, necessario soprattutto a coloro che lo interpretano: “abbiamo lavorato mettendoci strettamente in relazione al nostro territorio, si perchè noi che siamo del comune vestino di Pianella, ben conosciamo  la sacralità di questa pianta, e l’importanza del suo prodotto, su cui si fonda poi una lunga ed importante tradizione, ed ecco perchè per la nostra Compagnia questo impegno diventa necessario – spiega Mannella.

Lavorando in stretta relazione con il proprio territorio, infatti, e ascoltando i suggerimenti del territorio stesso, e non a caso Pianella è “città dell’olio”, gli attori della Compagnia sentono il bisogno di ricordarsi da dove vengono, quali sono le loro radici, in che cosa identificarsi.

Dunque si va in scena sabato 6 aprile alle ore 20.45 a CuntaTerra (via Sangro 9, Brecciarola di Chieti) all’interno della rassegna culturale “La buona stella”, dove lo spettacolo di Mannella è il quarto appuntamento teatrale.

Sul palco: Chiara Colangelo, Francesco Di Censo, Francesca Marchionno, Riccardo Pellegrini, Alessandro Rapattoni. Vocal coach è Angela Crocetti, luci e fonica sono di  Massimo Gobbo e foto di scena di Fabio D’Anniballe.

La presenza dell’ulivo nel Mediterraneo ha plasmato la vita delle persone e le

loro tradizioni per secoli, rendendolo uno degli alberi più amati e venerati

al mondo. D’Annunzio, Pascoli, Lorca, Neruda, Omero, sono solo alcuni dei

letterati e poeti che contribuiscono alla narrazione, le loro parole

si avvicendano e si accompagnano ai canti della tradizione e, attraverso

le voci e i corpi degli attori, danno vita a un percorso narrativo originale e

multisensoriale, che evoca un senso del sacro profondamente umano e

terreno.

Con “Olea et labora” anche gli spettatori saranno trasportati in un viaggio senza tempo, alla ricerca di radici comuni e di suoni, colori e profumi che risveglieranno in loro sensazioni ed emozioni profonde ed ancestrali; tra parole, silenzi e un canto sempre presente e avvolgente il pubblico viene accompagnato in una passeggiata nella storia millenaria e nella valenza simbolica ed evocativa dell’ulivo.




ASD RESPIRA IL GRAN SASSO

Corsi primavera-estate

L’Aquila, 30 marzo 2024. Dopo un inverno avaro di precipitazioni nevose, nello spirito della nostra associazione, abbiamo preso l’impegno di programmare al meglio le prossime attività legate alla stagione primavera-estate e in particolare quelle più imminenti.

Per ravvivare il nostro palinsesto, abbiamo ideato un “percorso strutturato a step propedeutici” in grado di fornire una formazione integrale, strutturata in un macro-corso suddiviso nei quattro seguenti corsi:

1.            Arrampicata sportiva in falesia;

2.            Arrampicata sportiva su via Multipitch;

3.            Arrampicata Trad;

4.            Alpinismo estivo.

La continuità e la sequenzialità formativa permetteranno al corsista di essere “accompagnato per mano” dall’inizio alla fine del percorso, il quale trova il suo punto culminante nell’alpinismo.

A tal proposito, giovedì 4 aprile 2024 alle ore 19:00 , presso la Sala Conferenze del Comitato Provinciale del CONI dell’Aquila in via Montorio al Vomano, 18, si terrà la presentazione dei Corsi di Arrampicata su roccia e Arrampicata Multipitch.

Come nella tradizione delle attività pregresse, il Corso di Arrampicata su Roccia  si articolerà in due livelli, base e avanzato. Gli obiettivi sono quelli di fornire le conoscenze e sviluppare le capacità per arrampicare in sicurezza su monotiri, sviluppare una maggiore consapevolezza del corpo e del suo movimento attraverso lo studio della tecnica di arrampicata.

Il corso vie Multipitch, invece, è rivolto a chi vuole imparare la progressione della cordata in vie a più tiri, la corretta valutazione sulla scelta di una via, la consapevolezza dell’ambiente sportivo e di muoversi in sicurezza sul proprio livello di arrampicata andando da capo cordata.

La presentazione dei Corsi suddetti, i primi di una lunga serie di attività che saranno svolte nel periodo primaverile ed estivo, costituirà inoltre l’occasione per ribadire l’importanza che l’Associazione Respira il Gran Sasso riserva da sempre alla promozione della conoscenza del territorio offrendo a tutti coloro che intendono avvicinarsi alla cultura della Montagna, l’opportunità di farlo attraverso l’apprendimento, anche pratico, delle metodiche alpinistiche.

I Corsi di Arrampicata su roccia e Arrampicata Multipitch, come tutti i corsi, compresi quelli dedicati a bambini e soggetti diversamente abili, nascono con l’intento precipuo di sfruttare a pieno le opportunità che il massiccio del Gran Sasso offre in quanto vera e propria palestra naturale che può vantare un ambiente unico dal punto di vista ambientale nel panorama nazionale.

Si ricorda inoltre che l’Associazione organizza le proprie attività con il supporto di Guide Alpine ovvero professionisti nel settore della pratica di sport di montagna, a garanzia del fatto che la sicurezza dei partecipanti è posta al primo piano di attenzione anche per contribuire a far nascere una cultura della montagna all’insegna della conoscenza e del rispetto per l’ambiente naturale.

Antonio Scipioni, Presidente




LA DEVOZIONE FASTOSA

[Pubblicato in MISERERE, Menabò Edizioni, Ortona (Ch),1997]

I – Confraternite, conflitti sociali e schemi processionali.

La Madonna che scappa in piazza a Sulmona non rappresenta un tema isolato, ma l’epilogo solenne e spettacolare, da un punto di vista demologico, di una sacra rappresentazione che inizia il Giovedì Santo a sera, prosegue il Venerdì con la Processione del Cristo Morto, gestita dalla Confraternita della Trinità, ed è conclusa la mattina di Pasqua dalla corsa della Madonna, organizzata dalla Confraternita di Santa Maria di Loreto.

La prima confraternita ha sede nella chiesa omonima sita in Corso Ovidio, mentre la seconda in quella medievale di Santa Maria della Tomba. Sembra che la Confraternita della Trinità abbia ereditato il patrimonio spirituale di due fra i più antichi pii sodalizi cittadini fondati da laici, cioè L’Ordine de’Continenti  e quello dei Compenitenti.

I rappresentanti di quest’ultimo, gestores confraternitatis Compenitentiae, intervengono in data 10 marzo 1320 all’atto di fondazione della chiesa dell’Annunziata. Compito dei confrati trinitari era quello di promuovere beneficenza ed assistenza ospedaliera a favore di viandanti e pellegrini che trovavano ricovero nell’Ospedale della SS. Annunziata, sorto nel XV sec. accanto all’omonima chiesa, e soprattutto dei forestieri che per motivi di commercio sostavano a Sulmona.

Però esse non furono le più antiche. Altre associazioni le precedettero. Prima che si realizzasse la grandiosa costruzione dell’ospedale dell’Annunziata esistevano infatti a Sulmona altri senodochi, il più antico dei quali sembra essere quello aggregato alla chiesa di S. Giacomo della Forma, sorta nel 1177. I frati che stipulano l’atto di fondazione di tale chiesa con il vescovo Odorisio sono ospedalieri, frates crucem portantes, appartenenti appunto all’Ordine degli Ospedalieri di S. Giovanni Gerosolimitano. Le cause della proliferazione di tali ospedali sono lucidamente posti dal Cognasso in relazione con gli eventi della prima crociata e con la fondazione dell’ordine dell’ospedale di San Giovanni a Gerusalemme: “La crociata – scrive il Cognasso – determinò un’attività ospedaliera quale prima non si era avuta. I pellegrini affluiscono, sono poveri, sono ricchi. L’ospedale di S. Giovanni assicura a tutti un rifugio contro le intemperie…L’ospedale era logicamente il ritrovo non solo di ammalati, ma di pellegrini ben capaci di portare le armi e di combattere”. In occidente incominciano le donazioni da parte di pellegrini reduci da Gerusalemme e che ringraziano per la ospitalità goduta. Non a caso questi ospedali retti dai Gerosolimitani sorgono anche lungo la direttrice appenninica: i pauperes milites Christi (milites non solo in senso religioso) sono da considerarsi infatti come avanguardia di quel movimento di traffici fra il centro-nord ed il sud della Penisola, che fiorirà nel XIV secolo.

Non sono poche le fonti da cui si evince un frequente passaggio di crociati lungo quell’arteria che sarà chiamata in seguito “la via degli Abruzzi” e di cui un punto fermo di riferimento era proprio Sulmona. A parte alcune leggende araldiche, come per es. quella che si riferisce allo stemma di Navelli, è di una certa importanza la notizia del Romanelli, secondo cui nel 1194 numerose schiere di crociati, accampati alla foce del Sangro in attesa di imbarcarsi, lasciarono tracce di saccheggi e disordini.

Ora, si deve proprio ai crociati la diffusione di omelie drammatiche bizantine, incentrate sugli ultimi episodi della vita di Cristo (Christòs pàschon), che essi non poco dovevano ravvivare con la descrizione del Santo sepolcro e con episodi fantastici, come il preteso rinvenimento della Santa Lancia e di altre reliquie legate alla Passione di Cristo. (Le prime notizie sulle sacre reliquie sono contenute nell’opera manoscritta dello storico sulmonese Emilio De Matteis, sec. XVII, dal titolo Memorie Storiche dei Peligni).

Anche Sulmona vanta il possesso di alcune di queste reliquie ed è assai probabile che la loro leggenda sia sorta, come altrove, proprio nel corso del XIII secolo, (periodo a cui risale il culto per la Corona reliquario delle Sacre Spine, conservata nella Cattedrale di Namur e la Sacra Corona di Boemia, che custodisce altre spine appartenute alla corona di Cristo; soprattutto in Abruzzo tale culto appare assai intenso: L’Aquila, Lanciano e Vasto vantano il possesso di simili reliquie e di altre reliquie conservate a Sulmona, nell’Altare Maggiore di S. Panfilo, fra cui un chiodo della croce di Cristo, si parla in un documento del 1238).

Si tratta della Cinta della Madonna, della spugna con cui fu offerto a Cristo in croce l’aceto, e soprattutto di una Sacra Spina che sarebbe stata staccata dalla corona del Salvatore. Quest’ultima si venerava a Sulmona nella chiesa di S. Agostino (XIII sec.) e dopo la sua distruzione in seguito al terremoto del 1706, fu trasferita nella cattedrale di S. Panfilo.

Va rilevato come il culto della Sacra Spina si sia protratto fino agli inizi del nostro secolo. Si legge infatti in una notificazione del vescovo di Valva e Sulmona, Patroni, datata 30 aprile 1904, ed indirizzata al clero cittadino: “Domani 1° maggio, festa della Santa Spina, molta gente affluisce alla Cattedrale per confessarsi…”. Il Lupinetti poi ricorda che tutte le comitive dei pellegrini dirette a Pratola Peligna la prima domenica di maggio per la festa della Madonna della Libera e transitanti per Sulmona, si fermavano alla Cattedrale di S. Panfilo per adorare la Sacra Spina.Anche la folklorista inglese Estella Canziani, soggiornando a L’Aquila nel 1914, ne descrive l’esposizione da parte del vescovo alla Basilica di S. Maria di Collemaggio, nella ricorrenza dell’incoronazione di papa Celestino V.

Il vescovo Tiberi, che resse la Diocesi di Valva e Sulmona dal 1515 al 1829, giurò e sottoscrisse insieme al Capitolo di “aver osservato con meraviglioso stupore e veduto ocularmente nel giorno di venerdì santo, sull’ora di sesta, l’ammirabile fioritura della Sacra Spina di Nostro Signore Gesù Cristo, che fra le insigni reliquie si venera in questa Sacrosanta Basilica”.

Portate in processione nella Settimana santa ed esposte all’adorazione dei fedeli, tali reliquie dovevano tenere non poco in fermento soprattutto i ceti popolari, incrementando così quella “febbre mistica” che è da considerarsi come cornice ideale per il sorgere di pii sodalizi laicali, la cui attività se espletata preminentemente nel campo assistenziale, non escludeva anche quello culturale, con l’allestimento di spettacoli di soggetto sacro.

D’altro canto è proprio questo clima spirituale che sarà ereditato e potenziato da fra’ Pietro del Morrone, diventato nell’agosto del 1294 Celestino V, cui si deve l’istituzione di quei “rampolli nobilissimi delle fratellanze per laici”.

Si diceva in precedenza, che la sacra rappresentazione scaturisce dal dramma liturgico medievale, di

soggetto sacro: “Il mutamento, per il quale il Dramma liturgico, nato già dal canto alterno e dal cerimoniale ecclesiastico, fece capo a quella nuova forma, che designeremo di preferenza col nome italiano di Sacra Rappresentazione, fu anch’esso fenomeno naturale e quasi necessario”.

Un momento importante nella storia del dramma liturgico è costituito dalla sostituzione del latino con

il volgare, il cui uso, nella rappresentazione sacra, “comunque incominciato e affermatosi, ebbe una

portata immensa. La poesia drammatica usciva dal chiuso del presbiterio e dall’aula scolastica, per irrompere nella piazza.”

Ora, uno dei più importanti frammenti di dramma liturgico, risalente alla metà del XIV sec, è noto come Officium quarti militis ed è conservato presso l’archivio della Cattedrale di Sulmona. La conoscenza dell’Officium si deve a due insigni storici sulmonesi: N. F. Faraglia, che lo scoprì nell’archivio suddetto e G. Pansa, che lo pubblicò appena avutane notizia dal Faraglia.

Monumento mirabile della vita religiosa e culturale sulmonese agli albori dell’Umanesimo, l’Officium ci mostra la parte recitata da quattro soldati. Ma poiché nel gruppo emerge il ruolo svolto da uno di essi e precisamente il quarto, il frammento del dramma viene designato appunto Officium quarti militis. In esso appare anche un personaggio di nome Tristainus. A costui vengono attribuite molte qualità appartenenti all’eroe omonimo descritto nel poema di Gottfried von Strassburg ed il De Bartholomaeis, mentre resta “stupito di ritrovare qui un nome celeberrimo”, ritiene che “la trovata non poteva venire in mente se non ad alcuno che vivesse in un ambiente saturo di letteratura cavalleresca, particolarmente bretone”.

Se, dunque, la parte del quarto soldato risulta nel frammento sulmonese di ben 136 versi, si può immaginare quanto esteso dovesse essere il dramma intero ed il numero degli attori che davano vita ai personaggi del ciclo della Passione. Il fenomeno del resto è europeo. Otto Mann ci dice per es. che “un’antica rappresentazione redatta a Francoforte intorno al 1350, si svolgeva in due giorni ed in un’altra eseguita verso il 1500 nella città di Alsfeld, comparivano 172 personaggi e risultava composta da più di 8000 versi.”

Precisato allora sull’insegnamento del Toschi, che per dramma liturgico debba intendersi ogni “rappresentazione medioevale di soggetto sacro composta in latino”, si pone la domanda se le odierne sacre rappresentazioni, e soprattutto quelle che si svolgono nella settimana di Pasqua, siano da considerarsi come viventi reliquie del primo e quindi se vi siano nel nostro caso dei rapporti fra l’Officium quarti militis e la rappresentazione della Madonna che scappa in piazza.

Al riguardo notiamo subito con il D’Ancona che “non sempre è agevole il riconoscere se queste fogge locali abbiano la loro origine in usi liturgici od in veri e propri spettacoli drammatici. Anzi le rappresentazioni mute appartengono a età più tarda e per più di un indizio, rammentano i tempi della dominazione spagnuola e dell’Inquisizione”.

Ed è proprio a questa considerazione del D’Ancona che si ispira la nostra ricerca, tanto più che, come è stato autorevolmente affermato, “di vere e proprie rappresentazioni sacre non si raccoglie a Napoli alcuna traccia fino alla metà del Quattrocento”.

Con la visita ai Sepolcri, compiuta nella tarda serata del Giovedì santo, si entra nel vivo delle manifestazioni religiose della Settimana Santa. Una sottile atmosfera di raccoglimento pervade tutta la Città, mentre fedeli d’ogni ceto e tendenza politica rivivono un rituale antichissimo arricchitosi negli ultimi tempi di significativi valori umani. Per i Sulmonesi che vivono lontano, il Giovedì Santo rappresenta infatti un importante appuntamento, fissato tacitamente l’anno precedente, per il recupero dell’identità culturale assicurato dal reinserimento, pur temporaneo, nel tessuto della storia e delle tradizioni della propria terra.

La visita alle varie chiese è designata con l’espressione “fare i Sepolcri”, assai comune del resto in tutto il Meridione ed altrove. Lo spazio sacro destinato a rappresentare simbolicamente il S. Sepolcro è delimitato da ceri accesi, lampade e vasi in cui vengono fatti germogliare nei giorni precedenti semi di cereali. [A Pacentro si attribuiscono a tali germogli poteri apotropaici, essi vengono posti anche sulle viti e sugli olivi, importanti per l’economia locale; a Raiano tale funzione protettiva è affidata ai rami d’ulivo benedetti nella Domenica delle Palme.]  

Ancora agli inizi del nostro secolo, l’espressione fare i sepolcri designava anche l’allestimento di una serie di scene o quadri interpretati da attori scelti fra i parrocchiani ed ispirati ad episodi della Passione di Cristo. Apprendiamo al riguardo dal De Nino che “nella Settimana santa, a Pescocostanzo si fanno i sepolcri. In una di quelle sacre rappresentazioni i giudei intorno a Cristo sono uomini vestiti alla medioevale, con corazze, elmi, gladii e picche. Il Venerdì santo poi, nel mentre che si porta via dal Sepolcro il Sacramento, gli occhi del pubblico sono tutti profani: tutti guardano ai Farisei che a un dato segno cadono e muoiono”. Ancora il De Nino ci informa che i sepolcri venivano ripetuti in tale forma a Scanno durante la Processione del Corpus Domini per rappresentare scene del Vecchio e Nuovo Testamento; mentre il Tollis (Pacentro.1979) riferisce che a Pacentro si svolgeva “fino a qualche tempo fa” la scena sacra della resurrezione di Lazzaro, che avveniva però nel giorno di Pasqua dopo il rientro della processione. “Ad Introdacqua – scrive il Susi – nel quadro delle usanze ricorrenti nella Settimana Santa, occupano il primo posto le figure montate su cartone o su legno, rappresentanti scene o personaggi della Passione di Cristo”. Il Finamore precisa anche “Il Sepolcro è rappresentazione scenica di atto della Passione che si fa nelle principali chiese del luogo” 

A tali rappresentazioni accenna il vescovo Bonaventura Martinelli nel Sinodo da lui celebrato a Sulmona nel 1715 e le cui risoluzioni furono pubblicate a Roma due anni dopo: “Repraesentationes virorum ante Sepulchrum adstantium ubi Sanctissima Eucharistia feria quinta in Coena Domini in memoriam Passionis ejus reponitur, omnino prohibemus Sub poena suspensionis a Parocho, ab Actoribus vero excommunicationis illico incurrendae.”.

Mentre dunque da un lato l’importante documento attesta nella stessa Sulmona del XVIII secolo la tradizione dei S. Sepolcri, nell’accezione in precedenza riferita di scene ispirate a Passione di Cristo, dall’altro si apprende da esso la proibizione imposta sulla scia forse delle disposizioni scaturite dal Concilio di Trento che vietavano ad attori di impersonare le figure di Cristo, della Madonna e di altri santi, sostituiti in seguito da statue. E questo particolare risulterà rilevante anche per la Madonna che scappa in piazza. Le statue – secondo direttive stabilite da Urbano VIII nelle sue Constitutiones – dovevano comunque corrispondere a determinati requisiti e suscitare senso di commozione grazie alla loro eccellente fattura artistica. Al riguardo è interessante ciò che prescrive il vescovo di Valva e Sulmona, Tobia Patroni, nella visita pastorale da lui compiuta il 20 luglio 1872 a Villalago: “Resti interdetta la statua di S. Pietro, che deforme com’è, non ispira affatto devozione”

Le scene disegnate su cartone ed ancora in uso ad Introdacqua rappresentano le lontane eredi di quelle pergamene in cui venivano miniate, specie a Montecassino, episodi della Passione e della Resurrezione di Cristo, ispirate, anche sotto il profilo artistico, all’iconografia bizantina.

Questi quadri devozionali sono attestati un po’ ovunque nel Meridione e per Napoli il Mayer segnala nel secolo scorso l’usanza di erigere nelle chiese “grandi pitture con scenari, che rappresentano la tomba del Salvatore”.

Individuare le cause che determinano l’affievolimento di questa particolare forma di devozione popolare non è agevole. Lentamente caddero in disuso, lasciando però traccia di sé nell’allestimento scenografico delle sacre rappresentazioni. Probabilmente le pitture su cartone non dovevano suscitare quei sentimenti di immedesimazione e forte emotività che sono assicurati invece dalle manifestazioni con statue o con attori. Illuminante al riguardo è un episodio riferito dal D’Ancona, secondo il quale durante la rappresentazione della Passione a Montechiaro d’Asti, “i manigoldi – che dovevano accompagnare Cristo al Calvario – pigliavano sul serio la loro parte e s’infervoravano in essa…menarono con tanto ardore le mani… che il povero Cristo, deposto il cilicio, si mise in letto e si trovò pesto in così bel modo da ispirare qualche timore che non si potesse più rialzare”.

II – La processione del Venerdì Santo a Sulmona

L’animazione che si avverte durante il giorno di Venerdì Santo a Sulmona, invasa ormai da turisti provenienti dalle località limitrofe, scompare quasi d’incanto all’imbrunire, allorché dalla chiesa della

Trinità comincia a snodarsi la Processione del Cristo Morto, gestita dall’omonima Confraternita.

La Città, priva nel suo centro storico di ogni segno che rammenti la civiltà delle macchine, riacquista in parte il fascino del tempo passato e si trasforma in un teatro degno di rappresentare il dramma più grande della storia dell’umanità.

Dallo sguardo commosso delle persone anziane si avverte una intensa partecipazione ad un evento rivissuto psicologicamente anche in chiave terrena.

I confratelli della Trinità indossano una tunica rossa, simile a quella della Confraternita dei Pellegrini e Convalescenti fondata a Roma nel 1548 da S. Filippo Neri, e sfilano disposti secondo uno schema codificato che può essere riassunto nel modo seguente: banda, due Mazzieri, fila orizzontale di sette portatori di lampioni (o fanali), quadrato formato da quattro portatori di lampioni, tre Dignitari (simbolo della Trinità) con al centro il caratteristico Tronco (croce processionale, cilindrica, coperta di velluto rosso e ornata da tralci d’argento, vuota all’interno, risalente alla metà del XVIII secolo), altro quadrato formato da quattro portatori di lampioni, fila orizzontale di sette portatori di lampioni, fila di portatori di lampioni lungo i due margini della strada, coro, parroco officiante, altra fila di portatori di lampioni lungo i due margini della strada, statua del Cristo Morto condotta da quattro trinitari, affiancati da altri quattro per il cambio, fila orizzontale di quattro fanali, statua della Madonna Addolorata condotta da quattro trinitari, affiancati da altri quattro per il cambio, seguono altri Dignitari e Confratelli trinitari.

Un cenno a parte merita il cosiddetto Capo dei Sagrestani d’Onore, vero regista dell’imponente processione, da cui dipende tutta la manifestazione. Egli è coadiuvato in tale circostanza da due Capi

Processionieri. È tradizione inoltre che i quattro trinitari che escono dalla chiesa della Trinità con la statua del Cristo Morto, rientrino a processione ultimata con la Statua della Madonna e di conseguenza i portatori iniziali di quest’ultima, con la statua del Cristo Morto. I portatori delle statue del Cristo Morto e della Madonna sono dunque 16, divisi in due gruppi di 8 ciascuno. Essi vengono estratti a sorte nei giorni precedenti insieme ai tre confratelli che portano il Tronco, ai Mazzieri, ai due Capi Processionieri ed al Capo dei Sagrestani d’Onore. [Dei mazzieri, 5 in tutto, 4 sono estratti a sorte, uno è assegnato liberamente dall’Amministrazione della Confraternita.

Fino ad un tempo recente il trasporto dei fanali veniva assegnato mediante asta ai migliori offerenti, mentre oggi la Confraternita della Trinità offre una ricompensa ai fedeli che svolgono volontariamente tale compito.

Interessante è la figura formata dai trinitari nel tratto compreso fra le due file orizzontali dei sette portatori di lampioni, al centro delle quali procede appunto il Tronco, figura corrispondente a due T (Trinità) disposte in senso contrario. Si tratta probabilmente di norme codificate da un vecchio cerimoniale di cui si è perso, col trascorrere del tempo, il vero significato. Allorché perviene all’altezza della chiesa di S. Maria della Tomba, la processione riceve l’omaggio delle Autorità cittadine che ne seguono l’itinerario fino al suo rientro alla chiesa della Trinità, secondo un Cerimoniale che l’Amministrazione Comunale ha iniziato ad osservare dal 1962.

Allorché comincia a snodarsi dalla chiesa della Trinità, la processione imbocca via Ercole Ciofano (direzione Ovest), poi si dirige verso la Cattedrale di S. Panfilo (direzione Nord) e quindi punta in direzione di Porta Napoli (direzione Sud) dopo essere passata per Piazza Garibaldi (direzione Est).

La specificazione del percorso mediante i quattro punti cardinali contribuisce a chiarire una tipica struttura di tali manifestazioni religiose nonché “il significato propiziatorio del segno di croce, che in questo caso viene tracciato sul terreno dalla stessa comunità in processione”.

Questo rituale, che costituisce una proiezione delle processioni delle rogazioni, “si svolge solitamente

lungo i due assi ortogonali nord-sud ed est-ovest, segnati da quattro croci: la processione segna così una croce orientata sul terreno e la benedizione si svolge alle quattro direzioni dello spazio riprendendo un antichissimo rituale di orientamento sacro, cardodecumenico”. [Circa il periodo dello svolgimento delle rogazioni, sono interessanti i seguenti documenti dell’Archivio Vescovile Sulmona, Miscellanea 1900-1910, Primo documento: “Curia vescovile Sulmona, 23 maggio 1908 oggetto: Rogazioni (ore 9 a.m.). Molto rev. Di Signori. Nei giorni 25, 26, 27 c. m. ricorrendo le Rogazioni dette Minori, a differenza di quella di S. Marco chiamata Maggiore, si adempiranno le prescritte processioni. I due cleri interverranno con le loro insegne corali ecc. Nicolaus Jezzoni Episcopus”; Secondo documento: “Curia vescovile Sulmona, 1 maggio 1910. Molto Rev. di Signori. Nei giorni 2, 3 4 c.n1. ricorrendo le Rogazioni dette Minori, si adempiranno le prescritte i processioni muovendo dalla I Nostra Cattedrale Basilica di S. Panfilo, alle ore 9 a. rn. ecc. Nicolaus Jezzoni Episcopus”].

Il coro, che in base ai documenti fotografici esistenti si presenta oggi con un numero maggiore di cantori rispetto al periodo compreso fra le due guerre mondiali, procede come i confratelli trinitari nella tipica tunica rossa, strusciando i piedi con un passo ritmico ed ondulato, donde la denominazione di struscio data al caratteristico incedere. Ciò non costituisce tuttavia una particolarità esclusiva del coro sulmonese trattandosi di un tema una volta assai diffuso nel Meridione e nei paesi cristiani dell’area mediterranea. [A Napoli o struscio indica oggi il semplice passeggio lungo le vie centrali nel giorno di Giovedì santo in occasione della visita ai Sepolcri; in Grecia lo struscio è il passo del corteo ondeggiante che “segue la bara drappeggiata rappresentante Cristo Morto”. Cfr. G. Torselli Feste nel mondo Roma 1972]

Lo struscio è un movimento che imita, anche sonoramente, il faticoso procedere di una persona con le catene ai piedi, un atto di mortificazione e penitenziale che oggi viene solo mimato, ma che in passato dev’essere stato tutt’altro che simbolico. Avveniva, infatti che “chi si metteva in fila nelle processioni del Venerdì Santo, vi partecipava anche direttamente attraverso le sofferenze cui sottoponeva la propria persona”

Il coro canta un bellissimo Miserere composto nel 1913 dal maestro-concertatore Federico Barcone,

nato a Sulmona nel 1862, ed eseguito per la prima volta nella data suddetta dalla banda municipale cittadina diretta dal maestro Gavina. La sua esecuzione si svolge continuamente, senza pause, lungo le strade percorse dalla processione e si avvale dell’accompagnamento di alcuni elementi della banda musicale, che esegue una suggestiva marcia funebre composta dal maestro sulmonese Vella.

Allorché la processione perviene a Piazza Garibaldi, avviene un simbolico scambio di consegne tra i membri della Confraternita della Trinità e quelli della Madonna di Loreto.

Le statue del Cristo morto e della Madonna, come anche il Tronco, vengono cedute infatti per tradizione dai trinitari ai colleghi lauretani in prossimità della zona nota come i tre archi (cioè quel settore dell’Acquedotto Medievale situato di fronte a Largo Faraglia), luogo che funge da vero e proprio limite di “competenza territoriale” fra le due Confraternite, dato che quella della Madonna di Loreto ha sede appunto nella chiesa di S. Maria della Tomba, sita non lungi dai suddetti archi.

Oltrepassata quest’ultima, la processione, dopo aver ricevuto l’omaggio delle Autorità cittadine, imbocca via Panfilo Serafini ed a Porta Napoli ripiega, attraverso Corso Ovidio, in direzione della chiesa della Trinità. All’altezza di Piazza Minzoni i lauretani riconsegnano “l’Arsenale della devozione”, cioè statue e Tronco, ai colleghi trinitari che portano a termine la processione. Va notato che tale consuetudine risale a tempi relativamente recenti. Infatti, dato il prolungarsi dei piati, le due congregazioni laicali furono invitate nel 1932, in occasione del Congresso Eucaristico Missionario Abruzzese svoltosi a Sulmona, a ricercare un accordo ed a “dare un buon esempio” al folto pubblico dei congressi, prescindendo dalla questione dell’anteriorità storica delle due Confraternite, che esplodeva appunto in simili circostanze a proposito del diritto di precedenza durante le processioni. Ed allora si arrivò alla conclusione che nelle processioni le due Confraternite potessero unirsi procedendo insieme, ciascuna conservando comunque la propria identità.

Quelle della Trinità e della Madonna di Loreto sono oggi le uniche superstiti di un maggior numero di Confraternite che, ancora alla metà dell’800, ammontavano a sei. I piati fra tali confraternite esplodevano soprattutto in occasione delle processioni e concernevano il cosiddetto “diritto di precedenza”. Di essi venivano investite le autorità civili e religiose e la particolare giurisprudenza che ne risultava appare ricca soprattutto nel XVIII sec. Si tratta di controversie che animano i pii sodalizi di tutto il Regno di Napoli ed erano causa di “gravi disordini”. La natura di questi piati esplosivi nel XVII sec., nella società meridionale, è stata acutamente messa in evidenza dal Lalli che scrive “La vita cittadina si esprime attraverso organismi religiosi che non hanno più la semplice funzione spirituale del Medioevo. La presenza nelle processioni, o meglio il posto che si occupa … indica anche il peso che si ha nella vita sociale”.  

La processione, fino a tale periodo (1932), entrava nella chiesa di S. Chiara per permettere alle suore di clausura l’adorazione delle statue della Madonna e del Cristo morto.

Durante la sosta, mentre un seminarista faceva il discorso sulla Passione di Gesù, i portatori delle statue rinfrancavano le forze con laute bevute, dopo di che il sacro corteo riprendeva il suo percorso.

Questo particolare del vino merita un cenno di approfondimento. Nel Sinodo indetto da Mons. Martinelli e celebrato nella Cattedrale di S. Panfilo nel 1715, il vescovo proibisce severamente l’usanza popolare, causa di “perturbationis, risus, lasciviae”, relativa all’allestimento di “fontes nempe artificiales”, dalle quali sgorgavano da alcune acqua e da altre vino. Tali fontane venivano preparate lungo le strade cittadine in cui sfilavano le processioni al fine di rinfrancare le forze dei “processionem comitantes”

Si arguisce pertanto dalle rampogne del vescovo che le soste avvenivano di preferenza alle fonti artificiali da cui sgorgava il vino, con tutte le conseguenze facili da immaginare, tanto più che forti libagioni avvenivano anche prima che uscissero le processioni. “Commessationes ac compotationes tam in actu, quam ante Processionem arceantur omnino sub poenis arbitrio nostro infligendis, maxime vero Sodales Confratriarum sacco induti caveant, ne divagentur per loca, cauponas ingrediantur…” (Synodus Diocesana…, Roma 1717.).

A quale rango appartenessero moltissimi esponenti della Confraternita della Trinità, che appare strettamente collegata alla Congrega dei Nobili, istituita dai Gesuiti allorché questi si insediano verso la fine del ‘600 in Città, si apprende da un capitolo dell’opera dello storico sulmonese F. Sardi de Letto, La Città di Sulmona (1979 Sulmona).

Si tratta di nomi prestigiosi di casati cittadini come i Mazara, i Sanità, i Corvi ecc., alcuni dei quali appaiono già protagonisti della vita economica e politica nella Sulmona medievale.

In stretto rapporto con il vescovo ed il Capitolo, essi vantano numerosi appoggi da parte dell’Arciconfraternita della SS. Trinità di Roma, di cardinali legati all’ambiente dei Corsini, del papa Clemente XII e della famiglia Borghese. Grazie a queste conoscenze, essa ottiene nel 1749 il regio assenso di Carlo III e l’elevazione del titolo ad “Arciconfraternita”.

Questo carattere egemone del sodalizio subisce alterazioni all’indomani dell’unità d’Italia quando, in un clima prettamente gattopardiano, la nobiltà scopre le nuove vie politico-amministrative da seguire, suggerite dalle mutate condizioni storiche, lasciando così l’atavica eredità alle nuove forze sociali cittadine che emergevano per lo più nel settore artigianale ed imprenditoriale.

La Confraternita di S. Maria di Loreto sembra invece presentare origini diverse ed è al suo passato che occorre guardare per tentare di comprenderne il “costume di gruppo”. Il borgo formatosi attorno alla chiesa di S. Maria della Tomba (fine sec. XII), al di fuori della nuova cinta muraria di cui la Città si munisce agli inizi del Trecento, raccoglie non solo nuclei familiari appartenenti certamente a strati sociali non egemoni, (è significativo che anche in seguito i palazzi più rappresentativi cittadini sorgano nell’ambito della prima cerchia muraria), ma anche forenses di castelli vicini, che l’esplosione demografica, nella seconda metà del XIII secolo, spinge soprattutto in pianura, grazie alle possibilità di lavoro offerte dai nuovi mezzi tecnici per il dissodamento dei terreni e per la tessitura. Importanti notizie sono contenute al riguardo nell’opera del Sardi de Letto. Apprendiamo in tal modo che la Processione del Venerdì Santo, costituisce una acquisizione da parte della Confraternita della Trinità soltanto a partire dal 1860, in quanto prima essa era “retaggio della Congrega dei Nobili, eretta nella chiesa dei Gesuiti.”

Inoltre, dopo aver ricordato che “la statua del Cristo morto, non l’attuale, era conservata nella cappella

di Palazzo Sardi”, il Sardi de Letto ci dice che la Confraternita della Trinità eseguiva dal 1729 la processione del Cristo Risorto, ma “fino alla Fontana del Vecchio, per non entrare nella zona di pertinenza della Confraternita di S. Maria di Loreto.”

“I lauretani d’altro canto gestivano, come si apprende da un documento del 1753, la processione solenne nel giorno di Pasqua, col concorso di moltissima gente, sempre con sparo de’ mortari ed accompagnamento de’ Musici, e per lo più quasi ogni anno la processione di Cristo Morto, il Giovedì Santo”, ostacolata però, per evidenti motivi concorrenziali, dai “fratelli trinitari”.

Ogni processione aderiva a schemi ben precisi, in modo da evitare sconfinamenti nei quartieri cittadini di pertinenza dell’uno o dell’altro pio sodalizio. Era inevitabile però che nelle cerimonie religiose in cui le due confraternite sfilavano accanto agli altri pii sodalizi cittadini, riaffiorassero gli antichi rancori e ciò dava origine ad interminabili piati e disordini.

Così, nel 1752, la vita della Città fu sconvolta da violente liti esplose fra trinitari e lauretani per il noto diritto di precedenza in occasione della processione delle Rogazioni.

Tale stato di tensione fra le confraternite dovette protrarsi anche negli anni successivi, poiché ad esso si riferisce, come riteniamo, il seguente “Real Dispaccio” da Napoli, che evidentemente era stata investita della questione dal vescovo Filippo Paini: “La Maestà del Re nostro Signore, avendo comprovato coll’esperienza, che le processioni, se queste si fanno di giorno dopo pranzo, invece di riuscire di onore a Dio, e de’ Santi, ed esser motivo di pietà vera e soda religione, siano occasione piuttosto di rissa, scandali, ed altri disordini, che disonorano la religione medesima, con suo Real Dispaccio del diece del corrente decembre per Regal Segreteria di Stato e dell’Ecclesiastico, comunicatoci per mezzo dell’Ill.mo Signor Preside Provinciale, ha risoluto, che le processioni tutte si debbano far di mattina, e non mai il giorno dopo pranzo. Nel partecipare alle SS.VV. questo Sovrano Real comando, che passaranno alla notizia del clero secolare, e regolare, e delle Confraternite tutte, Loro incarichiamo nel Regal nome ad invigilare per l’esatta puntuale osservanza, perché altrimenti, locche (sic) non crediamo giammai, ne saranno responsabili alla M. S., ed a noi, che provederemo severamente contro i trasgressori. Con registrarsi la presente da ciascun Parroco nel solito Libro degl’Editti, nel mentre di tanto ricompromettendoci della di loro prontezza, ci raffirmiamo Da Sulmone (sic) li 26 febbraio 1768. Filippo Vescovo di Valva e Sulmona” (Libro Editti Vescovili. Biblioteca Diocesana Sulmona).

Questo era il clima in cui si svolgevano, non più di pomeriggio e non sappiamo fino a quale periodo, le processioni a Sulmona. Da quanto si apprende dai documenti citati in precedenza, quelle pasquali

hanno subito notevoli modifiche nel corso degli ultimi due secoli e degna d’attenzione appare la notizia, secondo cui anche la Confraternita di S. Maria di Loreto eseguiva, di Giovedì Santo, una processione del Cristo Morto, ma “quasi ogni anno”.

Il che denota forse la preferenza accordata dai Lauretani a quella di Pasqua, eseguita con grande pompa, fra spari di mortaretti ed “accompagnamento di Musici”.

Oggi i compiti delle due Confraternite sono ben distinti, in quanto la Trinità esegue la processione del Cristo morto e quella di Loreto la Madonna che scappa in piazza, nella mattina di Pasqua.

Pure, a ricordo forse delle più complesse manifestazioni religiose dei tempi passati, la Confraternita di S. Maria di Loreto esegue nel pomeriggio di Venerdì Santo una processione che si svolge entro uno spazio cittadino limitato.

Con le ultime note del Miserere, che accompagna il rientro della processione, si spegne lentamente il fervore religioso che ha animato per tutto il giorno la Città e da questo momento non si pensa ad altro che alla manifestazione della domenica di Pasqua.

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UN GOVERNO CONFUSO IN GUERRA CON IL SUD 

di Michele Rutigliano

PoliticaInsieme.com, 29 marzo 2024. Rimarrà nella storia (semiseria) della politica italiana quel foglietto, ripreso furtivamente dalle telecamere al Senato, sui cui Silvio Berlusconi riportò giudizi non molto lusinghieri sull’affidabilità, la coerenza e la statura politica di Giorgia Meloni. Ma non è su di lei che vorrei soffermarmi. Non sarebbe nemmeno tanto carino redarguire sempre il peccatore e ignorare i peccati  del suo Governo, soprattutto quando volge le sue attenzioni al Mezzogiorno.

Conosciamo tutti la polemica che ha ingaggiato il Governatore della Campania Vincenzo De Luca nei confronti del Ministro Fitto e più in generale verso questa spocchiosa noncuranza per la sua Regione.  Conosciamo anche la triste e squallida vicenda in cui è stato coinvolto il Sindaco di Bari, quel galantuomo di Antonio Decaro, uno dei politici meridionali tra i più amati e benvoluti di sempre. In tutto questo clamore, però, è passata sotto silenzio un’altra vicenda. Quella che ha interessato il Governatore della Calabria, Roberto Occhiuto. Il quale è arrivato a minacciare addirittura le dimissioni se il Governo non farà marcia indietro sul ventilato taglio di 1 miliardo e mezzo di euro alla Sanità della sua Regione .

La notizia  della Calabria che si ribella al Governo ha fatto scalpore perché si tratta della prima crisi  tra un presidente di una Regione di centrodestra e il Governo Meloni.  A quanto pare il Governatore non si  è lamentato solo per i  tagli alla sanità,  ma più in generale per la politica antimeridionalista che, a suo parere, non sta girando nel verso giusto. “Io – ha spiegato Occhiuto – devo rappresentare gli interessi della mia Regione che sconta i ritardi dei governi nazionali che in questi anni hanno nominato commissari alla sanità dei Generali dei carabinieri, della Guardia di finanza, e altri ancora. Commissariamenti che hanno lasciato più o meno tutto com’era. E adesso vogliono ulteriormente tagliare.  E allora io non ci sto”.

Il Governo, come al solito, suona uno spartito diverso da quello che seguono i governatori del Sud.   Dice il Ministro Fitto che non si tratterebbe di tagli ma solo di un trasferimento di quelle spese sul fondo per l’edilizia sanitaria.  E qui la vicenda si ingarbuglia.  Perché, a sentire gran parte dei Governatori meridionali, almeno una parte di questi fondi sono già impegnati e pure spesi.

Se così fosse, i bilanci regionali sulla sanità ( che in alcuni casi assorbono il 60-70% del bilancio complessivo) si ritroverebbero pesantemente decurtati. Ma questa “guerra a bassa intensità” che il Governo ha dichiarato  alle Regioni del Sud non si ferma qui. È su un altro fronte, quello dell’autonomia differenziata, che il conflitto sta diventando sempre più aspro e pericoloso. Tralasciamo le sacrosante regioni di Vincenzo De Luca.

Sentite, invece, quello che ha dichiarato Roberto Occhiuto: “Cosa dovrebbe fare Forza Italia rispetto all’autonomia differenziata? In maniera molto meno aulica di quello che richiederebbe un dibattito così importante, noi diremmo dare moneta, vedere cammelli”.

In Calabria si sta muovendo addirittura la Chiesa contro questa sciagurata riforma. L’Arcivescovo di Cosenza, Monsignor Giovanni Cecchinato, partecipando alla marcia anti-autonomia promossa dalla GGIL  ha parlato chiaro:  “La Chiesa è per la solidarietà e la sussidiarietà”. Di rimando, Occhiuto è stato ancora più esplicito:   “È evidente  che per quanto ci riguarda, più importante dell’autonomia differenziata è che si finanzino i diritti sociali e civili secondo i fabbisogni e non secondo la spesa storica.

Se ci fosse il superamento della spesa storica andrebbe bene anche l’autonomia differenziata. Ho spiegato però al ministro degli Affari regionali e delle Autonomie, Roberto Calderoli che per realizzare questo suo disegno di legge, che prevede sì l’autonomia differenziata ma anche il finanziamento dei Lep secondo i fabbisogni, occorrono diversi miliardi.  Se ci sono bene, se non ci sono l’autonomia differenziata e le intese non si potranno fare. Sia chiaro: non siamo fessi e non ci faremo fregare”.

Il Presidente della Fondazione Gimbe ( Gruppo Italiano per la Medicina basata sulle Evidenze)   Nino Cartabellotta è andato giù ancora più duro. Ha detto chiaramente che l’autonomia differenziata porterebbe al collasso la sanità delle Regioni meridionali e ha definito grottesche e autolesionistiche  le posizioni dei governatori meridionali del centrodestra che la appoggiano. Ove mai dovesse andare in porto, questa riforma prevede che le Regioni potranno trattenere il gettito fiscale, che non verrebbe più redistribuito su base nazionale, impoverendo ulteriormente il Mezzogiorno. 

Il problema delle diseguaglianze regionali nella sanità esiste, ma la soluzione non è l’autonomia differenziata. Servono nuovi criteri di riparto delle risorse, una revisione dei Piani di rientro per favorire lo sviluppo organizzativo e soprattutto maggiori capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni. Non si possono ‘distribuire’ oltre 130 miliardi di euro alle Regioni e poi monitorarle con poco più di 20 indicatori che ‘catturano’ solo in minima parte gli enormi disagi delle persone.

Ad ogni buon conto se la Campania, la Calabria e la Sardegna piangono, la Basilicata non ride.  Tra un Governo che taglia i fondi e la dura realtà lucana dello spopolamento delle aree interne, dell’inverno demografico e della fuga dei giovani al Nord, la Regione che fa? Assiste impotente, ma non reagisce. 

È chiaro che solo con le sue forze potrà fare ben poco. Anzi non potrà fare nulla, se il Governo insiste con questa politica fatta solo di chiacchiere e distintivo. Da un lato firma i patti di sviluppo e coesione e dall’altro spinge la sua maggioranza in Parlamento perché approvi una legge che, se andasse in porto,  spaccherebbe l’Italia in due.

Dopo 163 anni di Storia,  ci ritroveremmo, con la gioia dei neoborbonici,  un moderno Regno delle Due Sicilie.  La verità è che questo Governo è sempre  più in uno stato confusionale,  Non solo in politica estera, con un Vicepresidente del Consiglio che scambierebbe due Mattarella con un Putin, ma anche in quella interna.  Un Governo che si comporta come Robin Hood, ma  con finalità esattamente opposte. Da un lato toglie fondi e speranze alle Regioni del Sud, dall’altro fa di tutto per assicurare più benessere e tranquillità a quelle del Nord.

Michele Rutigliano




A PASQUA SALVA UNA VITA

Al via la campagna Oipa. Sull’A1 agnelli trasportati senz’acqua: sanzione della Polizia stradale da 2 mila euro

Roseto degli Abruzzi, 29 marzo 2024. Sono in corso i viaggi di migliaia di agnellini destinati alla morte per finire nel piatto in occasione della prossima Pasqua. Nei giorni scorsi sono stati trovati agnellini trasportati su un mezzo pesante senza possibilità di dissetarsi, a causa del malfunzionamento dell’abbeveratoio. L’irregolarità, costata una sanzione di 2 mila euro, è stata scoperta dalla polizia stradale di Bologna, nel corso di alcuni controlli svolti sull’autostrada A1 nel tratto Casalecchio – Sasso Marconi.

L’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) quest’anno lancia una campagna web e social che invita a salvare l’agnello, ma non solo, con lo slogan: “A Pasqua salva una vita. E già che ci sei salvala sempre” (v. immagine in vari formati).

La mercificazione degli agnelli, nelle sue varie fasi, esprime una crudeltà che va contro ogni etica. Strappati alle loro madri tra i 20 e i 40 giorni di vita, vengono pesati e issati sulle zampe, ammassati e caricati nei camion verso il loro ultimo viaggio. All’arrivo, sono scaricati come oggetti e destinati alla pratica di stordimento che non sempre viene effettuata secondo regolamento. Poi vengono uccisi, talvolta ancora coscienti. (v. infografica)

«Le immagini diffuse dalle associazioni a tutela degli animali hanno determinato negli ultimi anni una sensibilizzazione e sempre più persone scelgono di non acquistare carne d’agnello, le cui vendite sono in costante calo», osserva il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. «Noi invitiamo a riflettere anche su quel che accade a tutti gli altri animali d’allevamento che soffrono allo stesso modo, ma se i carnivori intanto eliminassero l’agnello dalle tavole pasquali sarebbe già il primo passo verso un’alimentazione etica».

Le alternative alla carne sono molte, ricorda l’associazione, e chi di sceglie di non mangiare animali non è complice di un sistema che considera esseri senzienti come meri oggetti di consumo usati e abusati. L’industria dell’allevamento degli animali, inoltre, porta con sé evidenti impatti ambientali negativi.




LETTURE ANIMATE FINO A 6 ANNI

Libridine lancia il nuovo progetto per i più piccoli

Francavilla al Mare, 29 marzo 2024. Grazie al Centro Per il Libro e la Lettura (CEPELL) a Francavilla al Mare, si pensa anche agli utenti più piccoli: ed ecco che sta per partire “Letture animate 0- 6 anni” a cura di Fonderie Ars con Annalica Bates Casasanta attrice ed educatrice alla teatralità e Silvia Checchia (bibliotecaria) in collaborazione con Sophia Aps.

Si tratta di sei incontri organizzati per fascia d’età ossia 0 – 24 mesi, 2/3 anni, 4/5 anni e 6 anni, con attività che si terranno presso la Biblioteca “A.Russo” che riceverà inoltre, grazie a questo progetto circa 35 libri acquistati presso la libreria Mondadori di Francavilla. Questo è il seguente calendario:

– giovedì 11 aprile ore 17,30 – 6 anni;

– giovedì 18 aprile ore 17,30 – 6 anni;

– giovedì 2 maggio ore 17 – 4 e 5 anni;

– giovedì 9 maggio ore 17 – 4 e 5 anni;

– giovedì 16 maggio ore 16,30 – 2 e 3 anni;

– giovedì 30 maggio ore 16,30 – 0-24 mesi.

Tra gli obiettivi di questo nuovo progetto c’è la volontà di far sì che il bambino arrivi a percepire, attraverso la lettura, il libro come un oggetto amichevole favorendo il piacere all’ascolto oltre a creare momenti di condivisione anche in fase di elaborazione.

Importante, ai fini della buona riuscita, è arricchire l’immaginazione del bambino attraverso l’offerta di molteplici situazioni che vanno a stimolarne la creatività ed implementare le conoscenze linguistiche del bambino.

Inoltre, si vuole concedere ai bambini la possibilità di identificarsi con i personaggi della storia letta, favorendone il riconoscimento degli stati d’animo e delle emozioni, di stimolare un atteggiamento di curiosità e di interesse verso il libro, di promuovere un atteggiamento positivo nei confronti della lettura anche in bambini che non sanno ancora leggere ed infine stimolare la fantasia e la manualità.

La lettura è un’attività centrale nel processo di formazione del bambino; quindi, avviarlo fin dalla tenera età a sviluppare un atteggiamento di curiosità e di interesse verso il libro significa aiutarlo a diventare un futuro bravo lettore.

“Il progetto – come spiegano le addette alla formazione – nasce dall’idea di offrire ai piccoli l’opportunità di scoprire, attraverso la lettura, il libro come ‘oggetto misterioso’ che diverte e al tempo stesso insegna. Le attività laboratoriali hanno pertanto come obiettivo primario trasmettere il piacere di leggere, educare all’ascolto e alla condivisione di storie, immagini, emozioni coinvolgendo le fasce d’età più piccole (0-6) e le loro famiglie”.

Si procederà con la lettura, proponendo esposizioni di vario tipo quali racconti, favole, filastrocche e dopo ogni lettura seguirà un momento laboratoriale: i bambini proveranno con materiale di diverso tipo a rappresentare un’immagine, un oggetto, un’emozione della storia insieme ad un adulto (genitori, nonni o chiunque accompagni il bambino).

Il laboratorio è per un numero minimo di 5 bambini ed un numero massimo di 15.

Si ricorda che “Libridine”, promosso dal Centro Per il Libro e la Lettura (CEPELL), istituto del Ministero della Cultura ha le seguenti associazioni partecipanti al fianco del Comune di Francavilla al Mare: l’Aps Macondo, Fonderie Ars, l’Associazione Alphaville – nonsolocinema, la Neo edizioni snc di Francesco Coscioni e Biasella Angelo, Sophia Aps e l’Associazione Identità Musicali che a loro volta coinvolgeranno location strategiche, culturali, turistiche del territorio; inoltre ci sono la Mondadori di Francavilla e all’Azienda di Trasporti Abruzzese TUA.




ROSETO 20.24, EVENTI D’AMARE

Riconferme e importanti novità nel cartellone. Stagione di grandi manifestazioni e cultura in arrivo a Roseto degli Abruzzi

Roseto degli Abruzzi, 29 marzo 2024. Una stagione di grandi eventi, ricca di cultura e di manifestazioni per tutti i gusti in arrivo a Roseto degli Abruzzi. Con netto anticipo rispetto agli anni precedenti, infatti, è oramai pronto il cartellone delle manifestazioni “Roseto 20.24, Eventi D’Amare”, realizzato dall’Amministrazione Comunale grazie al lavoro dell’Assessorato al Turismo guidato da Annalisa D’Elpidio e dell’Assessorato alla Cultura guidato da Francesco Luciani.

Quella che si prospetta sarà una primavera-estate di altissimo livello con ospiti di caratura nazionale e internazionale, con tante novità e con spettacoli e iniziative che andranno ad interessare tutti i periodi della bella stagione e tutto il territorio.

Importanti riconferme riguarderanno i grandi eventi culturali come il Concorso Cinematografico “Roseto Opera Prima”, il Fram[m]enti Book Festival (che sarà diffuso lungo tutto l’arco della stagione estiva) e il Premio di Saggistica “Città della Rose”. In questa ottica saranno valorizzati anche gli spazi della Villa Comunale che verranno dedicati al mondo dell’arte.

Il Borgo di Montepagano, anche quest’anno, sarà teatro della Mostra dei Vini, giunta al prestigioso traguardo della 52esima edizione mentre, per la prima volta, si terrà in città il Festival “Roseto Gentile”, organizzato in collaborazione con il Movimento Italia Gentile di cui Roseto fa parte.

Riconferma anche per “Emozioni in Musica” che vedrà la partecipazione di nomi d’eccezione del panorama musicale italiano. Prevista anche la realizzazione di un nuovi format capaci di coinvolgere gli amanti della musica provenienti da tutta Italia e che saranno svelati a breve. Grande novità in arrivo per i giovani con un festival musicale finalmente dedicato ai loro gusti e che saprà essere un veicolo di attenzione nei confronti della città.

Molto spazio sarà poi dedicato agli eventi sportivi di livello nazionale e internazionale (basket, calcio, beach volley ecc…), agli amici a quattro zampe, ai tanto apprezzati teatri dialettali e alle tradizionali sagre che caratterizzano le frazioni di Roseto alle quali, anche quest’anno, sarà data assoluta importanza.

Nel programma delle manifestazioni sarà esaltato il turismo esperienziale grazie alla collaborazione con le Guide del Borsacchio e sono previste tante iniziative dedicate ai più piccoli e alle famiglie con, ad esempio, la riconferma del format di successo “Roseto Junior Fest”.

Cuore pulsante dell’attività promozionale, sarà ovviamente il portale VisitRoseto.it dove sono disponibili tutte le informazioni riguardanti eventi, attività, strutture e servizi a disposizione.

Il primo grande evento che darà il via al Cartellone “Roseto 20.24, Eventi D’Amare” è fissato per lunedì 1° aprile con il “Pasquetta Beach Day”: una grande festa per tutte le età che vedrà la partecipazione del noto Dj Pippo Palmieri di Radio 105 e che animerà il lungomare Celommi in una giornata che promette di essere indimenticabile.

Il calendario completo, con tutti i nomi, le novità e le date, sarà presentato subito dopo le festività di Pasqua nel corso di un’apposita conferenza stampa e sarà utile anche per le attività turistiche e commerciali come mezzo di promozione personale e di tutto il territorio.

“Quest’anno ci siamo mossi in netto anticipo per pianificare al meglio il calendario delle manifestazioni e, al contempo, abbiamo lavorato per organizzare tutta una serie di servizi che saranno fondamentali per rendere il soggiorno dei turisti a Roseto sempre più coinvolgente – affermano il Sindaco Mario Nugnes, l’Assessore al Turismo Annalisa D’Elpidio e l’Assessore alla Cultura Francesco Luciani – Un lavoro imponente che ha visto l’Amministrazione Comunale impegnata fin dallo scorso autunno per creare un cartellone migliorato e capace di diventare il volano principale della promozione turistica della nostra città. Tra gli obiettivi che ci prefiggiamo c’è anche quello di proseguire nel percorso della destagionalizzazione, già avviato dall’inizio del nostro mandato, che puntiamo a raggiungere grazie a eventi di alto livello spalmati nel corso di tutto l’anno. Quello che presentiamo oggi è solo un piccolo assaggio di quella che sarà la stagione degli eventi di Roseto per il 2024, sono tante le sorprese che siamo pronti a fare ai cittadini rosetani e ai turisti nei prossimi giorni”.




SÌ ALL’ADESIONE ALLE CITTÀ DEL VINO

L’Amministrazione: “Comincia un percorso di valorizzazione concreta del patrimonio vitivinicolo teatino e di promozione con eventi dedicati”.

Chieti, 29 marzo 2024. Sì della Giunta all’adesione del Comune di Chieti alla rete delle Città del vino. La città è il primo capoluogo abruzzese ad avviare il percorso per l’ingresso nella rete nazionale di promozione dei Comuni e territori produttori di vitigni e vini. Oggi la conferenza di presentazione dell’avvio dell’iter di adesione, in presenza del sindaco Diego Ferrara del vicesindaco Paolo De Cesare, degli assessori a Commercio e Ambiente Manuel Pantalone e Chiara Zappalorto, Katia Santarelli dell’associazione MèTHE APS partner dell’iniziativa e gli altri motori dell’iniziativa, del presidente dell’associazione Città del Vino, il sindaco Angelo Radica e del giornalista enogastronomico Gianluca Marchesani.

“Si tratta di un importante e ulteriore passo avanti per la promozione e il riconoscimento del grande valore del nostro territorio in campo vitivinicolo – così il sindaco Diego Ferrara – . Un valore certificato sia dalla storica presenza di diverse cantine di pregio per i prodotti che crescono e prendono vita sulle nostre colline e sia dagli eventi collegati al settore. Un’animazione che in questi ultimi due anni è nata proprio per fare conoscere il vino teatino e sostenere la filiera che sta attraversando un periodo di grande difficoltà a causa dei danni del maltempo di maggio e giugno e di piaghe come la peronospora che, combinate, hanno generato in moltissimi casi anche la perdita del 98 per cento dei raccolti, oltre ad aver messo in seria difficoltà il comparto. A fronte di questa situazione e dell’esigenza di sostenere i nostri vitivinicoltori e addetti all’organizzazione di eventi dedicati, siamo stati fra i primi Comuni a sollecitare la Regione nel chiedere il riconoscimento dello stato di calamità, poi decretato dal Governo anche per il nostro territorio. Con l’avvio del procedimento di iscrizione alle Città del vino, non potendo dare risorse economiche, a causa dello stato di dissesto dell’ente, daremo supporto e affiancheremo la filiera in ogni modo possibile, attraverso la promozione della qualità dei vini teatini e l’organizzazione di eventi che consentano la conoscenza degli stessi e delle altre eccellenze teatine. Nelle prossime settimane avvieremo l’iter burocratico per ottenere l’ufficializzazione del nostro ingresso, cosa che avverrà a costo zero per l’Ente, grazie alla sinergia attivata con l’Associazione MèTHE APS che ringraziamo per la collaborazione. La nostra intenzione è quella di coinvolgere tutta la filiera, in modo da condividere attività, scelte e programmare una serie di eventi capaci di raccontare la qualità di cui il nostro territorio è depositario e restare nel tempo, creando attrattività e animazione di settore”.

“Chieti sarà la 501esima Città del vino una volta definita la procedura – così Angelo Radica, presidente nazionale della rete Città del Vino che, in attesa della ratifica, ha consegnato al sindaco Ferrara simbolicamente l’agenda di Città del Vino e la guada sull’Enoturismo – . Si tratta di una buona novella e, soprattutto di un punto di partenza che consentirà al territorio e alle sue realtà di decollare anche dal punto di vista degli eventi e della crescita. Come rete abbiamo un set di strumenti molto importante che consentono interessanti occasioni di sviluppo: siamo la cassa di risonanza per Comuni che hanno problemi di carattere ambientali e di tutela; abbiamo un Prg di Città del vino e prerogative atte a premiare le migliori pratiche urbanistiche sulla sostenibilità; possiamo amplificare e rendere nazionali, eventi di qualità. Dobbiamo al più presto sederci a un tavolo per studiare un calendario di eventi e iniziative a beneficio della città e del suo futuro di Città italiana del vino”.

“Siamo felici di poter annunciare questo traguardo ambito che ci colloca in un ambito di riferimento importante che ci proietta in una dimensione di grandi potenzialità – così il vicesindaco Paolo de Cesare, assessore al Turismo e all’agricoltura – . La città e immersa in un territorio che ha una grande vocazione turistica, agricola ed enogastronomica, come dimostrano le cantine presenti nel nostro perimetro. Ringraziamo il sindaco Angelo Radica, presidente nazionale delle Città del vino che oggi è venuto a supportarci perché per noi è un’opportunità grandissima, nonostante lo stato di dissesto che stiamo vivendo. Questo ingresso è un’occasione per il comparto, ma anche per l’enogastronomia e per il turismo della nostra città. Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato a questo risultato, gli assessori, il consigliere e soprattutto l’associazione MèTHE che renderà di fatto possibile l’iscrizione, realtà associativa, culturale e del settore che con le iniziative finora messe in cantiere con Vicoli in calice, ci hanno affiancato in questa sfida abbinando il patrimonio culturale a quello enogastronomico e creando occasioni di incontro che hanno portato a Chieti oltre 10.000 persone l’estate scorsa. Un ringraziamento sentito anche al consigliere Giannini che ha favorito questa iniziativa affinché potesse andare a compimento. Siamo certi che il percorso che si apre oggi sarà un viatico importante per il futuro”.

“L’adesione è importante per la nostra città, considerato il valore di questo comparto che sta attraversando un momento di crisi, ma ha un potenziale che dobbiamo assolutamente sfruttare – così l’assessore al Commercio Manuel Pantalone – . Un percorso che ci farà crescere e che sarà veicolo di tante positività, a partire dal fatto che siamo il primo comune capoluogo a entrare si trasforma in una grande occasione di turismo esperienziale che consenta al nostro patrimonio culturale, storico e artistico di essere scoperto e vissuto e noi abbiamo il compito e il dovere di realizzarlo”.

“Chieti rischiava di perdere un treno importante, abbiamo lavorato perché ciò non accadesse, relazionandoci a una realtà che ha voluto fortemente questo risultato – così Valerio Giannini, uno dei motori dell’azione – . Abbiamo lavorato con l’associazione e con le realtà che si sono rese disponibili, che ringraziamo, perché per Chieti aderire alle Città del vino non è solo un traguardo formale, è un risultato concreto di una sinergia a favore della città e di tutto il territorio, che ci consente di uscire fuori dal perimetro di Chieti, come un capoluogo merita e come merita la nostra comunità”. “Sono felice ed emozionata per questo traguardo che ci onora come associazione, ma consente di riportare Chieti al centro di tutto il territorio – così Katia Santarelli voce e motore dell’associazione MèTHE – Era un’eresia che il capoluogo di provincia non fosse nelle Città del vino avendo un patrimonio così importante anche per l’estensione del suo territorio, oltre che per il pregio dei suoi vitigni. Noi vorremmo ridare il valore alla città nell’ambito turistico ed enogastronomico, farne un centro che faccia da casa alle aziende di tutto il territorio, creando un intreccio fra turismo e azienda, capace di attivare sinergie anche con le bellezze della città. Pensiamo a tanti eventi, concertati con il comparto, nonché di un’enoteca aperta a tutti, a circuiti e visite guidate, in modo che la città sia un centro di accoglienza. Il filo culturale è il vino, unito alla storia e a tutto il resto. Daremo voce e presenza alle aziende locali affinché vivano questa opportunità. Ringrazio tutti i soggetti che sono parte dell’associazione e il giornalista Gianluca Marchesani che ci è s




IL MEDICO DEI PAZZI DI SCARPETTA

Sabato 6 aprile chiude la stagione di prosa 2023/24 del teatro Maria Caniglia

Sulmona, 29 marzo 2024. Chiusura di stagione all’insegna della risata con Il Medico dei Pazzi di Eduardo Scarpetta, sul palco del Teatro Maria Caniglia sabato 6 aprile alle ore 21.00; Meta Aps in partenariato con il Comune di Sulmona propone quale ultimo appuntamento della stagione di prosa 2023/2024 un capolavoro assoluto di comicità che, con protagonista Massimo De Matteo, rivive di nuova luce nell’adattamento diretto da Claudio Di Palma.

La coproduzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro, SGAT Napoli e Tradizione e Turismo – Teatro Sannazaro, che tra gli interpreti vede anche Giovanni Allocca, Raffaele Ausiello, Chiara Baffi, Andrea de Goyzueta, Angela De Matteo, Renato De Simone, Luciano Giugliano, Valentina Martiniello e Federico Siano, è ambientata alla fine degli anni Cinquanta, quando la filodiffusione invade per la prima volta i luoghi pubblici con l’intento di pacificare gli animi agitati da un vortice di affannoso arrivismo. Qui ritroviamo le avventure di Felice Sciosciammocca giunto a Napoli per fare visita al nipote Ciccillo che gli ha fatto credere di essere medico e proprietario di una clinica “per matti”. Le frustrazioni, le speranze e le ambizioni degli stravaganti personaggi si trasformano in assolute follie agli occhi dello stralunato Sciosciammocca, regalando al pubblico irresistibili spunti di travolgente comicità.

In questo adattamento di Claudio Di Palma tutto si muove intorno a una suggestione: la filodiffusione, una colonna sonora perpetua e sottile il cui andamento muove la necessità di riposare gli animi, di metterli a proprio agio. Animi, invece, all’epoca agitati piuttosto da un vortice di nuovi interessi quotidiani in cui disinvolto disimpegno ed affannoso arrivismo andavano entrambi assumendo la connotazione del vizio. Una frenesia che porta i segni di un ritmo prevalentemente cittadino a cui la rarefazione della provincia paesana opponeva resistenza inconsapevole. Scarpetta osservava e riportava in scena senza “sentimento” quell’avvertimento del contrario che Pirandello definiva essere la comicità. La spietatezza senza compassione di Scarpetta riproduceva così l’antica funzione del teatro: un’occasione di purificazione collettiva.

«Ne ‘O miedeco d’e pazze il disincanto divertito raggiunge probabilmente l’apice più significativo. Sembra una satira profonda di costume, forse lo è implicitamente, non certo nella grammatica di scena. Quella è strutturata meravigliosamente per riderne, per riderne e basta» dichiara Claudio Di Palma che firma adattamento e regia di questa pietra miliare del teatro italiano.

In seguito alla chiusura di stagione si ricorda del prossimo e ultimo appuntamento della rassegna “Oltre la stagione” con Appartenere, Vita intima del potere criminale, il recital con cui lo scrittore e giornalista Roberto Saviano tornerà in teatro in anteprima nazionale il prossimo giovedì 11 aprile alle ore 21:00 presso il Teatro Maria Caniglia di Sulmona.

I singoli biglietti sono in vendita presso il Centro di Informazioni Turistiche – IAT Sulmona e sulla piattaforma online oooh.events. Il giorno dello spettacolo sarà possibile acquistare i biglietti sia online che presso il Botteghino del Teatro.