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DOV’È FINITA LA CO2 DEI PINI della Riserva Dannunziana?

Pescara, 24 aprile 2023. Mi è capitato, poco tempo fa, di fare alcune brevi escursioni nei boschi della collina Bolognese, dalle parti di San Benedetto Val di Sambro. Ho camminato dentro alcune formazioni miste di latifoglie e sempreverdi: castagni, roverelle, ontani, aceri, abeti bianchi, pecci e pini. Formazioni boschive che, a passarci dentro, danno il senso della naturalità della loro presenza ed essenza, con gli odori, i silenzi e il microclima tipici di un bosco, ma che in effetti è governato dall’uomo, e da lungo tempo, nelle modalità più diffuse: ceppaia e, da quello che ho potuto vedere dalle brevi passeggiate, soprattutto fustaia. In più di una occasione mi sono imbattuto nei cantieri di taglio dove, accanto ai tronchi accatastati, soprattutto di conifere, già faceva più che capolino il novellame di sostituzione. Ho contato gli anelli di accrescimento degli individui più grandi, con in bella vista il loro alburno e duramen, e per alcuni sono arrivato anche quasi a 100.

Vedere quelle cataste di legno, ma anche un certo apparente degrado dovuto anche alle varie strade di attraversamento del bosco per lo svolgimento dell’attività selvicolturale, mi ha alquanto incupito. Poi ho riflettuto su una serie di questioni, soprattutto legate alla sorte di questi legnami, e mi sono volutamente convincere di uno scenario positivo di utilizzo, non certamente per fini energetici, ma come materiale da costruzione, arredamento  e utensileria varia. Fusti così pregiati che la natura ha messo insieme in così tanto tempo non possono essere diversamente utilizzati, mi sono detto. E mi ha rincuorato il pensiero che dentro a ogni singolo tronco, ancorché rimosso da quesi luoghi,  sia segregata una massa enorme di CO2 che, rimossa dall’atmosfera, rimarrà ora confinata in chissà quale mobilio o comunque manufatto, per un periodo significativamente lungo, mentre nuove piante già hanno rimesso in moto il ciclo.

Il pensiero mi è automaticamente andato al bosco più vicino alla mia città, che anzi lo include, quello della Riserva Dannunziana, di cui ancora ad oggi continua a sfuggirmi, perché evidentemente poco informato, il modello di governo: danneggiato, come tutti sappiamo, dal fuoco non appena qualche anno fa, oggi mostra ferite gravi che anche l’occhio  poco allenato facilmente riesce a vedere. Come ad un osservatore ancora distratto non sfugge la scomparsa di una certa trama di tronchi, molti, decine e decine, che infittivano questa formazione boschiva, rimossi da alcuni comparti, sicuramente per ragioni di incolumità pubblica (questione tutta da valutare in un’area protetta, da cui invece sembra che bisogna proteggersi!) e che custodivano anche loro massicce dosi di CO2: ad oggi non sappiamo quale ne sia stata la sorte, né dove il carbonio di quella molecola, lì stoccata, sia andata a finire. Non è una questione di poco conto sapere e poter certificare le proprie azioni di sostenibilità

Giancarlo Odoardi – Ri-media.net

Direttore Editoriale – Web Content Editor

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